Le Lettere di Sandokan – Solitudine
– Ma tu ci credi che ci siano persone che amino la solitudine?
– Non so. Forse.
– Credimi, nemmeno una. La solitudine non è divertente. E’ che a volte uno non ha nessuno. Nessuno di quelli di cui ha bisogno, s’intende, perché oggi è difficile vivere senza avere gente attorno. E quando uno è solo che vuoi che faccia? Prova ad amare la solitudine, come se fosse una persona. Ti viene a raccontare che preferisce stare da solo, ma vuole dire soltanto che non ha voglia di stare con te. E la sua solitudine diventa tutto quello che tu non sei, ma che lui vorrebbe che tu fossi.
Uno si chiude in casa, stacca il telefonino e comincia a leggere un libro, o a guardare un film, o ad ascoltare un po’ di musica. Da solo, dice lui. O lei. Ma non è vero. Sta con la sua solitudine.
– E tu sei mai così?
– A volte, sì. Ma ho un corpo capace di svegliarmi dal torpore. I miei sensi si fanno sentire e io li ascolto. Non mi ingannano mai, in cose come questa. I sensi la solitudine la riconoscono e sanno che non è bene per l’uomo stare soli. Sono loro a saperlo davvero. E mi spingono a cercare un corpo da toccare, da guardare, da ascoltare, da annusare, da mangiare. A ricordarmi che c’è gente attorno a me che sta in fila alla cassa del supermercato e che ha i figli che tra mezz’ora escono dalla palestra. Che piange, o ride, o urla, o litiga. Accanto a me. Mi verrebbe da dire loro: perché vi affannate, non servite a nessuno, tutti potrebbero fare a meno di voi, o di me. Li richiamo alla ragione. Ma i sensi mi spingono a cercare compagnia.
Se non ci fossero i sensi, la solitudine arriverei persino a farmela piacere. Potrei andare al cinema con la mia solitudine, per esempio, pagando un solo biglietto. E potrei andarci quando mi va, mentre tu oggi non ne hai voglia.
A volte è così bella che ti sembra di stare con Dio. E invece sei soltanto solo.
– Sembra quasi che per te la solitudine sia una colpa. Che sia una forma di egoismo. E invece ci sono persone sole senza colpa.
– Ma io parlo di chi inizia a rassegnarsi alla sua solitudine fino a convincersi che sia un bene per sé. Per quanto mi riguarda non cerco mai la solitudine, cerco sempre compagnia. Ma a stare in compagnia ci vado da solo. Ora ti spiego. Si dice, per esempio, che la solitudine è necessaria alla preghiera. Ma di quale solitudine si parla? Tu, quando preghi, vai a stare in compagnia. Però ci vai da solo. O almeno ci provi. E lo sai perché? Perché se non sai essere solo, il bisogno di compagnia non sei capace di sentirlo davvero.
Questa cosa, secondo me, non è vera soltanto per pregare, ma sempre, in ogni circostanza, per ogni relazione di amore che crei attorno a te. L’amore o è la risposta a un bisogno vero, a un tuo bisogno, oppure non è amore. Come quando vai a pregare. Pensi che Dio abbia bisogno delle tue preghiere? No. Ne hai bisogno tu.
– Vuoi dire che tu vai a parlare con un amico con lo stesso atteggiamento con cui vai a pregare?
– Voglio dire che mi piacerebbe. Parlo di me e non del mio amico, che non è certo Dio. Vorrei aver bisogno davvero di stare con lui. Tuttavia so che sto mettendomi nei guai. Perché magari scopro che lui non ha davvero bisogno di stare con me. E poi finirei per scoprire che è della sua gratitudine che ho bisogno. Sarebbe un peccato.