Blog / Lettere | 20 Luglio 2013

Le Lettere di Paolo Pugni – Il dolore ci mette di fronte a Dio

È il dolore che mette di fronte a Dio, per bestemmiarlo o per pregare. Che quando non hai la forza di tenere alto lo sguardo e fissare l’orizzonte cerchi sempre un colpevole. O un aiuto. Come dicono gli psichiatri: cinque sono le fasi di fronte alla morte, tua o di chi ami. 
Negazione, rabbia, auto recriminazione, depressione e accettazione.
E Dio ci sta proprio bene come oggetto di tutte e cinque. Che tu Lo supplichi o Lo incolpi.
E anche qui su questo forum che ci ha insegnato a chiedere preghiere, intercessioni –e molto di più- alla fine impetriamo, non per noi soltanto, senza accusare, senza recriminare. Con fiducia, sì. Molta fiducia. Sempre a chiedere.
Insieme. E questo lo abbiamo imparato, a spostare il baricentro dalle nostre necessità, a comprendere quanto sia comune il dolore, non quello aspro e cattivo, ma quello che accompagna la vita. E quanto siano misere a volte le mie intenzioni, perché la mia montagna diventa ghiaia confronto alle sofferenze degli altri. Dalle nostre preghiere capiamo le nostre priorità e con esse dove stia il nostro cuore. Questo don Mauro ce l’ha insegnato solo mettendosi a disposizione. Facendosi tramite. E ha scatenato la comunione dei santi. Eppoi non c’è solo questo, ma c’è l’aver compreso che davvero senza di Lui non possiamo nulla, senza quella Parola che se non altro rassicura, rasserena, rassetta anche quando non esaudisce, perché comunque tutto concorre al bene. Anzi: al Bene.
Però poi quando saremo in quella bolla che le vacanze anche per poco creano, divertendoti in senso letterale, distraendoti dal vero senso della vita, e donando in apparenza uno stordimento che fa bene quando non anestetizza e provoca confusione, epperò poi saremo ancora qui ogni giorno a chiedere, a supplicare, a condividere?
Quel che c’è da fare però è ringraziare: per tutto, perché tutto è bello. Perché se ci crediamo davvero, se siamo sicuri che quello Nostro e un Padre che ci vuole bene e vuole in nostro bene, sempre e comunque, allora non possiamo non ringraziare, che poi questa roba qui, questo flusso di gratitudine se vogliamo ancora essere piccoli e miseri e interessati, ci torna indietro, come dono. Quale padre non ricambia con un sorriso, una carezza e un abbraccio il figlio piccolo che lo ringrazia di prendersi cura di lui?
Così avvolgiamo le nostre preghiere con un movimento del cuore, un sussulto, uno slancio che ci aiuterà sempre più a leggere in trasparenza, sotto la scorza di una vita che ci vogliono far credere sempre più rude e greve, da afferrare per il collo e strizzare dentro la passione effimera, sotto questo strato di desiderio infuocato mai soddisfatto, ci aiuterà a riconoscere il senso, il colore, il suono che racconta che cosa sia la vera felicità. Che ha radici a forma di croce.

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