Articoli / Blog | 16 Settembre 2024

Blog – Che senso ha soffrire?

La recente festa dell’Esaltazione della Santa Croce ci consente di tornare su una questione fondamentale: che senso ha il dolore nella nostra vita? Spesso, in ambito cristiano si sente dire, in maniera un po’ superficiale, che noi, soffrendo, diamo una mano a Cristo, come se lui avesse bisogno di noi per portare a termine la Redenzione.

Il problema nasce da una cattiva traduzione di alcune parole della Lettera ai Colossesi di san Paolo, scritta originariamente in greco. La Chiesa ha per secoli utilizzato la versione in latino di San Girolamo, detta Vulgata. Lì, inavvertitamente, il nostro santo ha alterato l’ordine delle parole dell’originale per cui sembra che manchi qualcosa alle tribolazioni di Cristo e che ci pensi Paolo a colmare il vuoto. Ecco infatti cosa dice la vecchia traduzione italiana della Cei, quella del 1974: “sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). La più recente traduzione del 2008 invece corregge: “sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa”.

La traduzione corretta mette in luce che «ciò che manca» manca «nella mia carne» non in quella di Cristo. In altre parole, la Lettera ai Colossesi dice che non siamo ancora arrivati fino in fondo nel nostro voler essere buoni. Cristo c’è arrivato, noi no: tuttavia, nel corso della vita, affrontando i dolori che inevitabilmente essa ci riserva colmiamo a poco a poco quello che manca per arrivare a quella pienezza che c’è già in Gesù.

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