Blog / Lettere | 18 Marzo 2016

Le Lettere di Stefano70 – Domande e risposte su cristiani e unioni civili

Questa lunga Lettera di Stefano70 tocca, da prospettiva cattolica, molti dei punti di cui si è parlato in questi giorni. Ho risposto numerando e raccogliendo tutto in fondo alla Lettera

Buongiorno Don Mauro.
Ti scrissi che avrei meditato la tua risposta e avrei cercato di capire il tuo punto di vista. Eccomi qui. Non che sia pronto, ovviamente. Non capisco me stesso, figurati se sono arrivato in pochi giorni a capire un’altra persona! Però desidero inviarti alcune considerazioni, chiamiamole necessariamente preliminari.
Mi scuso fin d’ora per la lunghezza di questa missiva e ti segnalo subito che si tratta di una riflessione indirizzata a te e non al blog. Per cui, se vuoi, puoi chiudere subito questo documento.
Se invece stai ancora leggendolo, desidero subito ringraziarti, autenticamente e di cuore, per il tempo che mi hai dedicato. Magari lo hai fatto per condividere sul tuo blog alcune questioni, però trovo molto cristiano e bello questo atteggiamento. Anche nei Vangeli, in particolare in Giovanni, i segni di Cristo sono aiuti per la persona specifica ma rimandano ad una catechesi universale, sono fatti per tutte le persone di ogni tempo. Ti ringrazio quindi per l’attenzione, la pazienza ed il tempo che così facendo hai sottratto ad altri aspetti della tua missione per dedicarli a me.

Mi pare di aver capito che, almeno pubblicamente, la tua preoccupazione più grande sia il dialogo con le persone che, parlando secondo il Magistero della Chiesa, non ti ascolterebbero né ti leggerebbero. Mi è venuta subito in mente la parabola di Luca in cui Gesù lascia 99 pecore per cercare quella smarrita. Certo, oggi forse la situazione è più grave: Gesù dovrebbe lasciare una pecora per cercare le 99 smarrite. Il che pone, con ancora maggiore urgenza, la ricerca del dialogo e, soprattutto, richiede da parte della Chiesa di centuplicare gli sforzi per far conoscere a questi fratelli e queste sorelle l’amore di Dio.
Ho avuto modo di apprezzare, in questa attività, il tuo stile ed il tuo faticoso lavoro. Lo stile non è offensivo, anche se qualche sciabolata, ogni tanto, la sferri. La fatica, che credo di poter chiamare croce, risiede nella difficoltà di trovare un iniziale ascolto in coloro ai quali ti rivolgi, persone magari indurite dalla vita, dai rifiuti ricevuti, dalle precomprensioni e, una volta trovatolo, non perderle. Ma la fatica sta anche nelle incomprensioni delle pecorelle che si sentono abbandonate. Diciamo che i tempi sono difficili per tutti. Ma sono forse mai stati facili?
(1)
Sì, mi è chiaro.
Man mano che riflettevo su questo punto si è resa evidente la seguente questione: per iniziare un dialogo su questi argomenti va bene, come scrivi, cercare e valorizzare il positivo che c’è nelle tesi delle persone ma, non è forse necessario trovarsi d’accordo su alcuni punti di fondo, sostanziali ed imprescindibili? Detto in altro modo, per stare in piedi non abbiamo forse bisogno della terra su cui poggiare i piedi?
Qual è questa terra su cui far leva? La mia riposta (non fatico minimamente a pensare che sia anche la tua) è una. Dio.

(2)
Quando affermi “c’è qualcosa ancora prima” immagino ti riferisci alla leva da utilizzare per parlare con le persone. Poiché prima di Dio non c’è nulla, né in senso temporale né valoriale. Ho trovato l’omelia del Santo Padre che parla di questo. In realtà non parla di un imperativo morale al bene. Sarebbe forte. Il bene è il punto di incontro che non è precluso a nessuno, neanche ad un ateo. Il problema che sorge è che se il bene, come il male, è un atto volontario e, come tale, richiede una metrica che indichi cosa è bene e cosa è male. La metrica del credente è Dio ed, in particolare, Cristo. La pretesa dell’uomo è fare a meno di dio. Dal momento che può essere difficile per tutti, come singoli, capire cosa sia bene per se stessi e per gli altri (anche perché spesso la tentazione ci non solo ci fa apparire il male come bene ma ci propone la scelta tra due beni, uno però di ordine superiore ed uno di ordine inferiore), viene in aiuto la Chiesa, il Magistero, la direzione spirituale, i singoli sacerdoti. Mancando tutto ciò è più difficile operare il bene e, soprattutto nel Bene. E’ chiaro, come afferma il Santo Padre e scrivi tu, che il terreno di dialogo è certamente lo spazio comune del positivo, del bene dell’altro. Che però, consapevolmente o inconsapevolmente, è generato da Dio. Che l’altro lo riconosca o meno.

