Blog / Sandokan | 16 Maggio 2017

Le Lettere di Sandokan – Mamma

Scusami, dovevo chiamarti ieri, ma ho avuto da fare con mia madre.

No, no per la festa della mamma. O meglio, in fondo sì. S’è fatta regalare uno smartphone da mio fratello.

Sì, sì, glielo avevo regalato pure io un anno fa, ma ne ha voluto “uno come quello della sua amica”, così mi ha detto mio fratello, “perché così ci aiutiamo a vicenda e impariamo a usarlo bene” … e il mio è finito in dono alla badante ucraina di una sua vicina di casa.

No, no, non mi sono offeso. Tra l’altro l’assistenza tecnica è rimasta sempre in mano a me. Mi ha chiamato ieri mattina chiedendomi di andare da lei prima possibile: “Non ho dormito tutta la notte”, mi ha detto dopo avermi ringraziato per gli auguri.

Perché? Perché non le si sono caricati i contatti di Gmail, non ha più la sua rubrica e non sa come fare. Che poi neanche sa che cosa vuol dire Gmail. Dovresti vedere come la guarda mio padre quando lei si lancia a usare parole di cui non conosce il significato: è come se si chiedesse se è proprio questa la donna che ha sposato più di cinquant’anni fa.

Certo che sono andato da lei. Lo sai, lei ti mette ansia come pochi sanno fare e io le do sicurezza. Dovrei imparare a trasmettere ansia pure io, per campare sereno.

Ci ho messo un’ora per scaricarle i contatti sulla rubrica, perché ho scoperto che ha decine di account Google e bisognava trovare quello giusto, quello che conteneva le informazioni che ci servivano. Ma lei, a parte “non funziona”, non era in grado di fornire informazioni utili.

Perché ha decine di account? Perché cambia smartphone di continuo. E’ alla ricerca dello smartphone “finale”, quello “facile da usare”. E poi fa click su qualunque cosa. Grazie a lei – e a mio nipote di 5 anni, che pure lui ha la navigazione compulsiva – mi sono imbattuto in finestre di Android di cui non sospettavo neppure l’esistenza.

Non ridere per favore. Sì, cambia smartphone, si connette e disconnette da tutto più volte al giorno, e a un certo punto confonde le utenze, le password, le utenze e le password, insomma un casino. E, per uscirne in qualche modo, si fa creare nuovi account dal primo che passa. Di solito da nipoti tredicenni delle sue amiche.

Questi stronzetti saputelli fanno quello che lei chiede loro, per far vedere che sono grandi, ma poi se ne vanno dicendole “si faccia scaricare i contatti da suo figlio”. Come se non avessero più tempo da investire in attività che pure un deficiente come me potrebbe completare. Ma che devono fare, a tredici anni? Non si sa. Girano il mondo a creare account Google a donne anziane che poi abbandonano al loro destino.

Che poi, se per caso ci metti un’ora a completare il lavoro, come me ieri, lei ti guarda come se tu fossi un cretino – “l’ho pure mandato all’università”, glielo leggo negli occhi – e però non ti vuole offendere, sei pur sempre il figlio, e ti dice: “lascia stare, lo dico al nipote di Ofelia, mi ha detto sua nonna che è bravissimo col computer”.

Ofelia naturalmente non sa cosa sia un computer, ma sa che suo nipote è bravissimo e lo dice a mia madre e lei non vede l’ora di farsi creare un altro account da lui.

Ma non è finita qui, dopo i contatti è sorta la questione WhatsApp: “Non ci sono più le mie nipoti! Se voglio parlare con Elena, prima mi compariva Elena e ora non mi compare più”.

Ho provato a spiegare, che credi. Le ho detto: “Elena non c’è più perché hai cambiato smartphone e il tredicenne che hai ingaggiato per installarti WhatsApp non ti ha trasferito le vecchie chat sul nuovo smartphone. Elena comparirà di nuovo quando ricomincerete a scambiarvi messaggi”.

Ma è stato tutto inutile, anche perché non sa che cosa voglia dire la parola “chat” e io non ho la forze di spiegarle cose che dimenticherà dopo cinque minuti. Ha insistito per essere accompagnata da mio fratello all’assistenza Vodafone, di domenica, e, davanti alle sue rimostranze, non ha mancato di ricordargli che lei, quando eravamo piccoli, ci portava alle giostre di domenica.

Scusa, ti ho travolto con le mie storie e non ti ho chiesto come stai. Stai male? Mi dispiace. Sei a letto? Mi dispiace.

Senti, se per caso ti annoi, posso dare il tuo numero a mia madre? Le dico che hai tredici anni e così siete contente tutte e due. Vabbé, le dico 18 anni. Creale un account pure tu.

Tanto finiremo tutti nei parchi pubblici a creare account google sugli smartphone, da vecchi. Così almeno dice mia madre quando io e mio fratello la prendiamo in giro. E forse è vero, chi lo sa.