Blog | 30 Maggio 2012

LA SUORA E PADRE ALDO cap. 6 [data originale: 30.05.2012]

Superati i 200 commenti nel cap. 5
Scusate ma sono riuscito a far partire il sesto capitolo solo ora. Eravate arrivati a 211 commenti. Ho copiato tutti quelli che ho trovato

200 risposte a “LA SUORA E PADRE ALDO cap. 6 [data originale: 30.05.2012]”

  1. Vera ha detto:

    @ don Giampaolo, le auguro di riposare e di arricchirsi sempre più spiritualmente, preghi se può anche un pò per me…. Io sto sulla Croce fin dalla mia infanzia, non sempre l’ho capita ed accettata, e per fuggirla ho fatto anche tanti errori…. come quella di non ascoltare le ispirazioni del cuore, che ancora non sapevo cosa fossero. Sulla Croce ci stiamo tutti, il problema è capire come starci… fuggire da essa è complicarsi la vita.Ma questo lo si capisce solo quando cominci ad amare sul serio il Signore che non puoi staccare dalla Croce… lui si prende intero o non lo prendi affatto. La mia conversione è avvenuta grazie a padre Pio, ovviamente un motivo doveva esserci!!! La Croce, stupenda se la vivi con Gesù, ho imparato ad amare il sacrificio, ho capito le sofferenze del passato, del presente, e sono sicura affronterò meglio il mio futuro perchè so di non essere sola…. Buon riposo padre

  2. Tres ha detto:

    Don Gianpaolo non vedo, come le dicevo, giudizi sui grandi santi che si mortificavano e alterigie da abitanti del terzo millennio. Sui distinguo e i correttivi sulla croce io dico: lasciamo che ognuno di noi si avvicini al mistero della croce e dell’amore con il passo che desidera e che la vita gli ha dato. C’è chi brandisce la croce come una stupenda esperienza di amore con Gesù e chi, come i bambini che aiutano la mamma a portare la spesa, tiene la croce/busta per il ramo/manico più leggero. Nessuno scandalo. “Amiamoci per quello che siamo” mi sembra non roba da povera bestia ma l’unico modo perchè qualcuno mi ami. Buon riposo

  3. Tres ha detto:

    @Don Gianpaolo scusi, un’ultima cosa: anche a me ogni tanto spariva tutto quello che scrivevo e mi hanno consigliato di scriverlo su W e poi fare copia incolla, così se si perde, si puo ripetere l’operazione. Conviene. A presto Don Gianpaolo

  4. Paola ha detto:

    Quante croci carichiamo nella giornata dell’altro perché non sappiamo amare davvero!

    Già dal mattino, se arrivi alla prima colazione con la faccia di chi sta già in quello che dovrà fare alle 9, i poveri figli/mariti si beccano una prima croce.

    Io direi, infatti, che dobbiamo smetterla con questa discussione di quanto sia edificanti per i santi o aspiranti tali la croce e spostare l’attenzione su quante croci non necessarie gettiamo sulla spalle degli altri. Dobbiamo smettere di essere centrati nel nostro ombelico e pensare a far “stare bene” l’altro, almeno non caricandolo noi di croci.

    Insomma dobbiamo imparare a essere noi il parmigiano sulla pasta della vita degli altri!

  5. Lidia ha detto:

    Io a tutt’ora non capisco che significhi amare la Croce.
    Io alcuni dolori li “amo” nel senso che vabbè, li capisco (tipo il dolore di perseverare nelllo scrivere un articolo che mi fa schifo), ma altri no (tipo il terremoto). E quando mi capitano dico, grazie mille del pensiero, Dio, ma non potevi lasciarci nel paradiso terrestre…? Poi gli dico, vabbè, ma ti voglio bene anche così, e grazie che mi hai creata e mi vuoi bene, e mi stai accanto, però ecco, se si potesse cambiare qualcosina….
    Poi ovviamente voglio bene a Gesù, e mi fido di Lui: lo dice Lui, un senso a questa vita coi suoi dolori c’è. Ma non è che li amo proprio, io per me sarei tanto felice di vivere alle Hawai’i in spiaggia tutto il tempo, senza problemi, malattie, dolori e quant’altro…

  6. Lidia ha detto:

    suppongo che amare la Croce vada visto nel senso “Lidietta, visto che il sogno di una vita senza dolore alle hawaii è da destinarsi al cassetto “Irrelizzabili” (ma grazie a Dio si realizzerà nell’altra vita, perché sennò sai che fregatura) pensiamo a cosa puoi fare qui”. Allora sì, amo il dolore di alzarmi all’alba per accompagnare qualcuno all’aereoporto quando avrei preferito dormire o di cedere il posto alla vecchietta (ultra-novantenne, perché se è più giovane si offende pure)in autobus quando vorrei starmene seduta. In questo senso amo quel dolore perché so che fa felice un altro.
    ma ecco di fronte a un tumore…posso dire che offrendolo, come dice Vera, contribuisco a far felici gli altri che non conosco, unendole alla Passione di Cristo.

  7. Scriteriato ha detto:

    idia30 maggio 2012 13:02
    suppongo che amare la Croce vada visto nel senso “Lidietta, visto che il sogno di una vita senza dolore alle hawaii è da destinarsi al cassetto “Irrelizzabili” (ma grazie a Dio si realizzerà nell’altra vita, perché sennò sai che fregatura)

    Seriamente: condivido pienamente il sennò, è un’affermazione che faccio spesso anch’io, citando il sommo Pascal
    Battuta: come come? Un’amante delle steppe sterminate della Santa Madre Russia, della Rodina, dei cosacchi, della mai bastevolmente rimpianta Siberia, che sogna le Hawaii? (e meno male che non ha detto: la California dopo essersi pamelandersonizzata)

    http://www.youtube.com/watch?v=ngeG43GgHpw

  8. Ribelle ha detto:

    Lidia quello che tu chiami dolore,croce… rientra nei “fastidi” che la convivenza comporta e che se ben accettati, come dice Paola, sono “croci” che eviti agli altri.
    Invece io, forse perchè ho qualche annetto in più, parlo di dolore quando ci sono situazioni che non sei in grado di dirigere con le tue forze razionali o volitive che siano…non ti basta la forza del pensiero per spiegare certe sofferenze degli innocenti o situazioni decisamente ingiuste…nè ti basta la forza di volontà per risolvere problemi più grandi delle tue forze o la cui soluzione NON DIPENDE da te (non esiste solo il tumore!!…problemi di carattere, sul lavoro…penso, tanto per far un esempio, ad un matrimonio infelice…se ti metti tu di buona volontà…forse cambia lui? no, di certo!…)Solo che proprio in queste situazioni, puoi scoprire se davvero hai fede…che fede sarebbe se tu puoi capire perfettamente le cose? che speranza sarebbe se la persona da cui speri davvero la soluzione…sei tu stesso?
    La resurrezione è il cardine della nostra fede (altrimenti il cristianesimo sarebbe solo un codice morale , di buoni comportamenti,al pari di tutte le altre religioni!) eppure si dimentica che prima della risurrezione, c’è…la morte!Insomma , è solo di notte, che puoi credere al giorno…sulla sofferenza che uno invece si va a cercare, la mortificazione volontaria, avrei molte cose da scrivere, ma oggi pomeriggio ho impegni vari…..

  9. Lidia ha detto:

    appunto…io dico che per esempio se i miei genitori invece di separarsi fossero rimasti assieme io sarei stata più felice.
    Io con la fede capisco bene che dolori così possono essere soppiortati solo fidandoci di Dio, anche se non li capisci, ciononostante avrei preferito non averlo, e, potendo, vorrei proprio non aver nessun dolore.
    Poi ok, visto che l’erba voglio eccetera eccetera, nel mondo reale siciramente la croce ci avvicina a Dio nel senso che ci fa capire che o hai fede o nisba, non c’è altra soluzione, fede di credere e spearre anche senza ragione.
    ecco io sono grata a Dio di avermi fatto capire queste cose, in questo senso amo la croce, forse solo così si può spiegare.
    Non so…

  10. Scriteriato ha detto:

    La sciagurata rispose29 maggio 2012 23:10
    Quando la gente cerca dio o il prossimo perché la croce gli è caduta addosso, certamente è una cosa buona.. Ma è un amore ‘povero’. Chi non accende il cero se il nipote sta morendo? Tanto le provo tutte, son disperato.. Magari funziona..
    Secondo me il punto è altrove: se saprò amare nella buona sorte, amerò anche nella cattiva sorte.. Diversamente fuggirò!
    Per questo gradirei molto di più che uno mi dicesse: ho fatto una cosa bellissima, e in quel momento ho desiderato che tu fossi li con me per viverla assieme!
    Se uno condividerà con me le cose belle della vita, o le condivide col suo amore o col suo dio.. Allora avrà senso anche la donazione di aver stretto i denti in un dolore per poterlo dedicare e condividere col suo amore o col suo Dio.
    ——
    E’ un’affermazione che condivido, la dice anche Bernanos nel suo diario del curato di campagna

  11. Scriteriato ha detto:

    MM.29 maggio 2012 22:45
    pure io ti leggo! “Conosci te stesso!!” è il rede in teipsum latino :) me non mi conosci in alio modo?

    scriteriato30 maggio 2012 09:45
    No, permettimi: rede in te ipsum è torna in te stesso, riprenditi, roba da Orlando furioso quando gli riportano il senno dalla Luna
    Γνῶθι σεαυτόν è nosci te ipsum, conosci te stesso, accricchi da freud (poco), jung (già meglio), frankl (!!)
    Non lo so, può darsi. Chi sei?

  12. Enza ha detto:

    Salve don Mauro! Volevo farle innanzitutto gli auguri (ho visto sul suo profilo che tutti le fanno gli auguri, quindi immagino che si faccia così in questi casi ) e poi volevo dirle una cosa a proposito del blog: sa che lo seguo, ma lo sa che mi aiuta anche a capire un po’ di cose? O quantomeno a darmi un punto di vista “diverso” ogni tanto, però senza incasellare ed etichettare… (che credo sennò scapperei a gambe levate…) Così posso pensarci senza preconcetti, mettermi davanti alle cose liberamente, solo come me senza nessun aggettivo, senza nessun attributo… bè, non lo so esprimere tanto bene, ma volevo farglielo sapere (chissà perché poi…) e per mandarle un feedback anche…per cui, appena esce compro anche Abelis, grazie.
    Enza

  13. Scriteriato ha detto:

    Ribelle30 maggio 2012 14:13
    sulla sofferenza che uno invece si va a cercare, la mortificazione volontaria, avrei molte cose da scrivere, ma oggi pomeriggio ho impegni vari…..
    —-
    cosa vuol dire andarsela a cercare? Un santo sacerdote, molti anni fa, trasferitosi a Roma, aveva una delle sue principali collaboratrici che soffriva di terribili emicranie.
    PRIMA la portarono dai migliori medici di Roma e Milano per cercare di curarle, POI, SOLO POI, stabilito non ci fosse nulla da fare, le disse di offrirle al Signo

  14. Scriteriato ha detto:

    fefral30 maggio 2012 10:04
    “se saprò amare nella buona sorte, amerò anche nella cattiva sorte.. “
    Bella ‘sta cosa e molto vera. Se riesco a godere di una linguina alle vongole o di un piatto di pizzoccheri col mio amico riuscirò pure a mandar giù il cavolfiore lesso. Mi piace!
    —-
    @Tres: Fefral è senz’altro un mito, ma, @Fefral, rispetto a queste barbarie culinarie di polentonia, mille milioni di volte meglio il cavolfiore lesso, poco sale, un po’ d’olio extravergine, et voilà

    Ho anch’io la mail russa, pappappero
    [email protected]

  15. Gianpaolo ha detto:

    Ciascuno logicamente segue il corso dei suoi pensieri e risponde di conseguenza e tutti i contributi sono belli e utili. Io vorrei solo che restasse un po’ impresso il motivo per cui misono applicato in questi sproloqui:
    a) non per farvi mangiare gli spaghetti senza parmigiano;
    b) non per farvi mettere i tacchi alti, specie agli uomini ( Dio ne scampi )
    ma:
    c) per ricordare che è bello e commovente pensare che gesù mi ama tanto da stare sulla Croce per me; il crocifisso lo vedo, lo tocco, lo bacio, il Risorto è la mia speranza, lo vedrò ma non ora;
    d)gli uomini di oggi hanno bisogno che si rivaluti ai loro occhi il valore del sacrificio per amore della verità e del bene che si incarnano nell’Altro( che non vedo ) e negli altri ( che vedo ), perchè oggi fuggono tanti il sacrificio per amore e non sanno distinguere la bellezza del sacrificio o la sofferenza della schiavitù per le ambizioni o le passioni disordinate;
    e) io preferisco avere con me uno disposto a condividere il dolore, senza scappare,; perchè a condividere le gioie si fa poca fatica;
    f) sfatiamo il mito delle Hawaii, del matrimonio felice e perfetto, del marito o della moglie ideale,della comunità gratificante e angelica, della santità nostra e altrui senza macchia nè ruga ( così è solo la Chiesa celeste ) e scopriamo la poesia del quotidiano anche ripetitivo e faticoso, vissuto per amore, anche quando manca l’entusiasmo sensibile;
    g) non chiamiamo medioevale, sfigato, ecc. chi ama e cerca la penitenza perchè forse gli dobbiamo cose che sapremo – con un po’ di vergogna- nella valle di Giosafat.
    Oggi ho mangiato un bellissimo gelato alla salute di tutti mentre con mio dolore, tante nemiche della mortificazione si saranno sacrificate come matte per gli altri, sognando le Hawaii e trangugiando con fatica un panino, perchè le donne sono così e per questo sono un miracolo e un mistero del Creatore

    Comunque grazie a tutti e risponderò .- se ci riesco- ad alcune ponderose osservazioni d Antonio, scriteriato e ribelle..

  16. Fefral ha detto:

    io ho mangiato polpette e patatine fritte!

  17. Lidia ha detto:

    Ma..senta un po’ don Gian Paolo, qua nessuno è nemico della mortificazione, o almeno, di quella eccessiva sì e di quella mal capita pure. Adesso dal basso del mio stato laicale e della mia età ma dall’alto della mia democratica posizione internettiana le dico che forse dovrebbe cercare di capire meglio cosa scrivono gli altri.
    Le Hawaii perfette ovviamente non esistono in terra ma sfido io qualcuno a dire che il mondo senza dolore non sarebbe meglio. e quando ci viene in mente, non è un’eresia, ma è semplicemente che Dio il mondo lo voleva così, senza dolore. Poi qlcs è andato storto, nostra e mea culpa, ma caspita, notare che spesso la vita fa schifo mentre dovrebbe essere bella non fa male, o? Questa è la fede, dire, ok mi fido che anche se fa davvero schifo un senso c’è, e provo a capire anche tutto il bello che Dio mi ha dato, ma dire “starei meglio felice alle Hawii con tutte le persone che mi vogliono bene e senza violenze, bambini violentati, guerre, carestie ecc. ecc.” è sanità mentale pura e semplice.
    Poi scusi ma lei si contraddice perché prima dice che oggiogiorno l’uomo cerca solo il piacere e poi dice che le donne (moderne, si suppone) si mettono il tacco 12…allora che, sacrificio o edonismo? Sarà che il problema NON sta nella penitenza o meno – tutti mettiamo tacchi 12 – io no, metto 6 al max – o scarpe strette o stiamo a dieta e tutti ci concediamo piaceri. Il problema è perché lo facciamo. Se io faccio penitenza per amore, ok, ben venga; se la faccio per egoismo, superbia o per sedurre (e basta, non come Paola che lo fa a fin di bene) è una cretinata immane e pure un peccato.
    E poi, vede che pure lei parla dell’amore nel quotidiano, dell’amore di Gesù cha sta sulla croce per me e che mi sorregge nelle mie.
    Ora mi spieghi lei dove sta la differenza fra il suo punto di vista e il “nostro”.
    E comunque le chiedo, se Dio le dicesse “oh don GianpAolo, che dici, togliamo il dolore dal mondo?” non credo lei direbbe “no ti prego lascialo”. Ecco. Lei ama il dolore perché è sintomo di amore, non per il dolore in sé, questo è quello che noi andiamo ripetendo qui.

  18. Lidia ha detto:

    La vera domanda è: a Dio che gli fa se io non mangio il parmigiano? perché un’anima si converte se io non mangio ‘sto parmigiano? perché – detto amle – Dio vuole che io soffra per far convertire un’anima? Non gli basta la preghiera, ha bisogno della mia sofferenza?
    Ora, io piccole penitenze le faccio, perciò non venga a dirmi che io chiamo lei medievale o sfigato, ma ragioniamo sulle cose vere.
    “Dio vuole che io soffra per far convertire un’anima? Non gli basta la preghiera, ha bisogno della mia sofferenza?”: che si risponde a questa domanda? perché questo la gente vuole sapere, in questa discussione, mi pare.
    Dio è un sadico o che?
    io dico che possiamo pensare che siccome Cristo ha salvato noi sulla croce anche noi salviamo gli altri attraverso la croce. Perché la croce? Boh, poteva salvarci facendoci giocare a scacchi. non so. così ha fatto e così evidentemente è meglio. Allora fare penitenze per qualcuno ha senso dicendo “ok, Gesù, non so perché (non lo so) ma faccio come hai fatto tu, salvo gli altri per mezzo della croce”. Ma è evidente che se per salvare gli altri o peggio se per fare mortificaziioni a buffo distruggo me stessa con sensi di colpa come Lucy allora è inutile. Amo la penitenza perché aiuta a salvare e perché sto con gesù nella sua opera di slavezza e basta, in sé la penitenza fa schifo e ripeto che secondo me dirlo è sanità mentale, non edonismo. Gesù suppongo abbia schifato grandemente la croce, noi cantiamo o beata Crux o quel che è ma solo perché lui l’ha usata per salvarci, mica perché la croce in sé è bella. Lo so che questo è basic Christianity livello zero, ma siccome tanta gente non lo capisce, vale la pena di dirlo.
    Se Gesù mi salva tramite la corce e non tramite la hawaii io mi fido di Lui perché lo amo, e in questo senso amo la croce perché lui l’ha scelta e dico, mah, le hawaii sembrano belle ma Gesù per me voleva la croce e croce sia, ma va capito perché sennò uno manda a quel paese la croce, Dio e le hawaii e si droga.
    E soprattutto va capito che le benetette hawaii le avremo davvero in Cielo (beh ok non con le palme e il caffè lavazza ma chissà).
    E comunque io ho pranzato beatamente a casa, questo è un periodo già abbastanza difficile per me e almeno mangiare lo faccio come si deve.
    Oh.

  19. Fefral ha detto:

    Dio non ha messo il dolore nel mondo perchè quello ce lo siamo procurati ben bene da soli: partorirai con dolore e ti guadagnerai il pane col sudore della fronte non sono una punizione per Adamo ed Eva ma la constatazione di un fatto: il peccato ha incasinato tutto e se prima la vita doveva nascere senza dolore e la cooperazione alla creazione poteva avvenire senza fatica, dopo il peccato possiamo continuare a dare la vita e a lavorare, ma ci teniamo i dolori del parto e la stanchezza (prevengo le obiezioni di Paola: i dolori del parto fisici li togliamo con l’epidurale, ma non c’è epidurale per i dolori del cuore, e dare la vita non significa semplicemente partorire).
    La cosa fantastica, e misteriosa (la redenzione è un mistero) è che Dio per salvarci ha preso lo schifo che siamo e le sue conseguenze e ne ha fatto strumento di salvezza. Gesù in croce ci è finito perchè ce l’hanno messo. E ha sofferto perchè la sofferenza è entrata nel mondo a causa del peccato. Ma Dio, da buon padre, prende i casini dei suoi figli e ne fa qualcosa di bello. Perfino di più bello di quello che era prima, perchè la condizione del santo è preferibile a quella di Adamo.
    Questa è la croce. La croce sono i dolori del parto dell’umanità che rinasc

  20. Gian Paolo ha detto:

    fefral. Siamo quasi al panino: , hai mangiato seduta e inn buona compagnia. Lo spero e le polpette con le patate frutte sono semplic ma buone soprattutto se dopo c’è il gelato

  21. fefral ha detto:

    “io preferisco avere con me uno disposto a condividere il dolore, senza scappare,; perchè a condividere le gioie si fa poca fatica”
    @don GianPaolo… io invece sono alla ricerca di amici che sono in grado di condividere le mie gioie, perchè di quelli che stanno accanto nei momenti difficili me ne avanzano. Non so, a volte sembra quasi più facile stare accanto a qualcuno che sta male, forse è un modo per mettersi a posto la coscienza, o una specie di mal comune mezzo gaudio, ma trovo molto più rara l’amicizia di qualcuno a cui di fronte a una mia gioia o a un mio successo brillano gli occhi di felicità. Quando succede so che con quella persona potrò condividere anche i momenti brutti, ma intanto ci godiamo quelli belli.

  22. Ribelle ha detto:

    Riprendo le parole di Lidia “Allora fare penitenze per qualcuno ha senso dicendo “ok, Gesù, non so perché (non lo so) ma faccio come hai fatto tu, salvo gli altri per mezzo della croce”. Ma è evidente che se per salvare gli altri o peggio se per fare mortificaziioni a buffo distruggo me stessa con sensi di colpa come Lucy allora è inutile.”

    Caspita Lidia, anche se di corsa e nella pausa tra 2 impegni, 2 minuti per risponderti li trovo!
    Soprattutto per difendere Lucy!!!!( che conosco molto bene);perchè credo che il cristianesimo, se lo prendi sul serio, sia comunque molto impegnativo, e allora capita di avere dei momenti come quelli di Lucy, puoi chiamarli di scoraggiamento, di ribellione, di depressione o persino di tentazione.
    Soprattutto le situazioni difficili che “durano”, rendono molto difficile “rimanere”…non sarà per questo che in tantissime pagine del Vangelo ritorna questo verbo? (rimanete nel mio amore…se uno rimane come il tralcio etc…e infine sulla croce, la vera tentazione è in quella frase”se sei Dio, perchè non scendi dalla croce?” (invece di rimanere!)
    Insomma anche perseverare spesso sa di croce, è il famoso” imparò l’obbedienza dalle cose che patì.”… spesso la sofferenza ti costringe ad approfondire il senso della vita, a rispondere davvero a quella domanda “voi chi dite che io sia?” insomma rende comunque più vuoti di sè ( il che permette poi a Dio di entrare un pò nel cuore)
    Ma se uno sapendo tutte queste belle cose poi non riesce sempre a viverle o a viverle nella misura che vorrebbe e ci sta male, perchè magari ha quel carattere o quella sensibilità,non credere che Lucy i sensi di colpa li voglia!!E’ solo una persona molto combattuta tra ciò che “sente” sarebbe giusto fare e ciò che riesce a fare…
    Anche il proprio carattere può essere una croce!! E molto brutta, perchè ti segue sempre!!
    Come sentivo proprio in questi giorni, uno può essere come il giovane ricco,… anche perchè è ricco…di sensi di colpa!!
    Riuscirà a lasciarli ai Suoi piedi per correre libero da inutili fardelli sulla “via dei Suoi insegnamenti”?
    beh, penso che solo Dio possa operare questa cosa” impossibile a Lucy, ma non a Dio”!…e possa “mettere pace nei suoi confini” (come dice il salmo oggi, se per confini si intendono quelli del cuore e della psiche!)
    E infatti la stessa Lucy, nell’ultimo intervento, riprende proprio le belle parole di Bernanos, (bisogna “ non odiarsi, ma solo di “dimenticarsi” con l’aiuto di Dio), perchè la sofferenza vera spesso è muta e e quelle di d Colò( la preghiera e il guardare “Cristo inchiodato sulla Croce è l’unico conforto per chi può sentirsi svuotato “, in crisi o comunque in difficoltà)

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  23. Scriteriato ha detto:

    Sono QUASI completamente d’accordo con questi ultimi due interventi di Lidia. Quasi perché, se permetti, caffè Illy.

  24. Mauro Leonardi ha detto:

    Scusate sono arrivato solo ora. Penso di aver copiato tutto. Vado a cena.

  25. fefral ha detto:

    no, don Ma’… si è perso per strada due genialate di sciagu e una new entry che da’ del terrone a mio marito :-)

  26. Anno Maya ha detto:

    Cavolfiore lesso?
    Terùn de l’ostrega

  27. Fefral ha detto:

    scri’, a me proprio il cavolfiore lesso non piace. Però mio marito ne va matto. Il matrimonio è anche condividere un cavolfiore lesso :-(

  28. Mauro Leonardi ha detto:

    Ho cercato di fare del mio meglio. Spero di non aver dimenticato qualcuno, aver messo il nome di qualcun a qualche altro o aver invertito cronologicamente i commenti. Siete proprio tanti ed è stata un po’ una fatica. Bello però…
    Ma questa di fare copia(incolla è stata una croce? a me è piaciuto però un po’ di fatica l’ho fatta e la cena la devo ancora fare….
    Croce/amore, croce/amore, croce/amore…

  29. fefral ha detto:

    vada a cena, provo a dare un’occhiata e magari completo io il copia/incolla (stasera le pesti sono già a letto)

  30. fefral ha detto:

    mi pare che c’è tutto, tranne due cavolate di sciagu in commento a don gianpa’ e a scriteriato…

    1) Se questa era la sintesi.. L’originale era una copia dell’enciclopedia britannica?!
    Viva l’angelo del suo computer caffettiera e viva anche il diavolo :-)

    2) E chi è sto bernsnos che pubblica le mie idee senza dirmelo?

    @don Ma’ deve trovare un sistema più flessibile per il suo blog. Così diventiamo matti.

  31. Mauro Leonardi ha detto:

    Giampaolo
    del lungo commento che ho postato ieri che cosa non condividi? a parte la battuta sui maccheroni non mi sembra che nei tuoi ci sia un granché di riferimenti a quello che ho scritto io. Vedo che sei preoccupato che nella Chiesa si parli troppo poco di Croce. Sono preoccupato anch’io. Per questo lo faccio in questo modo, che mi sembra quello giusto, o per lo meno quello più adatto alle mie corde. A me – sarò sincero – dà un po’ fastidio il tuo modo di far credere che io contrapponga san Giovanni a san Paolo. Io non lo faccio mai e cito spesso san Paolo. Poi amo molto anche san Giacomo e la sua lode delle opere che deve andare unita alla fede. Amo anche Santa Teresa di Gesù e san Giovanni della Croce. Amo anche san Francesco e santa Chiara, così come amo San Josemaría Escrivá. In 53 anni di vita, più di 30 di dedizione a Dio nel celibato apostolico e quasi 25 di sacerdozio ho trovato tre gruppi di persone. (So che queste generalizzazioni non ti piacciono e che forse le chiamerai “gnostiche”, ma è solo un modo di schematizzare. Cerca di passarci sopra benevolmente). Il primo di gente lontana da Dio e dagli altri che cercava l’amore ma quando trovava nell’amore anche la croce, abbandonava quelli che diceva di aver amato. Un secondo gruppo di persone che dicendo di amare la croce, facevano tanti piccole (o anche grandi) mortificazioni e discorsi sull’amore ordinato, ma che mi sembravano degli egoisti, perfettamente capaci di mandare in autobus un fratello “spirituale” malato di tumore, di non aiutare il vicino di casa, di lasciare che la famiglia di un membro si dibattesse nella più amara solitudine evitando – in nome della carità “ordinata” – che gli si venisse incontro. E tante altre cose così che puoi ben immaginare da solo. Questo genere di persone, che ho trovato in tante realtà ecclesiali, sono amare, astiose, arrabbiate con la vita e con gli altri (in fin dei conti con Dio) perché la loro chiesuola deperisce e muore. E tutte le loro rinunce e mortificazioni sembra proprio che non siano servite a niente. Insomma cornuti e mazziati, come diresti tu. Insomma non sembra proprio che abbiano avuto la gioia di dare la vita a Dio. Poi ho trovato un terzo gruppo di persone che cercano di amare chi sta accanto assumendosi anche le sofferenze e i sacrifici che questo comporta (cioè hanno unito amore e croce). Molte volte queste persone hanno amato senza neanche rendersene conto. Hai presente il punto del vangelo in cui i buoni dicono “ma quando mai ti abbiamo voluto bene?” (cfr Mt 25,37). Io se avessi detto a mia mamma una sera dopo cena: “grazie mamma perché anche oggi mi hai amato e hai abbracciato la croce facendomi la minestra invece di andare al cinema” mi sarei sentito dire: “ma ti senti male?”. Nel terzo gruppo di persone ci sono tanti laici, laiche, consacrate, non consacrati, sacerdoti, e tantissime persone qualsiasi, molte delle quali sono al terzo matrimonio, hanno un figlio naturale, uno legittimo e magari sono pure gay. Questo terzo gruppo mi interroga e mi sfida perché io – da sacerdote numerario – sento la vocazione ad appartenere a questo terzo gruppo. Anche se so benissimo che se tu chiedessi al mio prossimo a quale gruppo appartengo direbbero che oscillo tra il primo e il secondo.
    Ma ci provo.
    Faccio male?

