La Stampa – “Costruire un ponte” con persone LGBT, parla padre Martin
Carlo Climati segnala al blog questo articolo di Andrea Tornielli
Il gesuita americano: «È chiaro il desiderio di Gesù di accogliere chi è ai margini». Il cardinale Farrell: «Un libro atteso e necessario»
È un libro destinato certamente a far discutere, ma che porta la “sponsorizzazione” del cardinale Kevin Farrell, il porporato americano che Francesco ha nominato alla guida del nuovo dicastero vaticano per i laici, la famiglia e la vita. Lo ha scritto il gesuita americano James Martin e s’intitola “Building a Bridge: How the Catholic Church and the LGBT Community can enter into a Relationship of Respect, Compassion, and Sensitivity” (Costruire un ponte: come la Chiesa Cattolica e la comunità LGBT possono instaurare una relazione di rispetto, compassione e sensibilità). «Un libro atteso e molto necessario – lo definisce il cardinale Farrell – che aiuterà vescovi, preti, operatori pastorali, e tutti i leader della Chiesa ad essere più sensibili verso i membri LGBT della comunità ecclesiale cattolica. Aiuterà anche i membri LGBT a sentirsi più a casa propria in quella che, dopo tutto, è anche la loro Chiesa». Vatican Insider ha intervistato padre Martin, l’autore del libro in uscita negli Stati Uniti.
Padre Martin che cosa può dirci della sua esperienza con le persone LGBT?
«Come molti sacerdoti, ho esercitato quello che si potrebbe chiamare un “ministero informale” a persone LGBT per molti anni. Mi hanno cercato per consiglio spirituale, per confessarsi e conversare. Suppongo che possano sentirsi più a mio agio con me, poiché ho scritto più volte sulla necessità della Chiesa di accogliere di più. Ma dopo la strage di gay in una discoteca di Orlando in Florida l’anno scorso, ho percepito la richiesta di essere più attivo in pubblico sul mio sostegno per loro, ed è questo che ha portato a questo libro. Nella mia esperienza, nessuno è così emarginato nella Chiesa cattolica come le persone LGBT. Nel corso degli anni mi hanno raccontato innumerevoli storie di commenti odiosi provenienti da sacerdoti, religiose e fratelli, diaconi e operatori pastorali. I cattolici LGBT spesso si sentono ignorati, ma si sentono anche insultati e esclusi dalle loro proprie chiese. Allo stesso tempo, tanti sono rimasti fedeli alla chiesa, continuando ad andare a messa, partecipando alla vita della loro parrocchia e cercando di condurre una vita buona, tutto nonostante questa esclusione. E perdonano ripetutamente i pastori della Chiesa per gli insulti che questi pastori gli rivolgono. Questa perseveranza e perdono, credo, sono grandi doni per la Chiesa. Ma sono convinto che se Gesù camminasse tra di noi, sarebbe vicino a loro e li aiuterebbe a sentirsi meno come “l’altro”. Perché per Gesù non c’è un “noi” e un “loro”. C’è solo un “noi”».
Com’è possibile, secondo la sua esperienza, accogliere queste persone e allo stesso tempo presentare integralmente l’insegnamento della Bibbia e del Catechismo della Chiesa cattolica a proposito della pratica omosessuale?
«In primo luogo, quando si tratta di omosessualità nella Bibbia, è essenziale comprendere il Vecchio e il Nuovo Testamento nei loro contesti storici. I commenti sull’omosessualità, specialmente quelli dell’Antico Testamento, furono scritti quando il fenomeno non era compreso nel modo in cui lo capiamo oggi. Più importante, per me, è il desiderio chiaro di Gesù di raggiungere tutti coloro che si trovano ai margini e di accoglierli. Oggi questo senza dubbio includerebbe la persona LGBT. Nel libro offro esempi dei Vangeli per illustrarlo: ad esempio, la storia di Zaccheo, il più importante esattore fiscale di Gerico, come racconta il Vangelo di Luca. All’epoca, il più importante esattore fiscale era anche considerato il maggior peccatore della città. Ma si deve osservare ciò che Gesù fa quando spia Zaccheo, arroccato sull’albero, sperando di vedere “chi era Gesù”. Non grida: “Peccatore!” No, vede Zaccheo e dice: “Devo venire a casa tua oggi!” Allora Zaccheo viene toccato da questo contatto e decide di rimborsare i debiti. Per Gesù, spesso, prima viene la comunità, poi la conversione. Quanto al Catechismo, il mio libro si concentra su una parte trascurata di quel testo. Siamo chiamati a trattare la persona LGBT con “rispetto, compassione e sensibilità”. E queste stesse virtù possono applicarsi sia a come la chiesa istituzionale si riferisce alla persona LGBT, sia al modo in cui la persona LGBT si rapporta alla chiesa. Così nel Catechismo c’è già un modo per costruire un ponte tra la comunità LGBT e la chiesa istituzionale. Ma il percorso più fondamentale è il modo di operare di Gesù: incontro, accompagnamento e amore».