Le Lettere di Maddalena – C’è una bellezza che fa quasi male
C’è una bellezza che fa quasi male. Che si intuisce, nella sua potenza nascosta. Ma che non è riproducibile. Ti rimescola. In quell’attimo, in quello squarcio di Cielo, non puoi che contemplarla. È non è che poi tutto torni uguale. No, ti si aggiunge un pezzettino. Di senso.
Non è la bellezza della natura, quella a cui mi riferisco. Neanche quella delle opere d’arte.
Parlo di persone.
Oggi sembra che se non indugi sul brutto che c’è nella società, nella vita, nella gente, tu sia “out”. Bisogna sempre puntare il dito, denunciare, schifarsi un po’. Bisogna rimpiangere i tempi passati. Bisogna dire che le generazioni di oggi sono tristi e vuote. Bisogna riempirsi la bocca di dati negativi. Statistiche, percentuali, sembrano essere la verità assoluta.
Invece no. C’è tanta bellezza nascosta. Non la si nota. Non la scorgi, ma …. a volte ti ci imbatti. E non la cerchi: la incontri.
Mi riferisco ai volti.
Spesso poco appariscenti.
Mi riferisco a certi sguardi, alcuni penetranti, altri trasfigurati.
C’è una vita Viva, dietro. E’ un lampo, un momento, che ti trapassa. Capisci che la persona che hai davanti “ha qualcosa”. E’ diversa. Magari hai già, in passato, appreso qualche aspetto della sua esistenza, assolutamente ordinario. Magari invece conosci dettagli della sua storia fatta di dolore. Che cosa è, che fa la differenza? Tutti soffrono, chi più chi meno, tutti lavorano, hanno amicizie. C’è chi ha figli, chi non ne ha. La vita è variegata, un impasto di gioia e dolore in continua evoluzione.
Perché proprio di fronte a certi volti, certi sguardi, si ha questa percezione?
Spiegarlo è difficile. Il cuore arriva prima a volte, rispetto alla ragione e alle parole. Il cuore svela la presenza di un amore grande. L’amore inteso come donarsi interamente senza paletti, che quelli li mette la paura.
Sì, è l’amore. Punto.
E’ l’amore che trasfigura, che divinizza. Vissuto con tutta l’umanità possibile, però.
Che paradosso.
L’amore fatto di gioia, ma anche di dolore e solitudine. Tutto offerto, tutto donato, tutto vissuto, fino all’ultima particella del nostro povero corpo.
Penso allo sguardo di Francesca Pedrazzini, sulla copertina di un libro dedicato a lei. La conobbi tempo fa. Andai pure al suo funerale. Leggendo il suo libro appresi che era stata capace di mangiare una pizza con gli amici intorno al letto d’ospedale dopo aver detto il Rosario, la sera prima di morire.
Penso a quanto sia bello quel padre di famiglia che lavora di notte per passare il pomeriggio col figlio disabile e portarlo in piscina. Lo va a prendere a scuola, lo accompagna a casa abbracciandolo. Che la bellezza è lì, in quell’abbraccio. Così potente da togliere il fiato.
Penso a quanto è bella la mamma che soffre, sì, soffre per il suo bimbo malato, ma che sa “stare”, a testa alta, con una dignità sconvolgente. E la bellezza è lì, in quella dignità e in quella compostezza. Non perde nemmeno una goccia del suo dolore. Non scantona, non scappa. Se lo beve tutto, il calice.
“How many times do I have to tell you
Even when you’re crying you’re beautiful too”,
dice una canzone. Sei bella, amica mia, anche quando piangi. Perché stai, per il tuo bimbo, con un amore infinito.
Penso all’altra mamma sfinita dal lavoro, che non può non lavorare, che non riesce a passare più tempo coi bimbi e col marito come vorrebbe, eppure “sta”, amando e stringendo i denti, stirando di notte, con il mal di schiena, i dolori .
Penso a coloro che passano la vita ad ascoltare le turbe esistenziali degli altri, e amano. Amano, immensamente, smisuratamente. Non chiedono il conto, mai. Salvo poi forse versare qualche lacrima, tra le quattro pareti della propria stanza, o in una Chiesa, davanti al Tabernacolo. Facendo i conti con una vita donata, spesa . Gustando sì, il centuplo quaggiù, ma che è sempre mescolato con fatica e stanchezza.
Quando intuisci questo, e lo contempli, l’effetto è dirompente. Perché più è nascosta, questa bellezza, più è feconda. E quell’amore lì, è di una potenza travolgente. Forse perché non si nota. Forse perché c’è Gesù, con la sua Croce. E mi viene da pensare che tutti questi eroismi nascosti, dove non c’è compenso mai, in cui la gratuità è totale, sono quelli che asciugano qualche goccia del sudore di sangue di Cristo, nel Getsemani. Questo amore infinito, che vede le sue radici nella sofferenza, ti stravolge il cuore. Ti commuove. Non è la sofferenza in sé. Quella è male. È l’amore nel viverla che è potente. Questa paradossale bellezza, scandalosa direi, se sei così fortunato da riuscire a scorgerla, non ti si stacca più.
Maddalena Fabbri è nata a Milano, il 5 settembre 1971. È sposata e ha tre figli. Laureata in giurisprudenza, ha svolto la pratica professionale per poco tempo. Ha preferito iscriversi all’albo ” delle mamme”. Vive a Milano.