
Le Lettere dal carcere – Donne fra le sbarre
Oggi ho pensato che la libertà senza amore non vale nulla, ma con l’amore nel cuore in carcere si soffre di più. (Diario di un ergastolano www.carmelomusumeci.com)
Cerco sempre di dare eco alle voci sepolte dei detenuti e delle detenute, ma oggi pensavo che se si parla poco dell’universo maschile carcerario, si parla ancora meno delle donne fra le sbarre. Forse perché la popolazione femminile detenuta è minoritaria rispetto a quella maschile, o probabilmente perché parte della società un po’ se ne vergogna. Spero che nei tavoli di lavoro degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale, che si stanno svolgendo in questi mesi, si inizi seriamente a parlarne. Intanto lo faccio io rendendo pubblica questa lettera che ho ricevuto da un carcere femminile:
(…) Qui ci sono diciotto celle, divise da uno stanzino dove si potrebbero fare le telefonate. Scrivo così perché con il via vai del corridoio e con quel vecchio rottame di telefono è praticamente impossibile godersi l’unica telefonata che si può fare in una settimana, che non dura quasi mai dieci minuti e molto spesso la linea è disturbata o a volte si interrompe e non ci è permesso rifare il numero. La sezione femminile cade a pezzi, abbiamo solo tre docce, che oltretutto si intasano sempre. Le tv sono vecchie e murate e hanno oscurato quasi tutti i canali. Chi non ha soldi qui se la passa molto male, c’è un degrado assurdo, i muri sembrano trasudare malessere, cattiveria, invidia, paura, le cose concesse nella spesa sono scadenti e i prezzi si sono alzati di brutto. La scelta dei prodotti è scarsissima. La carne sembra suola di scarpe.
La biblioteca apre solo per 30 minuti (se apre…). Ci sono due educatori per l’intero istituto, due volontari, psicologa e psichiatra le vedi solo se fai qualche gesto estremo…
I colloqui sono un grande casino, i parenti devono prenotarli telefonicamente solo il lunedì, ad un unico numero, che è sempre occupato, niente strutture esterne per i parenti.
Che altro posso aggiungere? Solo constatare che nella maggioranza dei casi i detenuti e le detenute vivono in condizioni disumane, altro che rieducazione. Forse anche per questo la recidiva in Italia, a differenza di altri Paesi, è così alta.
Un sorriso fra le sbarre.
Carmelo Musumeci