  32. Mauro Leonardi ha detto:

    Per fare esempi concreti di persone che vivono nella terza categoria copio due commenti che avevamo avuto agli albori del blog quasi mi commuovo) quando avevamo fatto la DIscsuione “A chi dedico il mio tempo”. Se avete voglia potete anche andare a trovare i nomi nella Discussione. Io ne prendo due di fila.
    ——–

    Ho 45 anni,sono sposata da 15 ed ho4 figli di 14, 10, 8 e 2 anni. Sono un commercialista ed ho uno studio mio. Sveglia alle 6.00,preparo la colazione per i figli e la merenda per la scuola. Sveglio i bambini perchè siano pronti per le 8.00. Intanto controllo gli zaini per la scuola, i grembiuli ecc.. Alle 8.00 siamo pronti e, io o mio marito, accompagnamo i due figli medi a scuola; il grande va da solo e per la piccola aspettiamo la baby sitter alle 8.30. Alle 8.30 c’è la Messa e alle 9.00 si può cominciare a lavorare fino alle 13.00. Durante questa fascia oraria, devo trovare anche il tempo di:
    parlare con i professori del figlio liceale che ricevono di mattina;
    andare a pagare bollette & c.;
    fare la spesa,lavanderia ecc..
    Ore 13.00 torno a casa dove trovo la mia piccolina che mi attende e mio figlio grande che spesso mi telefona all’uscita da scuola per chiedermi se può invitare qualche amico a pranzo.
    Pranzo veloce(issimo) e metto a dormire la piccola. Risistemo la cucina e preparo la cena, poichè alle 16.00 torna la baby sitter perchè devo tornare a lavorare dalle 16.00 alle 20.00.
    In quest’altra fascia oraria prendo i bambini da scuola alle 17.00 e il lunedì ed il mercoledì li accompagno al catechismo per poi assistere a mezz’ora di formazione da parte del parroco alla fine del catechismo;il martedì ed il venerdi andiamo tutti e tre in piscina…intanto nelle pause…lavoro.
    Ore 20.00 ci ritroviamo a casa per la cena, le coccole ecc…
    A volte resto sveglia fino a notte inoltrata per finire il lavoro interrotto durante il giorno, specie nei periodi di scadenza. A volte mi sveglio alle 4.00 per lo stesso motivo.
    Questo per essere sintetica, anche se, a pensarci bene, ci sono tante cose che non ho scritto: il pediatra, le medicine quando servono, i rapporti con la scuola, con gli altri genitori, poi sono anche rappresentante di classe al liceo di mio figlio.
    Poi, finalmente arriva il sabato pomeriggio, durante il quale accompagno i figli maschi a varie attività e mi dedico alle figlie femmine: andiamo a passeggio o facciamo i biscotti, o giochiamo.
    Ho la fortuna di avere una persona che mi dà un aiuto in casa e lo fa in maniera più intensa sin da quando è nata la mia quarta figlia 2 anni fa.
    La domenica andiamo alla Messa delle 10.00, quella dei ragazzi, e poi prepariamo il pranzo della domenica. La domenica mi dedico di più alla casa ed alla famiglia. A volte la domenica pomeriggio accompagniamo i bambini al cinema o a fare una passeggiata.
    Sono sicura che c’è molto altro…

  33. Mauro Leonardi ha detto:

    HO 35 ANNI, SPOSATA DA 8 ANNI E CON 2 BIMBI DI 3 E 5 ANNI, INSEGNANTE ALLE MEDIE. RACCOGLIENDO LA RICHIESTA DI DON MAURO, INDICO I MIEI IMPEGNI SETTIMANALI, DISTINGUENDO QUELLI QUOTIDIANI DA QUELLI BISETTIMANALI E SETTIMANALI.

    IMPEGNI QUOTIDIANI (GIORNATA TRANQUILLA…)
    06:30-07:45: sveglia, colazione, accompagnare i bimbi a scuola;
    8:00-14:00: sono a scuola
    14:30-16:20: pranzo, sistemata veloce a casa, correzione compiti in classe;
    16:30-18:30: vado a prendere i bimbi a scuola e mi prendo curo di loro (lettura, giochi, disegno, parlare, coccole), spesa giornaliera con bimbi a seguito;
    18:30-21:00: bagnetto, cena(senza tv per parlare tutti insieme), attività con i bimbi nel dopo cena (lettura, disegno, coccole, favole della buonanotte)
    21:15-23:30: sistemazione cucina e organizzazione vestiti e materiale per la giornata successiva. Preparazione delle lezioni/compiti in classe. Se ho tempo lettura, scrittura, blog…
    Se non mi addormento distrutta fino a mezzanotte cerco di ritagliarmi mezz’ora per leggere, riflettere, pregare, scrivere poesie…Fare il punto sulla mia vita. Se mi assale l’insonnia o correggo ancora compiti, oppure scrivo poesie, leggo, prego…

    IMPEGNI BISETTIMANALI
    due volte a settimana il grande va a nuoto (mentre è in acqua io lavoro per scuola); due volte a settimana lo accompagno a psicomotricità ( e mentre lui lavoro io…idem!!!): Negli impegni bisettimanali includo anche gli incontri scolastici (consigli, collegi, colloqui con le famiglie, recupero per gli studenti in difficoltà, formazione professionale), spesa “grande”, incombenze postali-casalinghe.

    IMPEGNI SETTIMANALI
    messa, attività ludico-ricreative-educative per i bimbi nel we (feste, parco giochi, musei, biblioteche), sistemazione più profonda della casa (compreso lo stirare), programmazione e progettazione lavorativa per la settimana successiva.

    Aggiungo che non ho la possibilità di ricevere aiuto per le attività domestiche e che anche per i bambini non abbiamo molti aiuti. I nonni vanno centellinati (per problemi di salute) e possiamo chiedere un supporto per i bimbi limitato 1/2 volte massimo al mese e per vere emergenze lavorative o di salute.

    Il poco tempo libero che ho ( in media direi non più di 1 ora al giorno, ritagliato anche mentre guido la macchina…) lo dedico a scrivere, leggere, pensare, pregare…Purtroppo questo mondo di “tempo libero” e di riflessione che ho dentro da troppo tempo è un mondo solitario, privo della condivisione profonda di mio marito…Una solitudine dolorosa, ma non rassegnata che rende però tanto più pesanti gli impegni, le paure e le responsabilità di ogni giorno…

  34. Mauro Leonardi ha detto:

    Quando penso al binomio amore/croce penso a persone così. In questo caso sono cattoliche e si capisce, ma potrebbero pure non esserlo…

  35. Mauro Leonardi ha detto:

    Quando penso al binomio amore/croce penso a persone così. In questo caso sono cattoliche e si capisce, ma potrebbero pure non esserlo…

  36. Lidia ha detto:

    sì ma…in che modo io non ho detto tutto questo? E perché “difendere” Lucy? quando le ho scritto Lucy non mi è parsa offesa. Il problema è che qui ci siamo involtolati in una contrapposizione inesistente fra chi “ama” la croce e chi “non la ama”. Ma a me sembra che qui siamo tutti d’accordo che la croce va amata.
    Io sono d’accordo con te. ammetti però che se uno dice “devo devo devo fare la doccia fredda” e tutte le volte che non la fa si sente in colpa beh…qualcosa di sbagliato c’è. E non perché la penitenza vada male. ma perché secondo me non si capisce perché va fatta. E che se iniziano i sensi di colpa meglio abbandonare la penitenza che abbandonare Dio (cosa che succede quasi sempre quando si vive di sensi di colpa, perché poi uno da Dio vuole fuggire ed essere lasciato in pace, altro che starGli accanto). E chiaro che uno i sensi di colpa non li vuole, chi li vuole? MA appunto – non bisogna averli. Sentirsi inadeguati, sì; sapere che sulla Terra santi non ce ne sono, pure; sapere che Dio esige e che il giusto cade sette volte, pure. Ma è sempre uno stato d’animo sereno, di che sa che Dio è un Padre amorosissimo. Quando invece si arriva a vivere di sensi di colpa c’è un problema. Ora chiaramente non mi riferisco a Lucy.
    Io i momenti di depressione ne ho tantissimi, e spesso uno non ci può fare nulla; a volte invece si può curare, può farsi aiutare. penso sia normale. Ma a me è parso – e posso aver grandemente sbagliato! – che Lucy viva proprio – almeno adesso- in uno stato di inadeguatezza persistente e di pensare che cose assolutamente secondarie come la puntualità siano principali: ma non è una colpa, o un’accusa da cui difendersi! proprio il contrario!è uno stato da cambiare, ma in meglio! Senza “dover” fare assolutamente nient’altro: solo lasciandosi voler bene. Da Dio e dagli altri, e in primis da se stessi.
    Poi, sulla croce inevitabile…certo, guardare Cristo in tante occasioni (tipo quando mia mamma, annifa, apssava intere giornate a piangere) è l’unica cosa che mi ha aiutata. e sono convinta che la fede è questo: fidarsi di Dio, che Lui c’è, mi ama ad ogni costo, sempre, soprattutto sulla croce. I quest’ottica anche le penitenze volontarie sono belle: soffro un po’ io e aiuto i miei fratelli terremotati.
    Io non capisco, davvero non capisco, cosa diciamo – cosa dico io – diverso da don Colò, mi sfugge totalmente la diversità fra lui, te e me…

  37. Lidia ha detto:

    per esempio il carattere schifoso ce l’ho anche io…calcola che io per mesi e mesi e mesi ho passato il tempo a farmi problemi vari e deprimermi e leggere Topolino (ok, e altre cose) invece di lavorare alla tesi, che poi sarebbe stato quello che davvero mi avrebbe fatto bene. E alla fine ho scritto la tesi in due mesi, senza dormire e suppongo peggio di come avrei dovuto. Mi rode? certo! ci ho pianto su tante volte “ma perché sono fatta così, perchéééé…”. Eh…chissà. Io ci lotto davvero, per cambiare, poi vediamo…sicuramente mi faccio aiutare molto. e pian piano migliorerà, spero. prciò non è che non capisco che croce possa essere un carattere difficile…proprio per questo ciò che possiamo eliminare eliminiamolo!

  38. scriteriato ha detto:

    fefral30 maggio 2012 21:27
    “io preferisco avere con me uno disposto a condividere il dolore, senza scappare,; perchè a condividere le gioie si fa poca fatica”
    @don GianPaolo… io invece sono alla ricerca di amici che sono in grado di condividere le mie gioie, perchè di quelli che stanno accanto nei momenti difficili me ne avanzano. Non so, a volte sembra quasi più facile stare accanto a qualcuno che sta male, forse è un modo per mettersi a posto la coscienza, o una specie di mal comune mezzo gaudio, ma trovo molto più rara l’amicizia di qualcuno a cui di fronte a una mia gioia o a un mio successo brillano gli occhi di felicità. Quando succede so che con quella persona potrò condividere anche i momenti brutti, ma intanto ci godiamo quelli belli.
    ————–
    Questa Fefral è davvero coltissima: l’altro giorno riecheggia Kant, oggi Oscar Wilde, secondo cui il vero amico non è chi ti sia vicino nel momento del bisogno, bensì chi sappia condividere le tue gioie senza invidia

  39. fefral ha detto:

    io veramente citavo Sciagu, vuoi dire che anche Oscar Wilde pubblica le sue idee senza dirglielo ;-)

  40. Giaa Paolo Colò ha detto:

    fefral se cerchi uno così avvertimi. Sono mesi che ho indetto un ideale concorso per chi mi presenta una persona senza guai con cui passare una giornata serena. ma – per ora- non ho trovato nessuno. Vanno bene anche polpette e patate fritte, purchè ci sia il gelato e magari un lemoncello siculo o preparato dalla padrona di casa.

  41. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Speciale tres. Grazie. Come capisci bene la gente: con la testa che passa dal cuore. E’ questa la strada che preferisco. Insegnaci questa strada, anche a noi viscerali.

  42. Mauro Leonardi ha detto:

    @Lidia
    A proposito del legame tra mali/peccati/punizioni divine ecc.ecc. (a proposito… mi hanno detto che questa mattina a Radio Maria Padre Livio ha detto che il terremoto in Emilia ha fatto cadere un terzo di chiesa perché la gente non va a Messa…) racconto questo episodio.
    Eravamo negli anni ’80 (se non ricordo male) e si cominciava a capire quale tragedia fosse l’aids e quali proporzioni avesse; durante un viaggio, un giornalista chiesa a GP2 se quella fosse una punizione divina per gli uomini lussuriosi e quel grandissimo Papa disse meditabondo: “E’ sempre difficile conoscere i pensieri di Dio!”

  43. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Purtroppo, cari amici, ho tempo e scrivo. fefral, disgraziata che fai il tifo per il demonio del CP. Basta non leggere ma ho paura che tu legga per poter dare addosso al “bacchettone” cogliendolo in fallo su qualche rigorismo. Povero me che faccio tanta ginnastica spirituale per diventare sempre più agile, ma non “nutelloso”!
    Sarò breve. Lidia io non ce l’ho con nessuno di voi ma penso alla gente con cui abbiamo a che fare in giro per il mondo. Non parlo proprio dall’alto di niente. Io vorrei tanto essere sacerdote tappeto, che lava i piedi a destra e a sinistra.
    Tu dici che tante cose sarebbero belle senza dolore. E’ vero ma è vero che il dolore c’è e che nel mondo oggi ci vengono presentate tante immagini che sono false e allettanti e che ci mandano di traverso il pane quotidiano, che invece è tanto buono.
    Gesù, secondo me ha scelto la Croce per redimerci, perchè non c’è maggior amore di quello di colui che dà la vita per i suoi amici.
    Mi pare che ti tormenti perchè hai avuto apura di mettere mano alla tesi fino all’ultimo e poi hai dovuto fare tutto in fretta TRADENDO IL MODELLO DELLA PERSONA PERFETTAMENTE ORGANIZZATA ED EFFICENTE ( vedi pubblicità delle donne in carriera ) se ti consola e riabilita la mia immagine di sacerdote in cattedra, tidirò che debbo fare una lezione impegnativa che debbo e voglio preparare bene. Lo so da un anno ; la lezione la debbo fare il giorno 4 e sto qui a scrivere invece di prepararla. La preparerò il giorno prima, come succede da anni. Una compressa di “menefregol” e via. Sono fatto così e Gesù mi vuol bene lo stesso.
    Ho messo in evidenza la contraddizione di chi ha orrore per la Crocce di gesù e poi si sottopone a sofferenze ben maggiori per motivi banali e ridicoli.
    Dio non è sadico ma è realista e mi insegna a trarre il bene anche dal male.
    Se “Dio le dicesse togli tutto il male dal mondo….” Dio me l’ha detto invitandomi a predicare di guardare CRISTO E CRISTO CROCIFISSO CHE RIASSORBE IN SE’ TUTTO IL MALE DEL MONDO. Poteva fare altro? Certo, ma ha fatto questoe questo mi sento di predicare.
    Mi dispiace di averti messo in subbuglio; pare però che quando giochi sul terreno di aiutare gli altri sei proprio brava; è quando devi aver a che fare con te stessa, vai un poco in tilt. Penso però che capiti a tutti e che ci dobbiamo voler bene anche quando ci siamo antipatici. La carità ben ordinata comincia da sè stessi.lo dice s. Tmmaso e mi ha scandalizzato per un po’ quando volevo fare il superasceta ( errori di gioventù).

  44. Giaa Paolo Colò ha detto:

    E adesso d. Mauro a noi due. Io persevero nel blog per essere una voce un po’ diversa dalla quasi generale unanimità su alcune posizioni belle ma in quanto posizioni, parziali.Perseveo anche perchè mi stanno dventando simpatici tutti., e tutti hanno un invidiabile livello di problematiche spirituali. Vorrei arricchire con la mia diversità ( no meglio differenza, data l’aria che tira ) il discorso. Probabilmente se fosse il blog di padre Fanzaga direi cose molto diverse e complementari.
    Mi pare che il blog nasca anche come antidoto alle coazioni e ai sensi di colpa che una formazione rigida o rigidamente e acriticamente data e ricevuta genera nella vita di tante persone tenere e delicate. Lo apprezzo e penso che sia anche uno degli scopi del tuo libro.
    Io parto da una posizione un po’ diversa: vivo con una passione viscerale ( e temo si veda e non lo nascondo )nel mondo della scuola e della famiglia e urto con dolore e con rabbia contro tanti errori educativi che il mondo di oggi induce a commettere sia in senso rigorista che in senso permissivo e -un po’ dappertutto- con una trascuratezza delle belle virtù umane – pagane,purificate e perfezionate dal cristianesimo – la cui scoperta tanti anni fa mi ha cambiato la vita.
    Perciò insisto sulla croce, sulla lotta, su s. Paolo e a volte ho un po’ paura che il primato dell’amore, non condito dall’amore per tutto ciò che è umano, possa introdurre in una atmosfera iperspirituale che a volte vedo anche nella tua bellissima idea del celibato vissuto come amicizia. Io il mio celibato l’ho vissuto e lo vivo in maniera più paterno-materno-sanguigna di quanto non abbia mai vissuto l’amicizia. Vedo nell’amicizia un riposo e nel celibato propter regnum coelorum,
    per la salvezza delle anime, un assillo, un tormento, le doglie del parto. Questo io lo ritrovo in s. Paolo e non così in s. Giovanni.
    Attenzione poi che il terzo tipo in cui metti ogni genere di persone ( pubblicani e peccatori ) spinto da uno slancio di carità che rompe tutte le barriere, include nel tuo elenco anche persone che certamente hanno fatto soffrire e fanno soffrire almeno quanto gli “ordinati” ipoaffettivi nella carità. Un pluridivorziato, un gay, vanno ricuperati e amati ma non possono essere canonizzati nel loro spontaneismo scriteriato.Hanno fatto soffrire mogli e figli o genitori, ecc.
    Per amore del figliol prodigo non possiamo mettere all’inferno o torturare quell’antipatico bacchettone del figlio maggiore, anche se ci piacerebbe; non si farebbe altro che renderlo più acido e amareggiato.
    Per altro essendodiventato spesso “ordinato” sotto i colpi dei sensi di colpa, se lo fai sentire in colpa perchè troppo ordinato lo fai deventare ancora più rigido e “ordinato”.
    Io poi non mi sento nè”ordinato”, nè del terzo tipo,ma avendo un ‘indole del primo tipo mi sento a metà strada un po’ con tutti e le prendo un po’da tutti. Non cerco consolazioni o coccole o dei “Ma che dice?” Constato.
    Occorrerebbe aver il cuore del padre misericordioso, che fa piovere sui giusti, sugli ingiusti e anche su quello della carità “ordinata”.
    Con i miei interventi alcuni andranno a rileggere il tuo libro prenoteranno quello nuovo e lo faranno leggere, magati per farmi…dispetto.

  45. Giaa Paolo Colò ha detto:

    A tutti. ENtro in silenzio stampa, perchè debbo preparare una lzione impegnativa. Consolatevi e saltatemi. In ogni caso ho pregato per voi; modo aprticolare per chi ho scocciato.

  46. Antonio ha detto:

    A me pare che il libro (e il blog) partano da una sofferenza: sono amico veramente di chi mi sta accanto? sono stato amico delle persone che hanno vissuto la mia stessa vocazione e poi non hanno perseverato? ne sento veramente la mancanza oggi che la loro vita è fisicamente lontana dalla mia? c’entra tutto questo con la mia vocazione, con la mia vita?
    Lei ha sofferto, come ha scritto, perchè è stato tradito … @donMauro, mi pare, che soffra per non essersi accorto di qualche infelicità che cresceva attorno a lui. Può essere che, se si è forti, le infelicità non diventino tradimenti … ma io vivo per essere felice. E poi Dio ama chi dona con gioia.

  47. Antonio ha detto:

    Questo commento è stato eliminato dall’autore.

  48. Antonio ha detto:

    PS Cristo non è stato l’unico a morire sulla Croce. Molti furono crocifissi da romani. Lui però è morto con gioia … perchè le sue ferite erano vere come le sue lacrime.

  49. Mauro Leonardi ha detto:

    Gianpaolo, ma non puoi dire ai tuoi amici preti che sei impegnato con una cosa più importante che è il nostro blog?

    Scherzo… Un abbraccio e torna presto.

    :-)))

  50. Paola ha detto:

    Don GP, ma dove vive???

    Quanto pessimismo, “dolore”, “rabbia” e (nemmeno tanto velato) giudizio sulle persone!!!

    Perché scrive: “nel mondo della scuola e della famiglia e urto con dolore e con rabbia contro tanti errori educativi che il mondo di oggi induce a commettere sia in senso rigorista che in senso permissivo e -un po’ dappertutto- con una trascuratezza delle belle virtù umane – pagane,purificate e perfezionate dal cristianesimo”.

    Da me si respira “anche” un’altra aria. Dico “anche” perché ovunque c’è grano e zizzania. Ce lo hanno detto tanto tempo fa. Ieri, per esempio, per il compleanno della mia bimba di 4 anni mi sono allargata il cuore vedendo tanti bimbi, per lo più frutto di una illuminata educazione alle virtù e tante mamme sorridenti, felici e capaci di darmi amore di amicizia. Insomma per me una vera consolazione!!! E quelle che, invece, sono un po’ “zizzania” non mi fanno, come a Lei, “dolore e rabbia”, ma tenerezza e sogno che prima o poi capiscano cosa Dio vuole da loro.

  51. Mauro Leonardi ha detto:

    Pure Gianbattista Torellò la pensa come OScar Wilde e Fefral e Sciagu

  52. Polifemo ha detto:

    Vera,
    mo’ me so’ perso. ‘Sto blog sta crescendo troppo. Te volevo dì che quello che m’hai detto dopo c’ho dato a don Ma’ der rincojonito (cioè vabbé in realtà era ‘na domanna…) m’ha fatto bene però nun te trovo. Vabbé. A don Ma’ o già fatto le scuse.
    Ciao!

  53. Lidia ha detto:

    ma no…oddio don Gianpaolo, ma come mai io scrivo a e si capisce b?…io dicevo proprio il contrario. A me del modello non me ne frega niente, anzi…io non ho messo mano alla tesi perché non mi andava e preferivo leggere Toplino, e alla fine ho dovuto alvorare per due settimane senza dormire, e la tesi è venuta peggio di quanto speravo (di dottorato è, la tesi).
    QUESTO mi dispiace: che mi riduco a non dormire (perché fa male) e che la tesi non è bella come volevo fosse, e mo’ devo passare il tempo a ricorreggerla. Se l’avessi fatto prima.. Ok, me ne frego. Ma devo imparare a fare le cose puntualmente per un motivo solo: perché mi fa bene. NOn per modelli inesistenti.
    Boh io farò un corso di scrittura comprensibile, allora.

  54. Lidia ha detto:

    però è vero che io passo giornate intere a dirmi “ah se avessi fatto sanscrito…ah se avessi letto meno Topolino e avessi fatto più armeno antico..ah se invece di passare le ora su Internet fossi andata al corso di guida e adesso avessi la patente che devos empre scroccare passaggi a dx e a manca…se …se…se….”. Questo va cambiato, ma non per un “modello” (che poi l’unico modello è Gesù) ma perché non mi fa bene, non è sano pensare così. Piano piano ci sto riuscendo, ma è difficile. Ognuno ha le sue magagne…questa è la mia :)

  55. Lidia ha detto:

    don GP: a me a volte dà fastidio perché sembra che dia solo riposte e non faccia mai domande per capire meglio cosa gli altri vogliono dire davvero e sembra non mettersi mai in dubbio. Anche Paola a volte fai così.
    Invece Fefral tipo, e Tres si interrogano e interrogano, sciagurata pure. Don Mauro di meno, ma lui fa l’ombra che scompare e ricompare, e poi ti chiede in privato ;)
    Io sto imparando un sacco da tutti voi, se dovessi riscrivere le cose che scrivevo ieri le scriverei diverse, e le risposte mi interessano, ma mi interessa pure il dialogo e le domande perché così imparo di più. Magari voi tutti lo scrivete di meno, io cmq dal blog sto tirando fuori milioni di idee – anche cose con cui non sono d’accordo con don Mauro – che mi cambiano, mo non è che facciamo la rivoluzione ma imparo tanto, e mi correggo spesso, appunto, se scrivessi oggi non scriverei le stesse cose che le ho scritto ieri.

  56. scriteriato ha detto:

    Mauro Leonardi31 maggio 2012 18:25
    Pure Gianbattista Torellò la pensa come OScar Wilde e Fefral e Sciagu
    ———-
    Quante menti superiori, su questo blog! Mi domando sempre di più cosa ci stia a fare io. Se volete, preparo il caffè e faccio le fotocopie.

  57. scriteriato ha detto:

    Mauro Leonardi31 maggio 2012 18:25
    Pure Gianbattista Torellò la pensa come OScar Wilde e Fefral e Sciagu
    ———-
    Quante menti superiori, su questo blog! Mi domando sempre di più cosa ci stia a fare io. Se volete, preparo il caffè e faccio le fotocopie.

  58. scriteriato ha detto:

    Anche se, con tutto il rispetto per Lidia, il suo 7q5, l’armeno antico ed il sanscrito (mia nonna conosceva bene il sanscrito), niente Lavazza: io come caffè uso solo l’Illy.

  59. Mauro Leonardi ha detto:

    @Antonio
    Grazie!

    @Gianpaolo
    Mi interessa quello che dici del blog: “Mi pare che il blog nasca anche come antidoto alle coazioni e ai sensi di colpa che una formazione rigida o rigidamente e acriticamente data e ricevuta genera nella vita di tante persone tenere e delicate. Lo apprezzo e penso che sia anche uno degli scopi del tuo libro.”

    Sicuramente questa Discussione ha questa piega. In quella sulla chiesa e la pedofilia ho appena scritto che forse dovremmo (laici e sacerdoti) avere il coraggio di ritornare a dire che va utilizzato di (o quasi sempre) il confessionale con la grata, e non so quest’affermazione da che parte cada (rigida? tenera?). Io ho promosso questo blog per promuovere i miei libri. Detto in “panesalamese” per vendere di più. Cioè invece di dare all’Ares la colpa delle mie “scarse” vendite mi sono detto: ma non sarà che devi imparare ad ascoltare di più la gente? Io sono proprio convinto che Gesù uomo/Dio ha delle cose pazzesche da dire e che interessano proprio a tutti, ma penso che chiuse nel ghetto cattolico (parlo per me) certe sue parole non vengano capite. Ma la colpa è mia che non ascolto, non degli altri che non comprano. E devo dire che il blog mi sta insegnando veramente tanto. Ad ascoltare e quindi anche a parlare. Per me è una fatica stare sul blog ma prima ancora è una grande felicità. Per questo penso che la croce sia una conseguenza dell’amore. Io ho avuto un papà e una mamma splendidi che hanno dato la vita per noi, e non mi hanno mai parlato di croce. Per loro la vita era felicità. Se vi racconto i loro problemi scopriamo che di croci ne hanno avute tante, ma non me hanno mai parlato. Ho sul salva schermo le foto di dove andavamo in montagna e mi ricordo le loro telefonate che mi dicevano: “Mauro ma io una giornata così bella non l’ho mai vista, non c’era una nuvola”. E non importava che me l’avessero detto anche il giorno prima. Era sempre la prima volta. Mia mamma era allergica al formaggio ma le piacevano tante altre cose, ma si serviva sempre per ultima. Cioè prima serviva il marito e i quattro figli, e poi lei. Me la ricordo all’angolo di sinistra in fondo (la mia sinistra, non vi confondete) del tavolo. Ma mia mamma non faceva mortificazioni. Io capito il passo del vangelo dei buoni che si meravigliano (ma quando Signore, siamo stati buoni?) pensando a loro, mica dalle prediche dei preti.

    @Lidia
    Ma sul serio devo intervenire di più? a me sembra di esserci fin troppo. Io non voglio fare un guru-blog… però insegnami, sei tu l’esperta.

