Blog / Lettere | 29 Novembre 2013

Le Lettere di Vittoria Patti – Di voti scolastici, adolescenti e genitori

Recentemente ho rispolverato, a beneficio delle mie nuove classi, il vecchio post in cui affermavo che sui voti di scuola si fanno troppi drammi, e cercavo di ridimensionarli a ciò che realmente sono: una misura di una prestazione, ben limitata nel tempo e nello spazio… non certo giudizi globali e definitivi sulle persone!
Commentando queste riflessioni, che avevo condiviso anche su Facebook, una mia ex alunna mi scrive:

purtroppo il voto è più di un numero che riguarda la prestazione, non per lo studente, ma per la famiglia dello studente, se prendo un nove o un otto o un sette, leggo negli occhi della mia famiglia la fierezza di avere una figlia così brava, quando sono stata bocciata (…) ho letto negli occhi dei miei genitori e dei miei parenti la delusione e inevitabilmente si sono create delle tensioni, questa situazione è veramente orribile…

E questa è la mia risposta:

Hai ragione quando dici che le ansie patologiche che vi mettono i voti spesso non ve le create da soli, ma sono una conseguenza direttissima del carico da novanta che ci mettono i vostri genitori.

E qui il discorso diventa complicatissimo, perché per molti genitori un figlio che sembra fallire (dal brutto voto alla bocciatura) è vissuto come un proprio fallimento, o perlomeno una minaccia assai seria: spesso una minaccia alla propria immagine nei confronti degli altri.

Pensa a certi discorsi fra signore amiche: «Oh, tua figlia è stata bocciata? Che peccato, come mi dispiace, poverina… No, invece la mia va benissimo, ha la media dell’otto meno e quest’anno va pure sei mesi in Canadà e poi farà uno stage…» e intanto l’altra mamma si fa un fegato così…

E se magari ci sono altri fallimenti personali (nelle relazioni, o nel lavoro, sulla salute, o sui soldi) si ha un bisogno disperato di poter dire «Beh, ma almeno ho una figlia che va bene a scuola, avrà un buon futuro…». Ed ecco che i voti che la povera figlia porta a casa, che sono di per sé la cosa più accidentale e meno significativa che ci sia – e per di più qualcosa che dovrebbe riguardare solo la studentessa, e basta – diventa per un genitore il verdetto: sono-un-bravo-genitore/sono-un-fallito.

A volte addirittura un genitore riproduce “in automatico” il comportamento che i suoi hanno avuto con lui: un ragazzo stressato dai propri genitori sui voti, diventerà molto probabilmente (se non ci ha mai riflettuto sopra capendo che era una cosa stupida e sbagliata) uno che stresserà i propri figli sui voti. Anche per prendersi un inconscio risarcimento (molto ingiusto, ma succede anche questo).

Spazzatura, lo so: sentimenti meschini. Ma umani, reali, e tanto vale guardarci dentro coraggiosamente.

Forse quel post avrei dovuto indirizzarlo ai genitori. Non per niente, se guardi i commenti, sono mamme quelle che hanno reagito.

Ma capisci: il vostro lavoro di adolescenti è proprio quello di tagliare il cordone ombelicale, salvando (valorizzando, facendo vostro) ciò che di prezioso vi è stato dato dai vostri genitori, ma anche rivendicando progressivamente e decisamente la vostra autonomia. Allora il post voleva anche, indirettamente, aiutarvi a fare questo: sdrammatizzare i voti, voi per primi, per aiutare anche i genitori a sdrammatizzarli a propria volta.

Forse iniziare a dire «guarda che i voti non sono poi ‘sta gran cosa, lo dice persino la prof»può essere una piccola, iniziale liberazione.

Forse da lì si può partire per parlare più in profondità della vostra relazione, e del fatto che se prendi un quattro in matematica non vuol dire né che tua madre è un fallimento, né che non troverai mai un lavoro e farai la punkabbestia…

Vittoria Patti

Vittoria Patti

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