Le Lettere di Maddalena – Perché dovrei avere paura?
Scrivo nelle vesti di una persona normale, che più normale non si può. Una piramide di libri sul comodino (alcuni hanno messo le radici, forse riuscirò a leggerli in età pensionabile) che se la urti, crolla tutto. Una laurea nel cassetto. Moglie, mamma di tre figli, casalinga di fatto, con qualche lacuna soprattutto in riferimento a questo ultimo aspetto. Il giorno in cui riuscirò ad essere ordinata, organizzata, precisa nell’adempimento dei miei doveri ordinari, si potrà urlare al miracolo. Il mio problema non è riconducibile solo ai calzini spaiati. E’ strutturale. Forse dovrei smetterla di distrarmi quando mi occupo delle faccende di casa. Tutta colpa delle canzoni che ascolto. Mi viene la mania di interpretarle mentre stiro o cucino, fingendo di essere il cantante. Così l’arrosto brucia, e stiro metà delle camicie che dovrei.
C’è una mamma che mi aiuta a ricordarmi delle riunioni scolastiche, dei colloqui con i professori.
Credo che alcuni documenti scolastici li consegnerò il giorno della laurea.
Ho sovrapposto una festicciola di un amichetto con un appuntamento dal dentista. …
E’ così, sono pasticciona. Ma mi hanno insegnato quanto sia importante non prendersela troppo per le proprie fragilità. E devo dire che, da che “sono tornata a Casa”, tutta una serie di complessi e frustrazioni sono svaniti come per incanto.
Il mio cammino è fatto di inciampi continui, cadute e riprese, cadute e riprese. Ma sono felice di essere accompagnata, che ci sia Qualcuno che mi aspetta quando cado, e mi prenda per mano quando mi rialzo. Ciò mi dà serenità.
La serenità! Ho capito che è il Signore che me la dà, non sono io. Non è questione di carattere. E’ Lui.
Però c’è stato un periodo che è durato un bel po’, fino a pochi mesi fa direi, in cui… avevo una sottilissima forma di paura, in certi frangenti. E di questo voglio parlare, perché, confrontandomi con amici cari, quelli che condividono con me un Destino, (direbbe un amico), si è capito… che non è solo un problema mio.
MI riferisco alla preoccupazione relativa allo stato della Chiesa attuale. Che dire, una forma sottile di inquietudine, di turbamento.
A Dio piacendo mi è passata. Merito di chi mi accompagna nel cammino, che è capace quotidianamente di cercare di farmi puntare lo sguardo su ciò che più conta. Anzi, mi correggo: su Chi più conta .
E’ un momento complesso e difficile per la Chiesa, questo. Non neghiamolo.
A volte sento dire che c’è confusione, e a volte l’ho detto anche io.
Tempo fa ho dato quasi ragione a chi diceva che si fa fatica a capire quale sia la strada da seguire. Forse all’apparenza può sembrare vero.
C’è stato un momento in cui vivevo con ansia le notizie relativamente alle interviste al Papa sull’aereo, nel viaggio di ritorno da qualche paese lontano. Mi si insinuava la frase: “Speriamo che sia andato tutto bene, che non ci sia stata qualche affermazione un po’ fuori dagli schemi”
C’è stato un momento in cui ho tremato, alla notizia di “interpretazioni un po’ estensive di Amoris Laetitia” da parte di vescovi e sacerdoti.
Ho provato un po’ di sconcerto quando ne ho visti altri che, per “creare ponti, demolire muri” (sono parole del Papa queste) alla ricerca delle pecorelle smarrite, lasciavano in preda allo sconforto le altre rinchiuse nel recinto, che in quel momento si sentivano abbandonate, con bisogno di rassicurazione.
Da qui la domanda inquietante: “Ma che succede? Dove sta andando la Chiesa, oggi?’”
Io lo amo, il mio ovile. La mia Chiesa. E la difendo, se serve. Figuriamoci: da che il Signore mi ha caricato sulle sue spalle e mi ha riportato a casa, me la curo, la mia casa. Cerco di “stare” nell’obbedienza, perché mi fa bene. Mi fa stare bene. Tanta comprensione e appoggio da parte mia quindi, nei confronti di chi si è sentito (e si sente tuttora) in dovere di difendere la Traditio, la dottrina (da questo punto di vista, personalmente non mi addentro, consapevole del fatto che la mia formazione sia ancora in atto, piena di lacune, supportata da un coacervo di letture disordinate. Non sono una teologa)Io credo che difendere la dottrina, dicevo, non sia male. Sia un bene. E’ un pilastro della mia Chiesa.
Sto cercando di raccontare il mio percorso personale, davanti ad un temporaneo momento di crisi, senza alcuna pretesa di dare indicazioni specifiche su quello che sia giusto o no.