  60. Vera ha detto:

    @Polifemo, io ci sono sempre… a volte leggo frettolosamente e sempre di corsa che non assimilo ciò che dite tutti, altre volte evito… ma ti leggo,mi fa piacere se hai riflettuto, ma è anche merito tuo e di una coscienza retta, si può sbagliare tutti, anche a me piacerebbe essere ripresa …. Dio ti benedica.

  61. Mauro Leonardi ha detto:

    @Gian Paolo
    “… Attenzione poi che il terzo tipo in cui metti ogni genere di persone ( pubblicani e peccatori ) spinto da uno slancio di carità che rompe tutte le barriere, include nel tuo elenco anche persone che certamente hanno fatto soffrire e fanno soffrire almeno quanto gli “ordinati” ipoaffettivi nella carità. Un pluridivorziato, un gay, vanno ricuperati e amati ma non possono essere canonizzati nel loro spontaneismo scriteriato.Hanno fatto soffrire mogli e figli o genitori, ecc….” ma mi dici dove li ho canonizzati? se un uomo ama generosamente un figlio illegittimo o una donna che non è sua moglie (“ama” vuole dire tante cose…), e se un omosessuale – e ne conosco – si comportano egregiamente in tanti aspetti della loro vita, io da loro cerco di imparare.
    Per quanto riguarda la parabola di Lc 15, del figlio minore si dice che va in cielo e del secondo si lascia aperto il dubbio. Entrambi avevano bisogno di conversione: il primo l’ha fatta, il secondo non lo so. E non lo so perché Gesù non lo dice.
    San Paolo ha affrontato mille martirii ma non si è mai autoflagellato: ha cercato l’amore per Cristo amando gli uomini: cioè faceva quello che faceva mia mamma quando distribuiva la pastasciutta. Né più né meno. (E io ci mettevo il formaggio grana). (Adesso faccio la mortificazione di aspettare a metterlo per essere sicuro che ce ne sia per tutti, perché nel centro dell’Opera dove abito il formaggio grana lo mettiamo tutti…). (Se una volta passi da Roma fammi un fischio che ti invito a pranzo):

  62. Tres ha detto:

    @Don Gian Paolo grazie del complimento. Grazie che prega anche per me. Lei non mi scoccia, a volte devo leggerla più volte perchè alla prima lettura mi irrita un po’. Buon lavoro.

  63. Dory ha detto:

    Senta Don GianPaolo…Io sto passando un momento delicato nella mia vita e magari sono ipersensibile. Ho anche cercato di trattenermi dal scriverLe qui perchè ho troppo rispetto dell’abito e del Sacerdozio…Ma alla fine ho pensato di scriverle perchè certe affermazioni non solo (forse Lei nemmeno se ne rende conto)le trovo sinceramente sconcertanti, ma veramente possono veramente ferire, allontanare. Le faccio qualche esempio?
    1) La teoria del “pensiero unico”: mi sembra che più volte, anche con tagliente ironia, Lei abbia detto che qui Lei viene a rappresentare una voce “diversa” nel coro dei “tifosi” di don Mauro che non dissentono da Lui in nulla… a parte che basterebbe citare Polifemo (che più diverso da don Ma’ de così nun se pò!!! Nel senso bono Polifè, se capisce!…) per palesare la parzialità di tale sua posizione…Ma per esempio – parlo per me – ho avuto uno scambio di idee con Don Mauro sulla questione comunicazione e comunione e mi sembra che anche fefral, sciagu, insomma un pò tutti chi prima e chi dopo abbiano palesato posizioni, dubbi e convinzioni diverse da Don Mauro… Inoltre non è necessario sempre dichiarare di “pensarla diversamente” affinchè ci sia reale democrazia e libertà mentale: a volte uno veramente libero di testa… nota la differenza e… basta. Inoltre a me lei sembra, scusi, un pò superbo, perchè quando dice che lei vuole portare una voce “diversa” sembra sempre sottindendere una certa “superiorità”…ma magari è un problema di percezione mio che sono stanca e nervosa.
    2) Mortificazione-fedeltà-pedofilia: su qusti tre temi, delicatissimi, mi pare che lei abbia posizioni molto…differenti. In tema di fedeltà e mortificazioni propone tetragono l’idea della croce e del “flectar non frangar” quasi che il dolore fosse quasi l’unica via di redenzione (e non è sempre e solo così) lanciando strali (anche giusti) contro il relativismo e il giustificazionismo sentimentale moderno. Poi però quando si parla di pedofilia, la scopriamo sorprendentemente così compassionevole, e prudente!come mai? Non le sembra che davanti a fatti tanto gravi non valga la pena – fatta salva la presunzione d’innocenza – essere rigorosi e comunicare in modo assolutamente chiaro anche all’esterno tale rigore contro questi delitti?
    3) Lei rimprovera Don Mauro di prestare attenzione “caritatevole” a categorie “di peccatori” come omosessuali, pluridivorziati, etc…Scusi, ma mi pare che un certo Gesù di Nazaret avesse a che fare con prostitute, ladroni, pubblicani (S. Matteo), immigrati clandestini (la samaritana)…E se ricordo bene Gesù dice di essere venuto “per i malati e non per i sani” e non è che volesse canonizzare i peccati di quelle persone…Ma solo dire che nella sua Legge conta più l’amore che l’errore…Tutto qui!Sbaglio Don Giampaolo? Inoltre, mi scusi, su questa terra tutti facciamo soffrire e soffriamo, lo sa? Anche molti eterosessuali sposati in santa romana chiesa,, poi magari hanno l’amante o vivono solo per il lavoro o non apprezzano ciò che hanno…E fanno soffrire tante mogli , madri, figli che portano con e per amore questa croce tutti i santi giorni!!! Non so se ha letto l’articolo di Don Mauro sul figliol prodigo…Ma guardi che Dio è molto, molto più preoccupato per il maggiore (che fa tante mortificazioni lui…). Con questo sappiamo tutti che il minore ha sbagliato!!! Ma lui è prodigo…vedi un pò…
    4) Scusi, forse è perchè appartengo al genere femminile, ma continuo a pensare che lei sia un pò maschilista. Che abbia interiorizzato l’immagine della donna-uterina che ragiona solo per emozioni. Le assicuro che non è così. Le assicuro che noi donne (non tutte e non sempre, ma spesso sì) dobbiamo diventare manager perfette in casa e fuori. Anche perchè per essere considerate la metà di un uomo dobbiamo valere il doppio…

  64. Vittoria Patti ha detto:

    Infatti. Conosco moltissime donne che non sono affatto cattoliche e hanno vite altrettanto o più intense di così.

  65. Vera ha detto:

    ….Chi vorrebbe molestie e difficoltà??? Tu ci comandi di sopportarle, non di amarle. Nessuno ama quello che sopporta, anche se ama di sopportare; avviene che uno può godere di sopportare, ma tuttavia preferisce che non esista quello che deve sopportare……. la vita dell’uomo sulla terra non è forse un duro lavoro senza mai una pausa??? E allora ogni mia speranza è posta nella tua grande misericordia Signore. ( S. Agostino)

  66. Antonio ha detto:

    “Nessuno ama ciò che sopporta” … è la frase delle “Confessioni” che mi ha più colpito quando le ho lette. Grazie per avermela ricordata.

  67. Lucy ha detto:

    Paola, io la domanda la giro a te…ma dove vivi? nel regno delle fate?

  68. Veronica ha detto:

    Leggo queste discussioni da un po’ di tempo e non sono mai intervenuta. Ma le cose che scrivete mi fanno riflettere, tutte. Dolore- amore, amore -croce. Io non so quale debba venir prima, forse non c’è nè un prima nè un dopo, ma se proprio vogliamo essere precisi, essendo Dio amore è abbastanza chiaro che essendo Lui dall’eternità, viene prima l’amore e rimarrà l’amore per l’eternità. Un amore che nel volto del Figlio porterà i segni della passione… almeno mi sembra che sia questo quello in cui crediamo.
    Non so voi altri che esperienza avete del dolore, della croce, perché ognuno di noi sicuramente ne ha assaggiata un po’ nella vita (purtroppo!!!). Io ogni tanto mi fermo a guardare le cicatrici che ho sul mio corpo e che non sono frutto (purtroppo!) di un incidente, né di un’operazione… ma di un’ingiustizia palese che si chiama violenza. Le guardo e mi domando il senso di qui segni, perché ci sono? sono giusti? Perché a me? No, la croce non è giusta! Non è giusta mai, soprattutto quando essa pesa su degli innocenti e apre il grande capitolo del ‘dolore innocente’. Perché c’è dolore e dolore! Io posso anche rinunciare al formaggio sulla pasta e magari mi ‘accollo’ questa croce perché fa bene alla mia superbia, mi aiuta a fare l’elemosina (cioè ad amare qualcuno!) e mi ridimensiona nella mia verità, cioè mi permette di scoprire chi sono e cosa voglio, ma non posso mai e poi mai rinunciare alla dignità della persona umana. Questo no! E il dolore innocente richiama a questo e quella ‘croce’ va combattuta, perché non ci sia più per nessuno, perché è bastata quella di Gesù Cristo!!! Questo deve essere chiaro!
    …poi io che torno a guardare le mie cicatrici sul mio corpo (e lasciamo perdere di parlare di quelle del cuore!) mi domando perché non è ‘bastato’ il sacrificio di Cristo?… e non lo so! E lascio aperta la porta a questo mistero… e mi ritrovo a guardare le sue ferite e a trovar compagnia e a chiedermi come ha fatto a trasformarle in amore o come ha fatto a trasformare l’amore in quelle cicatrici?!… e non lo so ancora! Solo mi fido… e cerco di amare chi mi sta accanto sapendo che la croce non è giusta!!! E se cade sulle spalle di qualcuno provo a capirlo, provo a portarla con lui/lei… evitando qualsiasi tipo di giudizio perché la dignità di quel volto è più grande di quella che io vedo e percepisco!

  69. Ribelle ha detto:

    Su questo tema della mortificazione, io sto “lavorando” molto a livello personale,(intendo nel chiarirmi le idee, cercar motivazioni e ovviamente cercar di vivere, ma questo è un lavoro sempre in corso..) perchè non saprei concepire un cristianesimo che non parla di croce( come spesso accade oggi e come nota d Colò), ma al tempo stesso può essere difficile stabilire una misura, si rischiano i sensi di colpa o si finisce per pensare come Paola?(non sono sicura sia lei..) che ha scritto che “queste cose sono solo per persone equilibratissime e con direttori equilibratissimi.”
    ..A me ha aiutato la frase di s Agostino ( non si ama ciò che si sopporta) ma anche tanto, questo brano che riporto”bisogna riscattare la parola mortificazione ,dal sospetto che grava da molto tempo su di essa..l’uomo di oggi cedendo senza accorgersene ai richiami dell’uomo vecchio…giustifica ed esalta il soddisfacimento delle proprie pulsioni naturali,vedendo in ciò l’autorealizzazione della persona….è vero che la mortificazione è vana, è anche essa opera della carne se è fatta per se stessa, senza libertà o peggio per accampare diritti davanti a Dio o trarne vanto davanti agli uomini., ed è’ così che molti cristiani l’hanno conosciuta e hanno paura di ricadervi perchè magari hanno conosciuto la libertà dello Spirito; ma c’è un modo spirituale, a partire dallo Spirito che la Scrittura ci indica … “se con l’aiuto dello Spirito…fate morire le opere della carne vivrete…”( Cantalamessa)
    Dunque l’accento va posto sullo “spirito”, con cui si fanno le cose…si tratta di capire bene cosa si vuole, mettere volontà, ma anche TANTO CUORE…per dirla di nuovo con il grande s Agostino (uno che di crisi e incapacità di liberarsi dei vizi, ne sapeva qualcosa!) “Se tu avessi del grano in cantina, lo porteresti nel granaio, per evitare che marcisca. A maggior ragione devi preoccuparti del tuo cuore, elevandolo verso il cielo. In che modo? Attraverso atti d’amore. Il corpo sale cambiando di posto; il cuore si eleva cambiando di volontà”

  70. Ribelle ha detto:

    Scusate se intervengo di nuovo, ma oggi ho saputo della morte di una persona a me molto vicina, di cui lascio qui solo il nome, per quelli che la conoscono…Milena…voglio scriverne qualcosa, perchè molto in tema con celibato e amicizia, nonchè mortificazioni…una persona che ha unito in modo stupendo tutte e tre queste cose!
    …Infatti lei mi ha seguito dal punto di vista spirituale per vari anni, essendo appunto una che viveva il celibato apostolico e diciamo che lo ha fatto finchè la salute glie lo ha permesso…poi una malattia progressiva, le ha tolto la parola…devo dire che gli ultimi anni li ha trascorsi in quella che si può chiamare una mortificazione pesantissima e continua, dato che prima non poteva più parlare (eppure quanti messaggini ci siamo scambiate , considerando che se non poteva più parlarmi di Dio …poteva parlare a Dio di me, cosa ben più importante!)e alla fine neanche più mangiare (ma girava per casa con una flebo perenne attaccata per la nutrizione).
    Devo dire che l’amicizia, quando si nutre di fede, e affronta anche contenuti spirituali ,è una cosa bellissima perchè ti arricchisce, ti dà forza (viene in mente quella frase- il fratello aiutato dal fratello…) e ti fa sentire immerso davvero nella comunione dei santi (che non stanno solo in cielo, visto che la chiesa è anche militante, fatta anche da tutti quelli che vivono!).
    Io ho vissuto spesso con lei questo tipo di rapporto…..penso a quando mi lamentavo di non riuscire a pregare come volevo ( che sono sempre stata un pò perfezionista e complicata!) e lei mi scriveva (gli ultimi colloqui li abbiamo fatti su un foglio!) che dovevo stare semplicemente davanti a Dio, come succedeva a lei che neanche riusciva a chiudere la bocca e si sentiva come un bambino che fa le bave davanti a Dio…ma felice di stargli davanti!
    E siccome era molto devota a Maria, io avevo preso l’abitudine di scriverle in occasione di tutte le feste mariane…dunque proprio 2 giorni fa festa della Visitazione, le scrivevo , diciamo proprio sul tema della mortificazione… che pensavo spesso a lei,che “mangiava” dalla flebo, dato che facevo tanta fatica a fare una piccola rinuncia a tavola…lei mi assicurava sempre una preghiera per le mie necessità…e ora spero proprio che continuerà a farla…molto più da vicino!
    Insomma non ci sono solo le persone celibi acide o i sacerdoti pedofili….ma anche luminosissimi esempi di vita! e se un blog serve anche a raccontarsi…io ho voluto farlo…

  71. Antonio ha detto:

    Qualche anno fa, ero studente, un mio amico mi chiese di accompagnarlo in un posto: “Vado a trovare una signora che vive da sola al Corviale”.
    Mi sembrò una strana proposta … poi mi spiegò che il parroco del Corviale aveva chiesto aiuto ad alcune persone della Prelatura dell’Opus Dei perché lui da solo non ce la faceva a visitare tutti i suoi parrocchiani. A questo mio amico era toccata in sorte questa signora, che lui naturalmente non conosceva. Andammo a comprare dei dolci e ci presentammo a casa sua.
    Il Corviale, non so se lo conosci, è un gigantesco edificio di Roma che sorge vicino alla via Portuense. Ci abitano più di 10.000 persone. Mi spiegò che le abitazioni erano state assegnate agli attuali residenti dal Comune e, poiché i “guai familiari” costituivano un vantaggio dal punto di vista dell’assegnazione degli alloggi, la maggior parte delle famiglie aveva persone con handicap, malati cronici, tossicodipendenti, pregiudicati … Insomma il Corviale era (ed è, credo) praticamente un ospedale.
    La signora che ci aprì la porta non aveva problemi di salute. Viveva sola. Noi ci presentammo e lei ci accolse bene. Iniziò a raccontarci tutta la sua vita, i rapporti con i suoi familiari, con la nuora che non la voleva a casa sua e che non l’andava a trovare, ci lesse le preghiere che recitava. Ogni tanto piangeva. Usciva raramente di casa perché aveva paura dei suoi vicini e quindi non vedeva nessuno. Era vedova, il suo unico figlio ogni tanto l’andava a trovare.
    Noi parlammo poco … dopo un po’ di tempo ci alzammo per andare via. Il mio amico gli chiese di pregare per noi e lei fu felice di dire sì. Sulla soglia ci salutò con queste parole: “Grazie di essere venuti. Così almeno, quando mio figlio verrà a trovarmi avrò qualcosa da raccontargli”.
    Non l’abbiamo più rivista, non mi ricordo il suo nome … ma queste ultime parole che mi ha detto non me le dimenticherò mai. Non so dire quale sia il senso della sua sofferenza … ma queste sue parole per me sono state come un seme. Per me quell’incontro è stato importante.
    Ogni tanto vado a rileggere l’Apocalisse … “E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte,
    né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate” … e mi ricordo della signora del Croviale. Dio conosce le sue sofferenze, mi dico, Dio sa e la ricompenserà.

  72. Vera ha detto:

    @ Veronica all’origine sono sicura ci sia l’amore, perchè è proprio amando che si soffre, cioè se ami devi fare spazio all’altro e tu ti decentri, amare è rinunciare a se stessi, è questo è sacrificio è croce ma è dono, offerta. Certo che il sacrificio di Cristo è stato sufficiente, ma anche noi dobbiamo farne parte, anche a noi è dato di poter offrire per amore, la nostra storia va offerta e purificata dalla Croce.

  73. Paola ha detto:

    @Lucy: No, vivo a Roma e se ti capita e sei curiosa fatti dare la mia mail da don Mauro e invito anche te alla prossima festa.
    Cara Lucy, io non mi permetto di giudicare le infelicità degli altri, e anzi, per quel poco che può servire, le ricordo nelle mie preghiere e offro un po’ della mia fatica a finire di scrivere il mio libro.
    Ma tu devi fidarti se ti dico che la festa di mia figlia era bella; erano belle le mie amiche; c’era amore vero di amicizia tra noi. Poi, l’ho scritto, accanto al buon grano c’era la zizzania. Come sempre nella vita.
    Più autentica di così non posso essere, nel blog. Lo step successivo è davvero che tu vieni a casa mia a viverti la festa.
    Se dicessi che la vita è un inferno, non renderebbe giustizia di doni che ricevo da Dio quotidianamente.
    Certo, poi, nello scrivere ognuno sceglie una prospettiva. Ma anche nella vita. Quando io chiamo la mia mamma, lei inizia sempre col raccontarmi drammi, o presunti tali, dei miei fratelli o di mio padre. Io, per reazione, le racconto sempre cose belle. E’ il gioco delle relazioni.
    Domenica ho letto un’omelia di un grandissimo sacerdote che dice a proposito della festa di Pentecoste: chi sogna a occhi aperti, può tutto.
    Ce la fai a regalati uno spazio per sognare che in questo mondo c’è un po’ di sana felicità? (finisco con una domanda altrimenti Lidia mi cazzia)

  74. Veronica ha detto:

    grazie Antonio! non conosco Croviale… ma posso immaginare!

  75. Veronica ha detto:

    Grazie Antonio, non conosco Croviale… ma posso immaginare!!!

  76. Lucy ha detto:

    Ti risponderò presto…è bello essere un “sognatore” (D’Avenia?) e certo esiste la sana felicità.Il problema è che quando le cose non vanno bene e magari ascolti il sognatore di turno che parla delle sue bellissime esperienze familiari o altro, ti viene una disperata malinconia e devi lottare con una sana leggera invidia e ti senti ancora peggio…( che vuoi, siamo esseri umani…e forse significa solo che l’intruso (il dolore) dentro di te ,sta lavorando e non si è ancora trasformato in perla, per dirla con il citato D’Avenia…)per ora sto pensando a quello che ha scritto Ribelle e alla sua esp di amicizia.

  77. Mauro Leonardi ha detto:

    @Veronica
    Ma sai che sento proprio vere le cose che dici? Anch’io me lo chiedo: ma perché è bastato il peccato di Adamo ed Eva a metterci nei guai a tutti, e non è bastato il sacrificio di Gesù e Maria a salvarci tutti? Le risposto teologiche le so tutte… però voglio farmi ferire dall’acutezza di questa osservazione: nessuna croce è mai giusta. Lo so che c’è il binomio peccato/morte e quindi peccato/croce ma questa cosa non mi aiuta per niente quando soffro. Invece che venga qualcuno vicino a leccarmi le ferite (Lc 16,21) un po’ mi serve. Per questo ascolto Pietro (e Giacomo e Proverbi) che oggi a Messa dice: “Soprattutto conservate fra voi un amore fervente perché l’amore copre una moltitudine di peccati”. (1 Pt 4,8). E capisco perché Dio dice: “misericordia voglio e non sacrifici”.

    Non dubito che gli esercizi ascetici abbiano una loro utilità – come quelli di cui parla Paolo quando cita le gare atletiche – ma queste valgono per qualsiasi religione e qualsiasi cultura: lo specifico di Gesù è il comandamento dell’amore. Da lì deriva tutto.
    Grazie Veronica per averci comunicato i tuoi “segni” dolorosi.

  78. lidia ha detto:

    Paola, ma no che non ti riprendo ;)
    Intendo dire un’altra cosa. Sembra , a volte, che a te non interessi perché Ribelle o io o altri diciamo cose diverse dalle tue. Cioè non prendi proprio in considereazione l’ipotesi che dialogando io scopro quanto è bella la tua posizione ma anche tu capisci la mia.
    Capisci? Io quando ti leggo poi rifletto molto su ciò che dici, e sicuramente in tante cose la tua visione mi piace. Poi ci sono cose che accetto con i distingoìuo, ma anche lì” Ce la fai a regalati uno spazio per sognare che in questo mondo c’è un po’ di sana felicità?” suona come “insomma, ce la fai a smettere di pensare così come fai desso?”. ora in tanti casi smettere di pensarla in un modo è giusto – io stessa cerco tanto in questi giorni di smetterla una buona volta di piangermi addosso perché non ho (ancora) trovato il lavoro dei miei sogni e molto più perché il fidanzato mi ha lasciata, e in questo senso i tuoi consigli sui sogni ecc. sono preziosi.
    ma sembra quasi che tu non ti chieda mai “ma perché Lucy (Lidia, Fefral) la pensano in modo diverso? Sarà mai che le nostre visioni, invece di auto-eslcudersi- si completano?”.
    Non so se si capisce.
    Invita anceh me però! Dai sarebbe bello evdersi sul serio..!

  79. Paola ha detto:

    Appena consegno il libro, ti cerco (perché ho capito chi sei)!
    E poi ti assicuro che Fefral la ascolto e ascolto anche te!!! Non ci crederai ma ho davvero ridimensionato i pipponi che facevo a mio marito dopo aver letto i consigli di Fefral; e sto più attenta quando le mie amiche sono nelle merda a essere meno dreaming oriented, come mi scrivi spesso tu.
    Quanto a Lucy, lei non ci spiega perché è così malinconica e di certo io non posso entrare nei suoi silenzi. Lei mi aveva chiesto ragione della mia speranza, della mia gioia per la festa della mia Ila, e io ho scritto quella risposta.
    Detto questo, di palcoscenici in cui esporci ne abbiamo tutti abbastanza nella vita. Qua, invece, ci piace proprio questo scambio di idee. Che però può essere di tono diverso, a seconda delle personalità, storie vissute, etc.
    Ciao, scappo. Se non chiudo il capitolo entro sera sono finita …
    Tu continua a darmi consigli.

  80. Mauro Leonardi ha detto:

    Lc 16,21: ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe

  81. Paola ha detto:

    Leccare le ferite è davvero il basic dell’amicizia, don Mauro. Non preferisce la scena degli amici che calano l’amico col lettuccio scoperchiando il tetto? Questa mi sembra un’amicizia che sana le ferite.

  82. Lidia ha detto:

    ciao Vera!
    sono molto belle le cose che scrivi…immagino tu abbia sofferto molto, ma è bellissimo vedere che non ti sei inaridita, come altri potrebbero fare, al contrario sei qui che ci fai vedere come dalla sofferenza nasce l’amore…
    mi chiedevo spesso, leggendoti, come fai…io quando penso alle mie sofferenze (la separazione dei miei, l’essere stata lasciata dal fidanzato), per quanto piccole, rabbrividisco sempre e penso che a volte all’amore per gli altri non ci penso proprio e mi lamento e basta…invece tu non sei mai rancorosa, almeno qui,e questo è bellissimo! Grazie!

  83. Ribelle ha detto:

    Certo che leggendo il blog, si impara molto su se stessi!per esempio si capisce subito che ci sono una varietà di caratteri e che taluni possono creare anche reazioni di fastidio, ma essere diversi è una ricchezza e quindi bisogna cercare di esprimere in modo gentile le proprie idee!
    Comunque Paola, pur ammirando gli amici del paralitico e cercando di imitarli nel portar persone davanti a Gesù,, non trovo che leccare le ferite sia un livello basso (intendi questo con basic?) di amicizia, ma solo quello che viene più di istinto e subito…e che subito fa sentir un pò meglio!!
    Ricordo che un giorno in cui ero particolarmente triste per fatti miei, mi fu raccontata la storia di un giovane che era andato ad aiutare madre Teresa…ora questa aveva in braccio un bambino moribondo e lo stava accarezzando…quindi lo passò nelle mani del giovane dicendogli di continuare per il poco tempo che gli restava da vivere.
    Quello subito le domandò a che servisse un tale gesto e la beata gli rispose:” sto facendo a lui quello che Dio gli farà per l’eternità…”
    La cura delle ferite poi,se è possibile, è certo doverosa!!….ma nell’episodio del Vangelo non è stata opera degli amici (che spesso non possono fare proprio nulla di concreto!)ma di Gesù…

  84. Mauro Leonardi ha detto:

    Molto bella questa testimonianza di Ribelle!

  85. Mauro Leonardi ha detto:

    @Paola
    Bella anche quella, ma la cosa dei cani mi serve per tenermi davanti agli occhi che Dio mi dice di non farmi tanti “pipponi” e di aprire gli occhi su chi mi sta accanto…

  86. Paola ha detto:

    @Ribelle io non ho mai scritto “queste cose sono solo per persone equilibratissime e con direttori equilibratissimi.” Quanto alle tue “reazioni di fastidio” a quello che scrivo ci penso e poi entro sera ti rispondo. Forse se mi spieghi il motivo del fastidio mi è più facile.

  87. Paola ha detto:

    Allora più efficace di tutte è la figura del buon samaritano. Forse sbaglio, ma fermarsi a leccare le ferite, ossia a condividere il dolore, a me sembra un po’ poco. Certo è una prima forma di condivisione. Ma, non so se per il mio atteggiamento di vita sempre propositivo, sempre in cerca di un angolo di paradiso anche in mezzo alle prove del mondo, mi sembra che si debba fare di più per un’amica.
    Insomma io ho paura che leccare le ferite dell’amica sia un po’ “piangersi addosso” e non aiutarla a ritrovare la pace. Sempre ovviamente nei casi in cui la pace si possa ritrovare. Le ferite, spesso, possono essere sanate. E l’amica deve essere lì per quello. Per esempio se Carly mi dice che è triste perché la figlia ha da 8 mesi un’allergia agli occhi e non riescono a farla guarire e la bimba sta male e così via, io non riesco solo a dire: Carli, tesoro, dai passerà; o povera tua figlia; o ti capisco; o prego per lei. Io magari le dico: dai prova con Betta che è una bravissima oculista, e vedrai che forse ti trova finalmente la cura.
    Mentre, di certo, alla mamma di Lorenzo che ha 10 anni e un tumore incurabile, lecco le ferite e le regalo il rosario che mi ha regalato il Papa. E, in fondo, è già qualcosa di più di leccare le ferite.
    Non so se mi spiego?

