Repubblica.it – Porte aperte ai gay, la svolta della Chiesa. In parrocchia le veglie antiomofobia
Cadono i veti sulla spinta delle parole del Papa. Da Genova a Milano e Palermo decine di adesioni
ROMA – Bisogna “accogliere e accompagnare” omosessuali e trans, “questo è quello che farebbe Gesù oggi”. La svolta è arrivata dopo queste precise e puntuali parole pronunciate da Papa Francesco meno di un anno fa (era l’ottobre del 2016), di ritorno dal viaggio in Georgia e Azerbaijan. E ha contagiato parte del mondo cattolico. Tanto che da dopodomani fino a fine maggio saranno diverse le parrocchie, italiane e non, che aderiranno (le prime città saranno Milano e Siviglia) alla giornata mondiale per la lotta all’omo-transfobia.
Fra queste anche alcune comunità cattoliche di Genova e Palermo, le due diocesi i cui arcivescovi, nelle precedenti edizioni, vietarono ai fedeli la partecipazione a delle veglie organizzate per l’occasione.
Nel 2011 fu Paolo Romeo, cardinale di Palermo, a fermare la veglia organizzata da don Luigi Consonni, parroco di Santa Lucia, dicendo: “Ci siamo ispirati alla Lettera firmata nell’86 da Joseph Ratzinger”. Nel 2015 fu il cardinale Angelo Bagnasco, a Genova, a proibire all’ultimo momento che l’evento si svolgesse nella chiesa della Sacra Famiglia: “Ovunque ma non a Genova”, lasciarono in sostanza trapelare dalla curia.
Eppure, come ripete sempre Francesco, “il tempo è superiore allo spazio”. E, in questo caso, è stato galantuomo con gli omosessuali credenti che intendono unirsi ai tanti che saranno in piazza perché si dica la parola fine all’omofobia, alla transfobia e a ogni forma di discriminazione. A fare da cornice alla loro partecipazione un versetto della Lettera di san Paolo ai Romani: “Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite”.
La novità di quest’anno non risiede soltanto nel fatto che per la prima volta non si hanno notizie di interventi censori di vescovi e cardinali. Ma anche che, cosa non avvenuta in precedenza con queste proporzioni, alle veglie parteciperanno pubblicamente numerose comunità di ordini religiosi e associazioni cattoliche. Così a Genova dove la veglia non solo sarà ospitata da una parrocchia, ma a oggi, a meno di ripensamenti dell’ultima ora sempre possibili, vede la partecipazione del vicario generale della diocesi Nicolò Anselmi. “Mi sembra il segno più evidente di come la Chiesa stia cominciando a interrogarsi seriamente su quanto affermava il Sinodo dei vescovi, circa la necessità di costruire una pastorale di accoglienza per le persone Lgbt e i loro familiari”, dice Innocenzo Pontillo, referente del progetto Gionata su fede e omosessualità.
A Milano, invece, la veglia unirà idealmente con una fiaccolata di luci il tempio valdese e la parrocchia di Santa Maria della Passione. Mentre a Palermo l’organizzazione della veglia è stata voluta non solo dalla Chiesa Evangelica Luterana ma anche, fra gli altri, dai comboniani e dai gesuiti della Chiesa del Gesù. E poi, importanti adesioni di parrocchie a Firenze, Reggio Emilia, Catania, Trieste e Bologna e in tante altre città.
Dice don Franco Barbero, animatore delle comunità cristiane di base, a margine della presentazione dell’esplosivo volume di Ortensio da Spinetoli “L’inutile fardello” (Chiarelettere), nel quale l’autore oggi scomparso chiede “un salutare rinnovamento teologico della Chiesa”, andando oltre “i pensatori medievali”: “A Pinerolo abbiamo organizzato una veglia nella parrocchia di San Lazzaro insieme alla comunità di base, alla Chiesa valdese e alla Scala di Giacobbe: abbiamo deciso di uscire, di lasciare le mura parrocchiali e di vegliare in piazza, pubblicamente, davanti al monumento delle vittime di tutte le persecuzioni.
Queste veglie sono il segno di una Chiesa che vuole cambiare pelle anche se, a onor del vero, esiste ancora una parte che resiste e all’interno della quale è diffusa l’indifferenza. C’è ancora chi non solo non partecipa alle sofferenze degli omosessuali ma un po’ le irride e ne prende le distanze. Il motivo per me è semplice: chi prende le distanze lo fa perché ha paura di sé. Se la Chiesa guarda al proprio interno, infatti, scopre di avere degli omosessuali nella scala gerarchica e di questa evidenza ha paura. In sostanza teme di riconoscere negli altri ciò che è anche in sé. Sono le nostre paure a renderci diffidenti verso gli altri. Mentre l’accoglienza deve essere sempre senza se e senza ma, in caso contrario non è accoglienza”.
Paolo Rodari
Aggiungo due video di Papa Francesco che confermano in modo eloquente quanto Paolo Rodari racconta nel suo articolo