Solo se partiamo dal riconoscere che siamo amati gratuitamente, che c’è un Dio che è Creatore e Padre, un Figlio che per amore del Padre e nostro ha offerto la Sua vita, uno Spirito che trasmette questo Amore e rende viva la Parola Eterna di Dio, possiamo discutere di ogni cosa. Di ogni cosa. Ma dove è Dio oggi? Non è forse il grande assente da tutti i discorsi, i ragionamenti e le discussioni pubbliche su qualsiasi tema? Non si parte, forse, proprio dal rifiuto di Dio per affermare la centralità dell’uomo, dei suoi desideri, del suo sentire?

(3)
E’ vero che Cristo è andato incontro ai poveri, agli ultimi, ai peccatori. Ma ciò che ha portato è sempre stato Dio ed il Suo amore. A partire da Lui e finendo in Lui, ha perdonato, ha amato, ha sofferto. Se partissimo da Dio potremmo arrivare dappertutto. Dappertutto. Ma, ripeto: dove è Dio nel dibattito del mondo?
Venendo allo specifico, accetto, come fa la Chiesa, e senza pormi troppe domande né problemi, il tormento dei credenti che si scoprono omosessuali: sono persone amate da Dio che scoprono di avere un orientamento sessuale diverso. Sono figli di Dio, fratelli in Cristo. Questi credenti sono stati (quasi) sempre guidati dalla Chiesa senza scandalo né scandali. Emblematica, a tal proposito, la storia di Lucio Dalla.
Altro è non riconoscere Dio e pretendere di affermare verità sull’uomo, sull’amore, sulla libertà, lontani da Dio. Altro è chiedere a tutti, quindi anche ai credenti, di accettare/avallare esplicitamente o silenziosamente, queste posizioni nella forma di una legge che renda possibile a tutti ciò che comunque rimane quantomeno problematico se visto con gli occhi della fede.
La “questione di Dio” è totalmente scomparsa dall’orizzonte di riflessione dell’uomo. In fondo “Dio è morto” e, dunque, come scriveva Dostoevskij, tutto è possibile. Dunque si è passati ad attaccare la Chiesa come ultima istituzione che difende l’uomo da se stesso, sia additandone i limiti di alcuni sacerdoti (la pedofilia è un crimine orrendo, specialmente se compiuto da sacerdoti. Ma c’è altro dietro il clamore mediatico di queste, giuste, denunce) che la presunta arretratezza delle posizioni, soprattutto in tema di morale. In questo caso il senso della ribellione è ben noto. Non è forse l’antica pretesa di stabilire da se stessi ciò che è bene e ciò che è male? Credo Cioran sintetizzi bene il pensiero di tante persone allergiche a questa dimensione di fede.
Di fronte a ciò, si può dialogare? Sì, tu rispondi. Sì, anche io rispondo. Mi è ben chiara come la responsabilità più grande sia nelle tue mani, nelle mani dei sacerdoti che hanno il compito-dovere di cercare le pecorelle smarrite e per questo devono portare “l’odore delle pecore sui proprio abiti”. Ma, mi domando e ti domando, il dialogo non deve partire dal presentare nuovamente (in maniera nuova? Di nuovo, cioè ancora una volta?) Dio? Il dialogo non deve iniziare e finire con il richiamo a Dio? Starai forse sorridendo.
(4)
Sì, concordo. Però parlare di Dio può essere il seme che il Signore utilizzerà, innaffiandolo con lo Spirito Santo, per farsi conoscere e ri-conoscere. Se teniamo fuori il nome di Dio, rischiamo di utilizzare un “seme sterile”.