  88. Tres ha detto:

    Io in quel “leccare le ferite” ci vedo un po’come un sentire il sapore del dolore altrui, mangiarlo, farlo proprio. Credo che sia un approfondimento, una radicalizzazione del “mettersi nei panni” dell’altro o del “camminare nelle sue scarpe”. Leccare le ferite, mettersele in bocca, dentro di sè, è proprio dell’amico. Anche il calare dal lettino e il sanare, certamente. Ma questo lo può fare, e a volte è meglio che lo faccia, anche un buon specialista, un volontario di una onlus, un benefattore. Metterci la bocca e la lingua nel dolore altrui, lo fanno i cani (forse non a caso definiti i migliori amici dell’uomo), è “esserci” puro. E poi il cane mi sembra anche un buon esempio di quel saper stare anche con l’amico felice. Ciao

  89. Giaa Paolo Colò ha detto:

    ieri in un intervallo del mio lavoro avevo scritto una serie di risposte di cui andavo orgoglioso ma l’orgoglio è stato punito e il PC caffettiera(ma forse caffettiera è l’utente del PC ) si è di nuovo mangiato tutto. Non sarà che fefral porti un “picchio” ( vulgo jella) elettronico e anticlericale contro gli sproloqui pretesche……? Tres non ho ancora imparato ilcopia e incolla per cui ho una specie di blocco….senile.
    Rispondo ora solo a Dory che sembra turbata dai miei interventi.
    A) i preti vanno venerati quando stanno sull’altare ( e non dicono fesserie, come a volte capita ) e sempre quando amministrano i sacramenti, ma quando esprimono opinioni su un blog, familiare come questo, possono benissimo dar fastidio ed essere contestati; ti ringrazio per quello ch mi hai detto;
    B) io voglio aggiungere punti di vista diversi, ma che non debbono per niente essere presi come oro colato, ma può arricchire sapere che esistono. Sono posizioni intellettuali, non certo indicazioni di direzione spirituale o cose per cui si debba cambiare il proprio comportamento o mettersi in discussione quando ci si trova bene lungo una certa strada;
    C) a proposito dei pedofili, io non sono certo indulgente,ma temo l’influenza dei media che possono eccitare atteggiamenti persecutori e portare ai giudizi sommari e ai linciaggi. In carcere spesso i pedofili, preti o laici, debbono essere isolati perchè gli altri carcerati vogliono picchiarli o violentarli. Io non mi unisco al coro e penso che ci si debba affidare alla giustizia. Spesso penso che siano anche persone malate da curare e non solo da punire e penso che ciò che hanno fatto sia già un tormento per la loro coscienza. Penso anche che i pastori che hanno esitato ad applicare i rimedi nergici necessari, dovranno renderne conto a Dio e alla loro coscienza.Mi rendo conto che possono essersi trovati in condizioni difficili, non percè vogliono salvare la faccia ma perchè è duro affidare alla giustizia un proprio figlio, anche se è ancor più tremendo sapelo violentato ( perciò capisco l’intransigenza dei cuori materni )
    C)Io nonsono maschilista, sono maschio e noto le differenze tra l’uomo e la donna e ne ringrazio il Signore. Ho imparato moltissimo da queste differenze ( p.e. ad evitare l’ironia ma vedi che ci casco ancora un po’, a cogliere i particolari,a trattare in maniera diversa le persone diverse, ecc. ) e forse ho contribuito, ascoltando, a rasserenare ansie, preoccupazioni e sofferenze e a trasmettere sucurezza, in chi doveva già averla ma non l’aveva per poca fiducia in se stessa. Quindi pace e perdonami se ho creato qualche subbuglio nel tuo cuore con i miei interventi.
    Sia ben chiaro che io stimo molto d. Mauro e penso che faccia un gran bene. le nostre divergenze riguardano sfumature e modi di trattare realtà su cui siamo fondamentalmente d’accordo.

  90. Sandokan ha detto:

    @donGianpaolo!!!! Bentornato. Per un attimo avevo temuto. Questa discussione stava diventando come una puntata di Anno Zero dopo le dimissioni di Berlusconi. Mancava uno che stesse dalla parte del torto!

  91. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Berlusconi a me non me lo aveva detto mai nessuno. Guarda che cosa ti tocca sopportare per amore di d. Mauro. Ricornuto e rimazziato!

  92. Giaa Paolo Colò ha detto:

    D’altra parte un….. capro espiatorio un po’ cornuto deve essere, sennò che capro è!Ma ‘sto Sandokan, da dove spunta n? E’ stato uno degli idooli della mia infanzia, soprattutto quando sfasciava in preda alla passione delusa finissimi arredamenti orientali, con legni rari, ecc.

  93. Sandokan ha detto:

    Caro @donGianpaolo, mi dispiace deluderla ma non sono Sandokan. Mi sono presentato così per paura, paura delle donne. Ma ha visto quante femmine in questo blog! A casa mia sono tutte femmine: che casino. Adesso che sono qui ai giardinetti e Tarzan sta sull’altalena mi è venuta voglia di scrivere sul blog.

    Chi è Tarzan, dice lei? E’ il fidanzato di mia figlia. E’ il suo uomo, come dice lei. L’ha conosciuto in Africa e ce l’ha portato a casa l’anno scorso. “Guarda papà, non è bello? Sapessi com’è intelligente! L’ho capito subito quando l’ho visto che si arrampicava sugli alberi. Con lui mi sono realizzata, mi sento me stessa”.

    Dopo qualche giorno da quella prima conoscenza mi son preso di coraggio e ho deciso di fare due chiacchiere con mia figlia. “Ma sei sicura che è intelligente? In questi giorni l’ho sentito soltanto ruttare!”. “Papà, come sei insensibile. Non sai mai andare oltre le apparenze. E’ vero, rutta. Ma dietro quel rutto ci sono sofferenze inimmaginabili, tande delusioni, solitudine …”. Ho provato a buttarla sul ridere: “Non sarà cattiva digestione?”. Si è messa a piangere: è priva di senso dell’umorismo! Mia moglie mi ha immediatamente rimproverato: “Tu non capisci niente: sono così felici. A mia madre piace moltissimo”.

    E’ un anno che Tarzan è in giro per casa. Devo dire che un po’ comincia a farmi pena. E’ felice solo quando mia moglie e mia figlia vanno dal parrucchiere, a coltivare il loro mondo interiore. In quelle occasioni ne approfitto e lo porto a giocare ai giardini pubblici. Sembra un bambino.

    Devo scappare: forza @donGianpaolo.

  94. Tres ha detto:

    Ma che problema c’avete con l’essere daccordo? Bentornato Don Gian Paolo, lei a me piace perchè dice quello che pensa e si prende le sue responsabilità e, soprattutto, ha la pazienza di spiegare e rispiegare quello che voleva dire, non per il fatto che sta dalla parte del torto o di quello contro. Torto di che e contro chi poi? Come è andata la sua lezione impegnativa? Ciao @Sandokan. Che ricordi il tuo nomignolo: io sono della generazione in cui volevamo essere tutte Perle di Labuan!

  95. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Ancora non l’ho data; la sto mettendo insieme. Grazie dello sforzo ( cche poi penso ti venga naturale o virtuosamente naturale ) capire i punti di vista.

  96. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Mauro. Sono in pausa con la preparazione della lezione e faccio due piccole sottolineature.Gli “ordinati” aridini sono spiacevoli e antipatici ma non hanno sfasciato famiglie, non hanno fatto propaganda e pratica di un disordine sessuale che mette in discussione la stessa opera della creazione. Il figlio maggiore della parabola – antipatico per quanto si voglia – ottuso e insensibile al grande cuore del Padre però non ha sprecato tutto la parte dell’eredità che gli spettava.
    Non rispondono gli antipatici al canone teologico ed estetico che ci può piacere ma metterli inesorabilmente nell’iferno vero o in quello affettivo mi pare assai….Chi insegnerà loro ad amare se non li amiamo oltre loro stessi….
    E poi ti dico la verità ma traditori della famiglia, gay, ecc. io li amo li accolgo con gioia ma non ti nascondo che mi fanno tanta malinconia quanto gli antipaticoni. Mah? Sull’autoflagellazione di s. Paolo, parleremo in un’altra pausa. Ora vado a pranzo e non metterò il formaggio per amore della Repubblica. Guarda che per amore tuo mi hanno dato del berlusconi. Non c’è amore più grande che sopportare questo….

  97. Mauro Leonardi ha detto:

    @Sandokan
    Benevenuto! non so chi sei ma so di sicuro che scrivi in modo divino!
    @Gianpaolo, devi assolutamente imparare il copia/incolla: dài non autolimitarti tanto… hai visto che alla fine ce l’hai fatta a scrivere sul blog direttamente senza mandare le mail a me? il copia/incolla è infinitamente più semplice!

    A proposito del discorso “croce/amore” mi è venuta in mente una cosetta proprio carina. Nel Processo di canonizzazione di santa Chiara – mi sa che è uno dei primi della storia – un testimone racconta che quando Chiara diventa monaca (la faccio breve perché la cosa è un po’ più complicata…) Francesco le dice di convertirsi “a Gesù Cristo”. Ora questa cosa non è facile da capire, perché Chiara secondo i nostri canoni è già convertita: non è Francesco. Cioè Francesco veniva da una vita “dissipata”, invece Chiara – che era una bellissima ragazza – già prima di diventare monaca non mangiava per fare digiuni, usava cilici e discipline, pregava un sacco… di che cosa doveva convertirsi?
    Secondo me la risposta sta proprio nell’amore: Francesco voleva che Chiara amasse come Cristo. E mi conferma in ciò Ratzinger. Ecco qualche citazione di B16 in tal senso (tratta dalla famosissima conferenza a Fontgombault del luglio 2001). Dà risposte profondissime a una domanda tostissima: come si possa dire che la Messa è “sacrificio”. Partendo dall’interpretazione che l’attuale Papa dà del sacrificio, si arriva proprio al cuore del messaggio della croce e della resurrezione, e pertanto anche della liturgia.

    “Si considera comunemente il sacrificio come la distruzione di una realtà preziosa agli occhi dell’uomo; distruggendola, egli vuole consacrare questa realtà a Dio, riconoscere la sua sovranità. Tuttavia una distruzione non onora Dio”.
    “In che cosa consiste allora il sacrificio? Non nella distruzione, ma nella trasformazione dell’uomo. Nel fatto che diventa lui stesso conforme a Dio, e diventa conforme a Dio quando diventa amore. ‘E’ per questo che il vero sacrificio è qualsiasi opera che ci permette di unirci a Dio in una santa comunione’, dice sant’Agostino”.
    “Dunque il sacrificio consiste – diciamolo ancora una volta – nella conformazione dell’uomo a Dio (…) questo processo fa sì che diventiamo amore e un solo corpo con il Cristo”. Ciò avviene “nel momento in cui il Figlio si consegna in persona come agnello, vale a dire si dona liberamente al Padre e così pure a noi”.

    Più chiaro di così!

  98. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Bellissimo. Per arrivare a donarsi così è però necessario un progressivo allenamento per conformarsi a Dio, eliminando – per amore, ma eliminando, a volte con entusiasmo giovanile a volte faticosamente – tutto ciò che è ostacolo in me per conformarmi a Dio.San Paolo non si sarà autoflagellato ma parla di sottoporsi ad allenamenti come gli atleti che si privano di tutto, come i pugili che rischiano la vita per una corona coruttibile, certo, ma si privano, soffrono. Se hai scoperto qualche altra “nascosta” interpretazione a queste parole per me trasparenti fammelo sapere e chiederò un risarcimento-danni per tante penitenze inutili, ma sarò nei guai perchè dovrò risarcire tantiche ho ingannato in buona fede parlando loro di queste necssità di purificazione. Forse dovrei scappare all’estero. E anche il povero Timoteo – con il suo bicchier di vino- è stato ingannato perchè s.Paolo lo invita a soffrire anche lui.
    Io con tutta la buiona volontà, continuo a non capire, come si possa eliminare la sofferenza dalla purificazione cristiana. Si potrà soffrire per amore consolate dalla speranza dell’incontro, come le anime del purgatorio, ma si deve soffrire. Non c’altra porta stretta, non c’è altro modo che essere violenti e farsi violenza per entrare nel Regno. Spiegami tu la parabola. Cari amici, è teologia in fieri, non vi preoccupate. Forse c’è anzi da imparare.

  99. Paola ha detto:

    Scusi, don GP, ma credo che Le manchi solo un passaggio per sposare in toto la posizione di dM.

    I profili strutturali della mortificazione sono quelli che Lei vede bene: “allenamento “. E quanto ai profili strutturali, santa Chiara, dall’esempio di dM, risulta adeguata. Cilicio and so on.

    Ma bisogna tenere presente i profili funzionali, ossia considerare il valore, lo scopo che devono raggiungere queste mortificazioni. E per i profili funzionali Chiara non era ancora pronta.
    La mortificazione, e forse meglio la sofferenza, serve non per la “distruzione di una realtà preziosa agli occhi dell’uomo”, che come dice il Papa non onorerebbe Dio. Ma serve per amare di più.

    Insomma la sofferenza è un passaggio. Non è il fine.

    Bisogna transitare per la sofferenza. Ma non restarci (a leccarci le ferite). Perché lo scopo di tutto è amare.

    Bisogna soffrire per imparare ad amare con l’amore di Gesù.
    Tanto lo dimostra che dopo la crocifissione c’è la resurrezione. Si esalta la croce perché è lo strumento della resurrezione.

    Spero di non averLa confusa!

  100. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Perfetto.”La sofferenza un passaggio. Non è il fine ( ci mancherebbe altro, dico io )Bisogna transitare per la sofferenza” Qui dico io: finchè siamo in “questa valle di lacrime”, finchè siamo di passaggio ( si suol dire di questa vita terrena:”siamo di passaggio”!!!!!!) la sofferenza dobbiamo aspettarci che sia sempre in agguato. Non dobbiamo procurarcela o cercarla, ma dobbiamo aspettarcela ed essere preparati ( ben uniti alla Croce di Cristo, sennò si scappa a gambe levate ) perchè non capiti quello che dice la parabola del seminatore, per due casi ben precisi, ( le pene di questo mondo o le ricchezze di questo mondo ) che sono quelli in cui ci troviamo la maggior parte di noi che abbiamo ricevuto il seme.
    Bene, penso che ci siamo intesi. Io non sono altro che un allegro pessimista con una speranza sullo sfondo che mi fa camminare, ma con poche illusioni su ciò che si può trovare lungo la strada. Mi fa piacere quello che mi dici delle tue care e gioiose amiche. Pregherò per loro ma tu ( facendo le corna, come si suol dire ) preparale a scoprire e a contemplare Gesù sulla Croce nel caso che……
    Quando ho incontrato il Signore tanti anni fa mi hanno detto che il Signore mi chiamava sul Calvario e non sul Tabor e avevano ragione anche se sul Calvario c’è un amore e una consolazione austera.

  101. Paola ha detto:

    Sì, lo dirò alle mie “gioiose amiche”; ma dirò loro pure che Dio non permette croci senza poi dare ad ognuna la grazie per sopportarle. Dio ha vinto il mondo e non dobbiamo avere paura. Io mi fido di Dio.
    Dio è amore e ci aspetta con gioia in ogni circostanza ordinaria ordinaria della nostra esistenza. Con quella gioia con le radici a forma di croce che sta a significare che ciò che si vede è l’amore perché le radici, le croci, sono nascoste nelle terreno, nelle pieghe della nostra vita.
    Altrimenti la nostra fede è un’inutile fuga da questa vita di inferno verso l’auspicato paradiso. La lotta è proprio cercare, morendo d’amore per gli altri come ci ha mostrato Gesù, un anticipo di paradiso su questa terra!
    Buona cena!!!

  102. Mauro Leonardi ha detto:

    @Paola
    grazie, tu e io ci siamo perfettamente capiti! Posso aggiungere che la dimensione “ascetica”, di allenamento, è presente nel cristianesimo ma lo è come lo è anche in altre religioni: mussulmani, induismo, buddismo (che sono moto più “tosti” all’origine rispetto alla versioni edulcorate europee), ma la caratteristica (cioè il proprium, lo specifico) è il comandamento dell’amore che, in realtà, cambia proprio tutto. Le 4 virtù cardinali non sono state inventate dal vangelo ma il martire cristiano (che sarebbe il massimo della fortezza…) è qualcosa di assolutamente nuovo. Se io devo spiegare a un ragazzo che vuole studiate la teologia cosa deve soprattutto curare, non gli dico che deve stare attento al metodo, a essere ordinato, al silenzio mentre studia, a prednere bene gli appunti, ecc. tutte cose che sono verissime ma che valgono per tutte le discipline comprese la filosofia e la matematica, ma gli dico che la teologia è la scienza della fede (adesso la faccio breve..). Certo che devo parlare anche alla Croce ma sempre nella prospettiva della Resurrezione: ma questa Discussione nasceva a proposito di chi “predica” la Croce ma non aiuta a portarla, questa Croce (genere al quale tu, Gianpaolo, non appartieni sicuramente…).

    @Gianpaolo
    Ma delle parole di seguito riportate (che sono quelle di sopra) ce n’è qualcuna che ti ha dato fastidio? perché non l’ho capito: “Per quanto riguarda la parabola di Lc 15, del figlio minore si dice che va in cielo e del secondo si lascia aperto il dubbio. Entrambi avevano bisogno di conversione: il primo l’ha fatta, il secondo non lo so. E non lo so perché Gesù non lo dice.”

  103. Tres ha detto:

    Non lo so ma a volte cose che pensavo di aver capito poi non le capisco più. “Non c’altra porta stretta, non c’è altro modo che essere violenti e farsi violenza per entrare nel Regno.” Io la “porta stretta” non l’ho capita come l’ultima scorticata della vita prima di entrare in Paradiso. ” Con quella gioia con le radici a forma di croce che sta a significare che ciò che si vede è l’amore perché le radici, le croci, sono nascoste nelle terreno, nelle pieghe della nostra vita.” Bella la frase “gioia con le radici a forma di croce”, ma davvero si vede solo l’amore fuori? Ma davvero le vostre croci sono così nascoste nelle pieghe? A me qualche croce si vede e questo mi porta tanto affetto da parte di chi mi vuole bene e, a volte invece, incomprensioni. Di me, fuori, nella chioma della vita, non si vede solo l’amore e infatti devo chiedere a volte scusa o spiegarmi. Però in effetti io assomiglio molto al figliol prodigo però con il finale del figlio maggiore: il dubbio è aperto. Chissà forse il figlio maggiore è pure lui uno che aveva capito cose che ora, invece, non capiva più e chissà se ascoltando (come io leggo) sarà successo qualcosa. Forse Gesù non ce lo dice cosa succede al maggiore per dirci che la porta, si è stretta, ma è sempre aperta.

  104. Anonymous ha detto:

    “La porta stretta non l’ho capita come…” in Tressese vuol dire “La porta stretta io non la intendo come…”. Scusate.

  105. fefral ha detto:

    @don Gianpaolo “Il figlio maggiore della parabola – antipatico per quanto si voglia – ottuso e insensibile al grande cuore del Padre però non ha sprecato tutto la parte dell’eredità che gli spettava”

    lei è davvero convinto che non ci siano famiglie sfasciate per colpa di fratelli maggiori?
    E non le è mai venuto il dubbio che il fratello minore sia andato via da una casa che lo soffocava per colpa di un fratello perfettino ed egoista che non sbagliava mai? Che tanti fratelli minori hanno preferito andare a puttane invece che continuare in una famiglia in cui ad ogni errore si veniva giudicati, rimproverati, messi a confronto con la regola? Non dal padre, certo, ma da un fratello maggiore, tanti fratelli maggiori, per cui l’obiettivo di preservare l’eredità era più importante di quello di far sentire il fratello piccolo amato e compreso?
    Don GianPa’… per favore….
    I due fratelli sono dei disgraziati entrambi. Che se ne fa il primo di un’eredità intonsa se poi non è in grado neppure di condividerla per far festa perchè il sangue del suo sangue ha riscoperto l’amore di Dio Padre?

  106. Paola ha detto:

    @Ribelle, ho trovato la risposta alla tua domanda leccare/curare le ferite.

    Eccola!

    Madre Teresa di Calcutta amava raccontare un fatto:
    un giorno un mussulmano guardava una delle sue suore
    che fasciava con amore le piaghe di un lebbroso.
    La suora non parlava, ma agiva raccolta e sorridente.
    Quell’uomo islamico disse a Madre Teresa:
    “Per tutti questi anni ho creduto che Gesù fosse solo un profeta
    ma oggi capisco che è veramente Dio,
    perché solo un Dio poteva mettere tanto amore nelle mani di questa suora”!

  107. Antonio ha detto:

    Il problema poi non è soltanto conservare l’eredità o non sprecarla … bisogna dargli valore. E’ vero, può succerere agli uomini di usare le regole per semplificare le relazioni ma il risultato che si ottiene di solito è inumano, è una terra inospitale. Il sabato è stato fatto per l’uomo non l’uomo per il sabato. Groucho Marx diceva a proposito della vita familiare – evidentemente partendo dalle sue esperienze – che “il matrimonio è un istituto meraviglioso, ma io non voglio vivere tutta la vita dentro un istituto”. Qualche volta non succede cosi? (la domanda è retorica @Lidia, ma l’ho fatta pensando a te … la prossima volta farò meglio ;-).

  108. Mauro Leonardi ha detto:

    @Fefral
    totalmente d’accordo!
    La croce non porta all’amore… è l’amore che porta alla croce! Anzi l’amore porta all’amore passando a volte – dopo il peccato originale – attraverso la croce.

  109. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Mauro, fefral. Quello che mi mette a disagio è l’impegno ha delineare una visione dell’amore ( certo essenza del Cristianesimo )un po’ come dire riduzionistica, che si conclude con un chi non è con me è contro di me. Così si esclude chi ci è antipatico.
    Io dico se abbiamo davvero un cuore così grande abbracciamo tutti, anche chi è antipatico, meschino, angusto, egoistello, egoistaccio, perfettino,”rompiballe” ( superosservante, detto con linguaggio sacerdotale ).
    Io quando vedo tipi così, li mando -istintivamente- a quel paese ma poi penso che potrebbero fare “carriera” e mi metto a pregare per loro
    E’ vero i pubblicani e le meretrici ci precederanno nel regno dei cieli, ma un posticino lasciamolo anche ai poveri farisei bacchettoni e lasciamolo anche a chi sta a metà strada tra le prostitute e i bacchettoni, prendendo botte da tutte e due le parti. Il mio amico s. Paolo, ex farisei superbacchettone, ( ha pianto questo difetto per tutta la vita ) voleva farsi greco coi greci e giudeo con i giudei ( e tutti e due, i greci ad Atene, i giudei un po’ dappertutto ) lo avevano respinto e trattato cone stolto o scandaloso. Era disposto addirittura – con linguaggio iperbolico -a dare la sua stessa fede cristiana, per ricuperare i giudei.
    Fefral. E’ vero che i fratelli maggiori rompiballe sono devastanti, ma io penso che dobbiamo ricuperare i fratelli minori perchè si prendano cura delle patologie dei fratelli maggiori. mi sembra che sia questa la strategia del Padre.
    COMUNQUE GIURO SOLENNEMENTE CHE NON TORNERO’ PIU’ SULL’ARGOMENTO.
    Vogliamo piuttosto riflettere insieme su che cosa è necessariofare e far vivere agli uomini e alle donne d’oggi perchè sappiano vivere nei fatti l’amore per sempre ? Mi pare il più grosso problema che c’è oggi in giro per il mondo.
    Quanto al leccare le ferite, debbo dire che mi fa un po’ impressione: non mi è mai piaciuta la dermatologia anche se è l’unico esame in cui ho preso trenta e lode in medicina, con mia grande rabbia perchè vantarsi di aver preso questo bel voto in una materia che si chiamava allora Clinica dermosifilopatica, non proprio la cosa più fine!!!
    Mi colpisce la naturalezza e la gioia con cui ne parlano le donne, fatte proprio per prendersi cura. Meno male che ci sono e speriamo che non vogliano diventare omacci! Già così voi ne approfittate, dirà qualcuno e io ripeto con il solito egoismo maschile, vogliamo approfittarne sempre!!!!

  110. fefral ha detto:

    don GianPaolo, mi perdoni, ma da cisa evince questo impegno?
    A quello che ho scritto non ho aggiunto una cosa: io per il fratello maggiore ho una predilezione, mi fa molta più tenerezza del figliol prodigo. Mi pareva di averlo già scritto in questo blog, ma forse ricordo male. Così come credevo di aver già scritto che tocca ai fratelli minori riportare i maggiori a scoprire l’amore del padre.
    Io penso che quella parabola sia la storia di un fallimento di vita familiare, che si conclude con la soluzione che non è nè nelle regole del fratello grande nè nella ribellione del piccolo, ma solo nell’abbraccio del padre.
    Ora però sto guardando il papa. Buona domenica

  111. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Solo una precisazione sull’esegesi della parabola del padre misericordioso. Ho appena ripassato i criteri per una esegesi biblica corretta: non bisogna interpretare le cose secondo i propri gusti ma secondo il significato letterale e l’interpretazione della tradizione ,in primo luogo.
    Io delle interpretazioni dei Padri non so molto. Però la lettera della parabola mi dice che mentre il figlio minore aveva commesso gravi errori, diciamo pure peccati,( che richiedevano il perdono del Padre Dio ) contro se stesso, contro gli altri e contro i doni del Padre, il fratello maggiore per meschino e antipatico che sia, si era sempre comportato in modo oggettivamente degno della casa del Padre, anche se non ne aveva compreso con profondità lo spirito. Il Padre gli esce incontro consapevole che deve fargli capire un gesto di misericordia che lui non era in grado di capire.
    Mi pare che sia forzare il senso della parabola dedurre che il figlio minore entra nel regno dei cieli. Il convito e la veste di figlio mi paiono segno del perdono e della riconciliazione ma non necessariamente di una redenzione definitiva. Nè mi pare che la ottusa indignazione del figlio maggiore nei confronti della eroica misericordia del Padre sia segno di dannazione definitiva. Io veramente non ho mai letto così questa parabola. se avete notizia certa di questa lettura mi piacerebbe saperla perchè cambierebbe la mia prospettiva. Non è mai tardi per imparare.
    MI pare poi che la valutazione delle caratteristiche della casa del Padre da parte del figlio minore, dopo l’esperienza tragica della vita dissoluta si sia modificata, tanto è vero che il figlio minore ritorna e non sembra che del fratello maggiore gli importi poi molto, quello che gli interessa è essere rispettato come una persona e poter continuare a vivere in modo dignitoso.
    Mi sembra che la valutazione delle situazioni fatta solo con il metro dell’amore misericordioso, possa portare a tradire la verità oggettiva. Il metro di una giusta valutazione di ciò che è bene per l’uomo passa – a mio avviso – attraverso non solo l’amore e la compassione ma anche attraverso la verità oggettiva. Il figlio maggiore aveva compreso la verità della casa del Padre ma non l’amava; però era a metà strada ; il figlio minore si era allontanato del tutto dalla verità e dall’amore.
    Io la vedo così: Gesù perdona l’adultera, svergognando il presuntuoso giustizialismo dei farisei ma dice anche alla donna , “non peccare più, cioè quello che hai fatto è un peccato”. Gesù perdona il buon ladrone e gli promette il paradiso ma non lo fa scendere dalla croce da lui sinceramente accettata come espiazione.
    Tutto è dono ma al dono deve far seguito anche la riparazione, il ritorno alla verità. Non in modo punitivo ,ma facendo la verità con carità; restaurare in sè l’ordine della verità esige un costo di espiazione, non punendosi ma convertendosi, cioè umiliandosi e riconoscendo il proprio peccato ( vedi salmo Miserere ).Stop per sempre sul tema.

  112. Ester ha detto:

    Vorrei rispondere un po’ a Vera che ha scritto un paio di giorni fa, rispondendo a Veronica! Veronica sono io Ester che non è riuscita venerdì a scrivere con questo nome il suo intervento. Perché? probabilmente la paura o il fatto che portare segni sul proprio corpo spesso è cosa difficile da accettare, anche dopo tanti anni in cui si pensa di aver fatto un po’ pace, di aver sofferto e offerto… eppure ci si ritrova sempre a guardare tutto con un punto di domanda, quasi un ‘tarlo’ che quando meno te lo aspetti si rivela ai nostri stessi occhi.
    E io credo che la domanda non possa essere fuggita, come forse cercavo di fare io stessa l’altro giorno, nascondendosi dietro un altro nome oppure dando risposte troppo frettolose. Certo che tutto va offerto al Padre, ma è anche certo che ad essere offerta è la domanda che porto dentro e che non posso evadere! Pena il non essere veri di fronte a se stessi e di fronte a Lui!
    La croce non è mai giusta, mai! Poi posso accettarla, posso guardarla, posso persino imparare ad amarla, ma non posso chiamare giusto qualcosa che offende profondamente la dignità dell’uomo! Posso solo rimanere di fronte a questo mistero e cercare di ‘comprendere’ (cioè di prendere con me) il modo con cui Gesù Cristo è rimasto! E provare a chiedere umilmente che sia anche il mio modo… ma poi chi lo sa!
    La croce porta all’amore? io non lo so o per lo meno non è la mia esperienza. È stato solo quando qualcuno si è avvicinato alle mie ferite che ho cominciato a capire che quell’amore mi permetteva anche di guardare quella croce e che forse mi permette oggi di fare altrettanto con chi mi sta accanto, e magari di accettare per questo il rischio di dover soffrire un po’ perché sto amando una persona, una situazione,…
    Ed è solo in questo senso che io posso parlare di permettermi di ‘allenamento’, alleno la mia libertà a vivere l’amore e questa sa benissimo che per questo dovrà stringersi un po’, farsi più piccola, abbassarsi, forse persino limitarsi (anche se è termine che non mi piace), perché questo mi è stato insegnato da chi ha speso tempo con me e per me!
    Ciao e buona festa della Trinità!!!

