Articoli / Blog | 18 Agosto 2020

Ora/ Tra Cielo e Terra – La cultura dello scarto

Tutti siamo rimasti allibiti della signora che si è data fuoco a Crema, vicino a una struttura psichiatrica della zona, e soprattutto dalla ventina di persone che sono rimaste a riprendere con il video la scena, mentre un solo unico passante cercava di salvare con quanto aveva in macchina (stracci, coperte) quella vita ormai persa.
Per dare volto e storia a quella donna così scempiata dalla vita, ho cercato sul web notizie su di lei. Ho trovato il viso di una persona assolutamente normale, l’espressione di una persona che sarebbe potuta essere una mia parrocchiana, mia sorella, mia cugina. Alcuni giornali dicono che avesse problemi di disagio psichico (per questo era vicino a quel tipo di edificio), che era scappata da una comunità di recupero e che era una senza fissa dimora.
Vorrei, a questo punto, paragonare i volti di Paola L. (così si chiamava la poveretta) ai volti dei rispettabili concittadini che la videavano mentre bruciava; di coloro che avevano estratto con prontezza felina lo smartphone dalla tasca ma erano rimasti di pietra quando l’unico che si dava da fare aveva chiesto di chiamare il 112 o il 113. “Come si fa ad aiutare uno che si è dato fuoco?”, pare abbia borbottato qualcuno. Com’è il volto di una persona così? Com’è la faccia di chi non capisce che in casi d’emergenza si può usare il cellulare per telefonare invece che per riprendere la disperazione che porta nell’al di là in maniera crudelissima?
L’unica spiegazione possibile di una tale tragedia è il dilagare della cultura dello scarto. Una malattia che ci rende apatici anche di fronte al dolore più grande. Questa cronaca è la vittoria di una cultura della morte, frutto di una ferita profonda dell’umano: di qualcosa che omologa il diverso a scarto o a fenomeno da baraccone.