La misericordia del blog – I poveri del Monastero di Sant’Agnese
Inizia oggi la nuova categoria La misericordia del blog: si apre la tendina posizionando il cursore sulla parola Francesco della barra visibile a tutti. L’intento è raccontare – col proprio nome o in maniera anonima – non conferenze sulla Carità o lezioni sulla misericordia, ma “fatti”. Fatti, piccoli o grandi ma che siano di misericordia: e, preferibilmente, di misericordia corporale. Perché le opere di misericordia corporale non sono le opere di misericordia spirituale.
Il primo racconto è di una monaca di clausura – una clarissa- del Monastero di sant’Agnese. Sant’Agnese è un monastero di clarisse che ha 700 anni di vita. Oltre alla vita di preghiera e di penitenza che ci si aspetta, queste monache di clausura cercano di venire incontro ai bisogni di alcuni poveri dando loro da mangiare attraverso “la ruota” (è la porticina di legno a mezz’altezza visibile nella foto qui sotto). Una di loro racconta al blog il loro “dar da mangiare, dar da bere”.
Enrico, John, Alex, Monica, Alì sembrano essere solo nomi – alcuni dei nomi – che quotidianamente bussano al portone del monastero chiedendo qualcosa da mangiare. Quotidianamente, anche se il flusso va un po’ a periodi: ci sono tempi di maggior richiesta e tempi morti. Il perché a noi sfugge e forse neppure ci interessa.
– Sorella, poca cosa da mangiare
– Scusi madre, è qui che danno i pasti gratis?
– Vorrei un piatto caldo per me, due litri di latte per la mamma e se c’è un po’ di salsa di pomodoro.
– Ce l’avete una coperta? E per favore anche qualcosa da mangiare ma non la carne di maiale che non posso mangiarla.
– Si…mangiare, per favore
Queste sono le frasi che la portinaia di turno sente al citofono. Se qualcuno di voi dovesse stare sulla piazzetta antistante il monastero, dopo qualche minuto – a dire il vero più di qualche – sentirebbe una voce venire dall’interno, una ruota che gira e su di essa un piatto, d’inverno solitamente caldo, d’estate certamente fresco.
Non abbiamo una mensa vera e propria, offriamo quello che possiamo, di norma quello che mangiamo noi altre. Mai nessun povero torna indietro senza nulla. Spesso i nomi di cui sopra si presentano in stato d’ebbrezza, qualcun altro forse è persino “fatto” di droga. Qualcuno cerca di buttar giù il portone a calci perché siamo troppo lente, qualcun altro butta il piatto per terra con il suo contenuto… forse il pasto non è gradito!
Più spesso ci sentiamo dire “grazie”, “il Signore vi benedica”. Questi sono i poveri che noi conosciamo attraverso la ruota, questa antica invenzione che nei monasteri di clausura femminile serviva e serve per ricevere la provvidenza e per restituirla a chi è più povero di noi. I poveri, sono quelli che non possono essere rinchiusi in categorie. Qualcuno si aspetta da loro il grazie, o la riconoscenza, ma loro sono poveri anche di questo, spesso purtroppo per troppe cause concomitanti!
Qualcuno di questi nomi a volte sparisce e non ne sappiamo più nulla. Ci ritroviamo a chiederci chissà che fine ha fatto, e il pensiero purtroppo corre a cose poco simpatiche. Difficilmente chi bussa qui per chiedere da mangiare racconta storie, chiede solo da mangiare. Noi sappiamo bene di non essere la risposta più adeguata alla loro situazione, sappiamo bene che dovrebbero andare in altri luoghi, reinserirsi in qualche modo nel mondo del lavoro e via dicendo, ma a noi chiedono solo pane, cibo, vestiario e il vangelo è chiaro: avevo fame e mi avete dato da mangiare. La misericordia ha a che fare sempre col presente, con la domanda che mi sta davanti e con che mi chiede in quell’istante una risposta adeguata, corrispondente. I progetti, pure necessari, vengono dopo. Come viviamo noi altre questo anno giubilare? Cercando la corrispondenza più adeguata alla domanda che ci viene posta, anche se la nostra risposta è solo un tassello nell’immenso mosaico della fantasia del Padre celeste.
Enrico, John, Alex, Monica, Alì, sono solo alcuni dei nomi che certamente stanno nel cuore di Dio Padre, figli suoi, fratelli nostri.
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