  113. Tres ha detto:

    Torno ora da messa. Il sacerdote ha detto una cosa che aveva meditato o preso, non ricordo, dalla meditazione di BXVI davanti alla Sindone. Lui diceva che Gesù con il suo permanere nella morte del sabato santo, aveva vivificato il deserto della morte.Che Gesù non è vicino ma vicinanza: noi nella morte?Lui nella morte. E questo già mi piaceva. E poi diceva una cosa che spero di riscrivere bene: il cristianesimo permette di vivere la propria storia personale non come una successione di fatti prima e fatti che vengono dopo ma come dei piani vicini, come se vedessimo tutto davanti a noi. E qui ha fatto un gesto con le mani mettendo i due dorsi delle mani vicini uni agli altri. Allora mi è venuta in mente la croce e l’amore. Io, anche riguardo quello che avevo scritto io stessa, non trovavo mai soddisfazione in questa storia della croce, eppure la vivo e vivo pure l’amore. Ma niente, stavolta non mi soddisfava nessun commento. Poi i gesti di questo sacerdote, le sue mani. C’è un prima e un dopo nella mia storia ma, con la fede, con Gesù, vivo una cosa e vedo l’altra. In effetti io la croce e l’amore li vivo così, come due momenti distinti e di sapore nettamente diverso, ma quando vivo l’uno vedo anche l’altro. La mia storia è davanti a me. Lui l’ha detto meglio ma la piccola mi chiedeva un sacco di cose e allora ora non ve la so raccontare meglio ma è stato bello. Grazie

  114. Tres ha detto:

    Poi il fatto è che, se siamo stati fatti per il paradiso, forse questa cosa della croce ci starà sempre un po’ stretta di spalle. Eravamo fatti per essere solo amore e quindi l’amore ci piace di più

  115. scriteriato ha detto:

    Giaa Paolo Colò03 giugno 2012 16:45
    Io veramente non ho mai letto così questa parabola. se avete notizia certa di questa lettura mi piacerebbe saperla perchè cambierebbe la mia prospettiva. Non è mai tardi per imparare.
    ———-
    c’è un gesuita tedesco che la spiega in questo modo.

  116. sandokan ha detto:

    Non vorrei aver trasmesso un’idea sbagliata di Tarzan, mio genero. E’ vero, uso la sua attitudine a “ruttare” e ad “arrampicarsi sugli alberi” per fare battute di spirito ma sto imparando a volergli bene. Mi sembra meglio lui di qualche persona di mia conoscenza che usa il corpo semplicemente per trasportare la testa. Avete presente questi tipi? Portano in giro la loro intelligenza con la stessa solennità con la quale i sacerdoti portano in giro il Santissimo Sacramento nel giorno del Corpus Domini. Parlano soltanto di argomenti “importanti”. Ma questi argomenti di cui parlano sono importanti perché se ne occupano loro oppure se ne occupano loro perché sono importanti?
    A Tarzan invece la testa serve per capire che uso fare del proprio corpo.
    Beh, certo, non fa grandi discorsi anche se ha imparato qualche parola d’italiano: merito di mia figlia che lo vuole addomesticare. Ad oggi l’unica parola che pronunzia correttamente è “aiuto”. Sa dire aiuto, ma non sa a chi dirlo!
    Una sera l’ho sorpreso a leggere un quaderno di poesie. Mi sono avvicinato senza fare rumore e mi sono accorto che in realtà non leggeva: guardava le figure. Il quaderno era mio ma non era mia la poesia: l’avevo copiata da un libro. Ci avevo aggiunto un disegno di una giraffa e lui guardava il mio disegno.
    Avevo provato a leggere questa poesia a tante persone, ma nessuno era rimasto “steso” ascoltandola. Così l’ho scritta sul mio quaderno. Fa così:

    La giraffa ha il cuore
    Lontano dai pensieri
    Si è innamorata ieri
    E ancora non lo sa.

    Questo fatto che esiste chi è innamorato senza saperlo mi commuove. Finalmente avevo scovato un ammiratore inatteso. Beh … forse avete ragione … forse a lui piaceva soltanto il disegno. Ma a me bastava.
    Ho pensato questo: ha bisogno di trovare qualcuno a cui piacciano le giraffe. Come potevo aiutarlo? In città non ci sono molti tipi del genere: non c’è neanche il giardino zoologico. Sapete che ho fatto? Sono andato in edicola a comprare un dvd sulle giraffe – di quelli del National Geographic – e ci siamo messi a guardarlo assieme.

  117. Tres ha detto:

    Sandokan non sei, vero, una di quelle persone intelligenti che prendono garbatamente in giro gli altri che lo sono meno? A me sembra di no. Mi piace leggerti anche se non capisco tutto. Non capisco questa storia del genero. Che vuol dire? Mi sembra tutto molto poetico. L’immagine della testa portata in giro come il Santissimo è efficacissima e graffiante: io sono un po’ così, forse. Bella anche quella del dvd: sapessi amare più spesso facendo così e non parlando solamente d’amore. Ma è così bello pure parlarsi addosso d’amore. E’ vero commuove che ci sia chi è innamorato e non lo sa e a me fa tanta tenerezza anche chi è tanto amato e non lo sa. Insomma quello che ho capito mi è piaciuto molto. Mi spieghi, per favore, quello che non ho capito? Grazie

  118. Mauro Leonardi ha detto:

    @Sandokan
    Se continui a scrivere su questo livello, alla prossimo ti apro una rubrica tra gli inediti. Davvero! Complimenti.

  119. scriteriato ha detto:

    Tres04 giugno 2012 10:07
    Bella anche quella del dvd: sapessi amare più spesso facendo così e non parlando solamente d’amore.
    ——
    C’era una volta un tizio che viveva in una residenza con un Santo Sacerdote, insieme ad altri tizi. Un giorno costui si sveglia con un grosso (con licenza parlando) foruncolo in fronte. Nel corso della mattinata incontra venti persone, ciascuna che gli dice: Sai che hai un enorme foruncolo in fronte? Mi dispiace. Verso l’ora di pranzo incontra il Santo Sacerdote, che non gli dice nulla. Dieci minuti dopo arriva un tizio con un tubetto di pomata: Sai, il Padre mi ha detto di portarti questo per aiutarti.

  120. Giaa Paolo Colò ha detto:

    SCriteriato. Il fatto che sia gesuita eil fatto che sia tedesco gli danno una particolare credibilità, però non è un padre della Chiesa. Parla a nome della Tradizione di cui è studioso ? Allora la accetto, altrimenti dovremmo vedere come interpreta la parabola e confrontare con il testo l’attendibilità della sua spiegazione.
    IO sono un prete italiano: non so quanto valgo al mercato dell’esegesi. Quanti preti italiani ci voglio per fare un gesuita tedesco ? Come si chiama questo gesuita?
    Sandokan: povero genero, con un suocero così…..Mettici tu l’aggettivo. Continua così che porti aria fresca al blog.

  121. Tres ha detto:

    @Scriteriato grazie della storia che mi hai raccontato. Non è la prima volta che mi rispondi così, con un racconto. Grazie dell’attenzione. Mi piacciono i tuoi raccontidvdpomata! Ciao

  122. sandokan ha detto:

    Vuoi capire tutto subito? Impossibile. Non ho capito tutto neanche io … e ti sto parlando di me! Bisogna saper aspettare, avere pazienza. Forse nei prossimi giorni capiremo assieme. Grazie.

  123. Tres ha detto:

    Ok Sandokan aspetto. Intanto una cosa l’ho capita: sei un intelligente generoso. Grazie della risposta. Aspetto di leggerti ancora. Ciao

  124. scriteriato ha detto:

    Caro Don GiPiCì, in primis aspetti che mi riprenda dall’emozione d’aver infine ricevuto una Sua risposta diretta! In secundis non citavo l’appartenenza alla celebre Compagnia, come dice Bossuet, o la nazionalità come indizi di credibilità o di non credibilità, semplicemente non mi ricordavo il nome, che non mi ricordo nemmeno ora, sicché lo cercherò. In merito alla credibilità, comunque, riferisco che una delle sue teorie è che N.S. Gesù Cristo non sia affatto risorto, ma non ha ricevuto nessuna notificatio da chi di dovere. Cosa dedurne?????????

  125. scriteriato ha detto:

    Non sono storie o racconti inventati, sono episodi reali accaduti ad un Santo Sacerdote, e penso sia chiaro di chi stia parlando. Preciso però di citarli a memoria, avendone letto le biografie ormai parecchi anni or sono, sicché posso sbagliarmi di qualche particolare.

  126. Tres ha detto:

    Si è chiaro. Il racconto è la parte che ci mettevi tu: cioè me lo raccontavi. Avresti potuto dire: leggi la storia del Santo Sacerdote nel libro di a pagina tot. Ma non l’hai fatto. L’hai raccontata tu.Non volevo dire che fossero favole. Non mi sono spiegata.

  127. scriteriato ha detto:

    :-)

  128. Dory ha detto:

    @Sandokan- anche a me piace molto come scrivi. E penso ovviamente che tu ci voglia dire qualcosa di più (molto) attraverso la storia dl genero-Tarzan…Ti ammiro perchè hai saputo voler bene a uno che ti sembrava diverso: non solo per il colore della pelle, non solo perchè non parlava bene la nostra lingua, non solo per la normale gelosia da papà… Ma perchè hai avuto la delicatezza di comprendere la solitudine di uno che qui cerca persone “a cui piacciono le giraffe”…Ma vedi tra te e tuo genero, la barriera dell’incomunicabilità è stata spezzata da un disegno, dalle giraffe che non sanno che sono innamorate perchè testa e cuore sono distanti. Lui ha guardato il disegno (fatto da te) e tu sei andato a cercargli il dvd. E sei stato a vederlo insieme a lui…
    Ma come si può amare una persona a cui non piace nulla? Che non ha interesse nè per giraffe,leoni, ippopotami o formiche? Come fare a “parlare” con uno che nemmeno rutta e non ha l’energia nemmeno per camminare, altro che salire sugli alberi? Come fare a “svegliare” uno che non porta in giro il cervello come il Santissimo Sacramento ma neppure lo usa per gestire il suo corpo??? Come fare a “gridare” il tuo bene a uno che manco si accorge se vai dal parrucchiere? Dimmelo tu…Se lo sai, ti prego, dimmelo tu. E Grazie per quello che hai scritto.

  129. scriteriato ha detto:

    Caro Don GiPiCì, Le ho inviato una nota su facebook

  130. Mauro Leonardi ha detto:

    Gianpaolo
    Ho chiesto a un dotto e ortodosso amico esegeta di dirci lui qualcosa su Lc 15. Io voglio precisare soltanto che non ho mai detto che il figlio maggiore sia stato mandato all’inferno. Ecco cosa ho detto il 2 giugno:

    “Per quanto riguarda la parabola di Lc 15, del figlio minore si dice che va in cielo e del secondo si lascia aperto il dubbio. Entrambi avevano bisogno di conversione: il primo l’ha fatta, il secondo non lo so. E non lo so perché Gesù non lo dice.”

    Ecco cosa scrivi tu:

    “Gianpaolo 3 giugno
    Mi pare che sia forzare il senso della parabola dedurre che il figlio minore entra nel regno dei cieli. Il convito e la veste di figlio mi paiono segno del perdono e della riconciliazione ma non necessariamente di una redenzione definitiva. Nè mi pare che la ottusa indignazione del figlio maggiore nei confronti della eroica misericordia del Padre sia segno di dannazione definitiva.”

    P.S. mi sono ricordato nelle Messe di oggi della tua importante lezione.

  131. Sandokan ha detto:

    Jane, la mia unica figlia, è un tipo interessante. Me la ricordo da bambina. Le piaceva ritagliare i personaggi dei suoi cartoni preferiti e costruire attorno ad essi nuove storie animate. Trovavamo questi ritagli dappertutto. Sopra ogni cosa preferiva le sirene, le fate, le principesse.
    Da adulta, in fondo, non è poi così cambiata: per le sue storie utilizza personaggi in carne ed ossa. Ha con il suo mondo lo stesso rapporto che ha un regista con i personaggi di una scena che deve rappresentare. Si aspetta che rispettino il copione e, se non lo fanno, assume nei loro confronti un tono di rimprovero, di accusa. E’ intelligente e, naturalmente, non abusa del suo prossimo. Si aspetta però, per una sorta di istinto che non saprei se definire di genere, che gli altri si accorgano di essere fuori ruolo. Non vuole correggere, vuole ammirare. Vuole che tutto sia come deve essere.
    Devo ammettere di aver pensato, inizialmente, che il suo amore per Tarzan dipendesse dal fatto che lui non ha storia. Cioè, non esiste persona che non abbia storia quindi anche Tarzan ha la sua, solo che è una storia piccola, semplice, il minimo indispensabile. Era l’attore ideale.
    Non è completamente vero che sia priva di senso dell’umorismo, come ho detto prima per fare lo spiritoso. Sospetto che usi frasi del tipo “questo è il mio uomo” per farmi innervosire perché sa che frasi del genere io non le sopporto.
    Le prime volte che usciva con qualcuno le domandavo sempre: “chi è il padre del tuo amico?”. Ogni tanto me lo ricorda sorridendo. E’ vero, non mi interessava tanto avere informazioni sul suo accompagnatore: volevo conoscere la sua storia. E’ rassicurante sentirsi parte di una storia.
    Lei invece voleva essere l’inizio della sua storia, la sua storia la voleva generare.
    Quel poco di senso dell’umorismo che possiede lo ha ereditato da me. L’ironia per me è un fatto istintivo. Non la adopero per offendere anche se qualche volta qualcuno si è offeso per certe frasi uscite dalla mia bocca. Penso che renda le relazioni più leggere (se avete letto Calvino sapete cosa intendo), più discrete. Ho cominciato a usarla con le donne, come arma di difesa. Le donne hanno la straordinaria capacità di iniziare una conversazione parlando con te e di finirla parlando di te. Tu leggi, tanto per fare un esempio, la poesia sulla giraffa a una donna e lei comincia a dirti quanto sei sensibile (o insensibile), profondo (o superficiale) … e poi inizia a paragonarti a questo o a quello.
    Vorrei fare un piccolo esempio in proposito su un fatto che sarà capitato a tutti: passeggi per strada e incroci una bella ragazza. In passato mia moglie era solita osservare il mio comportamento che, solitamente, era controllato. Poi, non contenta, mi interrogava: “Ti piace quella ragazza?”. Qualche volta ho risposto di “sì” … e diventava malinconica, qualche volta ho risposto di “no” … e si arrabbiava. Un giorno, davanti a uno spettacolo degno di grande ammirazione che non potevo non aver visto, risposi così: “quale ragazza?”. Lei si mise a ridere e da allora ogni volta che ci capitano incontri del genere ci guardiamo e sorridiamo.
    Ormai l’ironia è diventata per me una necessità. Mi fa ridere, ad esempio, leggere nei vostri post frasi del tipo “ok Sandokan …” oppure “mi piace Sandokan quello che scrivi …”. Penso che questo nome, Sandokan, aiuti ad alleggerire le conversazioni. In fondo essere in disaccordo con Sandokan non è poi così grave. E poi, anche se alcuni tra voi fossero d’accordo con lui, non potrebbero citare le sue opinioni nelle conversazioni da salotto: non potrebbero dire “Sandokan dice che …” senza generare una risata. E io non voglio che gli altri ridano di voi.

  132. Tres ha detto:

    A me piace leggere quello che scrivi perchè mi piacciono lo stile, i modi, i contenuti, i pensieri che mi nascono dopo averti letto. Anche questo commento è veramente bello. Se fossi in disaccordo con te non sarebbe grave ma sarebbe interessante, ne uscirebbe, tempo permettendo, uno scambio di idee. Io finirei a parlare di te e tu di cose belle come quelle del matrimonio e l’ironia. Non frequento salotti ma le persone che conosco amano ridere e riderebbero con me e non di me. Ti citerò.

  133. Sandokan ha detto:

    :-)

  134. Polifemo ha detto:

    Ennò don Ma’, questa nun me la dovevi fa’! Ma che?… mo’ te sei innamorato de Sandokan? Ma guarda ch’ero io er principe der blog. Mo’ spunta questo che co’ du’ fregnacce me toje dar posto der cuore tuo e de tutte la paolette der blog? Scusa Paole’ ma già c’abbocchi? ma guarda che Sandokan è don Ma’ che sé travestito da lui pe’ fa’ pure la tigre de Monpracem (o guardato su wikipedia, che credi don Ma’? me documento io…) pecchè nun je basta de scrive come don Ma’, vuole stacce pure come Sandokan e don gipicì (che seconno me fanno finta del litigà, ma so uguali come du ceci). Evabbé don Ma’ se mo’ te sei preso ‘na cotta pe’ Sandokan famo che io faccio Yanez….
    Però ‘sta cosa de faje ‘na rubrica è proprio troppo esagerata. Pure a me me dicevi scrivi bene scrivi bene, però nun m’hai fatto proprio gnente.
    O rigà… ma cuanto se ‘stabbene a casa propia co’ Rosa….
    Ciao. Siete tutti belli.

  135. Vera ha detto:

    @ Polifemo sono felice per te, anche tu sei bello!

  136. Mauro Leonardi ha detto:

    In attesa che il mio dotto amico si decida a mandarmi le sue riflessioni sulla parabola (purtroppo soffre di perfezionismo: so che ha iniziato dall’inquadrare Lc 15 in generale, solo che si è fermato alla pecorella smarrita e alla dramma perduta: al momento del figliol prodigo gli era finito il tempo e si è fermato…) volevo scrivere un commento che pubblicherò anche nella sezione sulla Chiesa e pedofilia. Sarà una cosa molto forte e che credo possa dare un po’ di fastidio.

    Prima ri-incollo le citazioni di Ratzinger perché ci facciano da riferimento. Eccole (Fontgombault luglio 2001).

    “Si considera comunemente il sacrificio come la distruzione di una realtà preziosa agli occhi dell’uomo; distruggendola, egli vuole consacrare questa realtà a Dio, riconoscere la sua sovranità. Tuttavia una distruzione non onora Dio”.
    “In che cosa consiste allora il sacrificio? Non nella distruzione, ma nella trasformazione dell’uomo. Nel fatto che diventa lui stesso conforme a Dio, e diventa conforme a Dio quando diventa amore. ‘E’ per questo che il vero sacrificio è qualsiasi opera che ci permette di unirci a Dio in una santa comunione’, dice sant’Agostino”.
    “Dunque il sacrificio consiste – diciamolo ancora una volta – nella conformazione dell’uomo a Dio (…) questo processo fa sì che diventiamo amore e un solo corpo con il Cristo”. Ciò avviene “nel momento in cui il Figlio si consegna in persona come agnello, vale a dire si dona liberamente al Padre e così pure a noi”.

    L’idea di sacrificio come distruzione è molto umana, ma sul versante del paganesimo. In tutte le religioni il digiuno, l’ascesi, il vuoto (basta leggere Siddartha di Hermann Hesse) sono elementi indispensabili per attingere alla parte di noi stessi più profonda, inconscia direbbe Jung (che era affascinato da tutte queste dottrine che – per carità – hanno una parte di verità). Nel cristianesimo c’è chi a tutto questo dà molta importanza, es. Anselm Grun. Ma io vedo il grande rischio di cadere nella logica del potere: del potere su sé stessi, dell’autocontrollo, del dominarsi, che è sempre potere. Inutile negarlo: l’auto-disciplina e la mortificazione danno grande soddisfazione a chi le fa. Il potere su di sé rischia di diventare anche potere sugli altri. Diventa “comandare”, diventa politica. Oltretutto bisogna stare attenti a non scivolare sul versante del sado/masochismo. Che conduce alla pedofilia. (E un giorno dovremmo parlare di che relazione c’è tra pedofilia e omosessualità).
    Grazie.

  137. Sandokan ha detto:

    Sono completamente incapace di parlare “del più e del meno”. Lo sento come un mio limite.
    Una persona può entrare d’improvviso nella vita di un’altra parlando di “giraffe con il cuore lontano dai pensieri”? Non sarebbe meglio iniziare con frasi interlocutorie del tipo: “piacere di conoscerti”, “ti piace la festa”, “che caldo che fa oggi”, “per che squadra tifi?” o anche “non ci siamo visti da qualche parte?”. Queste frasette so dirle anch’io però dopo averle dette – non so se riesco a spiegarmi bene – è come se non sapessi come continuare.
    Se avvii una conoscenza parlando di giraffe invece, dopo la sorpresa iniziale, tutto si semplifica: o il tuo interlocutore scappa oppure si ferma … e comincia anche lui a parlare di giraffe. E vi ritrovate soli in mezzo a un mare di persone che “ha piacere di conoscervi” ma che non ha piacere a parlare di giraffe con voi.
    L’ultimo anno di liceo l’insegnante di storia decise di assegnarci alcune ricerche sulla “Questione meridionale”. In quell’anno Garibaldi era in cima ai miei pensieri. Lo stesso anno conobbi quella che ora è mia moglie, mi innamorai di lei. Ricordo molti nostri colloqui in cui lei mi parlava della sua vita e io le parlavo di Garibaldi. Deve aver pensato a me come un soggetto da curare. Anche molto tempo dopo, quando lei mi guardava che stavo lì, in silenzio, senza far niente mi domandava: a che cosa stai pensando? A Garibaldi ?
    Mia moglie vuole conoscere i miei pensieri, lei non è come la giraffa … il suo cuore e i suoi pensieri sono vicini.

  138. Ribelle ha detto:

    Vorrei ritornare un attimo su d Mauro e i 2 figli della parabola”Entrambi avevano bisogno di conversione: il primo l’ha fatta, il secondo non lo so” e d Gianpaolo 3 giugno
    Mi pare che sia forzare il senso della parabola dedurre che il figlio minore entra nel regno dei cieli. Il convito e la veste di figlio mi paiono segno del perdono e della riconciliazione ma non necessariamente di una redenzione definitiva. Nè mi pare che la ottusa indignazione del figlio maggiore nei confronti della eroica misericordia del Padre sia segno di dannazione

    Devo dire che tutto questo voler capire che si salva,…… mi disorienta non poco!!
    Mi pare sia un voler capire cose che in fondo, non ci è dato di sapere ( e forse è anche meglio così!)
    Altrimenti si ricade nel chiedersi-sono pochi quelli che si salvano?…che peccato hanno fatto , quelli morti nel crolllo della torre di Siloe?…o che avremo in cambio noi che abbiamo lasciato tutto per seguirti?
    Queste sono domande che io personalmente mi sono posta spesso, per concludere che in fondo, nessuno “merita” di salvarsi e l’uomo deve vivere in questa “incertezza” circa il valore di sè, perchè questo lo apre ad accogliere il dono di Dio….; è difficile da accettare soprattutto per il cosiddetto cristiano impegnato, che ovviamente si sente sicuro della sua diversità (oggettiva!) dagli altri e quindi gli vien da dire (come il fariseo) “ ti ringrazio che non sono rapace e adultero come gli altri!!
    Ma a ben vedere, anche le opere buone sono sempre “come un panno immondo” e vuoi perchè cerchi già la tua ricompensa nella lode degli altri e vuoi perchè ti senti migliore di altri o per quella sottile volontà di potenza che ti dà piacere per quanto travestita da religiosissimo dominio di sè, di cui parla d Mauro per le mortificazioni…e allora, meglio non far nulla?
    Certamente non è questa la soluzione! ma cercar di capire che il cristianesimo è soprattutto un difficile equilibrio , tra una serie di già e non ancora, peccato e grazia, uomo e Dio…insomma realtà antitetiche, da non assolutizzare ma da armonizzare in pace…et,et..”fare queste cose e non tralasciare quelle..”…
    .La pace, il “rapporto pacificato” tra questi diversi elementi, è proprio quello che ci manca! (Sarà per questo che il primo annuncio di salvezza inizia con “pace agli uomini di buona volontà” e allo stesso modo, il primo annuncio della risurrezione è” pace a voi”?).Questa pace si può solo desiderare e chiedere…e metterci la disponibilità o buona volontà….
    E tutto questo,, almeno per me personalmente è alla base di una vera conversione e di una vera preghiera!
    Insomma l’atteggiamento giusto, dovrebbe essere quello del salmo di oggi( e anche di quasi tutti gli altri…) “guarda la mia miseria e la mia angoscia( anche l’angoscia sul proprio futuro, sul salvarsi o meno, sul valore delle proprie azioni!…solo così si spiega il discorso dell’essere poveri di spirito, di non avere certezze se non il proprio fidarsi di Dio, di tornare bambini…..e anche di pregare “incessantemente”, perchè , si tratta di riportare tutte le azioni, sempre a Lui perchè…le guardi…e le purifichi o cambi di segno(penso alla trasformazione delle specie eucaristiche…); è questo il “lavoro” del cristiano che ovviamente tende a dimenticarlo spesso ( a volte, anche per non soffrire…) e per questo motivo…, deve ogni giorno…”fare questo…in memoria di Lui…

  139. Sandokan ha detto:

    Ogni tanto mi sforzo di rivelare a mia moglie i miei pensieri, provo a rispondere alle sue domande, a spiegare il motivo per il quale ogni tanto mi arrampico sul mio sicomoro. Ma lei, ormai lo so, non chiede per curiosità: vuole avere conferma che, da lassù, io continui a guardarla con affetto.
    Tarzan, al contrario, non sembra interessato ai miei pensieri. A lui interessano le mie giornate. Mi sembra di capire che a Jane piaccia la nostra amicizia, quella tra me e Tarzan intendo. E’ come se lei avesse scelto me, suo padre, per “iniziare” il suo uomo – ogni tanto mi prendo in giro da solo – alle meraviglie della civiltà. Dovevo ripetere con Tarzan, per amore, quello che un tempo avevo fatto con lei per dovere, per dovere di padre.
    Dicendo che un padre agisce per dovere nei confronti dei figli non intendo escludere l’amore. Intendo dire che lui sente di “dover” amare i suoi figli e mai si chiede se li vuole amare. Sarebbe bello voler amare ciò che si deve amare, ma questo non è il compito specifico dei padri … è il compito di ogni uomo.
    Tarzan dunque, quando aveva occasione di stare con me, mi osservava. Mi osservava e basta. Incarnavo per lui una cultura ed era come se dipendesse in gran parte da me il fatto che lui accettasse di farne parte. Anch’io però lo osservavo. Anch’io mi aspettavo qualcosa da lui. Sapevo che prima o poi avrebbe cominciato a raccontarmi delle storie, storie della sua terra: volevo da lui racconti di avventure.
    Come ogni bambino che si rispetti – e lui per certi versi era un bambino – si comportava come se il senso del tutto fosse scritto nelle cose e nelle persone, che bastasse osservarle con attenzione per capire. La parte più interessante della sua vita si svolgeva fuori dalla sua testa, non era un uomo che desse importanza ai suoi pensieri. E poi in Africa bisogna affrontare i leoni! Qui invece li abbiamo ingabbiati. Qui la gente muore “schiacciata” dai propri pensieri, dalle proprie speranze deluse.
    Prima o poi comincerà a fare domande, lo so.
    Qualche anno fa Jane, era una bambina, mi chiese: “Papà, quando è apparso il primo uomo sulla Terra?”. “Moltissimo tempo fa!”. “Ma io non ho capito una cosa, me la potresti spiegare?”. “Dimmi!”. “Ma al primo uomo che è apparso sulla Terra, chi gliel’ha detto che era un uomo?”.
    Ho preso un po’ di tempo per rispondere. “Da solo non poteva saperlo, hai ragione. Forse sono stati creati in due e se lo sono detti a vicenda, perché si sentivano diversi da tutto il resto”. “Certo”, aggiunse lei, “e dovevano essere un uomo e una donna, perché i bambini devono avere una mamma e un papà”.

  140. Mauro Leonardi ha detto:

    @Ribelle.
    Grazie dei tuo intervento. Purtroppo credo che l’ amico esegeta cui ho chiesto di darci un parere sulla parabola del figliol prodigo abbia avuto qualche problema, per cui rimanda al sua risposta. Però ho la possibilità di un altro. Vediamo cosa succede nel frattempo.