Mi rendo conto che è un pensiero demodé e che non posso, con ragione, essere accusato di non essere un bravo comunicatore. Miei colleghi, raffinati retori, propongono il messaggio cristiano eliminando volutamente il nome di Dio per essere ascoltati meglio, per non ricevere rifiuti, per dialogare. Magari sono nel giusto. Io penso però a cosa sarebbe stato il messaggio di Gesù se avesse detto le cose che ha detto omettendo sistematicamente il nome di Dio. Certo, così facendo ha ottenuto una morte poco dignitosa in croce. Dall’essere acclamato e seguito si è trovato con un amico intimo che lo ha tradito, un altro rinnegato, altri in fuga. E’ stato veramente poco bravo nello scegliersi le persone e nel creare una comunità di credenti intorno a sé. Ma se consideriamo cosa è accaduto dopo…
Tornando ai tuoi articoli, non mi è chiara quale sia la tua reale posizione in materia. Da una parte, infatti, una tesi che hai evidenziato nell’articolo “Sono tanti i cattolici rispettosi delle Unioni civili di cui nessuno parla” è che queste unioni vadano accettate perché, semplifico e forzo un po’, “così fan tutti”; dall’altra dichiari di riaffermare la posizione del Magistero con i parrocchiani.
(5)
La tua interpretazione è certamente quella autentica. Non sei tenero con Adinolfi & Company.
Non è una critica, è che non capisco. E’ verissimo, come tu sottolinei nell’articolo, che è la posizione del Santo Padre. Però continuo a non capire. Questa idea del doppio binario mi lascia perplesso e credo ingeneri confusione. Nell’intervista sul volo di ritorno da Città del Messico che tu richiami, il Santo Padre afferma: «Non è il primo Paese che fa questa esperienza: sono tanti. Io penso quello che la Chiesa sempre ha detto». Incomprensibile, almeno per me, leggere due affermazioni apparentemente così contradditorie.
(6)
Sì, è vero. Però non basta. Questo è un punto di vista ragionevole e molto pratico. Però se ciò che vogliono le persone è contrario al progetto di Dio, amarle nella verità, come ripete Benedetto XVI, vuol dire anche affermare chiaramente che ciò che desiderano è sbagliato. Certamente è utile per coloro, pochi o tanti, nazioni o paesotti, che si riconoscono nell’insegnamento della Chiesa ma possono trovarsi in uno stato di confusione. Perché altrimenti, come ti scrivevo, rischiamo di accettare tutto. Un padre, ed io lo sono, deve dire i suoi “no”. Proprio i “no” sono la parola più forte di amore, ancorché incompresa dai figli (finché non diventano adulti o a loro volta genitori). Amare nella verità non è dire sempre di sì. C’è un amore forte che implica anche dei no altrettanto forti.
Ma io non sono il Papa e non sono un presbitero. Se però capisco la logica del richiamo alle tante esperienze nel mondo (“così fan tutti”), valutiamo la moralità degli atti dal numero di Paesi che li permettono o di persone che vi ricorrono? Anche la Chiesa si è piegata alla logica della misura? Ma, allora, “così fan tutti” anche per l’aborto sul quale, però, il Santo Padre non si limita a richiamare ciò che “la Chiesa ha sempre detto” ma ribadisce spesso che si tratta di un grave crimine contro la vita. Se è vero che in questo caso vi è la tutela della vita, siamo sicuri che permettere a coppie omosessuali di crescere un bambino sia la cosa migliore? Siamo sicuri che il c.d. utero in affitto sia cosa buona e giusta per la persona e per il bambino? Questo mio sincero non capire mi porta ad avere una difficoltà ad accettare, anche nel tuo caso, il doppio binario” che scinde la predicazione ai fedeli e la fedeltà al Magistero dall’attività di blogger e articolista.

Quale è il mio problema con queste tematiche?
La mia posizione dubbiosa, lontana quindi dalle granitiche certezze di una parte e dell’altra, nasce da come contemperare misericordia e legge. Ciò parte dal presupposto, ovviamente, che esista ancora una legge e dalla lettura del Vangelo dalla quale, se ho compreso bene, emerge la figura di Cristo che ha combinato perfettamente l’annuncio dell’amore e del perdono di Dio con la legge.
Sono, oggi, misericordia e legge, in antitesi? La legge serve ancora?
(7)
Concordo. Sono però opere di misericordia spirituale anche: i) Insegnare agli ignoranti; ii) Ammonire i peccatori; iii) Consigliare i dubbiosi. Amare nella verità e affermare la Verità con amore per insegnare, ammonire, consigliare, sono opere altrettanto misericordiose che spero saranno valutate da Dio.
