Articoli / Blog | 16 Novembre 2016

Blog – La gente del blog “Come Gesù”

Mi è capitato ultimamente di frequentare qualche media importante (Tv, Radio, Giornali) e mi sono accorto che hanno a cuore il loro pubblico. Usano espressioni come “il nostro pubblico”, “il nostro target”, e simili. In quei casi, poi, ad un certo punto, c’era verso di me una strizzatina d’occhi come a dire: e tu che pubblico hai?
Io non ho mai pensato di avere un pubblico e, per la precisione, non ho mai creduto di rivolgermi a “un target”. Questo blog è nato parlando con delle persone e poco per volta è cresciuto grazie al fatto che scrivono su questo blog (sto pensando non solo alle Lettere ma soprattutto ai commenti e al forum) persone che, se non fosse per il blog, non si frequenterebbero mai. Io – mi piacerebbe essere smentito – credo che Sandokan non farebbe mai le vacanze con Faticatore Operaio (e viceversa), che Renato Pierri non le farebbe con don Sergio Fumagalli (e viceversa), che Stefania non le farebbe con Tres, Onda con Un Cireneo, e così via accoppiando e moltiplicando.
Ovviamente mettere assieme persone che non si frequenterebbero crea qualche problema di dialogo. Tipo sulle parolacce o sulle identità dietro ai nick. E allora che fare? Si potrebbe dire che le parolacce si possono dire o si potrebbe dire che le parolacce non si possono dire, ma non sarebbe questo il punto. Si potrebbe dire che si possono avere più nick ma a delle condizioni o si potrebbe dire che a nessuna condizione si possono avere più nick, ma non sarebbe questo il punto. Si potrebbe dire che si possono esprimere opinioni consone al blog di un sacerdote o si potrebbe dire che si può esprimere qualsiasi opinione, ma non sarebbe questo il punto.
Ma allora il punto qual è? Il punto è nel dialogo.
A tutti noi piace dire che crediamo nel dialogo, che siamo aperti al dialogo, che il dialogo va favorito, che con il dialogo le periferie si fanno più vicine. Ma è quando dialoghiamo che si vede se ci crediamo o no, davvero, al dialogo, se ne siamo capaci.
Perché nella maggioranza dei casi, noi dialoghiamo solo con i nostri simili. Simili vite, simili ambienti, simili espressioni, simili realtà, simili orizzonti, simili valori, simili vizi e virtù. E questo avviene su tanti blog “omogenei”. Ma quello non è dialogo è guardarsi allo specchio.
Il dialogo è parlare con qualcuno con cui non parleresti mai o per volontà reciproca o per mancanza di occasioni di incontro data la diversità di vita pensieri ideali ecc.
Le nostre periferie spesso sono il balcone di casa nostra. Ci bardiamo con una corazza di idee, dogmi, saperi e consuetudini e usciamo per “incontrare” il mondo. Ma siamo sul terrazzo di casa nostra.
Nel blog capita, fortunatamente capita, che ci si parli tra lontanissimi. Qui si vede se sono capace di abbassare, alzare, modificare, alleggerire, approfondire, i toni e la sostanza di ciò in cui credo o che penso o che vivo.
Ma ci si scontra? Certo. Non siamo tessere di un mosaico divise per colore e sfumature ma siamo come quei castelli che costruivamo al mare: costruiti mettendo pazientemente uno accanto all’altro i mille pezzetti di conchiglia, legno, pigna, che trovavamo. Ne valeva la pena? Io mi ricordo di si.