Don Massimiliano Nastasi – Solennità della SS. Trinità/ B
Dt 4, 32-34.39-40 ⌘ Sal 32 ⌘ Rm 8, 14-17 ⌘ Mt 28, 16-20
La liturgia, nella domenica dopo Pentecoste, continuando il mistero pasquale, celebra la solennità della Santissima Trinità. Dopo cinquanta giorni dalla resurrezione di Gesù Cristo, alla manifestazione imponente dello Spirito Santo sui discepoli a Gerusalemme (cfr. At 2, 1-13), la Chiesa contempla il mistero divino delle Tre Persone rivelate all’umanità attraverso l’«oeconomia salutis» [1].
‘Ădhünāy che nei tempi antichi ha eletto Israele per farne il suo popolo con grandi portenti – «Ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un’altra con prove, segni, prodigi e battaglie […] come fece per voi il Signore, vostro Dio, in Egitto» (Dt 4, 34) –, in un dato momento, «quando venne la pienezza del tempo, […] mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge» (Gal 4, 4), per svelarsi nella pluralità del suo essere. Per completare la rivelazione divina nel mondo, infine, Gesù promette «un altro Paraclito» (Gv 14, 16) che darà ai suoi apostoli la forza di testimoniare il Vangelo «a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1, 8), e in questo modo far discepoli «battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19) [2].
Il Dio dell’alleanza manifesta così se stesso in «un solo Dio, un solo Signore, non nell’unità di una sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza» [3], offrendo la sua amicizia perché è amore, e «chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4, 16).
In Galilea, dopo la testimonianza di Maria di Magdala e l’altra Maria alla tomba vuota (cfr. Mt 28, 1-10), gli Undici, saliti sul monte che Gesù aveva loro indicato, finalmente lo vedono, ma nel loro cuore dubitano. Una perplessità riportata anche negli altri Sinottici che fa supporre un dubbio relativo all’identità di Gesù come uno spirito di un defunto che lo imita. Ma «in Mt il dubbio sorge quando si considera lo stare di Gesù con i suoi discepoli. Infatti se Dio o il suo rappresentante e figlio è “assieme” a qualcuno, ciò significa la protezione e il conferimento di forza e autorità» [4]. Così il Risorto li esorta a riconoscere la sua legittimità nella loro azione: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra» (Mt 24, 18), e come riferisce più chiaramente il IV vangelo: «Perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi» (Gv 17, 21).
Gli Apostoli rincuorati della presenza reale del Risorto, ricevono non più il precedente mandato a proclamare il regno di Dio «alle pecore perdute della casa d’Israele» (Mt 10, 6), ma ora a «tutti i popoli» (Mt 28, 19), insegnando le parole dette del Maestro, ossia i «contenuti dei cinque grandi discorsi di Matteo o anche a tutto ciò che Matteo ha narrato (cfr. 26, 13)» [5]; più che una nuova legge, un nuovo modo di vita, così come la legge di Mosè aveva istituito un modello di vita. In tal modo il discepolo nelle mani del Padre (Mt 10, 26-29) continua nella propria vita l’opera del Figlio (Mt 10, 24-25) perché parla in lui lo Spirito Santo: «non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi» (Mt 10, 20).
Nella congiunzione Padre, Figlio e Spirito nella formula battesimale si esprime poi una gradazione concreta della storia della salvezza. Il Padre, infatti, «sceglie i gentili, la dedica al Figlio è il segno distintivo originario cristiano nel battesimo d’acqua (rispetto al battesimo di Giovanni), e il battesimo nello Spirito era in origine la grande differenza rispetto al battesimo di Giovanni» [6]. Così la missione evangelica al mondo intero non è solamente svelare l’amore di Dio manifestato nel Figlio ed operante nello Spirito Santo, ma incorporare l’umanità alla figliolanza divina, come afferma l’apostolo Paolo: «E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi» (Rm 8, 15).
Il Maestro termina il mandato agli Undici con un’affermazione di speranza in un contesto che contrasterà l’annuncio evangelico fino alla morte: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20). Matteo, differentemente da Mc 16, 19 e Lc 24, 51, non accenna al momento dell’ascensione del Risorto, ma Gesù resta camminando invisibilmente assieme ai suoi discepoli, per vivere in terra, nella sua Chiesa, che è la sua stessa glorificazione. La resurrezione, infatti, «non fu un semplice ritornare in vita o una semplice rivendicazione messiancica, ma l’inizio di una nuova esistenza nella quale la vita del Messia diventa la vita perenne di quel gruppo che continua la sua missione» [7]. La Chiesa stessa è la testimonianza della resurrezione perché vive nella costante testimonianza del Cristo vivente.