Se mi chiedessi cosa siano per me, oggi, la legge, e la misericordia, ti risponderei che la legge è certamente quella dell’amore che però, affinché sia correttamente inteso, ha bisogno di una strada. E’ come una macchina velocissima e potentissima che per poter dare il meglio di sé deve correre su una strada perfettamente asfaltata. Se guidassimo una Ferrari su una strada sterrata, piena di dossi, la romperemmo o, forse, ci schianteremmo dopo poco. La legge sono gli insegnamenti delle Sacre Scritture resi pieni e autentici dal Magistero della Chiesa tramite il quale ha messo in relazione Dio, il Suo progetto creatore e l’uomo esplicando la relazione tra Legge Eterna, Naturale e Umana. Esiste ancora questa tripartizione della legge? Esiste una Legge Eterna? Ed una legge Naturale? Sono ancora, o meglio devono ancora essere il fondamento della legge Umana? Nel Magistero sembra di sì. Nei fatti la questione mi sembra più dubbia.
(8)
Questo è vero in quella dimensione politica che tu spesso citi. Ma se la legge umana si volta di 180 gradi rispetto alla legge Naturale, e quindi alla legge Eterna, non è forse compito del credente segnarlo e osteggiarla, con i mezzi democratici permessi dall’ordinamento civile vigente?
Vi è, in ogni caso, una gerarchia delle fonti della Legge. Il fatto che l’uomo, nella libertà riconosciutaci da Dio, possa rivoltarsi contro di Lui ed il fatto che ci sia una maggioranza numerica favorevole a ciò, non solo non impedisce al credente di affermare lo sbaglio ma, direi, obbliga i credenti ad una operazione di vigilanza, dialogo nella verità, lotta democratica a queste idee ancora più forte e necessaria.
Quando penso alla legge, mi viene in mente Cristo che afferma che non è venuto ad abolire la legge, nemmeno uno iota (un sacerdote mi ha recentemente risposto che nella sostanza Cristo ha cambiato tutta la legge).
Mi viene in mente San Paolo e quanto insista sulla legge. Poi leggo Nietzsche: “In Paolo si incarna il tipo antitetico alla buona novella, il genio dell’odio, nella spietata logica dell’odio. Che cosa non ha sacrificato all’odio questo disangelista? Innanzitutto il redentore: lo inchiodò alla sua croce … Questo falsario ….”. E mi chiedo: anche noi dobbiamo pensare questo di san Paolo e dei suoi richiami alla legge (tra l’altro proprio in San Paolo si trova la condanna degli atti omosessuali nel NT)?
Veniamo alla misericordia. Cosa è la misericordia e soprattutto, come si coniuga con la legge? Dei tre termini greci usati nel NT, il più diffuso è la radice della parola èleos, da cui deriva il verbo eleein e l’aggettivo eleemon.
Senza tediarti con questioni che conosci molto, molto meglio di me, misericordia la intendiamo come l’atteggiamento di colui che si accorge che l’altro è nel bisogno. In Mt12,7 si richiama la misericordia in rapporto alla legge. Qui la misericordia è certamente la capacità di entrare nella situazione dell’altro e di dar valore più alla persona che alla regola. Però Gesù non contesta la legge in sé ma dice che la legge è fatta per la persona e non il viceversa. La legge, richiamando Don Claudio Doglio su questo punto, «ha come fine la formazione della persona; non è la persona che deve soggiacere alla legge giacché la legge è uno strumento, sempre, mentre la persona è un fine, sempre. Proprio per questo nel Diritto Canonico ha importanza la dispensa cioè la legge che sospende la legge per il rispetto della persona nel caso concreto. Ogni regola viene formulata per il bene della persona in genere; ma in qualche caso concreto può risultare che il bene per una persona consista nel non osservare questa legge. In questo caso è la legge stessa che ti consente di non osservarla, pur rispettando l’autorità della Chiesa che ha formulato la regola».
E’ (era?) la sintesi perfetta, a mio avviso, tra legge e misericordia. Che trova il suo fondamento, come scrivevo a proposito della mia riflessione sull’eutanasia, in San Tommaso (dal generale al particolare vi possono essere eccezioni) e che è già viva nella Chiesa, lasciata al discernimento di voi sacerdoti. Una cosa è valutare caso per caso (come ha ribadito il Santo Padre a proposito dell’Eucarestia ai divorziati risposati o conviventi) le deroghe alla norma, altra cosa è svuotare di fatto la norma, altro ancora è accettare o favorire una norma civile che renda regola valida per tutti ciò che dovrebbe essere “eccezione”. Insomma, altro è abolire nella sostanza e/o nella forma la legge, abolire il valore del Magistero. Si cambi, se non va bene, ma non lo si svuoti nei fatti!