  141. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Ribelle. Sono d’accordo con quello che tu dici, anche se creo che un po’ di fiducia nell’intelligenza dell’uomo, non faccia male. occorre pure cercare di capire che cosa è bene e che cosa è male. Io poi il complesso del cristiano “impegnato” non ce l’ho mai avuto, credo. Non perchè pensi che tu voglia attrubuirmelo, ma perchè mi sembra – in generale – una etichetta scomoda e artificiosa.
    Io credo che occorra essere uomini impegnati ad essere il più possibile interpreti della propria umanità ed è in questo impegno che si cerca il perfetto Uomo, lo si incontra e ci si mette al seguito……Io ho sempre avuto difficoltà a distinguere l’uomo dal cristiano. Io mi fido molto dell’intelligenza e dei valori umani, tra cui c’è anche- certamente – l’umiltà e il desiderio e l’impegno di ascoltare e di seguire Dio.Penso che non abbiamo altra bussola che la nostra intelligenza illuminata dalla fede, ai cui giudizi attenersi ( la coscienza ) per avventurarsi nei sentienri della vita. A volte mi mette un po’ a disagio vedere che si sottovaluta un po’ l’intelligenza a tutto vaantaggio del cuore, come se non dovessere andare d’accordo Chissà se queste considerazioni servono o se non scateneranno proteste dai molti affettivi del blog.
    Il mio discorso in difesa – molto poco motivata emotivamente perchè mi è antipatico- ma doverosa in nome della verità è proprio sulla linea di sapere che strada si sta percorrendo e a che punto si è arrivati. Mi sembra che questo appartenga ai compiti dell’uomo coscienzioso. Tanto per aiutarsi a ragionare.

  142. Dory ha detto:

    @Don Colò – E invece questa volta sono d’accordo con lei, Don Colò. Per questo preferisco parlare di “segni” piuttosto che miracoli, per questo sono scettica verso mortificazioni e compagnia bella. Per questo ritengo che dato che siamo tutti esseri intelligenti – uomini e donne – possiamo arrivare comprenderci pur nelle nostre diversità e che sia sempre sbagliato fare le etichette del tipo l’uomo è razionale, non gliene importa nulla dei colori e fa bene una sola cosa alla volta, la donna è emotiva,ipersensibile e multitasking…A volte può servire fare delle generalizzazioni per capire meglio certi aspetti…Ma le generalizzazioni non vanno mai prese per verità assolute: in questo caso diventano pericolose, dannose e offensive. Dio ci ha dato il ben dell’intelletto e lo dobbiamo usare. La fede non deve essere razionalistica, ma deve assolutamente essere RAZIONALE. Cioè non contrastare in nulla le verità gnoseologiche e scientifiche che Dio stesso ha usato per costruire l’universo secondo precise regole matematico-scientifiche. Come dice Don Mauro il Padre della parabola è uno misericordioso, ma non un sentimentaloide da tenelovela…Se la ricorda la giustizia e al figlio minore non darà più nulla in eredità. perfetto equilibrio di amore e giustizia. Di slancio d’amore e rigore mentale.Una cosa però credo che una buona intelligenza non per forza debba essere illuminata dalla fede… Voglio dire che ci sono tanti uomini e tante donne agnostici, atei, che vivono un rigoroso senso di giustizia e un grande amore: Gesù ne ha incontrato uno; il centurione romano che attraversomun ragionamento razionale arriva alla fede (che prima neanche conosceva…). La fede è un dono e una responsabilità. Non un privilegio. Almeno io la sento così.
    @Ribelle-” nessuno “merita” di salvarsi e l’uomo deve vivere in questa “incertezza” circa il valore di sè, perchè questo lo apre ad accogliere il dono di Dio….: mi ha colpito questa frase…Io però penso invece che Dio ci voglia tutti salvi, che tutti se lo meritino se vogliono…Non c’è bisogno di riconoscersi “nullità” per accogliere Dio secondo me. Dio dice: “Ama il prossimo tuo come te stesso”…”Ama il Dio tuo con tutto te stesso”. Dio ci ha creato a Sua immagine e somiglianza…L’uomo dovrebbe essere nobile e buono tenendo conto di “quale orma” il Signore ha voluto stampare in noi imprimendoci di Sè, diventando come noi…Incarnandosi in una donna. Il problema, mio avviso, non sta nel dire che “nessuno in fondo merita di salvarsi”, nè nel riconoscerso
    i “nulla”: se io non mi riconosco come valore, non sono pronto ad accogliere l’altro. Lo dico perchè questa tendenza a “nullificarsi” a ritenersi indegni della salvezza…a volte rende il cristianesimo un pò triste, un pò lacrimoso, un pò deprimente..
    Io credo invece che se riconosciamo l’uomo come creatura che più rispecchia il progetto di Dio e non cadiamo nella vanagloria…Allora la nostra fede in Dio sarà piena di Gioia e di speranza anche quando siamo depressi, sbagliamo o siamo nel dolore più nero. Essere umile (come la terra) vuol dire essere fecondo, sapere di opoter far sbocciare fiori, alberi…Di avere tanta ricchezza! Che però non è un merito, ma un dono e una responsabilità.

  143. Sandokan ha detto:

    Prima ho scritto che Tarzan era un mio amico. Che cosa intendo esattamente dicendo questo? Molte cose in comune in realtà non le avevamo, a parte mia figlia e la passione per le giraffe. Quello che stava accadendo è che ci faceva piacere stare insieme. Ero l’essere più simile a lui che gli fosse capitato di incontrare (la cosa un po’ mi preoccupava: nella mia vita non avevo mai “ruttato” – beh … forse l’avevo fatto qualche volta dopo aver bevuto la Coca Cola, ma questi tipi di “rutto” hanno la stessa validità dei primati di Ben Johnson sui 100 mt piani, non sono omologabili).
    Lui, di contro, mi permetteva di stare in compagnia senza parlare troppo. Una delle mie caratteristiche è questa: mi piace stare da solo. Ma non sono un solitario: voglio stare da solo, ma voglio starci in compagnia!
    Torniamo a noi, al significato che do alla parola “amico”. Una volta mi è capitato di dover spiegare a un gruppo di persone prive di formazione tecnica che cosa fosse un protocollo di comunicazione. Come farmi capire? Come rendere interessanti le cose che dirò? Quando mi capita di dover parlare di qualche argomento che riguarda il mio lavoro queste domande me le pongo sempre. Mi piacerebbe infatti che tutti fossero interessati a ciò a cui sono interessato io. Il Paradiso che cos’è in fondo: è un mondo in cui tutti hanno interesse verso ciò che interessa ciascuno.
    Dopo aver riflettuto ho deciso come affrontare la questione. Dirò così, dirò a cosa serve: un protocollo di comunicazione serve ad evitare fraintendimenti. Ha lo stesso scopo dei protocolli previsti nei cerimoniali, quando si incontrano capi di stato. Dà la possibilità a due pezzi di ferro, a due computer, di scambiarsi informazioni senza malintesi.
    Per anni ho studiato protocolli di comunicazione, linguaggi elementari costruiti su alfabeti a due simboli. “Ti sto mandando un messaggio …”, “In che lingua lo stai mandando?”, “Lo mando in italiano!”, “Guarda che io sono in grado di darti retta solo per 64 bit, poi ho da fare!”, “Ok, posso inviarlo?”, “Vai!” … molte delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie sono possibili grazie alla corretta implementazione di conversazioni del genere tra macchine. C’è da commuoversi davanti alle meraviglie degli uomini. Ai tempi di Chesterton oggetto di meraviglia era il “treno”. Contro i pessimisti e i romantici della sua epoca diceva: “Tenetevi pure il vostro Byron, che piange sulle disgrazie degli uomini. Io verserò lacrime di orgoglio, leggendo l’orario delle ferrovie”.

  144. Sandokan ha detto:

    L’amicizia è una possibilità di comunicazione interpersonale priva di fraintendimenti, di malintesi. Chiaramente stiamo parlando di relazioni tra persone, quindi imperfette. Però se il protocollo non è curato, corretto, costruito con delicatezza, la comunicazione interpersonale non può esistere. Se il protocollo invece funziona allora tutto diventa possibile.
    Poi c’è la vita, che crea continuamente occasioni di comunione.
    Un giorno ero a passeggio con Tarzan e incontro un tale, un mio vecchio compagno di scuola. Non ci vedevamo da tempo ma avevo accettato la sua amicizia su Facebook e quindi, in qualche modo, avevo sue notizie. Era uno di quelli che “postano” continuamente “frasi di Shakespeare” e “culi”, a giorni alterni. “Ti presento Tarzan, il fidanzato di mia figlia”. La nostra conversazione cominciò così e lui dopo un po’ di convenevoli cominciò a parlarmi delle sue delusioni d’amore e di come avesse ormai capito che l’amore per sempre non esiste.
    Ci sono istanti in cui anche un uomo tranquillo come me perde il controllo. Basta una frase tipo “l’amore per sempre non esiste” e le tensioni che hai accumulato per varie ragioni nella giornata – qualcuno ti ha tagliato la strada mentre guidavi, tua figlia torna a casa con i capelli tinti di verde, tua moglie invita a casa la sua migliore amica la sera della partita – si scaricano contro il malcapitato che l’ha pronunziata. Non trascurerei neppure la possibilità che l’accumulo dei suoi post su Facebook avesse lasciato tracce nel mio inconscio. E poi c’era Tarzan con me e non mi andava che lui pensasse che io fossi d’accordo con queste affermazioni. E allora persi il controllo: “Senti, tu di amore non ne capisci nulla. Tu dici di amare una persona ma in realtà quello che vuoi dire è che ti piace il suo culo! Ora se per te questo è l’amore allora io sono d’accordo con te sul fatto che non possa essere per sempre: c’è sempre un culo migliore di quello che ti sta davanti! Ma, fammi il favore, quando ci incontriamo parliamo di “culi” – è un argomento su cui anch’io ho una certa competenza – ma lasciamo perdere l’amore!”.
    Come potete immaginare dopo aver trasmesso questo mio pensiero la conversazione rapidamente volse al termine. Ci salutammo. Tarzan mi guardava esterrefatto. Anch’io, devo dire, mi pentii di quel delirio. Ma ormai era fatta!
    Dopo poco una bella ragazza passò davanti a noi. Tarzan la guardò, mi guardò e disse: “No culo!”. Scoppiammo a ridere come due deficienti, in mezzo alla strada.

  145. Mauro Leonardi ha detto:

    @Gianpaolo
    Ecco finalmente i testo del mio amico sulla parabola del figlio prodigo. Ha fatto un lavoro magnifico perché invece di perdersi in mille citazioni dei Padri e di autori a noi sconosciuti ha riassunto in parole semplici la loro posizione segnalando di volta in volta i versetti del vangelo così da poter seguire facilmente il filo del discorsoo. Ecco il testo.
    ______________
    Il cap. 15 di Lc. costituisce una solida unità letteraria con la sua introduzione: sono tre parabole strettamente collegate sulla gioia nel ritrovare ciò che era stato perduto (cfr le conclusioni dei vv. 6.9.24.32). Vi è una netta progressione: una pecorella su cento, una moneta su dieci, un figlio su due. Di fronte ai giusti che s’indignano per l’accoglienza fatta ai peccatori da parte di Cristo – questi giusti sono i farisei dell’inizio: “Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo” (v. 1) ma… “I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: ‘Costui accoglie i peccatori e mangia con loro’” (v. 2) così… “Egli disse loro questa parabola”. (v. 3) – Gesù parla della gioia che Dio prova nel ritrovare i suoi figli perduti, e invita i farisei a entrare in questa gioia (specialmente nella scena finale dei vv. 25-32). Le due prime parabole – quella della pecorella smarrita e della dramma perduta -, strettamente parallele, suggeriscono la ricerca del peccatore da parte del Padre; la terza presenta l’accoglienza riservata dal Padre al peccatore che a lui ritorna. Un tratto molto importante in Lc è l’invito a condividere la gioia del Padre per il peccatore salvato: questo messaggio viene preparato ai vv. 9.23-24 e poi proclamato solennemente nel v. 32. [“Dopo averla ritrovata, chiama le amiche e le vicine e dice: ‘Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto’” (v. 9); “Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a fare festa” (vv. 23-24); “bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (v. 32)].
    L’affermazione del v. 7 (“così vi sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione”) è un paradosso che sottolinea la gioia di Dio davanti alla conversione dei peccatori, l’attenzione che vi mette: questo paradosso critica la giustizia dei farisei, falsi giusti, che dovrebbero anch’essi riconoscere la necessità di convertirsi, ed entrare così nella gioia del Padre, che è la gioia per la conversione dei peccatori: è importante notare che per entrare nella gioia del Padre bisogna riconoscersi peccatori e i farisei non lo fanno. Per questo non entrano.
    (continua)

  146. Mauro Leonardi ha detto:

    Entrando più nel merito della parabola del figlio ritrovato (è preferibile questa espressione a quella di “figliol prodigo”) si deve dire che essa consta di due parti, saldamente legate assieme dallo stesso personaggio centrale del Padre infinitamente generoso, e dagli stessi due identici finali: cioè gli inviti a entrare nella gioia del Padre (vv. 24.32) e a condividere con lui la sua gioia. La seconda parte della parabola – quella del figlio maggiore – conclude il racconto rispondendo al problema iniziale del capitolo 15 (quei vv. 1 e 2 dove i farisei si indignano per la bontà di Gesù). Lì si manifesta la lezione essenziale della parabola: essa invita i farisei a entrare nella gioia di Dio, ad avere un cuore grande quanto il suo nell’accogliere i peccatori che ritornano a Lui. Il comportamento del figlio maggiore, il suo dialogo con il padre che costituisce la seconda parte della parabola, corrisponde esattamente a quello tenuto dai farisei al v. 2. L’affermazione “io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando” (v. 29), corrisponde esattamente a quello tenuto dai farisei ai vv. 1 e 2 e corrisponde alla loro sicurezza di soddisfare a tutte le esigenze della legge. Il fratello maggiore – come i farisei che non si riconoscono fratelli dei peccatori – rifiuta di riconoscere come fratello l’altro figlio del Padre (dice infatti: “questo tuo figlio” v. 30), e parla di lui con disprezzo. Le parole che il Padre gli rivolge “Figlio tu sei sempre con me” (v. 31) esprimono la gioia essenziale, e l’invito a superare il legalismo per aprirsi all’amore. La conclusione – che era già stata preparata ai vv. 6.9 e 24 – ribadisce la risposta definitiva di Gesù alle mormorazioni dei farisei. Quando essi vedono i peccatori venire a Gesù, devono prendere parte alla gioia di Dio che ritrova i suoi figli, e per prendere parte della gioia del Padre devono a loro volta riconoscersi peccatori e, per questo, devono uscire dal laccio del legalismo che li avvince.
    (fine)

  147. Mauro Leonardi ha detto:

    copiati entrambi i tuoi bellissimi interventi nella tua sezione!

  148. Antonio ha detto:

    Mi pare che santa Teresa di Lisieux nella Storia di un’anima paragoni l’effetto che il peccato originale ha avuto sul mondo a quello di un’esplosione. Il peccato originale ha fatto esplodere il mondo in mille pezzi.
    Tutte queste parti, in seguito, è come se avessero subito una lenta erosione … anche se si volessero ricongiungere, non combacerebbero più.
    Il Figlio mi sembra impegnato a raccogliere ciò che è disperso “perchè nulla vada perduto”. Lo Spirito Santo a sua volta vuole ripristinare l’antica unità: è impegnato a far combaciare ciò che non può più farlo, di suo.

  149. Sandokan ha detto:

    Grazie … mi piace scrivere le mie cose mentre si parla d’altro. Ma mi fa anche piacere che lei ricopi tutto dall’altra parte. :-))

  150. Mauro Leonardi ha detto:

    Lo faccio perché così chi vuole può – dall’altra parte – scrivere quello ce vuole sule tue cose. Tu non parli di altre cose rispetto alla Discussione ma se gli altri cominciassero a commentarli, accadrebbe.

  151. un cristiano ha detto:

    @Sandokan

    L’amicizia è solo una questione di protocolli o dell’informazione che ci si scambia.

    Io avevo una fidanzata, laureata in teoria dei numeri, che mi scriveva messaggini ed emails per dirmi: ho fatto colazione, devo comperarmi un rossetto, sono scesa dal letto ed ho indossato le pantofole, il Vaticano deve aggiornarsi, Berlusconi è stup** etc….

    Comunicava in un italiano molto bello e forbito, corretto, ma mi sono stufato di lei, dopo un pò….

    Come mai ?

  152. sandokan ha detto:

    Parlando di amicizia, secondo me, l’accento va posto sulla relazione, non sul contenuto. L’amicizia non è finalizzata alla trasmissione di messaggi anche se è vero che, non essendoci malintesi (almeno in teoria), la comunicazione di contenuti tra amici è più efficace. Tarzan è mio amico, secondo te?

  153. Tres ha detto:

    “Quando essi vedono i peccatori venire a Gesù, devono prendere parte alla gioia di Dio che ritrova i suoi figli, e per prendere parte della gioia del Padre devono a loro volta riconoscersi peccatori e, per questo, devono uscire dal laccio del legalismo che li avvince”.Due cose mi stanno in testa da quando ho letto tutto il commento di @Don Mauro. La prima è che una delle cose belle della confessione frequente è che ad un certo punto non sai più che dire. Mancanza di umiltà? Quella la do per scontata anche se avessi un elenco lungo una pagina. Penso che ,invece, questo sia il momento del riconoscersi peccatori: il passaggio dal lavandino allo specchio. Non vado solo a lavarmi dei peccati ma a guardare chi sono. E’un momento difficile perché finchè hai l’elenco hai pure l’idea che almeno il male nella tua vita ce l’hai sotto controllo. Quando lo specchio ti dice chi sei, l’unica soluzione è avere vicino qualcuno che ti dice che è una gioia che ci sei. Scoprire di essere gioia di qualcuno,per qualcuno per il solo fatto che ci sei, lì e ora, puntuale a me piace molto. La seconda cosa che ho in testa è il “prendere parte alla gioia di Dio quando vedo i peccatori andare da Gesù.”: la festa è per un altro e la gioia pure è di un altro, è la gioia di Dio, e io sono invitata a partecipare ad entrambe. Non lo so, non ci riesco sempre. Anche qui il problema è l’elenco: in fin dei conti il legalismo è un altro elenco. L’elenco dei peccati era quello delle “cose cattive” e questo è l’elenco delle regole, delle “cose buone”. Tutto sotto controllo! La gioia, invece, è un po’anarchica, non sopporta lacci

  154. Mauro Leonardi ha detto:

    @Gianpaolo
    La sintesi che faccio dell’intervento del mio dotto amico esegeta è: di fronte ai giusti che s’indignano per l’accoglienza fatta ai peccatori da parte di Cristo, Gesù parla della gioia che Dio prova nel ritrovare i suoi figli perduti e invita quei finti giusti – che sono i farisei – a entrare in quella gioia. Per far questo i finti giusti devono riconoscersi a loro volta peccatori, e il peccato da cui devono uscire è il legalismo.
    Ho capito bene?

  155. Mauro Leonardi ha detto:

    @Gianpaolo
    Ho trovato un convento di suore dove si palpa l’amore di Dio. Si trova ad Anzio e sono le Piccole Sorelle di San Giuseppe Cottolengo. Le suore sono abbastanza anziane e a quanto pare non hanno vocazioni, un po’ come succede a tutte le congregazioni di “vita attiva” (si chiamano così per distinguerle da quelle di “vita contemplativa” che sono le monache di clausura). Vivono con loro molti disabili e le suore badano a loro con molto amore. Lì c’è molto allegria, amabilità, e chiunque viene accolto per quello che è senza essere chiuso in schemi. Sono molto attente a venire incontro ai desideri dei disabili e si sa che i disabili, avendo avuto molto poco dalla vita, hanno desideri molto schietti, immediati e che vengono esplicitati molto direttamente. Una schiettezza che a volte, a noi cristiani imborghesiti, può anche sembrare un po’ volgare. Queste suore non hanno vocazioni. Non hanno postulanti, novizie, chissà, forse si estingueranno. Però non sono dispiaciute di questo. Non sono preoccupate. O meglio sono un po’ preoccupate, ma lo sono per i disabili non per sé stesse. Non hanno intenzione di far trionfare la congregazione, ma di far trionfare Dio.

  156. Tres ha detto:

    ” Non hanno intenzione di far trionfare la congregazione, ma di far trionfare Dio.” Questa frase più che farne”copia e incolla” in un commento dovrei incollarmela in fronte.Quanto mi dispiaccio e mi preoccupo e perdo tempo per un sacco di trionfi e trionfalismi!

  157. Ribelle ha detto:

    A questo punto, vista la frase bellissima “non far trionfare la congregazione, ma Dio” e vista la parabola del figliol prodigo, con la ben nota difficoltà ad accettare l’accoglienza del Padre (che spesso sembra…troppo buono! e in fondo a volte Lui ci perdona…ma NOI STESSI non ci perdoniamo, prima ancora di non riuscir a farlo con gli altri!)riporto un brano che mi ha aiutato in molti momenti neri di questo tipo…è un dialogo tra s Francesco e Tancredi, preoccupato che l’ordine finisse male…e che Francesco non reagisse con giusta rabbia …

    – Se il Signore volesse bandire dal suo cospetto ogni traccia di corruzione umana, credi tu che saremmo in molti ad esserne risparmiati? Saremmo spazzati via tutti quanti, caro mio! Noi non meno degli altri. Non c’è tanta diversità fra gli uomini da questo punto di vista. Per nostra fortuna Dio non pulisce la casa facendone un deserto. E in questo sta la nostra salvezza. Egli ha cacciato un giorno i profanatori dal Tempio. Ma lo ha fatto al fine di dimostrarci che poteva farlo, che ne aveva pieno diritto e che era padrone in casa sua. Ma lo ha fatto, bada bene, una sola volta e come per gioco, o per caso. In seguito si è offerto lui stesso ai colpi dei suoi persecutori. Ci ha rivelato in tal modo in che consista la pazienza di Dio. Non in una impotenza a punire con rigore, ma in una volontà d’amore che non si rinnega mai.

    – Dobbiamo, dunque, lasciare che gli altri agiscano a loro modo, e subire ogni offesa senza un moto di protesta! – ribatté Tancredi.
    – Per quanto mi concerne – aggiunse Francesco – io intendo sottomettermi a tutti gli uomini e a tutte le creature del mondo, per quanto Dio me lo consente. Ecco quel che significa esser frate minore.
    No, Padre. Non posso seguirti per questa via, né posso comprenderti disse Tancredi.(continua)

  158. Ribelle ha detto:

    Tu non mi comprendi riprese Francesco perché questo mio atteggiamento umile e sottomesso ti sembra vile e passivo. Ma si tratta di ben altro. Anch’io, per lungo tempo non ho capito. Mi son dibattuto nel buio come un povero uccello nella pania. Ma il Signore ha avuto pietà di me e mi ha rivelato che la più alta attività dell’uomo e la sua maturità consistono anziché nella ricerca di un ideale, per quanto nobile e santo, nell’accettare con gioia la realtà, tutta la realtà. L’uomo che vagheggia il suo ideale, rimane chiuso in se stesso. Egli non comunica veramente con gli altri, né prende conoscenza dell’universo. Gli mancano il silenzio, la profondità e la pace. La profondità dell’uomo non è altro che la sua disposizione ad accogliere il mondo. Gli uomini restano, quasi tutti, isolati in se stessi, ad onta delle apparenze. Essi sono simili ad insetti che non riescono a spogliarsi del loro guscio. Essi si agitano, disperati, nel cerchio dei loro limiti. In fin dei conti, essi si ritrovano al punto,di partenza. Essi credono d’aver cambiato qualcosa, e non s’avvedono di morire senz’aver visto la luce del giorno.
    Penso che è difficile accettare la realtà. In verità, nessuno l’accetta in blocco. Noi aspiriamo sempre ad aggiungere, in qualche modo, una spanna alla nostra statura. È questo il fine di quasi tutte le nostre azioni. Anche quando si crede di operare per il Regno di Dio, non cerchiamo che di farci più grandi, fino al giorno in cui, sconfitti, non ci rimane che questa sola smisurata realtà: Dio esiste. Allora scopriamo che Lui solo è Onnipotente, che Lui solo è santo, che Lui solo è buono. L’uomo che accetta questa realtà e se ne compiace, trova in cuor suo la serenità. Dio esiste, ed è tutto. Qualunque cosa gli succeda, c’è Dio e c’è la luce di Dio. Basta che Dio sia Dio. L’uomo che accetta integralmente Dio, si rende capace di accettare se stesso. …Egli partecipa alla bontà universale, e diventa misericordioso e solare come il Padre che fa risplendere il sole con la stessa prodigalità sui buoni e sui cattivi.

    – Ma nel mondo – obiettò Tancredi – esistono anche il male e la colpa. Noi non possiamo eluderli. E, dinanzi ad essi, noi non abbiamo il diritto di serbarci indifferenti. Guai a noi, se per via del nostro silenzio e della nostra pigrizia, i cattivi si rafforzano nel male e trionfano sui buoni.

    – È vero: noi non abbiamo il diritto di serbarci indifferenti dinanzi al male e alla colpa – riprese Francesco. – Ma non dobbiamo adirarci né turbarci di questo. Il nostro turbamento e la nostra irritazione non possono che compromettere il senso di carità, nostra ed altrui. Dobbiamo imparare a considerare il male e la colpa come li considera Dio. Ed è proprio questa la cosa più difficile. Giacché, dove noi vediamo una colpa da condannare e da punire, Dio ci vede, innanzi tutto, uno stato di smarrimento da soccorrere. L’Onnipotente è anche il più dolce e il più paziente degli esseri. In Dio non v’è traccia, neppur minima, di risentimento. Quando la sua creatura gli si ribella e lo offende, essa non cessa di restare agli occhi Suoi la sua creatura. Dio potrebbe annientarla, s’intende. Ma che gusto ne avrebbe Dio a distruggere l’opera sua, frutto di tanto amore?… Dio è fatto così, fratello Tancredi. Non c’è nessuno che sia capace di amare come Lui. Ma noi dobbiamo sforzarci di imitarlo, finora non abbiamo fatto ancor nulla in tal senso. Cominciamo dunque a far qualcosa.

  159. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Caro mauro, e la congregazione che cosa ci sta fare ? E la congregazione chi l’ha voluta e in nome di chi operano quelle suore, chi dà loro la grazia di trattare così bene idisabili? Non gliene frega niente a queste suore che quando saranno morte ci saranno ancora meno persone che si occuperanno dei disabili? ci penserà Dio ? Ma io sento puzza in questo di quietismo e certo io sono uno che vive nel mondo e non sono una suora e Dio mi chiama a operare per lui con spirito contemplativo e – Ribelle – non sono s. francesco il quale si arrabbiava però qunado i suoi frati volevano più libri contro il carisma che gli toccava predicare e non aspettava che iL SIGNORE GLIELO FACESSE CAPIRE? Che andava a fare Paolo in giro per il mondo? Non si abbandonava nelle mani della Provvidenza ? Era uno sporco trionfalista che voleva far trionfare la Croce?
    Il tuo esegeta, Mauro, parla di “finti” giusti e di legalismo? Ma non ci possono essereanche giusti così, così e non ci può essere anche un po’ di bene in chi osserva la legge e spera che ne venga qualcosa di buono ? s. Paolo si domnda dovrò dunque peccare per mettermi dalla parte giusta?
    Insomma un po’ di misericordia anche per gli antipatici ( poco romantici e con le mezze maniche da ragioniere ) un po’ di misericordia anche per gli sfigati, per i fantozzi e per gli ipocritelli compiaciuti……Gesù ci prova fino all’ultimo e noi li abbiamo già liquidati. Meno male che il blog non è la valle di Giosafat……
    Attenzione alla superbia del “veramente””vero”: di quelli che hanno”veramente capito”: io vedo in questo un atteggiamento fastidiosamente elitario, ma se voglio essere coerente, voglio voler bene anche a questifacendomi violenza, perchè solo chi si fa violenza entrerà nel regno dei cieli ( o c’è una nuova esegesi anche per questo che solo la elite capisce ?).