Certamente un’idea cristologica originale, ma soprattutto una «tesi non occasionale – già preparata all’inizio (1, 23: è “il Dio con noi”) – essa è destinata a sorreggere tutta la catechesi in ogni sua fase: missionaria (10, 40), liturgica (18, 20), fraterna (25, 40.46). La Chiesa, fedele a Lui, vive la sua presenza misteriosa di “maestro” e salvatore”» [8]. Il Risorto, dunque, «è presso di noi in modo nuovo; alla radice di tutto l’accadere storico; nell’intimo di ogni credente; nell’intimo del complesso dei credenti, della Chiesa; come forma, potenza, guida e unità» [9],
La fede nel Dio trinitario si fonda pertanto nella stessa fede cristiana in quanto «non esiste un altro accesso al misero trinitario fuori dalla sua rivelazione in Gesù Cristo e nello Spirito Santo» [10]. Gesù, infatti, nella sua proclamazione del Regno annuncia se stesso come Dio rendendo la sua mediazione definitiva tra Dio e l’uomo. Se ciò non fosse, «la sua mediazione finirebbe in fondo per distruggere se stessa, trasformandosi in un’azione dissociartici invece che mediatrice, qualora egli fosse un essere diverso da Dio, qualora fosse solo un’entità intermedia» [11]. Così lo Spirito Santo, qualora non fosse Dio, lascerebbe l’uomo nel campo puramente creaturale senza alcuna relazione diretta con Dio.
La Trinità, unico Dio nelle tre Persone, è tale perché eterna comunione di amore dove il Figlio è completamente nel Padre e con il Padre, il Padre completamente nel Figlio e con il Figlio, e ambedue trovano la loro unità mediante il vincolo dello Spirito:
«Quando due persone sia amano mutuamente nell’abbraccio di un desiderio sovrano e si dilettano sovranamente nel loro mutuo amore, la gioia sovrana dell’una sta nell’amore intimo dell’altra e, viceversa, la gioia perfetta della seconda sta nell’amore della prima. Fintanto che uno è solo ad essere amato da un altro, è solo a possedere, a quanto pare, le delizie della dolcezza più squisita; e similmente quest’altro non può comunicare il meglio della propria gioia fintanto che non possiede un associato al suo amore. Essi, affinché possano comunicare queste delizie, hanno bisogno di un terzo similmente amato» [12].
[1] Ireneo di Lione, Adv. haer. III, 24, 1, in A. Cosentino (a cura di), Contro le eresie /2, in «CTP» 208, Città Nuova, Roma 2009, 138.
[2] Sulla concezione trinitaria del vangelo di Matteo sintetizzata nella formula battesimale, cfr. G. Segalla, Panorama teologico del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1987, 79.
[3] Prefazio «Il mistero di Dio uno e trino» della solennità della Ss. Trinità
[4] K. Berger, Commentario al Nuovo Testamento. I. Vangeli e Atti degli Apostoli, Queriniana, Brescia 2014, 156.
[5] R. E. Brown, Introduzione al Nuovo Testamento, G. Boscolo (a cura di), Queriniana, Brescia 2001, 293.
[6] K. Berger, Commentario al Nuovo Testamento, cit., 157.
[7] J. L. MacKenzie, «Il Vangelo secondo Matteo», in Grande commentario biblico, A. Bonora – R. Cavedo – F. Maistrello (ed. it. a cura di), Queriniana, Brescia 1973, 968.
[8] M. Làconi, «Matteo: la catechesi del “Dio con noi”», in Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, M. Làconii e Coll. (a cura di), Elledici, Leumann (Torino) 2002, 505.
[9] R. Guardini, Il Signore, Morcelliana, Brescia 2005, 569.
[10] H. U. v. Balthassar, Teologia II, Jaca Book, Milano 1969, 109.
[11] J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, Queriniana, Brescia 1969, 122.
[12] Riccardo di S. Vittore, De Trin., III, 11, 14, 15, G. Spinelli (a cura di) Città Nuova, Roma 1990, 244.
Nato a Roma il 2 aprile 1976, sacerdote diocesano. Dottore in Teologia, dopo l’insegnamento IRC e gli studi a Milano e Roma, fino al 2015 è stato Vice Preside dell’Istituto Teologico Diocesano e Direttore dell’Ufficio Catechistico di Mondovì. Ha approfondito Archeologia e Geografia a Gerusalemme e attualmente è Docente di Cristologia presso Istituto Superiore di Scienze Religiose “Ecclesia Mater” della Pontificia Università Lateranense, Guida Biblica per l’Opera Romana Pellegrinaggi e Vicario Parrocchiale di Santa Caterina da Siena in Roma. Autore dei saggi “La cristologia adamitica nella concezione agostiniana. Alla scoperta di un’antropologia della redenzione” (Edizioni Sant’Antonio, Padova 2019) e “La questione del soprannaturale nella concezione agostiniana. Riflessione all’opera De natura et gratia di Agostino d’Ippona” (Edizioni Sant’Antonio, Padova, 2019)