Scusa per questa parte un po’ noiosa per te, ma era necessaria per chiarirti il mio pensiero e, quindi, da dove nasce la mia incertezza. E’ valido i Magistero su questi punti? E’ difendibile? E’ doveroso difenderlo?
Un mio amico teologo un po’ di tempo fa mi ha bonariamente provocato con la seguente domanda: quando Gesù lascia le 99 pecorelle per cercare quella smarrita, ti sei mai domandato cosa accade alle 99? Con la logica moralista e quantitativa che ci appartiene, ci chiederemmo oggi: “è giusto lasciare 99 pecore per cercarne una?” E se arriva un branco di lupi che sbrana tutte le 99 pecore? Come scrivevo, oggi la pecorella che, forse, deve essere cercata in quanto smarrita è quella che segue il Magistero. Bacchettare dunque come farisei chi si richiama alla legge, ovvero al Magistero, non rischia di essere percepito come un abbandonare a se stesse, al mondo, le (poche) pecorelle che hanno seguito la Chiesa (in fondo non è passato troppo tempo dalla formulazione dei diritti non negoziabili di Papa Benedetto XVI)?
(9)
Lo so. Però ci sono tanti tipi di persone. Magari per qualcuno può essere importante che non si parta da lì ma si citino ogni tanto.
Nell’ambito della miseria e della inadeguatezza che appartiene all’uomo, e quindi anche ai credenti, credo ci sia un rispetto della legge che sia ipocrisia poiché antepone la legge a Dio e all’uomo, ma anche un rispetto della legge che si coniuga con Dio e con l’uomo, che non la assolutizza ma è necessaria per rapportarsi con Dio e con gli altri fratelli.
Commentando 2Cronache 36, un sacerdote nella sua omelia spiegava che Dio ha permesso la distruzione del tempio di Gerusalemme e l’esilio per 70 anni degli ebrei. Dopo il loro pentimento, la Sua misericordia, ossia la fedeltà alle sue promesse unita alla tenerezza per i Suoi figli, ha fatto che sì che gli ebrei potessero tornare e costruire un nuovo Tempio. Misericordia non vuol dire, dunque, buonismo.
Il Padre Misericordioso, che la Liturgia ci ha proposto due settimane fa, accoglie a braccia aperte il figlio ma dopo che egli è rinsavito a causa della sua condizione, peggiore di quella del maiale, animale impuro.
Nella Liturgia di ieri, Cristo usa misericordia all’adultera, ma gli dice anche di non peccare più. Cioè la misericordia è il perdono gratuito di Dio, la Sua risposta ad una condizione di allontanamento da Lui, di peccato. La misericordia può precedere o seguire il riconoscersi peccatore. Ma tale riconoscimento deve avvenire. A proposito di questo passo evangelico, sull’Osservatore Romano di oggi, scrive il Priore di Bose, Enzo Bianchi: «Chiamato a scegliere tra la Legge e la misericordia, Gesù sceglie la misericordia senza contraddire la Legge. Quest’ultima è essenziale quale rivelazione della vocazione umana che Dio ci rivolge; ma una volta che il peccato ha infranto la Legge, a Dio resta solo la misericordia, ci insegna Gesù! Nessuna condanna, solo misericordia: qui sta la grandezza e l’unicità di Gesù. Infatti, ogni volta che egli ha incontrato un peccatore lo ha assolto dai suoi peccati e non ha mai praticato una giustizia punitiva. Ha anche pronunciato i «Guai!» in vista del giudizio, ma non ha mai castigato nessuno, perché sapeva ben distinguere tra la condanna del peccato e la misericordia verso il peccatore».
Dunque, pratiche omosessuali, famiglia omosessuale, l’adozione omosessuale sono conforme al progetto di Dio oppure sono un allontanamento da questo progetto e quindi da Dio?

(10)
La libertà è la forma di amore più grande. Non cesso di meravigliarmi, segno che ho ancora tanta strada da percorrere, nel vedere come Dio rispetti gelosamente la nostra libertà. Ho tanto da imparare, nell’aldiquà e nell’aldilà, sull’amore di Dio. Sarebbe opportuno farlo presente, di tanto in tanto.
