METRO – Noi, quel burqa e i nostri figli
Ci sono libri che non vorresti finissero mai perché non vorresti mai finire di leggere e, al contrario, ci sono notizie che sono sempre troppo lunghe perché sono troppo tragiche. È quello che mi accade leggendo della 14enne originaria del Bangladesh che sabato pomeriggio scorso si è presentata alla stazione dei carabinieri di Ostia per denunciare sua madre e suo fratello. Poco prima era stata picchiata ancora una volta da quest’ultimo, con la madre consenziente, perché non accettava né la religione islamica né l’utilizzo del burqa e del velo. Il mio dolore ha due sorgenti. La prima è la continua immagine sbagliata dell’Islam che ci giunge da notizie come queste o come quelle che riguardano talebani e Isis. Un miliardo e ottocento milioni di persone – tanti sono i musulmani nel mondo – non sono affascinati da violenza e da fondamentalismo ma da spiritualità, cultura, giustizia e appartenenza a una comunità. La seconda è il terribile errore di volere che i nostri figli crescano a nostra immagine e somiglianza. La peggior bestemmia di un genitore è dire: ti ho fatto io perciò sei mio. Chi genera deve saper amare tutto dei propri figli: anche la loro voglia, giusta e doverosa, di misurarsi e di vivere fuori dalla vita dei genitori. Lontano, da grandi. I genitori veri sono quelli che sanno dire “vai” proprio quando tutte le loro viscere vorrebbero solo dire “rimani”. Perché volere bene è sempre stato questo: volere il bene dell’altro.
Tratto da METRO