Articoli / Blog | 09 Maggio 2015

ilsussidiario.net – Morire senza un perchè e arrabbiarsi con Dio

Gianluca Monni aveva 19 anni e ieri mattina alle 7.30, mentre aspettava l’autobus per andare a scuola a Nuoro, è stato ucciso con tre colpi di fucile. Sembra che l’abbiano ammazzato perché tempo addietro aveva difeso la sua fidanzata da alcuni bulli. Che dolore quando muore qualcuno così giovane da avere come ricordi solo quelli di scuola, qualcuno che doveva ancora fare tutto. Io, quando accade, provo a rimanere. A rimanere accanto alle persone che soffrono: in questo caso, a rimanere accanto a dei ragazzi e a sentire che quando muore un giovane muore un po’ il futuro di tutti. Oggi provo a rimanere dentro questa notizia che mi spiazza perché non c’è – così sembra – nessun minimo motivo. Non c’è n’è mai, intendiamoci, ma qui c’è solo un bravo ragazzo di ottima famiglia che difende la fidanzata: nessuna faida tra famiglie, nessun’ombra malavitosa.
Si accavallano, colme di dolore e di ira, le dichiarazioni degli amici, della ragazza, dei professori, del sindaco Michele Deserra. “Per noi questa è l’ennesima prova. Non riesco a capire le cause di tanto male. L’unica cosa può essere la maledizione divina a cui non riusciamo a sottrarci. Non ci sono altre spiegazioni. Stamattina appena sono accorso sul luogo del delitto – prosegue – ho visto i ragazzi che stavano aspettando il pullman con Gianluca sconvolti, choccati. Una visione dolorosa sconvolgente. Posso solo dire che questo continua ad essere un paese di frontiera. Quando si parla di paesi del malessere si pronuncia spesso la frase con leggerezza, ma bisogna fare riflessioni profonde su questi fatti. Siamo tutti colpevoli e allo stesso tempo tutti impotenti – conclude – Ma le nostre comunità non possono essere abbandonate a se stesse, bisogna provare a cambiare una volta per tutte”. Io so che Dio non maledice ma benedice e che non strappa la zizzania perché anche il grano potrebbe esserne danneggiato. So che Dio non lascia ammazzare ragazzi per mano di altri ragazzi, allo scopo di punirci. Se le nostre città sono città del malessere, quel male non viene da Dio ma da noi. Ora non è il momento di puntare il dito contro la società, che saremmo noi, ma se, con ogni ragione, vogliamo urlare a Dio il nostro dolore, sentiremo che fa eco con il Suo. Sotto il lenzuolo che copre quel ragazzo c’è anche il Suo dolore, la Sua vita. Così come sta pure nel cuore degli assassini, e questo è un grande mistero. Urliamo, ma non solo al Cielo. Perché Dio è qui. Non c’è nessuna maledizione su quel paese e su quella gente. Ascoltiamo gli amici di Gianluca e scopriremo che i ragazzi non sono fragili. Hanno bisogno di vicinanza vera. Di una riflessione senza titolo d’inizio, senza svolgimento e conclusioni già date. Ascoltiamo anche il loro silenzio perché, tanto, quali parole potrebbero servire se non quelle degli sguardi, degli abbracci, dei pianti? I ragazzi quando soffrono non hanno le nostre sovrastrutture adulte, non hanno i nostri pudori anagrafici. Loro piangono con le lacrime che sfasciano il trucco, con gli abbracci che soffocano. E scopriremo come la morte di questo ragazzo, tragica e inconsolabile, può far fermare tutti e tutto, sì, ma può anche far ripartire, convertire, rinnovare, rianimare, ciascuno di noi.

Tratto da ilsussidiario.net

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