Articoli / Blog | 10 Dicembre 2020

Blog – In memoria di Paolo Rossi

La notizia del giorno non la trovate su nessun quotidiano cartaceo. Nel cuore della notte Enrico Variale twitta la morte dell’amico Paolo Rossi, sconfitto, a 64 anni, non dal Covid ma da un male inesorabile, lasciando la moglie e tre figli. Anche lui, come Diego Maradona, Gigi Proietti e tanti altri, è vittima di questo terribile 2020.
Rossi è nel nostro cuore soprattutto per il mondiale di Spagna del 1982, quello dove Paolo morì e nacque Pablito, colui che finì il torneo come capocannoniere e Pallone d’oro.
Come accaduto per Maradona, ci sarà qualche moralista che, a cadavere ancora caldo, vorrà mettere in luce quegli errori che sono di ogni vita umana ma che diventano un fardello insopportabile per chi vive sotto i riflettori. Chi si comporta così sbaglia perché i giudizi sulle esistenze competono solo a Dio. Per noi uomini, Rossi è stato solo Pablito: il simbolo di anni meravigliosi, quelli dell’azzurro migliore, quelli del cielo che diventava bianco rosso e verde, quelli dove il calcio, come ogni effimero che si rispetti, assumeva i toni del definitivo. A benedire queste nozze tra “sacro e profano” sommo sacerdote fu Sandro Pertini.
Il Presidente di allora disse: “L’Italia ha vinto, il sesto gol di Rossi ha trascinato il nostro Paese nella Leggenda. Ho pianto sugli spalti della tribuna, davanti al re Juan Carlos e agli altri tifosi presenti. Alla faccia delle etichette ad ogni gol mi alzavo e mi scatenavo, e alla fine ho urlato: Non ci prendono più, non ci prendono più. Quando arrivammo a Ciampino era un mare di folla. Il giorno dopo li ho portati a mangiare al Quirinale, hanno mangiato come lupi. Da una parte avevo Bearzot, dall’altra Zoff.È stata una delle gioie più grandi da quando sono presidente.”
Nell’82 ero la miglior versione di me stesso e sentivo che si adattava a me che fossimo gli azzurri e che anche io lo fossi. Perché io vedevo azzurra la vita mia, quella che mi aspettava, azzurra la vita delle persone che amavo. E Pablito ne era l’interprete giusto, quello al quale anche io potevo sperare di assomigliare perchè gli assomigliavo già.

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