SoloTablet – Intervista a Mauro Leonardi: “Internet è il sesto continente”
La settimana scorsa sono stato contattato dal prof. Edoardo Mattei che mi ha proposto un’intervista sul tema religione e tecnologia. È stata pubblicata il 24 settembre sul sito SoloTablet.it
_______________
Tutti sembrano concordare sul fatto che viviamo tempi interessanti, complessi e ricchi di cambiamenti. Molti associano il cambiamento alla tecnologia. Pochi riflettono su quanto in profondità la tecnologia stia trasformando il mondo, la realtà oggettiva e fattuale delle persone, nelle loro vesti di consumatori, cittadini, elettori e credenti. Sulla velocità di fuga e sulla volontà di potenza della tecnologia, sulla sua forza e continua evoluzione, negli ultimi anni sono stati scritti numerosi libri che propongono nuovi strumenti concettuali e cognitivi per conoscere meglio la tecnologia e/o suggeriscono una riflessione critica utile per un utilizzo diverso e più consapevole della tecnologia e per comprenderne meglio i suoi effetti sull’evoluzione futura del genere umano.
Su questi temi SoloTablet sta sviluppando da tempo una riflessione ampia e aperta, contribuendo alla più ampia discussione in corso. L’approccio è coinvolgere e intervistare autori, specialisti e studiosi che stanno contribuendo con il loro lavoro speculativo, di ricerca, professionale e di scrittura a questa discussione. Dopo aver rivolto l’interesse verso la cultura d’ispirazione laica, vogliamo allargare il dibattito, sempre con le stesse modalità, anche alla parte d’ispirazione cattolica.
Intervista condotta da Carlo Mazzucchelli e Edoardo Mattei con don Mauro Leonardi, sacerdote, scrittore, giornalista (Avvenire, AGI e Metro per citare tre collaborazioni fisse), blogger // nella categoria “Blogger italiani” secondo WIkipedia e svolge il suo ministero come cappellano presso il Centro Elis, nato su ispirazione di San Josemaria Escrivá, una onlus che si occupa di formazione professionale come servizio al bene comune.
[1] Buongiorno. Può raccontarci qualcosa di lei, della sua attività attuale, del suo interesse per le nuove tecnologie e per una riflessione sull’era tecnologica e dell’informazione che viviamo?
Oltre a svolgere il mio normale ministero sacerdotale, dedico del tempo ad “essere prete” anche scrivendo. La mia vocazione più profonda è scrivere libri di narrativa ma non sempre è facile trovare editori disposti a pubblicare un romanzo. Per questo pubblico anche saggi.
Nel 2011 ho pubblicato un saggio sull’amicizia e il celibato dal titolo “Come Gesù”: mi ero reso conto che per farlo conoscere c’era bisogno di una presenza 2.0 su internet e così ho fatto un blog “blogspot” che aveva per nome il titolo del libro. L’anno dopo, con l’uscita del mio romanzo Abelis, il blog è diventato WordPress: è stato quindi necessario che mi affianchessero degli specialisti, in particolare la squadra di Liquid Factory.
Da allora la mia attività si è sviluppata attraverso una presenza organica che utilizza tutti i social (Facebook, Twitter, Instagram, Wikipedia, Youtube) per il loro specifico.
[2] Secondo il filosofo pop del momento, Slavoj Žižek, viviamo tempi alla fine dei tempi. Quella del filosofo sloveno è una riflessione sulla società e sull’economia del terzo millennio ma può essere estesa anche alla tecnologia e alla sua volontà di potenza (il technium di Kevin Kelly nel suo libro Cosa vuole la tecnologia) che stanno trasformando il mondo, l’uomo, la percezione della realtà e l’evoluzione futura del genere umano. La trasformazione in atto obbliga tutti a riflettere sul fenomeno della pervasività e dell’uso diffuso di strumenti tecnologici ma anche sugli effetti della tecnologia. Qual è la sua visione attuale dell’era tecnologica che viviamo e che tipo di riflessione dovrebbe essere fatta, da parte dei filosofi, dei teologi e degli scienziati ma anche delle singole persone?
