Blog / Sandokan | 04 Giugno 2015

Il diario di Sandokan – Citazioni

Non so se avete presente il tipo, quello che parla sostanzialmente di “seghe” nei confessionali e di “Santissima Trinità” in pubblico.
Tu lo vedi declamare da qualunque pulpito sia riuscito a guadagnarsi con i suoi sforzi (o che gli sia capitato di trovare), ma ha una vita segreta, triste, sola, di cui non può parlare a nessuno.
Per questo motivo non ha parole “sue” da dire, cosa potrebbe dire al mondo di suo? Ciò che è suo davvero, lo fa vergognare. E allora si mette le mutande, la canottiera, un bel vestito a maniche lunghe. E poi comincia a parlare con le parole di san Francesco d’Assisi, credendo che questo basti a trasformarlo, agli occhi degli altri, in ciò che non è.
Il suo argomento preferito sono le parole degli altri. Fa molte citazioni chi parla essenzialmente di seghe nei confessionali, perché di ciò che lui è davvero si vergogna.
Mi spiego meglio. Mettiamo che sia istruito, il nostro eroe. In questo caso è pieno di esortazioni morali, ambisce alla cattedra di “Fondamenti di morale altrui”. E quindi ha grande desiderio di correggere il suo prossimo: la correzione fraterna per lui è tutto, anche se non è fratello di nessuno. Lui preferisce il sostantivo “correzione” all’aggettivo “fraterna”. D’altra parte gli aggettivi non sono la parte più importante di una frase: oggettivamente parlando in una frase possono non esserci. E lui è oggettivo, sempre.
Che fa quindi? Scova una bella citazione di Aristotele – ma anche Manzoni o Dickens andrebbero bene, o san Giovanni Crisostomo … pure il Vangelo si presta sorprendentemente allo scopo – e te la sbatte in faccia. Ci fa una gran figura agli occhi di chi è fatto come lui, sapete? Innanzitutto fa vedere che lui è istruito e gli altri sono ignoranti. E poi non è lui che vi rimprovera, sapete? Lui non lo farebbe mai, è dalla vostra parte. E’ Aristotele che ce l’ha con voi. Converrete con me che sentirsi rimproverati da Aristotele – o da nostro Signore, o da san Giovanni Crisostomo – è dura da sopportare. Perché Aristotele era un genio e voi non siete nessuno, per il mondo.
Perché lui il mondo lo disprezza, a parole, ma nei fatti ci tiene moltissimo che il mondo non sappia nulla delle seghe che si fa.
Non pensiate che io parli necessariamente di “seghe” materiali. No, no. Sono seghe spirituali molto spesso. Si può amare in spirito, dicono, ma io non ne sono molto sicuro. Però “seghe” in spirito uno se le può fare di sicuro.
Sono stimolate dal consenso che riceve per l’istruzione che esibisce dalla piccola corte che si costruisce attorno a sé, da gente che lo ammira per i “nomi” che ha sempre in bocca. Stimolate anche da quel suo sentirsi giudicato degno da coloro che ha gusto di citare. Che se lo conoscessero davvero, chissà cosa penserebbero di lui.
Ma sono morti, mentre lui è vivo.
Meglio per lui.

P.S. L’articolo è un estratto di “Ad nationes” di Tertuliano

Sandokan è la Tigre della Malesia, questo si sa. In verità negli anni della sua giovinezza – quando il corpo esultava – le tigri, lui, le uccideva. Ma poi scelse la via di Lutet con i draghi. È l’eroe di sua figlia che, bambina, gli diceva: “Voglio essere anch’io una tigre, una tigre-femmina! Si può?”. “Certo che si può! Ma cosa credi che faccia una tigre tutto il giorno?”. “Lo so, lo so! Legge, studia e racconta favole!

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