C’era un po’ di ansia quindi. Di “sindrome d’abbandono”. Che non mi faceva stare serena fino in fondo.
Ho cominciato a pormi la domanda però, nei confronti di CHI sentissi questa “sindrome di abbandono”, questa ansia.
Fondamentale per me è stata una telefonata con un’amica cara, conosciuta da poco, ma con la quale da subito si è instaurata una confidenza incredibile, ed è diventata un mio pilastro, una mia colonna. Abbiamo discusso, ci siamo confrontate quasi fino a litigare. Bello il fatto che dopo poco sia tornato un abbraccio grande, e la nostra amicizia si sia consolidata ancora di più.
A volte capita, che ci sia uno “svelamento”, un chiarimento improvviso. Come se la soluzione, la risposta fosse sempre stata lì, a portata di mano, ma non fossi capace di afferrarla.
La paura e l’ansia non vengono da Dio.
“La Chiesa va difesa, certo, ma non dal Papa”, mi sono detta. Ho capito che la tentazione di suggerire al Papa come dovesse esercitare il suo ministero fosse dietro l’angolo. Ma pensa un po’. Non dico di esserci cascata. Mi sono fermata prima. Ma ho intercettato il pericolo. Mi è venuto da sorridere, guadandomi: “la Madda”, così “scalcagnata”, pasticciona, perditempo e anche impreparata, che perde tempo a “verificare” i comportamenti del suo Papa, e dei pastori, per constatare “una eventuale rispondenza alla regole”..
Ho cominciato a chiedermi cosa significassero davvero per il Pontefice le espressioni “Chiesa in uscita”, “ creare ponti, abbattere muri”.
Ed il paragone con Gesù Cristo è stato immediato. Mi sono sorpresa a provare per Francesco una grande ammirazione, per la sua capacità di dare amore. Ho capito quanto sia evangelico il suo messaggio. Mi sono sorpresa a capire… Anche questo suo “infischiarsene” delle critiche, delle correzioni, dei rimproveri continui…Mi ha dato una consapevolezza grande relativamente alla presenza dello Spirito Santo, che lo accompagna in ogni suo gesto.
“Il Papa non ha paura”.
“Anche io non voglio avere paura”, mi sono detta.
Niente scandalizza più dell’Amore, da sempre. Il desiderio di arrivare a tutti, tutti! Senza risparmio, come faceva Gesù. Gesù scandalizzava, ai tempi, proprio per il suo Amore. Non mi pare che non creasse sconcerto, in mezzo ai pubblicani e alle prostitute. Che poi si convertivano. E qui sta il punto vero.
Niente di più grande, di più evangelico.
Il Papa non giudica nessuno, e dice di non giudicare nessuno. Ci chiede di cambiare, di guardare al Vangelo. Invita alla conversione (mi ricordo ancora alcune sue parole sul Sacramento della Riconciliazione che ancora mi fanno venire i brividi, per la loro bellezza), convinto che i cuori cambino con la tenerezza. Che poi è “vero vero”, questo.
Ho pensato a me. Alla mia storia, a come mi sia sentita abbracciata, quando mi sono convertita. Ho pensato a come mi senta abbracciata tutte le volte che vado a chiedere perdono. Se non c’è la predisposizione alla tenerezza, come si può pensare di “attrarre” le pecorelle smarrite?
Penso spesso alla mia parabola preferita, quella del Figliol prodigo.
E’ stata importante per me, per capire. Come se si fosse acceso un campanello di allarme, un’intuizione. Ho pensato a suo fratello. Alla sua frustrazione, al suo annebbiamento nel vedere un’ ingiustizia inesistente nella gioia del Padre davanti al pentimento del figlio che si era perduto. Lui invece era sempre stato “bravino” a fare i compiti. Si era sentito trascurato, messo da parte…. “l’atteggiamento”, nel quale ho rischiato di cadere.
Voglio che l’amore mi scandalizzi. Mi metta in discussione ogni giorno, mi scuota. Non mi importa se mi sento strapazzata, a volte. Serve, serve tanto. Voglio attingere ai Sacramenti che la mia Chiesa mi fornisce, voglio incontrare Gesù ogni giorno. Voglio pregare per i miei sacerdoti, in questo momento delicato. Che lo Spirito Santo li accompagni, come sta accompagnando il Pontefice, ogni giorno.
Voglio fidarmi. E’ così bello, fidarsi…
Maddalena Fabbri è nata a Milano, il 5 settembre 1971. È sposata e ha tre figli. Laureata in giurisprudenza, ha svolto la pratica professionale per poco tempo. Ha preferito iscriversi all’albo ” delle mamme”. Vive a Milano.