Affermare quest’ultima tesi e regolarsi nella vita pubblica di conseguenza, non vuol dire condannare qualcuno (non ne siamo capaci e, soprattutto, se non lo ha fatto Gesù, possiamo farlo noi?) ma indicargli che la strada è sbagliata e, per quanto sia grande il suo (nostro) peccato, non esiste nulla di più grande della misericordia di Dio che riaccoglie tutti.

Ti pongo poi le seguenti domande (sei ovviamente libero di rispondermi o meno nello specifico).
• E’ ragionevole interpretare questo atteggiamento di una parte della Chiesa come il desiderio di far avvicinare le pecorelle smarrite a Dio e solo dopo averne gustavo la bontà e l’amore, far capire che c’è un percorso, una strada stretta e faticosa, per camminare unitamente a lui? Se fosse così, non sarebbe opportuno offrire delle indicazioni ai fedeli che invece sono un po’ smarriti?
(11)
Sì ma lo stabilisce in maniera forte attraverso la Chiesa, il Papa, il Concilio, il Sinodo, ecc. Mi piace molto l’espressione, e ciò che sta dietro all’idea di “validare ciò che è valido”.
E’ ragionevole parlare della croce insieme alla misericordia?
(12)
Allora non sarà mai ragionevole. Accettare la croce è un cammino di cui non bisogna stancarsi di parlarne. Perché la misericordia, come persone, possiamo non darla e/o non riceverla. La croce è di tutti.
La vita di un eterosessuale adulto, sposato, non è meno facile di quella di un omosessuale. Rinunce, sacrifici, tentazioni. Alcune volte il peso si sente. Una volta un sacerdote del Divino Amore mi chiese: «ma tu vuoi scendere dalla croce?» Il solo pensiero mi fece inorridire. Accettare queste unioni come se fossero famiglie pienamente rispondenti al progetto di Dio, magari favorendo palesemente o tacitamente le adozioni, non è un invito a scendere dalla croce? Visto l’approssimarsi alla Settimana Santa, mi chiedo e ti chiedo: ha ancora senso la croce oggi? Ha ancora senso parlarne ma soprattutto viverla? La Chiesa non dovrebbe aiutare a portarla piuttosto che aiutare a liberarsene?
(13)
E’ il tema del discutere. E’ ragionevole pensare che ci siano dei “temi non negoziabili” nel senso che non può essere diversamente. E’ proprio Matteo (10,14) che riporta l’indicazione di scuotere i sandali e andarsene da chi non ascolta la parola portata dai discepoli. E’ un passo che magari non va molto di moda ma non entra in conflitto con la misericordia. C’è un punto limite oltre il quale non è bene andare di fronte al rifiuto delle persone.
• Eticamente, mi chiedo e ti chiedo, è ragionevole la pretesa di rendere uguali situazioni dissimili?
(14)
• L’uguaglianza per un credente è nell’essere figli ugualmente amati da Dio. Ma nella vita di figli vi è una diversità, di carismi prima di tutto, oltre che di persone. Diversità che si potrebbe (il condizionale è d’obbligo) tradurre, come ha magistralmente evidenziato Dante, in un diverso godimento di Dio quando saremo (speriamo) nella casa del Padre. Si può parlare in questi tempi in cui, con le parole e con i fatti si vuole proporre una uguaglianza che assomiglia molto all’omologazione, del valore della diversità (uomo-donna, eterosessuale-omosessuale ad esempio)?
(15)
• Non di chi ma di cosa. Parlo delle tesi che, anche a livello semantico, vogliono considerare l’amore omosessuale e gli effetti civili di questo amore esattamente identico a quello delle famiglie eterosessuali. Famiglie, appunto, omosessuali.
• Cristo ci chiede di leggere i segni dei tempi. Non pensi che, dopo aver “ucciso” Dio, sia in corso un attacco alla Chiesa per “riposizionare” l’uomo? Famiglie omosessuali, adozioni omosessuali, utero in affitto, aborto, eutanasia, poliamore, ma arriveremo anche alla legittimazione della pedofilia (il percorso è già partito in Olanda) e dell’incesto, non rappresentano uno snaturamento forte, drammatico, esistenziale dell’uomo e dell’amore?
(16)
• E’ vero quello che dici. Ma penso che sia in corso anche un tentativo di screditare la Chiesa per favorire la “libera” determinazione dell’uomo con il cappello del riconoscimento giuridico.
