Blog / Sandokan | 17 Dicembre 2015

Le Lettere di Sandokan – Dio e il mondo, per me

“A chi vince io darò della manna nascosta e una pietruzza bianca, sulla quale è scritto un nome nuovo che nessuno conosce, se non colui che lo riceve”.

Cosa significa questa frase?
Per diverso tempo ho pensato che il “mondo” fosse una specie di “immagine originaria” ritagliata in frammenti, come in un puzzle. E che ogni persona (di ieri e di oggi) fosse un frammento di questo puzzle, un po’ rovinato dal peccato originale e dai peccati personali.
Scopo della vita era quindi ridiventare quel tassello, quello che ciascuno era quando è stato pensato dal suo Creatore: solo così l’immagine originaria poteva ricomporsi di nuovo. Il “nome nuovo” per me, quello di cui parla l’Apocalisse, era quindi un tornare a ciò che ero prima che cominciassi a vivere. Un ritorno alle origini. La vita era per me una specie di viaggio penitenziale, che mi avrebbe ricondotto a essere ciò che non sono mai stato, se non nel pensiero di Dio, ma per cui sono stato creato.
La vita terrena non aveva quindi il potere di “creare”, ma solo di “ripristinare” quanto già creato.
Il problema che vedo ora in questa visione deriva dal fatto che in questa vita terrena Dio, col suo amore creativo, esiste. Esiste in un modo strano, per me. Non per governare il mondo, ma come un suo abitante, come se non l’avesse fatto lui. A fianco a me. Una presenza discreta. E anche un po’ trascurata.
Vorrei che guardaste, per capire cosa voglio dire, questo breve spezzone di un film, nel quale a un povero emigrato meridionale, in viaggio su un bastimento che lo porterà in America, viene fatta una insolita proposta di matrimonio da parte di una giovane e bella donna elegante.

Lei chiede a lui se vuole sposarlo, e l’omino è come travolto da una richiesta molto desiderata, ma che non osava neanche sperare, perché la considerava impossibile per lui. Lei capisce che lo sta illudendo con la sua richiesta e, con sincerità, gli dice che non lo fa per amore, ma soltanto perché le serve un marito per sbarcare in America.L’omino ignorante, che non appartiene al mondo della donna che ama, risponde in un modo sorprendente: “Amore? Ma se neanche ci conosciamo … per queste cose ci vuole tempo. E’ giusto? E’ giusto?”. E’ una frase di una tenerezza infinita, che chiede tempo e chiede anche conferme: sei d’accordo con me che non mi puoi amare adesso, senza darmi il tempo di farti vedere chi sono?Lo so, è una scena d’amore un po’ insolita, un po’ diversa da quella di signori spettinati e bellissimi, che cavalcano su prati verdi fino a giungere ai piedi di donne meravigliose, che li attendono in riva a un lago sperando di essere abbracciate e rapite, per essere condotte dentro i loro sogni. E’ una scena diversa, e non so che effetto vi fa. Ma a me l’omino ignorante sembra Dio. Me lo immagino così, su questa Terra, in giro alla ricerca di donne eleganti che neanche si sognano di girarsi verso di lui, per farsi amare da lui. E poi si imbatte, quasi per caso, in un amore che nasce piccolo, per interesse. E lui non si turba per il fatto che l’amore altrui è diverso dal suo, perché sa che per amare ci vuole tempo.
Per me questa presenza, discreta, ha potere di creare. Cioè la vita non è soltanto un cammino penitenziale, ma è anche il tempo in cui ciascuno, vivendo, definisce il suo nome, con Dio a fianco, ignorato oppure amato per come si riesce ad amarlo. E’ come se le mille scelte quotidiane che sono chiamato a fare componessero il senso della mia vita, come in una sinfonia. Alla mia vita alla fine Dio darà il nome, perché la mia vita sarò io, per sempre. E questo nome ne riassumerà il senso, il motivo per cui sono vissuto, alla fine del viaggio.
Basterà una parola, per dire a tutti chi sono, perché tutti mi riconoscano. Una parola unica, come la mia vita, che parlerà di me più di mille discorsi, come una sintesi di ciò che sono diventato. Una parola che gli altri, udendola, riconosceranno vera per me.
“È proprio lui”, diranno, “non l’avevo mai chiamato così. Che stupido sono stato a non accorgermene. Tanti discorsi e invece bastava una parola per descrivere, per capire”.
E tutte queste parole saranno il mondo, ma non un mondo ricostruito, ripristinato. Un mondo nuovo, che nessuno si era mai sognato, ma che è fatto di persone e cose che abbiamo sempre avuto accanto: persone e cose fatte per me.