Blog / Scritti segnalati dal blog | 20 Settembre 2013

Il Baricco che piace a Sandokan – Profezia e Guerra

Che senso ha dedicare tanto spazio, tempo e attenzione a un monumento alla guerra quale è l’Iliade? L’Iliade è una storia, scritta dai vincitori, che lascia nella memoria, soprattutto, le figure umane dei vinti. Tra le righe di un monumento alla guerra rimane la memoria di un amore ostinato per la pace, grazie soprattutto alle sue donne che, seppur relegate ai margini dello scontro, incarnano l’ipotesi ostinata e quasi clandestina di una civiltà alternativa. Sanno che si potrebbe vivere in modo diverso e lo dicono. Nel VI libro, in un tempo sospeso rubato alla battaglia, Ettore ritorna a Troia e incontra tre donne ed è come un viaggio nell’altra faccia del mondo. Ecuba, sua madre, lo invita a pregare. Elena, la moglie di suo fratello, la causa di tutto che però Ettore mai rimproverò, lo invita al suo fianco, a riposarsi un po’. Andromaca, sua moglie, gli chiede di essere marito e padre prima che eroe. Questa voce femminile si intravede anche nelle parole degli eroi combattenti. “Niente per me vale la vita: non i tesori che la città di Ilio fiorente possedeva prima, in tempo di pace, prima che giungessero i figli dei Danai; non le ricchezze che, dietro la soglia di pietra, racchiude il tempio di Apollo signore dei dardi, a Pito rocciosa; si possono rubare buoi, e pecore pingui, si possono acquistare tripodi e cavalli dalle fulve criniere; ma la vita dell’uomo non ritorna indietro, non si può rapire o riprendere, quando ha passato la barriera dei denti”. Queste sono parole da Andromaca, ma le pronuncia Achille, il sommo sacerdote della guerra. Un altro insegnamento dell’Iliade è che la guerra è bella. Ogni duello e ogni morte è un altare, riccamente decorato di poesia. La fascinazione per le armi è costante e l’ammirazione ber la bellezza fisica degli eroi è continua. Bellissimi sono gli animali, nella guerra, e solenne è la natura quando è chiamata a far da cornice al massacro. Si direbbe che tutto trovi nell’esperienza della guerra la sua più alta realizzazione, estetica e morale. Per secoli, e anche oggi, individui certo non deboli, nè privi di cultura, hanno vissuto e vivono nella convinzione che questa esperienza limite, l’atroce prassi del combattimento mortale, fosse l’unica cosa che potesse offrire loro ciò che la vita quotidiana non era in grado di esprimere. La guerra è sentita come il motore di qualsiasi divenire. Nessun pacifismo oggi deve dimenticare o negare questa bellezza della guerra, che l’Iliade ci ricorda. La guerra è un inferno: ma bello. Soltanto quando saremo capaci di un’altra bellezza potremo fare a meno di quello che la guerra da sempre ci offre. Costruire un’altra bellezza è l’unica strada verso una pace vera. Dimostrare di essere capaci di rischiare la penombra dell’esistenza senza ricorrere al fuoco della guerra. Dare un senso alle cose senza doverle portare sotto la luce, accecante, della morte. Poter cambiare il proprio destino senza doversi impossessare di quello di un altro; trovare una dimensione etica senza doverla andare a cercare ai margini della morte; incontrare se stessi nell’intensità di luoghi e momenti che non siano una trincea. Un altra bellezza, se capite cosa voglio dire. Per portare via Achille dalla battaglia non serviranno nè la paura nè l’orrore. Basterà una bellezza diversa, più accecante della sua e infinitamente più mite.

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