Sono un po’ allergico alle visioni millenariste. Io credo che internet sia semplicemente un “sesto continente” elaborato dal bisogno dell’uomo di superare le difficoltà di relazione dell’epoca moderna. È un sesto continente trasversale nel senso che ciascuno degli abitanti di questo nuovo mondo appartiene anche a uno degli altri cinque. Credo che ciascuno debba decidere in coscienza se vuole interagire o no con esso ma, una volta che ha dato una risposta positiva, bisogna sì che si muova con cautela ma sapendo anche che non è una minaccia ma un’enorme opportunità.
[3] Viviamo immersi in un processo evolutivo che ha assimilato la tecnologia e ne subisce la volontà di potenza e la velocità di fuga. La tecnologia è diventata parte integrante e necessaria della vita di tutti i giorni. Non ne possiamo fare a meno anche se scarsa è forse la consapevolezza sugli strumenti usati e sui loro effetti. La tecnologia non è neutrale ma neppure cattiva. Molto dipende dall’uso consapevole e critico che ne viene fatto per conoscere se stessi e soddisfare i propri bisogni. La tecnologia non deve essere demonizzata ma neppure trasformata in una nuova religione. Ma questo è quanto sembra stia accadendo, evidenziando una nuova fuga dalla realtà e verso l’irrazionalità. Lei cosa ne pensa?
Penso che non sia vero che è una nuova religione. O, per lo meno, lo è come può esserlo lo sport, la televisione o tantissime altre cose. Ovviamente, essendo un fenomeno in rapidissima espansione e giovanissimo, crea problematiche nuove. Ma si vedono già, soprattutto negli USA, tante diagnosi azzeccate e tante terapie efficaci. Sto pensando, in particolare, a tutto ciò che si riferisce al Digital Detox.
[4] Secondo molti la pervasività degli strumenti tecnologici e il tempo crescente ad essi dedicato sta mettendo in crisi la pratica religiosa così come la spiritualità. La tecnologia sembra fare miracoli come quelli raccontati nei Vangeli (guarisce storpi, ciechi, mani paralizzate…) e di realizzare l’epoca messianica di felicità e benessere. La tecnologia è vista come un Sacramento, uno strumento che Dio offre all’uomo ma al contempo è anche un progresso totalmente umano (Techgnosis e New Age). Se grazie alla tecnologia si possono realizzare le stesse opere divine perché continuare a credere?
Davvero credo che chi si pone queste domande guarda alla tecnologia di internet con dei paraocchi prevenuti. Io ho scritto per Avvenire un articolo che ha avuto una certa risonanza (cfr. Ma in multitasking non si può pregare. La liturgia delle ore? Mai con lo smartphone, Avvenire 23 giugno 2017). Lì dicevo – diversamente da come sinteticamente racconta il titolo – di usare il breviario elettronico, ma di farlo con consapevolezza. Con buon senso. Sapendone anche fare a meno. Ma quante volte anche la mia Liturgia delle Ore è stata salvata da iBreviary
[5] Nell’evoluzione attuale gli esseri umani sembrano delegare alla tecnologia porzioni importanti delle loro vite o usarla come efficace farmaco antidepressivo. Alla ricerca di benessere, felicità e potere, gli umani sembrano impegnati in un continuo cambiamento che potrebbe determinare la sparizione della loro caratteristica umana. Grazie ai nostri dispositivi tecnologici ci sentiamo tutti un po’ superuomini ma la percezione che la tecnologia stia prendendo il sopravvento genera ansia, panico e infelicità. Forse per questo si preferisce vivere nel presente continuo rinunciando a sondare il futuro. Lei cosa ne pensa? la tecnologia sta cambiano il concetto di “legge di natura”? Siamo davanti ad un “reincanto tecnologico” come pensava il filosofo Michel Maffesoli?
Le stesse domande si pose con la nascita della radio, dell’auto o della televisione. Io penso che stiamo imparando a usare le cose al meglio. E con arriverà nessun Matrix.