• Libertà e amore intese dal mondo sono le chiavi con cui si stanno scardinando le coscienze di tante persone. C’è molto in ballo. Un credente non ha il dovere di far sentire la sua voce non contro un altro ma contro ciò che ritiene, alla luce del Magistero, dei disvalori, una offesa al progetto di quel Dio che invece sa bene essere vivo e vegeto, ancorché silenzioso? Insomma, riprendendo il concetto di Enzo Bianchi formulato da Giovanni XXIII, condannando il peccato e accogliendo il peccatore?
(17)
Certo, concordo. Il modo in cui dialogare su ciò è compito della Chiesa e dei sacerdoti in particolare. Però se le cose dette sono stupide, rimangono stupide. Ed è l’orgoglio e la presunzione dell’uomo che impedisce di riconoscere e accettare la verità che viene detta. Peccato di superbia. E anche questa è una denuncia, ovvero un’opera di misericordia se detta con amore e per amore, che può aiutare l’altro nel suo cammino.
• Ti sei espresso chiaramente contro l’idea che esista una “spectre” che coordini le posizioni su questi temi. Io sono socratico anche in questo. So di non sapere. Certamente le posizioni di tante persone sono il frutto di un percorso di riflessione personale. Ma questo percorso può essere influenzato, manipolato, dalle campagna sui mass-media, dalle posizioni di alcuni grandi gruppi multinazionali. Ecco qualche sospetto ce l’ho.
(18)
Le lobbie esistono per tutto ed in tutti i paesi. In alcuni, come negli Stati Uniti, l’attività di lobbying è regolamentata ed è trasparente. In altri, come nel nostro paese, un po’ meno. Non è certamente un mistero che la legge c.d. Cirinnà sia stata scritta con il “prezioso” contributo delle associazioni LGBT. Sbaglio nel chiamarla attività di lobby? Quando Barilla ritiene che la famiglia sia quella eterosessuale e i gay dicono che non compreranno più la pasta Barilla e Guido Barilla decide di chiedere scusa, non c’è una attività di pressione (significato del termine lobby)?
Continuo ad interrogare ed interrogarmi senza chiudermi in me stesso. Al contempo ho maturato la convinzione che possa essere opportuno far sentire la mia voce come credente, come persona in continua ricerca della volontà di Dio nella mia vita e nella faticosa azione dell’amore verso i miei fratelli e le mie sorelle (sono convinto che l’amore ascendete e trasversale evidenziato da Gesù, verso Dio e verso l’uomo, simboleggiato dalla croce, sia la sfida più impegnativa per l’uomo. O abbiamo problemi a riconoscere ed amare Dio oppure ad amare il prossimo).
Per questo motivo, e qui mi discosto dal tuo pensiero, guardo con attenzione al tentativo di riportare, anche il politica, il messaggio ed i valori cristiani. Certo, attualmente i limiti del progetto sono tanti. Li vedo e li riconosco. Ma non possiamo fermarci a questo. C’è bisogno del dialogo per costruire un progetto che vada oltre la questione omosessuale. Che abbia come centro l’uomo e Dio. Sono destinati a fallire? E’ possibile. Ma come ben sai, il successo non si misura dal fallimento dell’oggi. Cristo stesso, sulla croce, è l’emblema di quel fallimento. Il progetto di Dio può passare, anche dal fallimento di questa iniziativa. Ma tale fallimento non è detto che non porti frutti.
Ultimissima nota.
Purtroppo non hai risposto nel merito a nessuna delle mie precedenti domande poste nelle lettere che ti ho inviato. Da una parte, te lo confesso, mi spiace perché non mi hai aiutato molto, almeno non direttamente. Dall’altra ho sperimentato nella mia vita, più volte, che la risposta di Dio alle mie richieste arriva spesso da direzioni diverse da quelle che mi aspettavo. Riconosco anche la fondatezza della seguente riflessione di Heiddeger: «Non sempre una domanda chiede una risposta. Spesso chiede di essere dispiegata, affinché ceda quello che ha di più essenziale e dischiuda i riferimenti che si aprono quando ci si appropria di ciò che segretamente custodisce. La risposta, infatti, è solo l’ultimissimo passo del domandare. E una risposta che congeda il domandare annienta se stessa come risposta e non è quindi in grado di fondare alcun sapere, ma solo di consolidare il mero opinare». Tante volte una risposta annienta effettivamente la domanda. Offre false certezze laddove, l’unica certezza, è quella del continuare sempre a domandarsi.