  160. Tres ha detto:

    @Don Gian Paolo ma io tutta questa elite in giro per il blog non ce la vedo. Ogni tanto, a rotazione, azzecchiamo un commento, ed è un tesoro (spesso divertimento) per tutti. Le suore non erano dispiaciute e non si preoccupavano delle vocazioni perchè non dipendono da loro le vocazioni. E perchè probabilmente sono pure sante e quindi sanno di essere nelle mani di Dio il Quale, a sua volta, ha messo nelle loro mani i disabili e, loro, di quelli si preoccupano. Come è andata la sua lezione importante? Buona serata.

  161. Ribelle ha detto:

    D Giampaolo, alla figura del “don arrabbiato”, non sono per niente abituata!!!,
    Comunque cerco di rispondere…se lei “sente puzza di quietismo”, io sento invece l’eterna questione se sia meglio Marta o Maria ( a parte che, a questo punto, io essendo laica e con famiglia, non dovrei aver il minimo dubbio e identificarmi con Marta,e invece, povera me!! non sono proprio quel tipo e a volte ciò mi vale terribili rimproveri-giudizi … ma ora non è questo il tema…)
    Io penso che se il Signore ci ha dato una varietà di caratteri, non è perchè ci si debba poi mettere a lottare per stabilire il migliore e eventualmente “forzarsi” tutti a seguire quel modello,ma ognuno può far del suo meglio, A PARTIRE DA QUELLO CHE E’, COME DICE S AGOSTINO, “SE PARLI, PARLA PER AMORE, SE LAVORI ETC… “FACENDO TUTTO PER AMORE.,( anche sforzandosi eventualmente un pò nel senso opposto al proprio carattere, ma sapendo che si riuscirà pochissimo e il merito sarà quasi di sicuro, non nel risultato, ma solo nell’umiltà di provarci con fiducia, appunto, in Dio..).
    FAre per amore,non è una bella frase, ma un andar in profondità sui motivi:io sono un’attivista? Ben venga! Basta che a spingermi, ci sia l’amore e non tanto o solo il voler fare e primeggiare o simili; molti loderanno Dio vedendo le mie buone opere…e anzi, i tipi più tranquilli, avranno anche da lottare con una certa sottile invidia…
    Io sono un tipo più tranquillo e riflessivo? Metterò le mie riflessioni al servizio degli altri e molti loderanno Dio, se vedranno nel mio non agitarmi troppo, non solo il mio carattere, ma un aver colto ,dell’incredibile ricchezza del messaggio cristiano, soprattutto ciò che riguarda l’abbandono e la fiducia(molti ammirerebbero le succitate suore..)
    Riguardo alla superbia di quelli che “hanno veramente capito”…non ho veramente capito!
    A chi si riferisce?
    Credo che se uno capisce qualcosa, mica diventa superbo! Anzi si fa 300 colpe in più , dato che nel Vangelo si parla spesso di questo…-“il servo che conoscendo la volontà del padrone non l’avrà fatta etc…o “a chi ha di più, sarà richiesto di più”…e c’è anche un famoso “perdonali, perchè non sanno quello che fanno”…
    Dunque “sapere”,capire, in questo campo religioso, è piuttosto una responsabilità in più e , se lei si riferiva a me,personalmente, mi vedo più in pericolo di disperare che di insuperbire…(ora vado che altrimenti mi becco anche i rimproveri di cui sopra,ma se ho tempo, dopo torno che avrei altre cose da ribattere…)

  162. Mauro Leonardi ha detto:

    @Gianpaolo
    davvero sono un po’ stupito della tua reazione. Tres e Ribelle hanno capito benissimo cosa intendo. Le istituzioni, come le regole e la legge, hanno valore nella misura in cui proteggono un valore. Esistono per questo. Quando le istituzioni cominciano a difendere sé stesse e non il valore che contengono – e la stessa cosa vale per leggi, regole, e affini – quelle istituzioni muoiono. Anzi, a ben guardare, il fatto che guardino a se stesse e non al valore (o alle vite) che proteggono è il segno più chiaro che stanno per morire. Ti ricordi di Caifa che dice “Voi non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera»? ecco lui è uno che è disposto a sacrificare la persona all’istituzione, infatti uccide Gesù per uccidere la “nazione”. Io ero – e sono – semplicemente edificato da queste suore nostro sorelle che pensando al loro estinguersi non pensano al “loro estinguersi”, ma a quei poveri disabili che lasciano. Mi ricorda una madre che muore di tumore e che è dispiaciuta per il marito e per i figli giovani che lascia.
    Tutto qui. Non vedo cosa ci sia da arrabbiarsi.

  163. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Mi arrabbio perchè vedo una specie di “vento di fronda” per tutto ciò che è incarnato e istituzione, per tutto ciò che è milizia e lotta, in nome di uno spiritualismo che mi suona un po’ evanescente e disfattista. La Chiesa è carisma e istituzione, in tutte le cose Cristiane c’è traccia di Gesù, perfetto Dio e perfetto uomo e perchè vedo che si combatte per finezze di dispute di ambiente chiuso e autoreferenziale mentre il mondo in giro si rivoltola nel fango e noi ci compiaciamo perchè si estingue un istituzione che fa del bene contemplando il pieno distacco, sempre che sia vero e non mediato da una lettura soggettiva, con cui si accetta che muoia una cosa buona per cui si è vissuto. Io sono per morire con le armi in pugno e creod che la Chiesa oggi abbia bsidsogno di questo. Continua,

  164. Tres ha detto:

    Don Gian Paolo aspetto il suo “continua”. Per ora vado a rivoltarmi nel fango (magari, sarà polvere con sto scirocco) del parco vicino casa mia con la piccola. Continuo a non capire dove vede venti di fronda e spiritualismi evanescenti. Soprattutto non vedo compiacimenti di morte. Ma aspetto il “continua”. Un abbraccio.

  165. Mauro Leonardi ha detto:

    Dove continua? Forse continui tra un po’?

  166. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Mi addoloro perchè mi si dice con serafica compiacenza che muore una istituzione voluta da Dio e che fa del bene, perchè chi ne fa parte ed è vecchio, pensa solo a Dio e non si preoccupa del bene che nel futuro non si farà più per la gloria di Dio. Se muore una istituzione voluta da Dio io piango; se le vecchie suore sante non si deprimono ma vanno in pace verso il Signore io mi compiaccio e ringrazio Dio ma continuo a piangere e ad essere a lutto, perchè la segnaletica divina si va cancellando sulla terra. Ma io debbo essere abbandonato, lasciar fare a Dio, ci penserà LUi. Ma allora che cosa mi ha CI ha chiamato a fare, perchè cosa abbiamo dato la vita e la pelle ? Per sentirci chiamare Caifa perchè piangiamo perchè sta morendo ciò per cui anime belle e genorose hanno dato la vita, solo perchè si Chiama istituzione e ed di moda questa balla purista della idolatria, ecc.,ecc anche della chiesa della istituzione, religione, della causa..
    Mi aspetto di sentirmi dire che non ho capito niente, che il cristianesimo è una fede, che se mi azzardo ad amarne una istituzione ne sto decretando la morte e così via teorizzando.
    I poveracci che non hanno professato questo “nuovo” credo, che non hanno “veramente capito” la “vera” ed unica lettura del nuovo credo sono sulla via della perdizione e rischiamo di far perdere anche l’istituzione. Sono il cancro dell’istituzione.
    Meno male che io sono ormai vecchio e non posso metastatizzarmi.
    Ci sarà del vero in quello che dite ma che tutti abbiano sbagliato prima di noi, che non c’è più la via stretta della penitenza ( pratica narcisistica, piacere dell’io, ecc.) ma occorre aderire al credo salvifico dei nuovi redentori, perchè extra nobis nulla salus.
    Quando sento anche solo l’odore di questo stile, monto su tutte le furie. E non lo dico per Tres o per Ribelle ma lo dico per Mauro perchè mi pare che questo atteggiamento di sorda critica verso ciò che è istituzione, come causa di ogni male emerge con frequenza senza che lui se ne renda conto.
    Le defezioni, i tradimenti, l’inefficacia apostolica, la mancanza di calore e di fraternità tra i cristiani, sarebbe tutta e solo colpa dell’istituzione. Non ci sono più i vizi capitali, non c’è più il demonio, c’è solo l’istituzione o meglio ancor più sottilmente l’istituzione è l’incarnazione di tutti i vizi, la sede del demonio, ecc., ecc. E nessuno sa scoprire questo male tranne l'”illuminato”. Sembra Dan Brown !
    Esagero: no, faccio un ingrandimento di mille volte più grande perchè si veda bene quello che intendo e perchè mi inalbero.
    Se uno vuole sostenere una sua preferenza, libero e padrone, ma non mettendo etichette agli altri. Ci sono mille modi di essere cristiani e di essere nella Chiesa. Cerchiamo di occuparci delle persone che sono fuori o da dentro si perdono; ragioniamo su come aggiustare il tiro senza pensare di aver la formula magica. Beati coloro che hanno solo certezze…. Vostro Caifa

  167. Tres ha detto:

    Don Gianpaolo mi scusi ma stiamo parlando del commento di Mauro Leonardi del 9 giugno ore 15.28? Sta prendendo spunto per i suoi ultimi commenti dalle suore di quel convento? Rileggiamolo insieme. Ma dov’è “la serafica compiacenza che muore una istituzione voluta da Dio e che fa del bene, perchè chi ne fa parte ed è vecchio, pensa solo a Dio e non si preoccupa del bene che nel futuro non si farà più per la gloria di Dio”? Ma se sono preoccupate proprio per i disabili a loro affidati. E, mi scusi, se si deprimessero e piangessero e si mettessero a lutto chi penserebbe alle persone che accudiscono?Non ucciderebbero loro il carisma della loro congregazione e, quindi, la congregazione stessa, ancor prima dell’estinzione fisica? Ma perchè parlare di Caifa ed illuminati? Nessuna tabula rasa Don Gianpaolo ma la libertà di parlare di istituzioni dal di dentro e dal di fuori come lo siamo tutti. Ad esempio nell’altra discussione stiamo parlando di matrimonio e crisi personali, ognuno dice la sua esperienza e logicamente è un’esperienza sull’istituzione matrimonio dal di dentro(gli sposati), dal di fuori (chi ascolta o è amico o figlio di persone sposate) e basta. Se soffro nel matrimonio non mi arrabbio con il matrimonio e per le altre istituzioni sarà lo stesso: dolori e felicità con nome e cognome. Cosa l’ha fatta sentire etichettato o colpevolizzato? Dov’è la distruzione delle istituzioni?

  168. Mauro Leonardi ha detto:

    @Gianpaolo
    … oltretutto la tua frase “e chi penserà a quei disabili…?” rivolta a quelle suore che vedono con tanta serenità tramontare la loro istituzione, è proprio ingiusta. Sai benissimo che l’indefettibilità – ovvero il non poter venir meno – è una caratteristica della Chiesa in quanto tale, e negarla in senso formale è un’eresia perché l’indefettibilità della chiesa è un dogma di fede: cioè è di fede che fino alla fine dei tempi ci saranno sulla terra dei cristiani che avranno la stessa fede dei primi discepoli del Signore. Ma nessuna realtà ecclesiale interna alla chiesa – cioè che non sia la chiesa stessa – può arrogarsi tale definizione: cioè nessuno può dire con lo stesso rango di certezza di quanto avviene per il dogma “noi di questa istituzione dureremo fino alla fine dei tempi”. Ci fu una famosa udienza di un mercoledì in cui Giovanni Paolo II disse con tutta chiarezza questa verità suscitando un vespaio. Pertanto quelle sante suore, che amano il loro istituto e vorrebbero che proseguisse ma che non hanno vocazioni, si consolano pensando che nostro Signore susciterà altri cristiani, altre istituzioni che si occuperanno dei disabili. E questo le rasserena almeno un po’. E io vorrei avere almeno un po’ del loro senso soprannaturale.

  169. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Per me l’istituzione è come una famiglia, anzi è la mia famiglia. Dio, mio Padre mi ha chiamato a darle vita e assicurarle un futuro. Io non sopporto di sentirne parlare con distacco e freddezza. se io fossi sposato e mia moglie e i miei figli parlassero di me con distacco e se io mi preoccupassi solo un po’ dei miei figli e di mia moglie perchè tanto ci pensa Dio, mi sentirei tradito e traditore. E che io non debbo amare i miei cari perchè sennò diventano un idolo e bla,bla, bla: ti dico io mi sentirei un morto che canmmina, come a volte mi sento, quando mi sento circondato da persone che mi considerano un soggetto di rapporti istituzionali solo perchè non entro nella loro combriccola. Ma secondo d. Mauro,cioè secondo la sua esperienza e secondo la teorizzazione difensiva della sua esperienza, meglio così – io mi faccio il mio gruppo di amichetti, salvatori dell’istituzione e gli altri tutti a mare come un tumore da estirpare- perchè non condividono la teoria; il verbo segreto di nonsocchè. d. Mauro indirizza a me, cristiano imborghesito….., che non so distinguere una congregazione di vita attiva da una di vita contemplativa. Che non so ( ho fatto il medico per anni in una corsia di ospedale palermitano) che cosa significa la maleducazione e la grezza pretesa, la gioiosa notizia di quanto sia bello ed edificante che queste suore siano liete e allegre del fatto che sta morendo la loro congrezione. Conclude con la chiusa che _ bontà e santità tua – ti edifica tanto, loro sono solo addolorate per i poveri disabili e non per l’opera che Dio ( che una Persona ) e tante altre persone nel tempo non potranno godere di ciò che Dio ha affidato loro da portare avanti.Se questa non è una lezioncina tipo quelle degli amici (?) di Giobbe a Giobbe, io sono Giuseppe Garibaldi! Se io fossi una madre che sta morendo farei di tutto per campare per mio marito, per i miei figli, per dare loro l’esempio di un amore per la famiglia che dovrà durare nelle loro famiglie. Ti assicuro che a certe condizioni di ambiente culturale la voglia di campare a lungo non ti viene proprio.
    Di Caifa ne parla d. Mauro, di illuminazione speciale si attribuisce lui il compito “spiegandomi come si deve ragionare”. d. mauro non perde occasione di sparare sulle istutuzioni svuotate di contenuto e non si accorge guardandosi intorno che ormai le istituzioni a cominciare dal matrimonio non hanno veramente più corpo. Alcune volte, anche le mogli più fedeli parlano della loro fedeltà come di una dolorosa necessità. Meno male che non sono sposato e non tengo nessuno in gabbia.
    Ti assicuro che anch’io ho avuto la responsabilità di condividere il governo di una famigerata istituzione, ma non l’ho ne idolatrata nè ho sognato il suo trionfo come scopo ultimo della mia vita ma ho avuto l’unico scopo di dare gloria a Dio, giocandomi salute, cultura, prestigio umano,passione professionale.
    ecc. Ho fatto di tutto, fotocopiatore, dattilografo, infermiere, ecc. e adesso mi debbo beccare anche l’epiteto dell’idolatra, tutore fanatico dell’istituzione che deve imparare dalle suore la morte dolce della sua famiglia. Cornuto e mazziato dicono da noi.

  170. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Non lo dico delle suore ma dell’interpretazione che tu sembri dare del loro atteggiamento.
    Circa poi la durata delle istituzioni ci sarà una bella disputa in cielo tra il beato Giovanni Paolo II, s. Giovanni Bosco, s. Francesco d’Assisi, s. Josemaria Escriva che assicuravano – per quello che ne so io : non sono un autore e cito a memoria- di avere la certezza “morale” che la loro istituzione sarebbe durata fino alla fine dei tempi.
    E’ vero che ho fatto le scuole serali, ma so anch’io che la certezza del futruro ce l’ha solo il Padre e che la libertà dell’uomo non è determinata a priori. Ma questi fondatori perchè hammo parlato così, a nome di chi hanno parlato, bleffavano per tenere alto il morale della truppa e mandare i”soldatini2 al fronte per farsi ammazzare ? Stiamo attenti perchè le parole hanno una loro forza e autonomia.

  171. Lucy ha detto:

    Sono senza parole!!! !!!!!!!!!!!!!!!ma non vorrei rispondere troppo vivacemente a d Colò…
    Le istituzioni non sono un assoluto, sono per lo più strade, modi di fare del bene…Certo il numerario, il frate etc…si giocano la vita nell’istituzione e la vivono come una famiglia ed è giusto così;è il luogo in cui si santificano….., ma non è Dio e può finire!!E anche i fondatori, possono aiutarci a capire cose,hanno necessariamente un fuoco dentro ma ..non sono Dio!
    E ci sono tante situazioni in cui anche la famiglia si disgrega (parlo da sposata) magari perchè i figli usano male della loro libertà o altro…..e il genitore che sa avere uno sguardo come quello delle suore, è solo da ammirare! Se la famiglia o l’istituzione hanno come motivo di vita solo la loro sopravvivenza e autoriproduzione, sono davvero da compatire!
    Se Gesù stesso ha chiesto” quando Dio tornerà sulla terra…troverà la fede?”, figuriamoci se dobbiamo chiederci quale sarà allora l’istituzione trionfante,la migliore, quella che ha resistito a tutti i problemi… Cl o L’Opus o i francescani! Bah!

  172. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Le istituzione le ha volute e le vuole Dio. Non è una invenzione il matrimonio, che è una istituzione naturale e non un fatto romantico e sentimentalmente commovente, come tu stessa ben sai a tue spese; non sono invenzioni dei fondatori le istituzioni frutto di carismi, cioè di doni dello Spirito Santo che è Amore e non diritto canonico o statuti giuridici. Comunque le istituzioni le riconosce e istituisce la Chiesa, chiamata a legare e a sciogliore a nome di Dio. E la Chiesa, della cui vita le istituzioni sono parte,almeno quella resterà per sempre, purchè sia come dicono alcuni illumunati,sia la “vera” Chiesa altrimenti nemmeno lei sarà la “vera” Chiesa. Già il diritto, l’autorità puzzano di istituzione, oggetto di idolatria.
    Però quale sia il criterio in base al quale si debba stabilire che cosa è “vero” e che cosa à “falso”, io non lo so. Quelli tradizionali sono sospetti e devono essere continuamente monitorati dagli “illuminati”. Ma se non sei illuminato sei nei guai…….
    Però a volte io penso ( almeno per il disagio che provo di fronte a certe formulazioni o prese di posizione ingenuamente molto decise e offensive ) non ci accorgiamo che le nostre idee diventano oggetto di idolatria e di una predicazione caritatevole, irrispettosa di ogni banale carità. Ma agli illuminati non interessa la carità “banale”, perchè loro hanno la carità, quella “vera”.
    In questa luce non si capisce bene in nome di cosa abbiano fondato i fondatori di istituzioni, riconosciute come frutto dello Spirito santo dalla Chiesa; perchè la Chiesa abbia fatto santa questa schiera di illusi o di sospetti imbroglioni che hanno dato la vità per il trionfo idolatrico della loro istituzione.
    Porto all’estremo il discorso perchè si veda quanto perniciosa sia questa demonizzazione dell’istituzione, in nome di una purezza dell’amore, dell’amicizia e della carità.
    A volte in nome dell’amore purissimo non si capisce l’amore paziente con tutti del Padre misericordioso ( esegeti permettendo ).
    Per capire quello che voglio dire basta vedere che fine sta facendo il matrimonio, demonizzato perchè istituzione, da questi cuori liberi e paladini del “vero” amore.
    “Se la famiglia o l’istituzione hanno come motivo di vita solo la loro sopravvivenza e autoproduzione sono davvero da compiangere”, scrivi tu, ma con questo introduci già la filosofia del sospetto identificando come un pericolo prossimo ciò che è solo una patologia. Ma di fronte alla parola istituzione i paladini del “qualcuno” sempre e necessariamente contro il “qualcosa” ( come se non potessero sopravvivere ) vedono solo e soprattutto il pericolo e la patologia.
    Vedi che fine sta facendo il matrimonio, che Dio ha creato come realtà indissolubile, carcere a vita, prigione crudele, per i “puri” paldini del “vero” amore.
    Povera Lucy, certo non me la prendo con te che da quanto ho capito soffri in silenzio per tante cose “istituzionali” ma me la prendo con chi spaccia per trionfalismo quello che è desiderio di servire la causa del Signore e il bene delle anime e se ha per caso un atteggiamento militante viene subito tacciato di idolatra dell’istituzione.
    Signori miei, le isttituzioni le ha volute e le vuole Dio e danno corpo alla Chiesa e continuano a vivere se hanno spirito di corpo, senza tanti distinguo ed estetismi socioteologizzanti. Solo quando il corpo se la prende con se stesso arriva a disgregarsi. Omne regnum divisum contra se desolabitur, non l’ho detto io. Questa non è certo l’ultima parola; io non non ho certezza granitiche e discriminanti o solo dubbi e ferite, rispetto alle diagnosi umane e credo ogni giorno di più solo per nsotro Signore gesù Cristo, Creatore e Redentore, persino delle istituzioni Amen

  173. Lidia ha detto:

    don GPC so che non ne ha il tempo, e lo capisco bene, ma forse le potrebbe interessare il blog costanzamiriano.wordpress.com. in quel blog difendono tutti le sue posizioni più o meno con le stesse sue parole e toni. Forse può essere interessante per confrontare con quello che dicono le persone qui.
    Comunque: io direi a lei, don GPC,e a lei, don Mauro, di smetterla con le polemiche :) Mi spiego: la sana discussione va bene e mi auguro rimaniamo su questi temi a lungo. Ma bisogna chiarire di che parliamo. A me non pare che don GPC sia un paladino del “Milita e muori, e possibilmente evita di pensare e di voler bene ma fa’ solo atti caritatevoli” né don Mauro un paladino del “abbasso le istituzioni, viva l’amore libero e spontaneo”. Invece dalla polemica si evince questo…
    allora torniamo a parlare di cose reali. Le istituzioni vanno difese e servono la Chiesa finché Dio le vorrà. Non sono indispensabili, possono cambiare, financo estinguersi, ma questo lo sa Dio (ci sono effettivamente congregazioni che si sono estinte, nei secoli; altre che hanno esaurito la loro funzione storica). Il nostro compito non è dire la mia istituzione, il mio movimento, il mio gruppo dureranno fino alla fine dei secoli. Da qui a quel momento (che, per quanto ne sappiamo, può anche essere domani) il nostro compito è servire la chiesa ognuno al proprio posto. Cercando vocazioni, pregando per le vocazioni. Se poi quelle vocazioni non ci sono, si soffre sì, ma anche a me l’unico atteggiamento logico mi pare quello di pregare e poi rassegnarsi. Altro non mi viene in mente, che altro possono fare le suore? Pitrebbero, certo, smettere di curare i malati, cadere in depressioni, arrabbiarsi con Dio …ma è controproducente. Piuttosto, credo lo facciano, pungolare Dio chiedendo vocazioni ma…a un certo punto, è Dio che decide, non loro.
    Piuttosto noi, invece di contrapporre un’inesistente Chiesa libera alla Chiesa istituzionale (e oggigiorno, perdonate, ma con le notizie scandalose quotidiane che vengono dal Vaticano è un atto coraggioso continuare a credere nella gerarchia) cerchiamo di creare le condizioni perché ci siano vocazioni, cioè creando una società sana, cristiana, con famiglie sane, etc.

  174. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Condivido. BIsogna anche studiare la storia della chiesa per vedere che la gerarchia è stata molto peggio e sapere che i media sono manipolati da chi non ama la Chiesa anzi fa di tutto per conacellare i frutti della santità dei Papi di questo secolo.
    Cerchiamo di costruire soltanto; io non voglio cambiare blog, perchè qui dovrei sentirmi in famiglia e perchè non sono un pretoriano di niente e non appartengo a nessun estremismo.
    Io credo che le suore potrebbero essere incoraggiate a cercare persone giovani, a spingere i loro ammiratori a collaborare con loro, a condividere la loro serenità facendo capire che è un tesoro che non si può perdere, ecc. (le suore di madre Teresa lo fanno ) e a presentare a Dio le lagrime che certamente hanno nel cuore e forse nel loro silenzio e nella loro preghiera.
    Se mi è stato detto che se io corrispondo la mia istituzione arriverà fino alla fine dei tempi, io non posso non ricordarlo, soprattutto se mi è stato detto che questo dipende dalla mia corrispondenza, non certo depressa e lagrimosa, ma gioiosa e fiduciosa nel bene che sto facendo e nello spirito che Dio mi ha dato, senza distinguo e smascheramenti e sospetti che non fanno che scoraggiare, ammesso che siano veri.

  175. Lidia ha detto:

    certo che non deve cambiare blog! Noi la vogliamo qui :) Le ho detto di “guardare” quel blog (ma quando e se avrà tempo) perché è interessante la dinamica di chi ci scrive sopra, se paragonata a questa. Ma non intendevo dirle cambi blog :)
    Solo, ecco, adesso lei e don Mauro ed io e tutti non facciamo polemica ma cerchiamo di capire fino in fondo di che si parla.
    Suppongo che le suore facciano quello che lei dice. Ma il problema è questo: una suora di 85 anni che può dire a una ragazza di 20? Cioè: ci sono effettivamente conversioni, avvicinamenti in cui la differenza d’età non conta. Il servizio ai disabili, poi, davvero è attraente per i giovani, perché vogliono darsi e fare il bene. Indubbiamente, però, il gap generazionale rimane. Io credo che la sfida delle famiglie religiose di oggi (almeno di quelle di vita attiva) sia quella di agire più in sinergia con i laici, con le famiglie, estendendo il carisma ai laici, creando una specie di “bacino vocazionale”. Ma ammetto che non mi intendo di vita religiosa.
    Io penso anche che sia inutile stare a pensare “ma fra 10.000 anni ci sarà ancora l’Opus Dei, i gesuiti o i francescani?”. Forse ci saranno, forse no. La questione è sostanzialmente inutile. Quello che importa è “dopo la mia morte, ci saranno altri che continuano quest’opera divina (e che perciò serve Dio, non i membri stessi)?”. Se sarò stato fedele, avrò portato frutti, e a rispsta sarà positiva. A me non importa niente se fra 5, 10 mila anni ci sarà ancora l’Opus Dei. A questo provvede Dio, che ne sa più di noi. A me importa che oggi, nel 2012, attraverso l’Opus Dei Dio possa far felici e sante molte persone. In questo posso impegnarmi. Il fine non è “far durare l’Opus Dei” che si per sé non significa molto. Il fine è “che io e quanta più gente possibile vada in Cielo”. Solo questo conta. Come ci si va, è secondario. Ma ripeto, nonè un denigrare l’istituzione, anzi. è dire “io so che oggi, nel 2012, la mia santità dipende dal mio cammino, dalla mia fedeltà all’istituzione X”. E basta. Dei fedeli del 2540 non mi preoccupo, perché ” a ogni giorno basta la sua pena”. Va da sé però che se io sono fedele e lascio un lascito di fedeltà la catena continuerà. Finché la non-corrispondenza umana o la volontà di beneplacito di Dio non la spezzeranno. Ma è inutile pensare a questo adesso. Almeno io la penso così.

  176. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Ricondivido. Solo che io vedo l’urgenza che dopo il Concilio Vaticano II e in un mondo scristianizzato e aridamente disumanizzato quello che insegna l’Opus Dei e quante altre istituzioni il Signore voglia per promuovere un santità ( a me piace di più un amore appassionato al mondo da riportare a DIO in tutto lo splendore naturale della crazione e divino della Redenzione ) secolare e laicale, arrivi dappertutto. Vedo l’urgenza che ci siano tante comunità di vita attiva’ che mettano rimedio all’abbandono degli anziani, alla cura degli handicappati, che riportino negli ospedali un autentico spirito cristiano, che si dedichino ad aiutare gli extracomunitari, che vadano nelle terre di misssione con lo spirito di conquista di s. Francesco Saverio.E tante comunità di vita contemplativa che preghino e riparino, offrendo anche le mancanze di riscaldamento e l’ottisità delle superiore, che certo vanno formate.
    E per questo occorre stare all’attacco, non sulla difensiva.
    Se poi guardo il mondo dei media, della scuola,ecc.,ecc è qui che dobbiamo combattere il bonum certamen e non tirare fuori le questioni sulle idolatrie dell’istituzione e altre cose del genere che vanno monitorate ma che non possono esssere le responsabili di tutto. IN guerra nessuno vuole la mamma o l’amico che ti dica “Non ti esporre”. Poi l’amico sarà importante per aiutarti a morire quando tornerai sbudellato in barella, ma deve essere un amico commilitone, non un amico coccolone. Comunque pace e andiamo avanti.

