IlSussidiario.net – Quel testamento di Ettore Bernabei che pochi conoscono
Ieri a Roma si sono svolti i funerali di Ettore Bernabei. In questa occasione è venuto alla luce uno scritto che aiuterà molto a dare la cifra di uno degli italiani che più ha contribuito a far divenire il nostro paese, nel ’62, la quarta potenza industriale mondiale. È un decalogo che il fondatore della Lux Vide consegnò al figlio Luca – attuale amministratore delegato – nel maggio di tre anni fa al momento dell’ideale passaggio di consegna da padre a figlio. Sono dieci punti – dieci “comandamenti” – dai quali non si potrà prescindere quando si studierà lo storico direttore della Rai che, cosciente del potere e della responsabilità del mezzo televisivo, cominciò per esempio a produrre sceneggiati televisivi tratti dai grandi classici della letteratura come l’ Odissea, I promessi sposi e I fratelli Karamazov.
Ecco i dieci punti: 1) Riflettere prima di prendere qualsiasi decisione, avendo il timore di sbagliare 2) Avere collaboratori più bravi di noi 3) Aiutare i propri collaboratori senza volersi coronare di meriti: siamo servi inutili. 4) Chiedere sempre l’aiuto di Dio e ogni giorno, ogni minuto, pregare che ci aiuti a non sbagliare 5) Andare avanti con serenità 6) Ascoltare tutti 7) Perdonare sempre ma rilevare ed evidenziare gli errori tecnici procedurali per far migliorare i collaboratori 8) Affidarsi all’infinita misericordia di Dio 9) Essere molto paziente 10) Dare fiducia ai collaboratori e avere la loro; la fiducia e l’entusiasmo contano di più di tante pagine di deleghe, la fiducia del cuore.
Altri, ripeto, studieranno l’impatto di queste convinzioni sulla storia del nostro paese. Io aggiungo solo che nei testamenti, anche quelli pieni di cose da spartire, non ci sono mai solo delle “cose”. Un testamento non è mai solo quello del codice civile, quello da lasciare al notaio. Appare di un’evidenza abbagliante, e cioè che Ettore Bernabei, un uomo che ha saputo creare una sua discendenza non solo di sangue ma anche professionale, non era “un uomo solo al potere”. Non lo era, perché non era un uomo solo. Aveva intorno collaboratori e poi successori ed eredi professionali, molto validi e motivati. Sapeva scegliere i suoi collaboratori? Certamente. Ma aveva, come ha lasciato scritto, dei segreti per farlo. Segreti preziosi che sono stati donati con generosità a chi gli era vicino: riflettere senza orgoglio, scegliere collaboratori da cui imparare e a cui insegnare, pregare, ascoltare, correggere, pazientare, e così via. Ma è il decimo che mi sembra importantissimo. Forse è l’ultimo proprio perché è la pietra su cui poggia tutto il resto: dare fiducia. Lo abbiamo provato tutti come figli. Se veramente un genitore crede in te, se è vero che vede in te tutta quella bellezza che dice di vedere, si fiderà di te. E la fiducia, come l’amore, è fatta “di fatti” e non “di bei ragionamenti”. Quante cose per noi davvero importanti affidiamo davvero ai nostri figli? Poche? Niente? E allora un consiglio: evitiamo di parlare bene di lui, a lui. Non ci crederà e farà bene. Si crede e si ha fiducia solo nelle persone a cui si affida la propria vita o parte di essa. Non c’è contratto che possa blindare un affare, un lavoro, meglio di una fiducia profonda, “del cuore”, tra i due contraenti, se non c’è fiducia.
Un tempo gli affari tra uomini di onore si suggellavano con una stretta di mano: se non è così non bastano eserciti di avvocati e montagne di allegati. Ettore Bernabei da buon padre – e da buon padre della Patria – lo sapeva e ha lasciato alla base, al numero 10, la pietra angolare della fiducia. Guarda un po’, proprio ciò di cui oggi sentiamo una lancinante mancanza. La fiducia, l’autorevolezza, verso chi ci governa. Verso chi ci fa da padre comune.
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