Il dialogo con te è stato arricchente. Mi hai indicato una nuova direzione a cui guardare. Questo sguardo non ha, al momento, cambiato la convinzione che sia importante tentare di coniugare, a cominciare dalla mia vita, legge e misericordia. In questo tempo difficile, mi sarebbe piaciuto un aiuto da parte della Chiesa. Se non c’è, devo leggere anche in questo un segno di Dio.
Ringrazio il Signore che mi ha dato l’opportunità di conoscerti. Continuo ovviamente a seguirti e a commentare il tuo blog. E soprattutto ti sono grato perché, come sacerdote, cioè come persona scelta direttamente da Cristo che ha accettato di consacrare tutta la vita a Lui, mi consenti di vivere Cristo nell’Eucarestia, nella Parola e nella Riconciliazione. Porto grande rispetto e stima per voi presbiteri e prego ogni giorno sia per tutto il popolo consacrato in generale che, nello specifico, per i sacerdoti che ho avuto modo di conoscere di più. Ti chiedo, di cuore, di non far mancare le tue preghiere per me.
Un caro saluto
Stefano

Qui le mie risposte
(1) La difficoltà principale sta nel fatto di voler tenere assieme persone che, se non fosse per me, non parlerebbero. I “laici” (per semplificare parlo così) se si usano certi argomenti smettono di leggere (il solito prete, pensano); i “cattolici” si arrabbiano con me perché non uso i discorsi che loro vorrebbero che io usassi
(2) No, non è “Dio”. Dio dagli atei e da molti viene rifiutato. C’è qualcosa che viene ancora prima ed è l’imperativo morale che ciascuno sente dentro di sé di fare il bene e non fare il male. Il Papa ne parla il 22 maggio 2013: si tratta di riconoscere il bene che fa l’altro, anche se ateo. Es. Emma Bonino esperta di Africa
(3) Risposto sopra
(4) Certo che deve arrivare a Dio ma quando vuole l’interlocutore, non puoi preventivare tu. Se tua figlia va a fae un weekend in montagna col fidanzato, il papà cattolico serio le manderà per wapp i punti del catechismo sui rapporti prematrimoniali, la mamma, che si accorge che ha dimenticato la giaccavento, le chiederà se ha i soldi per comprarne una
(5) Forzi in maniera indebita: io sto parlando di persone, dei cattolici “rispettosi”, che non si sentono rappresentati da Adinolfi & C. : accettare è diverso da averne rispetto.
(6) È semplice: non esistono più paesi cattolici. Bisogna partire dal fatto che la maggioranza delle persone vuole le unioni civili: dire che rimangono persone da amare, non è dire che la si pensa come loro
(7) Bisogna cercare di stare dentro la Legge ma quando non ci si riesce, ecco la misericordia. Davanti a Dio non saremo “a posto”, avremo sempre bisogno di misericordia. Egli però ci darà misericordia secondo una legge: nella misura in cui avremo avuto misericordia, in quella isura ne riceveremo
(8) Certo che esistono la Legge naturale ed eterna, ma perché divengano legge umana debbono essere votate. Per questo non basta che siano vere, bisogna convincere la gente.
(9) I diritti non negoziabili sono una buona formulazione, ma oggi non serve partire da lì per parlare con la gente
(10) Sono un allontanamento. Ma ciascuno è libero di scegliere come preferisce vivere: sto pensando davanti alla società civile
(11) il percorso lo stabilisce Dio per ciascuno: noi dobbiamo semplicemente validare ciò che è valido
(12) Certo che lo è: ma bisogna che venga accettato
(13) Ma non si tratta di accettare, la domanda è un’altra: cosa fai con quelli che pensano che sia giusto?
(14) No, non è ragionevole
(15) Non so di chi parli
(16) non c’è nessun “attacco”. Semplicemente chi non la pensa come la chiesa ha fatto un vero e profondo lavoro culturale mentre i cattolici non l’hanno fatto
(17) certo che bisogna accogliere il peccatore e condannre il peccato ma bisogna vedere in pratica cosa vuo dire: se io ti dico continuamente che dici cose stupide non stodicendo che formalmente che sei stupido ma, alla lunga, non c’è molta differenza.
(18) sicuramente è influenzato ecc. ecc. ma non da lobbies “segrete”: ci sono persone che pensano in un certo modo e così agiscono e cercano di convincere gli altri. Come fa la chiesa cattolica, i comunisti. Dobbiamo svolgere un lavoro culturale.