Blog / Nuccio Gambacorta | 02 Ottobre 2016

Le Lettere di Hermes – Mettiamoci in mostra

Si crede spesso che mettersi in mostra sia un fatto negativo. Dipende dal contesto e dai soggetti. Nel Vangelo sta scritto: “a che serve una lampada se nascosta sotto un letto? Bisogna tirarla fuori affinchè faccia luce.” Facendo una trasposizione e intendendo per “lampada” un qualsivoglia talento naturale, allora il portatore di tale virtù, o qualità o attitudine credo abbia il diritto se non addirittura il dovere di mostrare alla gente questo suo dono che altrimenti se vissuto in maniera nascosta, in privato, impedisce agli altri di recepire il bello e il buono racchiusi in tale qualità.
Nel mio caso trattasi di arte pittorica nata con me e manifestatasi fin dalla tenera età. La mia prima mostra risale a quando avevo 19 anni, allestita nella locale Pro Loco della mia città, con tanto di depliant in cartoncino lucido colore rosa (un segno del destino?). I miei erano fieri di avere un figlio artista anche se, l’ ho già detto, non consideravano l’altra faccia della medaglia. Di mostre personali e anche collettive è pieno il mio curriculum e senza falsa modestia riconosco di avere avuto anche delle soddisfazioni. Casa mia è colma di medaglie, targhe, pergamene, coppe e attestati di vario genere offertomi da Gallerie, Centri culturali, Associazioni italiane ma anche estere.
Da qualche anno sento il bisogno di apportare delle novità che mancavano alla mia esperienza di artista. Può darsi che chi gioca solo non perde mai ma anche una sana competizione è positiva per evolversi ed allora mi metto a fare mostre a…due! Io non mi basto più e cerco un’artista che voglia condividere con me questo momento espositivo di opere d’arte. Anni fa l’ho fatto con una donna pittrice sensibile e abile, nel mese scorso di settembre ho preferito unirmi ad un uomo anche lui artista insolito e particolare, diciamo avanguardista. In un primo momento lui proponeva d’inserire un terzo pittore ma io ho rifiutato perché amo la coppia, il triangolo lo lascio a Renato Zero. Allora ci siamo messi a collaborare, lui creando le locandine realizzate con l’immagine di un mio quadro e inventando anche il titolo della mostra e io curando le public-relations col proprietario del locale dove andavamo ad esporre, lui ancora a creare una pagina su Facebook appositamente studiata con tanto di inviti telematici a numerose persone ed io ancora a contattare tecnici e relatore per il vernissage. La persona che ci ha “presentati” (docente di Storia dell’Arte e Disegno) ci ha definiti intellettuali e questo mi fa piacere compensandomi di altre carenze e disordini presenti nel mio vissuto e credo anche nel vissuto del mio collega- amico. Con quest ‘ ultimo che chiamerò Tacito, ho trascorso dieci giorni davvero belli, giorni fatti di cocktail, salatini, gelati e divagazioni varie, accogliendo naturalmente le persone che venivano a visitare la mostra e che si dimostravano interessati ai nostri linguaggi differenti ma complementari. Soltanto per un giorno sono mancato poichè ero stato invitato ad un matrimonio d’una coppia di amici a cui ho regalato un lavoro che mi ha dato Tacito. Avrei voluto portare con me anche il mio amico alla cerimonia nuziale ma la coppia che mi ha invitato è sul “tradizionale”. Mi son detto ” beati loro che possono sposarsi “, magari io potessi sposare il mio amico ! Fare una mostra con un amico artista per cui si prova un profondo sentimento è un atto di coraggio in quanto la persona in questione è per l’appunto un caro carissimo amico ma non ha voglia di andare oltre. Pazienza, continuiamo ad amare l’arte, solo l’arte e sempre l’arte e in nome dell’ arte sacrifichiamo tutto il resto. L’unica cosa che non mi perdonerò mai, essere rimasto in una città di provincia.

Qui la prima Lettera di Hermes sul blog