[6] La tecnologia è diventata la nuova religione del XXI secolo e i Signori del Silicio (Google, Facebook, Amazon, Microsoft e Apple) ne sono i suoi profeti. Lo sostiene anche Noah Harari autore di Homo Deus quando scrive che “la tecnologia definisce lo scopo e i limiti delle nostre visioni religiose, come un cameriere stabilisce le opzioni di scelta dei nostri appetiti“. Le nuove tecnologie stanno uccidendo i vecchi Dei facendone nascere di nuovi. Le religioni storiche, dal cristianesimo all’induismo, per anni hanno fornito risposte a domande importanti per l’essere umano. Oggi hanno difficoltà a rispondere alle numerose domande che la tecnologia pone: intelligenza artificiale e lavoro, politica e crescenti disuguaglianze, biotecnologie, ricerca dell’immortalità, ecc. La religione ha esaurito le proprie risposte o ha ancora un’antropologia per l’uomo tecnologico, disincantato e più istruito rispetto al passato?
“Un mucchio di legno alto fino al cielo è sempre legna e non è mai il cielo”.
È un vecchio proverbio russo che ripete un personaggio di Solgenitzin. L’uomo sa benissimo che la tecnologia si muove sul terreno del “come” e non del “perché” e del senso della vita. Ogni tanto se lo dimentica: poi sbatte il naso e se lo ricorda.
[7] Se la tecnologia promette di realizzare il regno di Dio sulla Terra e sembra trovare ogni giorno nuovi proseliti e fedeli, significa che si stanno realizzando le promesse del Regno di Dio sulla Terra? Al contrario, se la tecnologia fosse un dono prometeico? Qual è il rapporto fra tecnologia e provvidenza?
La tecnologia ha con l’uomo lo stesso rapporto che ha avuto la scoperta della ruota o della scrittura. Prometeo è la rappresentazione mitologica del dialogo interiore che l’uomo affronta davanti alle proprie sfide. In questo senso parla anche all’uomo d’oggi. Però le cose finiranno bene. Credo che nessun cristiano confonda davvero il Regno di Dio con Internet.
[8] Grazie alla tecnologia gli esseri umani vedono la loro vita terrena facilitata, esentata dalle fatiche, semplificata, automatizzata, velocizzata, liberata ma anche potenziata (salute, economia, relazioni, ecc.). Una vita terrena percepita più felice sembra però allontanare dall’intimità e dalla profondità religiosa e spirituale, portando a privilegiare la superficialità e l’esteriorità. In che modo la tecnologia e/o una interazione diversa con essa potrebbero facilitare una vita più intima, più profonda, più spirituale e religiosa? Può la tecnologia essere veicolo di nuove forme di fede e strumento di spiritualità per trascendere l’esistente e prepararsi mondo che verrà?
La tecnologia di Internet è innanzitutto un fantastico potenziamento della nostra capacità di relazione. I pericoli che essa può presentare vanno affrontati non da soli ma rafforzando la vita relazionale “reale”: familiare, di amicizie, comunitaria. Mi spiego. Si dice sempre che “Internet avvicina ai lontani ma allontana dai vicini”. È uno slogan carino che però bisogna leggere dicendo, a chi lo ricorda, che proprio per questo chi è vicino a chi sta “in Internet” deve essergli vicino davvero. Deve interessarsi a quello che ha letto, visto, sentito, condiviso. Non devi semplicemente borbottare col fatto che ha sempre lo smartphone in mano.
[9] Miliardi di persone sono oggi dotate di smartphone usati come protesi tecnologiche, di display magnetici capaci di restringere la visuale dell’occhio umano rendendola falsamente aumentata, di applicazioni in grado di regalare esperienze virtuali e parallele di tipo digitale. In questa realtà ciò che manca è una riflessione su quanto la tecnologia stia cambiando la vita delle persone (High Tech High Touch di Naisbitt) ma soprattutto su quali siano gli effetti e quali possano esserne le conseguenze. Il primo effetto è che stanno cambiando i concetti stessi con cui analizziamo e cerchiamo di comprendere la realtà. La tecnologia non è più neutrale, sta riscrivendo il mondo intero e il cervello stesso delle persone. Lo sta facendo attraverso il potere dei produttori tecnologici e la tacita complicità degli utenti/consumatori. Come stanno cambiando secondo lei i concetti che usiamo per interagire e comprendere la realtà tecnologica? Ritiene anche lei che la tecnologia non sia più neutrale?
