Le Lettere di Sandokan – Sicurezze
Sarà capitato anche a voi di conoscere persone che hanno fatto scelte inusuali nella loro vita.
La figlia di un vicino di casa, per esempio, laureata con lode, con un ottimo contratto di lavoro e grandi prospettive di carriera, che un bel giorno incontra uno che nella vita fa l’allevatore di lumache – o il raccoglitore di muffe rare – e decide di cambiare vita, lavoro e di seguirlo.
Quando si raccontano queste storie, a casa mia, si storce un po’ il naso. Chi lascia il sicuro per l’insicuro, il certo per l’incerto, è visto con sospetto. E’ certo che abbia fatto male.
Anch’io sono stato così, per molto tempo. Ma adesso sono cambiato. Non voglio certo dire che l’allevatore di lumache sia sempre da preferire all’imprenditore alberghiero. E’ che mi piace, prima di esprimere una opinione, capire di “quale” allevatore di lumache e di “quale” imprenditore alberghiero stiamo parlando.
– «Ma come si fa a vivere così? Io ho bisogno di sicurezze».
Di solito i paladini dell’imprenditore alberghiero cominciano con queste frasi a difendere il loro eroe, comunque si chiami, non importa. E continuano:
– «Un certo modo poi di intendere la vita, un po’ bohémien, mi sembra infantile, destinato al fallimento», mi dicono, provocando il mio istinto paterno.
C’è pure un istinto paterno, sapete? E’ una specie di coraggio nell’affrontare l’ignoto, nel cercare ciò che nessuno ha mai avuto, che è diverso dal coraggio che serve a difendere il noto, o che serve a sopravvivere.
– «Penso che tu stia difendendo le tue sicurezze e che, tutto sommato, tu non sia molto diversa dal bohémien, che difende le sue. Molti bohémien finiscono male, lo so, ma anche molti cercatori di sicurezze finiscono per avere solo quelle e hanno una vita ancora più triste anche se, forse, un po’ più lunga e presentabile».
– «E quindi? Tu che avresti fatto al posto della figlia del nostro vicino di casa? Avresti mollato tutto?».
– «Non lo so cosa avrei fatto. A me disturba il fatto che tu sappia cosa debba fare un’altra persona senza conoscerla, da estranea. E anche se la conoscessi di più, sarei prudente lo stesso nell’esprimere giudizi. A me sembra che uno debba sforzarsi di comprendere le ragioni che spingono una persone a fare una scelta senza mai arrivare a giudicare la bontà della sua scelta. Non si cercano le ragioni per capire dove sono i torti. Per esempio tu parli tanto del tuo bisogno di sicurezze, ma sei certa che questa tizia non abbia bisogno di sicurezze? E poi di quali sicurezze parli? Delle tue?».
– «Mi pare che si lanci nel vuoto senza paracadute».
– «Forse. O forse è semplicemente sicura di lui, del suo allevatore di lumache. Tutti abbiamo bisogno di sicurezze, bisogna vedere cosa ci rassicura, o chi. Certo, fidarsi di una persona è più rischioso che fidarsi di un mondo. Anche fidarsi di Gesù è stato un rischio per gli ebrei di allora. Era uno sfaccendato, figo quanto vuoi però senza arte né parte, come direbbe mia madre. Tu avresti sposato Gesù? Uno senza lavoro? Senza una casa? Un provinciale?».
«E allora?».
– «E allora quando ascolto storie come quelle di questi due ragazzi mi riempio di speranza, ho voglia di far loro coraggio e non di scoraggiarli. Non è detto che lei non vada incontro a delusioni con le sue scelte, ma io spero che non sia così, che la sua fede in colui con il quale ha scelto di vivere l’aiuti. E’ una fede che lui non si merita, nessuno se la merita. Però trovare una donna che ti guardi con tale fiducia è bellissimo. C’è solo da sperare che duri. Sarebbe un peccato sprecarla, sarebbe un peccato che tutto questo non desse il coraggio che occorre per affrontare ogni nuovo giorno. Come se questa fede ci inviasse da vincitori nel mondo fin da subito, rendendo possibile ciò che nessuno crede possibile. Come fu per Gedeone*. Ti ricordi di Gedeone e dei Madianiti?».
– «Mi ricordo di Gedeone, me ne parli sempre».
– «Molte persone si fidano della mia posizione, del mio titolo di studio, della vita che posso loro garantire, delle qualità che ho, dei beni che possiedo. Ma vorrei che si fidassero di me e a volte penso che l’unico modo che esista, per capire se tutto questo sia possibile, sia levare loro tutto ciò di me di cui si fidano.
Che poi io non so cosa sarei capace di fare davvero senza avere nulla di rassicurante da offrire, da promettere … dovrebbero fidarsi anche della mia insicurezza e delle mie incapacità. Forse è chiedere troppo agli altri, lo so. Ma io non lo chiedo agli altri, mi basta trovarne uno così, disposto a vivere e a morire non “per me” – c’è un sacco di gente che sembra non veda l’ora di morire per me, se dovessi dar loro retta – non “per me”, “con me”.
Cerco qualcuno con un coraggio diverso dal mio: qualcuno che abbia il coraggio di difendere ciò che c’è, perché io ci sono a questo mondo».
* Libro dei Giudici, capitolo 6
[1]Gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Signore e il Signore li mise nelle mani di Madian per sette anni.
[2]La mano di Madian si fece pesante contro Israele; per la paura dei Madianiti gli Israeliti adattarono per sé gli antri dei monti, le caverne e le cime scoscese.
[11]Ora l’angelo del Signore venne a sedere sotto il terebinto di Ofra, che apparteneva a Ioas, Abiezerita; Gedeone, figlio di Ioas, batteva il grano nel tino per sottrarlo ai Madianiti.
[12]L’angelo del Signore gli apparve e gli disse: «Il Signore è con te, uomo forte e valoroso!».
[13]Gedeone gli rispose: «Signor mio, se il Signore è con noi, perché ci è capitato tutto questo? Dove sono tutti i suoi prodigi che i nostri padri ci hanno narrato, dicendo: Il Signore non ci ha fatto forse uscire dall’Egitto? Ma ora il Signore ci ha abbandonati e ci ha messi nelle mani di Madian».
[14]Allora il Signore si volse a lui e gli disse: «Và con questa forza e salva Israele dalla mano di Madian; non ti mando forse io?».