Blog / Lettere | 04 Novembre 2013

Escrivá edito “inedito” – Non sono modello di nulla

Consentitemi, ancora una volta, di confidarvi un ‘pezzettino’ della mia esperienza. Vi apro il cuore, alla presenza di Dio, nella più assoluta persuasione di non essere modello in nulla, di essere uno straccio, un povero strumento — inetto e sordo — di cui il Signore si è servito per dimostrare, con la massima evidenza, che Egli sa scrivere perfettamente anche con una gamba del tavolo. Pertanto, nel parlarvi di me, non mi passa per la testa — neppure per un momento — l’idea che in ciò che ho fatto e faccio ci sia del merito da parte mia; e meno ancora pretendo di condurvi per la via dove il Signore ha portato me, perché può benissimo succedere che il Maestro a voi non chieda ciò che ha chiesto a me e che mi ha tanto aiutato a lavorare senza ostacoli nell’Opera di Dio alla quale ho dedicato tutta la mia vita.

San Josemaría Escrivá: Amici di Dio, Distacco, Punto 117

 

Ho appena terminato di leggere la biografia di San Josemaría Escrivá scritta da Andrea Tornielli, basandosi su documenti, inediti in piccola parte, e sugli atti del processo di canonizzazione. Un dato mi ha colpito particolarmente: il fatto che San Josemaría non si proponeva come modello da imitare, perché pensava che l’unico modello è Gesù. Giovanni Paolo II parlando di lui diceva che si sarebbe potuto definirlo “il santo dell’ordinario”. Ma conoscendo la vita di San Josemaría ci si accorge che dietro una sottile patina di ordinarietà, vi era sicuramente molto di straordinario. In primo luogo la quantità di grazie che gli sono state concesse – come si ricorda anche nella Preghiera a lui dedicata – grazie alle quali ha corrisposto in modo veramente straordinario, per essere fedele alla sua particolare vocazione di Fondatore. Ma pensare a San Josemaría come “al (solo) modello da imitare” penso che potrebbe essere rischioso, e forse gli avrebbe fatto dispiacere. Imitare – più o meno pedissequamente – la vita di un santo contraddice la stessa idea di chiamata universale alla santità che il Fondatore dell’Opus Dei voleva avvenisse nelle circostanze ordinarie della vita di ogni persona. La chiamata è universale, ma anche individuale, vuol dire che tutti sono chiamati in quanto ognuno è chiamato – “Di cento anime, me ne interessano cento”. Mi commuove sempre il pensare che Gesù risorto non ha riunito le folle nell’Anfiteatro Flavio per proclamare la Sua Resurrezione, ma si è manifestato ad ognuno in modo tale che ognuno potesse capirlo e vederlo: pensiamo alla differenza della rivelazione a Giovanni e a Tommaso, ai discepoli di Emmaus e a Maria Maddalena. Gesù ha sempre rispettato le differenze individuali. Ma non voglio essere frainteso: sicuramente, per chi è chiamato ad essere parte dell’Opus Dei, il cammino è tracciato, ma questo non vuol dire che si debba fare tutti le stesse cose, nello stesso modo, negli stessi tempi. Uno dei modi in cui i bambini apprendono è l’imitazione, ma poi c’è sempre un’evoluzione, un’elaborazione individuale. L’infanzia spirituale non vuol dire che io mi limiterò ad imitare i “grandi” per tutta la vita, questo è segno di pigrizia, secondo me. Se io mi sforzassi di imitare in tutto e per tutto questo Santo, a parte che non ci riuscirei, ma correrei anche il rischio di scimmiottarlo più che di imitarlo, perché il Signore non mi ha fornito quello straordinario corteo di grazie che ha fornito a lui. Dovremmo chiederci: quali Grazie il Signore mi ha dato e che cosa voleva che ci facessi? Ho corrisposto a questo dono? Parlavo di pigrizia: ripercorrere pedissequamente la strada percorsa da un altro, anche se Santo, può essere veramente sbagliato, oltre che pericoloso. Innanzitutto perché io sono chiamato a muovermi nel mio tempo, nei luoghi in cui io vivo, tra le persone con cui vivo. Se cercassi di omologare la mia realtà a quella di un altro, sbaglierei. Credo che questo sia uno dei più gravi drammi del mondo attuale: l’omologazione. Ho l’impressione, ma posso sbagliarmi e il blog può essere l’occasione per cambiare questa mia impressione, che nell’Opus Dei si sia voluto lasciare, a volte, tutto come lo aveva lasciato il Fondatore quando è morto. Forse oggi non è più così, ma per un certo tempo temo che sia stato così. Mi piacerebbe poterne parlare senza fare polemiche, senza cercare colpevoli e vittime, ma cercando gli errori e sperando che si trovino possibili soluzioni.

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