Bisogna imparare ad usarla. La risposta deve essere culturale. Devo sapere come funzionano gli algoritmi. Non posso credere che i 5000 amici di Facebook siano 5000 persone qualsiasi ma devo sapere che, se non sto attento, mi trovo a parlare con 5000 persone che la pensano come me, per cui il mio dialogo non è più vero ma solo una gara per diventare il più bravo della “tribù virtuale”
[10] Secondo il filosofo francese Alain Badiou ciò che interessa non è tanto quel che è (chi siamo!) ma quel che viene. Con lo sguardo rivolto alla tecnologia e alla sua evoluzione, quali sono secondo lei quali indicazioni e quale riflessioni dovrebbe fare la Chiesa per sviluppare un Magistero capace di dare risposte di senso anche per il futuro?
Io non credo che il Magistero debba perdersi in queste minuzie. Credo che l’importanza del Magistero sia mettere sotto gli occhi delle persone Cristo. In questo modo, se ci saranno molti laici che hanno Gesù nel cuore e sanno usare lo smartphone, i problemi saranno, non dico risolti, ma per lo meno affrontati.
[11] Secondo alcuni, tecnofobi, tecno-pessimisti e tecno-luddisti, il futuro della tecnologia sarà distopico, dominato dalle macchine, dalla singolarità di Kurzweil (la via di fuga della tecnologia) e da un Matrix nel quale saranno introvabili persino le pillole rosse che hanno permesso a Neo di prendere coscienza della realtà artificiale nella quale era imprigionato. Per altri, tecnofili, tecno-entusiasti e tecno-maniaci, il futuro sarà ricco di opportunità e nuove utopie/etopie. A quali di queste categorie pensa di appartenere e qual è la sua visione del futuro tecnologico che ci aspetta? E se la posizione da assumere fosse semplicemente quelle tecno-critica o tecno-cinica? E se a contare davvero fosse solo una maggiore consapevolezza diffusa nell’utilizzo della tecnologia?
Io, come penso di aver ampiamente dimostrato durante l’intervista, credo sia sufficiente una maggior consapevolezza dell’utilizzo della tecnologia.
[12] Una delle studiose più attente al fenomeno della tecnologia è Sherry Turkle. Nei suoi libri Insieme ma soli e nell’ultimo La conversazione necessaria, la Turkle ha analizzato il fenomeno dei social network arrivando alla conclusione che, avendo sacrificato la conversazione umana alle tecnologie digitali, il dialogo stia perdendo la sua forza e si stia perdendo la capacità di sopportare solitudine e inquietudini ma anche di concentrarsi, riflettere e operare per il proprio benessere psichico e cognitivo. Lei come guarda al fenomeno dei social network e alle pratiche, anche compulsive, che in essi si manifestano? Se la fede è principalmente la relazione con una persona (Dio), come cambia nell’interazione con Dio e con gli uomini in questa realtà sempre più mediata da dispositivi tecnologici?
Se c’è consapevolezza bastano degli accorgimenti semplici. Posso decidere che prendo in mano il mio smartphone una volta all’ora e quando lo prendo guardo tutte, ma proprio tutte le notifiche, e poi chiudo. Oppure che lo spengo in Chiesa o quando all’occorrenza o quando siamo a tavola. Davvero bastano cose così semplici.
[13] Vuole aggiungere altro per i lettori di SoloTablet, ad esempio qualche suggerimento di lettura? Vuole suggerire dei temi che potrebbero essere approfonditi in attività future? Cosa suggerisce per condividere e far conoscere l’iniziativa nella quale anche lei è stato/a coinvolto/a?
Mi è stato di grande aiuto il libro di Alessio Carciofi, Digital Detox, della Hoepli
[14] Cosa pensa del progetto SoloTablet e delle sue iniziative finalizzate una riflessione condivisa sulla Tecnologia? Ci piacerebbe avere dei suggerimenti per migliorarlo e arricchirlo con nuove iniziative!
Mi sembra molto interessante. Non lo conoscevo ma cercherò di approfondirlo.