  177. Lucy ha detto:

    D Colò-“Se mi è stato detto che se io corrispondo la mia istituzione arriverà fino alla fine dei tempi, io non posso non ricordarlo, soprattutto se mi è stato detto che questo dipende dalla mia corrispondenza”…magnifico!!Che nellissimo ruolo ha nella vita!
    Ma , chi non fa parte di una istituzione (mi riferisco al momento non al matrimonio, ma all’istituzione religiosa- e magari ciò avviene per i più svariati motivi, non sempre colpa dell’interessato)…cosa è? un poveretto rigettato da Dio ,senza casa, senza famiglia e la cui corrispondenza non interessa a nessuno?Uno che va in guerra,comunque, in quanto cristiano… ma senza nessun amico commilitone che l’aiuti a morire?

  178. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Lucy Io ti ho sempre detto che ti sento particolarmente vicina perchè soffri per essere fedele e sono certo che il Signore come un Padre buono e attento ai suoi figli ( “Che occhio ha! Si accorge di tutto “, dice più o meno una suorina s .Josemaria parlando del Signore ) ti è particolarmente vicino. C’è la grande famiglia dei figli di Dio; tutti combattiamo gli uni per gli altri.
    Nelle vecchie inutili guerre del secolo scorso, una cosa buona c’era. La solidarietà di chi sta a casa con chi stava al fronte; c’erano le Madrine di guerra, che magari avevano perso un figlio in guerra o l’avevano lontano, che vegliavano e scrivevano, mandavano pacchi a chi stava al fronte.
    Io mi sento molto protetto da chi soffre per una fedeltà difficile ma abbracciata; mi sento sotenuto e sono più fedele anche per loro. Perdonami se con i muùiei interventi un po’ irruenti ti faccio entrare in risonanza.

  179. Mauro Leonardi ha detto:

    @Gianpaolo
    Ho parlato decine di volte in questo blog delle istituzioni, e ho sempre detto che le istituzioni hanno senso e sono indispensabili per proteggere certi valori. Nella prima Discussione “L’amicizia nel matrimonio” ho difeso un sacco di volte l’istituzione matrimoniale. Per favore Gianpaolo prenditi la briga di andare a dare un’occhiata! Quando Caifa dice “meglio che muoia una persona sola che la nazione intera” sbaglia proprio perché inverte il rapporto tra la persona e l’istituzione. Sono il primo a dire che l’istituzione chiesa non verrà mai meno. Sua Eccellenza Mons. Paolo Schiavon, vescovo ausiliare di Roma Sud, che mi onora della sua amicizia, un giorno mi spiegava che a suo parere il motivo teologico (non storico) per cui la chiesa festeggia assieme i santi Pietro e Paolo è proprio perché vuole affermare l’idea che l’istituzione (Pietro) e il carisma (Paolo) devono sempre andare assieme e che la prima è a difesa della seconda. A me questa spiegazione sembra vera, pensi che mi sbagli?
    Quando dico che l’indefettibilità della chiesa è una verità di fede, e che invece l’affermazione dell’indefettibilità di una singola istituzione interna alla chiesa non lo è, dico la semplice verità. Cioè è “di fede” che la chiesa duri fino alla fine dei tempi, non è “di fede” che l’Opus Dei o i gesuiti dureranno fino alla fine dei tempi. Dopo di che, Gianpaolo, io sono dell’Opus Dei quanto te e so benissimo che San Josemaría Escrivá ha detto che l’Opus Dei durerà fino alla fine dei tempi, e io gli credo. Ma ci sono verità che sono di fede soprannaturale e altre che non lo sono. Io credo a san Josemaría che diceva che l’Opus Dei durerà fino alla fine dei tempi, come credevo a mio papà quando mi raccontava che mio nonno (cioè suo papà) era morto in seguito alle ferite della seconda guerra mondiale e che ciò era avvenuto quando lui era un bambino di nove anni. Ti va bene che io creda a San Josemaría Escrivá tanto quanto credo a mio papà?

  180. Giaa Paolo Colò ha detto:

    IO credo un po’ di più a s. Josèmaria Escrivà che a mio nonno o a mio padre. So che la certezza morale non è oggetto di fede teologale. Mi pare che per il MORALE dei cristiani non faccia male avere certezze che li spingano a lottare con generosità, in questo momento di nihilismo, di pensiero debole e di morale dell’attimo fuggente, che incide sul modo di vedere le cose, molto più di tutte le catechesi e di tutte le sottigliezze teologiche.
    Non so se sia teologico _ io ho fatto le serali_ ma io applicherei alle istituzioni volute da Dio il Vangelo che dice ” Chi dice di amare Dio che non vede e non ama le Istituzioni, volute da Dio, che vede…….ecc., ecc.”. Troverai certo un esegeta che mi contraddice. Io ho un po’ di santi, non idolatri, disposti a rinunciare all’istituzione da loro fondata, se così disponeva Dio che però per far andare avanti le famigerate istituzioni ci hanno lasciato la pelle. Saranno idolatri, ma a me piacciono di più che non i distillati distaccati e illuminati. Io sono teologicamente un po’ Polifemo. Tutto qui. penso che possa essere utlie al blog anche questa opinione OPINIONE , per carità, discordante e prego e guardo con infinita malinconia le suore in via di estinzione.

  181. lidia ha detto:

    ma don GPC alle serali leggevate Dante, Catullo etc?? O erano le serali di teologia mentre esercitava la sua professione di medico?
    Comunque, ancora una volta, tanto diciamo sempre le stesse cose, a me questa discussione sa di surreale, tipo discutere sugli elefanti rosa.
    Se don M. e don GPC vi rileggete i vostri interventi vedrete anche voi che è così.
    diverso è discorrere di una “temperie culturale” all’interno della chiesa, di accenti da porre, etc. Ma che si stia a discutere “io a San Josemaria credo come a mio nonno” o ” io conosco santi idolatri/ non idiolatri”…suvvia!
    Io a San Josemaria credo come a un santo, ciononostante penso che il futuro dell’Opera sia nelle mani di Dio. Ripeto: stare a scannarci sull’ipotesi che nel 10.765 ci siano o meno numerari e soprannumerari (quando neanche sappiamo se, andando avanti così, ce ne saranno fra vent’anni) mi pare neanche surreale…di più.
    Le istituzioni vanno amate perché volute da Dio funzionalmente a noi e alla nostra salvezza. Se Dio deciderà di salvarci con altri mezzi, ben venga, ma finché non ci dirà altrimenti, noi serviamo la chiesa così come adesso è meglio.
    Le suore che si estinguono magari sono tristissime, cmq. E infine, perdonatemi, ma è la cruda realtà: che finiscano le suore del Sacro Cuore o che si estinguano i domenicani o l’Opus Dei di per sé è totalmente irrilevante.
    Il problema non è “se l’Opus Dei” continuerà, il problema è: dove vanno le persone che non si fanno suore, numerari, soprannumerari, memores domini etc.? Vanno all’inferno? MAle! QUESTO è il problema! Vanno in Cielo? Bene, allora il problema non c’è.
    Io neanche le serali ho fatto, perciò posso sbagliarmi, ma credo che il fine della vita sia ammare Dio e andare in Cielo. Se ci andiamo tutti come membri dell’Opera o domenicani è uguale. Siccome siamo 7 miliardi, è difficile che un solo carisma basti a tutti. Ergo ben vengano le istituzioni, i diversi carismi, etc. Ma siccome la cosa fondamentale è salvarsi, non stiamo a rattristarci sulla congregazione che muore, rattristiamoci per coloro che avrebbero trovato in essa la via della salvezza e invece non l’accettano.
    Ma le istituzioni non sono volute da Dio in sé e per sé, sono funzionali alla salvezza degli individui.
    E QUESTO è ciò che in molta gente non capisce…e o capisci questo, che Dio ha voluto l’istituzione X, la Chiesa, per TE, per dare a TE una possibiltà in più di salvarti essendo felice oppure sarai fedele per un po’ e poi te ne andrai per bordelli (metaforici o reali).

  182. Antonio ha detto:

    @donGianpaolo … io faccio parte dell’Opus Dei perché l’Opus Dei ha bisogno di me. Perché ne ha bisogno? E’ un grande mistero. Perché la chiesa ha avuto bisogno di Pietro?
    La mia chiamata vocazionale l’ho percepita in questo modo: “Vai a dare una mano a questi miei amici … da soli, senza di te, mancano di qualcosa”. E’ l’istituzione che ha bisogno me, non io dell’istituzione. Questo suo bisogno io lo percepisco … e mi fa sentire importante. Tutta la formazione che ricevo ha lo scopo di armonizzare i miei talenti, i miei desideri … ai bisogni altrui, ai bisogni del piccolo mondo nel quale trascorro le mie giornate. Alcune volte ho aggiornato i miei desideri (perché ho trovato giusto farlo, le cose cambiano nella vita e quello che desideravo 10 anni fa oggi non lo desidero più) … mai sono andato contro di essi. Quando mi accorgo che qualcosa non va … reagisco. “Non ci sono strade tracciate per me, le traccerò io col battere dei miei passi”.
    Ogni tanto mi capita di dover spiegare in pubblico che cosa sia l’Opus Dei, di dover parlare dell’istituzione. Mi ricordo che san Josemarìa era solito dire che l’Opus Dei era “una piccola parte della Chiesa”. La prima cosa che spiego, solitamente, è il significato di questa frase … in particolare mi piace spiegare che cosa significhi far parte di qualcosa.
    Nel 1993 ero militare in Marina. C’era la guerra nei Balcani e io ero imbarcato su una motovedetta della Guardia Costiera. Un giorno lessi su Televideo una notizia: in seguito all’attacco subito nel mare Adriatico da alcuni pescherecci italiani da parte di motovedette serbe, il governo italiano aveva deciso di inviare motovedette della Guardia Costiera a difesa dei nostri connazionali. Ricordo che commentai la decisione presa dal governo con alcuni amici e commilitoni … la commentai con il sereno distacco con cui ciascuno parla dei problemi altrui (citando le opinioni di questo e di quello, criticando e lodando ciò che mi sembrava criticabile o da lodare …). Parlavo di guerra con passione, in attesa che mi venisse servito il pranzo.
    Tornato in Capitaneria appresi con sorpresa – noi infatti navigavamo nel mar Tirreno – che la mia motovedetta era una di quelle che dovevano partire per la missione. Non era più la Guardia Costiera che doveva partire … dovevo partire io. Da quel momento i discorsi tra commilitoni cambiarono. Che cosa dovevamo fare? Come ci dovevamo preparare? Quelli che prima erano problemi altrui improvvisamente erano diventati problemi miei, parte di me.
    Ecco io penso che una persona possa appartenere a una istituzione (lodandola, servendola ….) senza però farne parte. E’ questo che non deve accadere … a questo bisogna prestare attenzione.

  183. Tres ha detto:

    “Ecco io penso che una persona possa appartenere a una istituzione (lodandola, servendola ….) senza però farne parte.” Bella riflessione. Ciao Antonio

  184. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Antonio, d’accordo.
    Lidia; io non difendo istituzioni e sono ben lontano dal discutere sul sesso degli angeli o dagli elefanti rosa.
    Io parlo della necessità di raccogliere il messaggio che Dio trasmette agli uomini attraverso i messaggi che Lui trasmette e affida.
    Distinguere tra il messaggio e la busta che lo porta era una cosa che s. Josemaria faceva con molta, autentica ed energica umiltà e, tutti i santi io credo abbiano fatto lo stesso, sennò bisognerebbe revocar loro…..la nomina.
    Perciò non amo questo distinguere tra la salvezza, il messaggio, l’istituzione, la Chiesa e i cammini, i caminetti, il dentro e il fuori. Essere definito un numerario mi fa venire l’orticaria; io sono io, ho il mio rapporto con Dio e con la Chiesa ma non sarei ciò che sono se Dio non avesse parlato attraverso l’istituzione e non continuasse a parlarmi attraverso di essa.
    Potrei farne a meno o no? questo mi pare discutere sull’elefante rosa.
    Sentirmi dire che sono idolatra perchè non faccio questo genere di questione, questo si che mi tocca sul vivo e non mi pare un elefante rosa.
    Dire che l’importante è che le persone si salvino e poi dire che non ha importanza come e attraveso che cosa si salvano, questo non mi convince tanto, perchè offre un alibi alle fughe, favorisce le tentazioni, ecc.
    metere in gabbia le persone, mai. Convincerle con il terrore, mai. Ma far finta che non sia di Dio ciò che io son convinto essere di Dio, per distinguo teologici questo mi lascia perplesso.
    L’inportante è salvarsi: giusto. Ma se Dio fa cose che servono per salvare e io le lascio morire perchè tanto non sono essenziali: questo mi lascia un po’ perplesso.
    Ci sono persone i cui figli convivono invece di sposarsi, io do loro speranza, li conforto, ma dentro di me mi rattristo e non posso dire che è una bella cosa. Ma questo è un peccato e lasciar morire le istituzioni, no… Beh, di questo io non sarei del tutto convinto.
    La questione per cui mi accaloro non è dunque l’elefante rosa, ma un pericolo da non incoraggiare per il bene delle anime e non certo per trionfalismo cattolico o spirito di corpo.
    Tutto qui: non voglio il trionfo dell’Opus Dei; se Dio non la vuole, non la voglio nemmeno io; ma , qui, adesso, Dio la vuole, gli serve ( io vivo in una realtà in cui l’istituzione c’è, il resto è fantateologia ) e sentirmi dire che se la voglio con passione debbo stare attento perchè sennò divento idolatra, mi taglia le gambe e aumenta inutilmente le variabili di difficoltà che sono già tante.
    In questo mondo individualista, di eremiti di massa, ( come un sociologo chiama il nostro mondo ) un po’ di spirito di corpo non fa male e io questo patrocino con passione e mi difendo da ciò che possa annacquarlo o svuotarlo di senso.
    Altrimenti allo spirito di corpo si sostituiscono i gruppi e i gruppetti, come forme di individualismo di gruppo ( ossimoro che non di rado corrisponde alla realtà delle nostre contraddizioni ).
    Forse mi sbaglio ma questo è il mio contributo alla riflessione. Spero di non dovervi affliggere più con queste riflessioni. Mi propongo di tenere a freno la mia reattività passionale.
    Si, Lidia, come teologo, ho fatto lo studente lavoratore e quindi sono un po’ asimmetrico nelle mie conoscenze, anche se cerco di studiare ancora e il blog mi aiuta. Invece al liceo mi sono proprio divertito con tutti questi stupendi personaggi, che oggi cerco di far rivivere accanto agli idoletti del nostro tempo, ridendo e scherzando per carità, senza latinorum. Ma come sono curiose le donne, eh ( sempre sperando che dietro il nickname non si nasconda un baffuto brigadiere dei carabinieri…..)!!!!1

  185. Tres ha detto:

    Sai Don GianPaolo,sarà che a me l’entrare in un’Istituzione ha coinciso con la mia conversione, che io mi sento quella che sono e basta. Come tutte le neo convertite e le neo “acquisite” all’inizio tutti mi sembravano Dio, poi la fase del disincanto e poi la fase della normalità. Ecco non mi ci ritrovo nel difendere l’istituzione o nel non difenderla. Quando leggo del mio fondatore, leggo di un uomo che quando parlava in modo ufficiale dell’Istituzione e quando parlava della sua orazione usava toni e modi diversi ma parlava della stessa cosa.
    Lei non mi affligge, mi dispiace solo che a volte lei soffra per cose che io nemmeno riesco a trovare dove sono scritte.

  186. Lidia ha detto:

    no no io mi chiamo Lidia e sono una donna.
    E non è curiosità…solo che alla centesima volta che lei dice di aver fatto le serali viene da chiedersi quali serali, evidentemente siccome le cita sempre saranno importanti per lei, queste serali…:)
    io penso che diciamo la stessa cosa. Ora, qui, l’Opus Dei o qualsiasi altra istituzione che serva a far andare una persona in cielo. è alla fedeltà qui e ora che dobbiamo pensare.
    La fedeltà dei numerari fra 500 anni è fantateologia, ecco. Certo: è bello pensare di costruire qualcosa che sia duraturo, che non è una fantasia passeggera. Ma appunto: dalla fedeltà del qui e ora nasce la fedeltà futura delle generazioni future. Che DIo voglia la tale e la talaltra istituzione? Sì, è importante capire che non siamo noi che ci siamo inventati qualcosa. Poi lo sviluppo, i cambiamenti, etc etc….sono nelle mani di Dio.
    Ora, che l’importante sia salvarsi e non come, secondo me è verissimo. La domanda del Giudizio sarà “hai amato?” e non “eri domenicano o francescano?”. E non mi piace dire “la verità non va detta sennò c’è chi capisce male e lascia la vocazione perché tanto va bene tutto”.

  187. Lidia ha detto:

    La fedeltà non si esercita “perché sennò vado all’Inferno”. Puoi andarci, certo: se la tua infedeltà nasce da un andare contro Dio. La paura della dannazione è un deterrente – e di più, direi, è una ragione profonda – per non commettere peccati di infedeltà matrimoniale, e anche vocazionale. Ma come detto prima, se una persona “abbandona” l’istituzione di per sé può essere un peccato e può non esserlo, ci sono tante cose da valutare. E non è che dicendolo io difendo l’infedeltà, o peggio, la incoraggio sottilmente. No: ma dico la verità. perché è la verità che farà liberi, e non il “ma certi discorsi non mi piacciono perché ho paura che poi la gente capisce male”.
    è chiaro che un discorso del genere va fatto in profondità, non andando in piazza urlando: ” oh , c’è una novità, i preti anche se si “spretano” alla fine magari vanno pure in Paradiso!”. Questa sarebbe una leggerezza imperdonabile, proprio perché, spesso, l’infedeltà può celare un peccato grave.
    Ma questa è un’altra cosa.
    Io non so dove lei, don GPC, veda queste masse di commentatori che le danno dell’idolatra. Io non dico “freghiamocene dell’istituzione, tanto…”. Io dico: curiamoci delle persone che appartengono ad un’istituzione. Dio cura ogni anima come fosse una, no? Bene – ognuna delle mancate vocazioni per le suore è importante. Magari 50 si salvano facendo le madri, le massaie, le poliziotte. E magari 50 invece, che avrebbero trovato la salvezza e la gioia in quella vocazione no – e si dannano. Ecco, per queste 50 io mi rattristo. per la loro mancanza di corrispondenza. E anche per le altre 50, forse, perché sarebbero potute essere felici e invece non lo sono. L’istituzione in sé è una via, quel che conta è il viandante. In questo senso le istituzioni sono importanti: perché segnano la strada della nostra felicità e della salvezza. Poi Dio fa quello che vuole, con le nostre strade, con le Sue (e non nostre) istituzioni.
    Se lei ama appassionatamente l’Opus Dei mi rallegro, non penso sia idolatra – questo, in caso, lo può sapere solo lei. LO sarebbe se in nome del bene dell’istituzione commettesse peccati; o se per le il bene dell’istituzione venisse prima del bene delle anime (per esempio costringendo qualcuno ad essere dell’OD anche senza la vocazione solo “perché così non ci estinguiamo”), o della chiesa universale. Ma non mi pare il suo caso. Al contrario, difendere l’istituzione è segno di amore verso un’azione di Dio, una manifestazione della Sua potenza. Ora, le suore non credo disprezzino la loro istituzione. Povere suore, non sappiamo neanche quanto ci stiano male. Certo,al loro posto sarei molto triste, pensare che un tesoro di spiritualità della Chiesa si perda. Eppure, se avendo fatto tutto il possibile, non hanno vocazioni…non vedo cos’altro possano fare. Servirebbe che una di loro scrivesse qui.

  188. Lucy ha detto:

    So che a leggere il mio nome, d Colò penserà subito-le ho già detto varie volte che la sento vicina perchè soffre…cosa vuole ancora? sarà un tipo testardo a morire? e forse è così…inoltre,fondamentalmente, credo che le cose vissute nel silenzio ( o solo con poche persone ad hoc) siano molto più autentiche e forse ho uno spirito un pò mistico e mi piace credere che Dio parli ed operi nel silenzio…ma , dopo aver letto certe frasi, una domanda almeno a d Colò, la farei…..
    Mi hanno colpito 2 frasi-
    Antonio “Ecco io penso che una persona possa appartenere a una istituzione (lodandola, servendola ….) senza però farne parte. E’ questo che non deve accadere” (giusto! però accade…penso a tutti quelli che non hanno questa famosa vocazione, ovviamente da soprannumerari)
    d Colò “In questo mondo individualista, di eremiti di massa, ( come un sociologo chiama il nostro mondo ) un po’ di spirito di corpo non fa male e io questo patrocino con passione”
    E’ bello lo spirito di corpo, è bello far parte…ottimo!! Condivido a quattro mani (se le avessi) come dice un famoso santo circa l’amore familiare… ma se ti dicono di no?
    Tres ha visto coincidere conversione e entrata in una istituzione? magnifico!Un mucchio di sofferenze in meno…
    Antonio ha sentito( gli hanno fatto sentire!!!) che l’istituzione aveva bisogno di lui ed è entrato? altra magnifica situazione…(sentirsi utili è tra le sensazioni più belle che un essere umano possa provare)
    D Colò vive con passione lo spirito di corpo? benissimo…infatti dà molta forza sapere che non sono solo…certo chiunque,può sempre contare su Dio,ma avere dei fratelli di fede è senz’altro qualcosa di importantissimo…
    E tutti quei poveretti
    che queste cose hanno la sventura di capirle e apprezzarle, ma devono accettare una situazione di esclusione, per i più svariati motivi?
    Certo s Gemma non riuscì in tutta la vita a diventar suora, ma diventò santa..( il che è molto più importante!! e certamente vivere da esclusi, porta necessariamente a riscoprire cose come umiltà, obbedienza, abbandono…)…e anche io mi sono scritta una serie di mie riflessioni sulla base di frasi dei santi e della Scrittura per superar l’infinita tristezza…ma…

  189. Mauro Leonardi ha detto:

    @Gianpaolo, 12 giugno 8.39
    “Io credo un po’ di più a s. Josèmaria Escrivà che a mio nonno o a mio padre”.
    Io invece no: quando san Josemaría Escrivá parla dell’Opus Dei, gli credo esattamente tanto quanto credo a mio papà e a mia mamma quando parlano della famiglia Leonardi. Né un grammo di più né un grammo di meno. Uguale.

  190. Antonio ha detto:

    E’ giusto così! :-)

  191. fefral ha detto:

    Ragà, scrivete troppo e io sono alle prese con lo spread. Però su questa storia dell’istituzione don GianPaolo mi pare che parta all’attacco quasi per difendersi da chissà quale nemico.
    Condivido quello che scrive Lidia, e mi piace come ragiona Antonio (Caminante, no hay camino,
    se hace camino al andar).
    Se posso torno più avanti. Bye!

  192. Ribelle ha detto:

    Lucy, stavolta ti rispondo io…come si chiama questo blog? Come Gesù! e allora vedi essere cristiani è principalmente seguire un Dio crocifisso ( come dice s Paolo- non conosco altro che Cristo crocifisso) ; non pensare ad altri come beati perchè scelti, perchè entrati a far parte….guarda solo te stessa davanti a Dio…e poi ,visto che parliamo di Opus, prova a dirGli con il cuore”che io sia ultimo in tutto…e primo in amore..”o “che io sia buono…e tutti gli altri migliori!”.
    Vedi, l’appartenenza all’istituzione è un bisogno umano, santo e bello, simile al desiderio di chi vuol formarsi una famiglia (perchè l’Opera puoi sentirla come una famiglia), ma se non si realizza, vuol dir solo che Dio ha un altro progetto su di te e ti sta chiedendo la rinuncia al tuo progetto per seguire il suo.
    Saprai dirgli di si?Perchè la vocazione è un dire di si a Dio, ma non una volta per tutte, ma ogni volta…e anche tu devi ridirglielo, ogni volta che ti prende la tristezza del sentirsi e esser escluso.
    Si chiama obbedienza ; che bada bene, vale tantissimo, proprio perchè non la capisci, e la situazione ti sembra ingiusta; l’obbedienza vera,non è essere convinti, ma sentirsi nelle mani di Dio e dare più importanza a questo che a qualunque altra realtà…QUALUNQUE!!! Perchè anche le istituzioni( a parte in generale la chiesa) sono realtà umane..
    Del resto quando si entra nell’Opera, a molti dicono che si va al Calvario e non al Tabor…che vorrà dire? Il cristiano in un certo senso, mette il segno della croce in ogni cosa, perchè ogni cosa possa poi risorgere ( il centro della nostra fede non è la croce,collocazione provvisoria, ma la resurrezione!); questo spiega ad esempio il cercar di esser moderati , la temperanza la mortificazione e tante altre cose alle quali uno “non si lascia andare”…perchè non vuole che nulla prenda il posto principale nel cuore, lo vuole dare tutto solo a Lui…
    Questo significa che anche se le nostre aspettative qui non si realizzano, TUTTA QUESTA TUA SOFFERENZA ha valore grande nell’economia della salvezza…in questo senso tu sei dell’Opera come tanti altri, anzi la tua fedeltà si regge sul sacrificio dei tuoi personali desideri e Dio la benedice sorridendo..Scusa, ma volevo proprio dirtelo e dirti anche che purtroppo” la memoria non trattiene il soprannaturale”, per cui queste cose, pur sapendole, le perderai tante volte…ma il tuo cammino è proprio questo “croce, dolore in senso cristiano.. e poi pace ..”.ricordi?
    Scusa se ti scrivo queste cose, ma posso farlo, perchè ti conosco benissimo…

  193. Giaa Paolo Colò ha detto:

    IO invece, no. Si vede che hai avuto genitori santi. Ringazia il Signore. Io invece non tanto. Ritengo che si debba credere a chi è più affidabile perchè è più vicino a Dio. Comunque lasciamo stare sennò fefral sgrida.
    Il nemico c’è e si chiama infedeltà. Ma può darsi che non usi le armi migliori. Pace.

  194. Giaa Paolo Colò ha detto:

    Mi unisco a quanto dice Ribelle. Io ti sento vicinissima, senza nessun bollino. Almeno a te non viene l’orticaria: a me viene sempre quando sento chiamare le persone per categorie di membri o simili. Io credo che si debba combattere per una idea, un amore,un certo modo di seguire una Persona di cui ti sei innamorato che si ha nel cuore e nella testa, lasciandoci la pelle. Questa è l’istituzione: tutto il resto è classificazione entomoligica e non mi interessa. Io sono un essere vivo e non un insetto da catalogare. Stai serena, per bacco.
    Ahimè, mi sta venendo la bloggite… Voi esperti, dite che passerà?

  195. Mauro Leonardi ha detto:

    Gianpaolo, un amico sacerdote mi manda un articolo di Claudio Risé – che mi sembra tu conosca bene – scritto su “il Mattino” del 28 maggio. Forse è utile per il nostro forum.

    “Come reagisce il vasto e multiforme popolo cattolico allo svolazzare di corvi sui documenti riservati del Papa, ai periodici licenziamenti dei banchieri vaticani, all’inquietante ritrovamento all’interno delle Basiliche di tombe con resti imprevisti e assai sconcertanti? (…)
La Chiesa è infatti per i cattolici, in modo più o meno chiaro, un’immagine del bene. Il cattolico la vorrebbe pulita, accogliente, perfetta. Come del resto vorrebbe essere anche lui: bravo, affidabile, apprezzato dagli altri e tranquillo dentro di sé. Ed è proprio sul volersi in un modo, e essere in un altro, voler essere impeccabili, ed essere molto discutibili (il volere le cose buone, e fare quelle cattive lamentato da San Paolo), che si organizza ogni nevrosi, con relativi malesseri e potenziali scissioni della personalità.
L’inquietudine e il disagio di ogni credente di fronte alla Chiesa cattiva (anziché buona), risveglia dunque e attualizza il disagio personale per il proprio “essere cattivi”, invece che buoni come si vorrebbe. (…)
La scoperta nella Chiesa di “corvi”, funzionari inadeguati e malversatori di vario genere provoca certamente dolore nei fedeli, ma questo può aiutarli perché non sempre queste deviazioni sono sollecitate da motivazioni ignobili. Spesso è invece l’ansia di perfezione ad ispirarle, il rifiuto della miseria presente in ogni forma umana: la Chiesa, come la personalità individuale.
Il corvo-traditore crede spesso che tradire la personalità-chiesa, con le sue miserie sia una missione divina.”

  196. Mauro Leonardi ha detto:

    Siamo al cap. 7

  197. Mauro Leonardi ha detto:

    Siamo al cap. 7

  198. Mauro Leonardi ha detto:

    Siamo cal cap. 7

  199. Mauro Leonardi ha detto:

    Siamo al cap. 7