Intervista a Camilla Ostinelli – Don Roberto Malgesini, la roccia invisibile e poderosa dei senza fissa dimora di Como
Camilla Ostinelli, 29 anni, lavora nella cooperativa sociale Symploké che si occupa per lo più di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati. Al suo interno – insieme con Caritas e tante altre associazioni – c’è un progetto che si chiama Grave Marginalità, che ha l’obiettivo di seguire le persone senza fissa dimora di Como. È a questo proposito che le capitava di frequentare don Roberto Malgesini. Anche se il rapporto con lui non era assiduo Camilla desidera per quello che può far conoscere la sua figura e per questo riporto il dialogo avvenuto tra noi
R./Don Roberto Malgesini era il punto di riferimento per tutti i senza fissa dimora di Como: tutte le associazioni che in qualche modo si interessavano dei senza fissa dimora, hanno avuto a che fare con lui. Noi c’incontravamo spesso perché la sede della nostra cooperativa è vicinissima alla parrocchia di San Rocco, che è dove è stato trovato morto don Roberto. L’ho anche incontrato in carcere perché ho lavorato su un progetto per detenuti stranieri del carcere, e lì lo incontravo perché, purtroppo, ai senza fissa dimora capita spesso di finire in carcere.
D./Ci può raccontare qualcosa di quello che la colpiva della personalità di don Roberto?
R./Certo! La cosa che più mi colpisce di lui è che tutto quello che di buono è stato scritto in questi giorni, è assolutamente vero. Non c’è nessuna esagerazione. Don Roberto era una persona che a me sembrava timida, che passava inosservata, ma che, in realtà, era il pilastro sul quale contavano tutti i senza fissa dimora di Como e tutti coloro che avevano a che vedere con questa problematica.
D./Io, leggendo le cose che lo riguardavano, ho sentito in me crescere la paura che in questi casi prende molti di noi preti: quella che tutto sia troppo, quella di non farcela. Come faceva don Roberto a non soccombere?
R./Non lo so proprio dire. A me sembra che in lui fosse evidente un dono specifico, un dono incredibile. Veramente lui ce la faceva. Non sembrava mai affaticato. Arrivava ovunque… (si commuove) Io credo che lui fosse in giro anche la notte. Tutte le mattine portava la colazione a tutti i senza tetto di Como. A san Rocco, dov’era lui, c’era una specie di banchetto con caffé, the, cose da mangiare, che gestivano i volontari: era nato tutto in autonomia, in maniera normale, conoscendo le persone. Don Roberto era una persona che potevi incontrare a Como seduta a fianco di un senza fissa dimora mentre chiacchierava con lui normalmente. I luoghi in cui a Como si ritrovano i senza fissa dimora sono conosciuti – per dire due posti: il portico di San Francesco o di san Rocco … – e lì era facile trovare spesso don Roberto, sia di giorno che di sera. Se qualcuno aveva bisogno di fare una visita medica lo accompagnava: veramente arrivava ovunque, ovunque.
D./A me sacerdote viene il pensiero: sarebbe bello morire così, come conclusione di una vita vissuta così. Una vita piena di senso e piena di significato. Oltre a questo c’è qualcosa che secondo lei dovremmo imparare da don Roberto?
R./Quello che mi ha sempre colpito di don Roberto è che veramente passava inosservato. In molti ambiti, anche in quello del volontariato, ci sono persone che cercano visibilità, vogliono far sapere a tutti il bene che fanno: don Roberto era l’opposto. Era sempre di massimo aiuto senza che nessuno se ne accorgesse. La vera preoccupazione che ho io e che abbiamo in tanti è che una figura come la sua è insostituibile. Ha lasciato un vuoto immenso. Oltre a ciò erano tantissimi che vedevano in lui un padre o un fratello: e queste persone non so proprio come faranno. Don Roberto era la colonna dove si appoggiavano in tantissimi. Non so dove sarà possibile trovare una persona che faceva quello che faceva lui e come la faceva lui.
Camilla Ostinelli, 29 anni, lavora nella cooperativa sociale Symploké che si occupa per lo più di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati. Al suo interno – insieme con Caritas e tante altre associazioni – c’è un progetto che si chiama Grave Marginalità, che ha l’obiettivo di seguire le persone senza fissa dimora di Como. È a questo proposito che le capitava di frequentare don Roberto Malgesini. Anche se il rapporto con lui non era assiduo Camilla desidera per quello che può far conoscere la sua figura e per questo riporto il dialogo avvenuto tra noi