Articoli / Blog | 29 Giugno 2020

ORA – La stima perduta per Indro

Nella triste vicenda milanese della statua imbrattata di Indro Montanelli c’è una grande assente, ed è l’espressione “ho sbagliato, non avrei dovuto commettere quell’errore”. Il grandissimo giornalista, di cui è giusto rimanga la statua proprio dove venne gambizzato dalle Brigate Rosse, non ha mai mostrato alcun minimo ripensamento rispetto alla bambina di 12 anni che “comprò” come moglie nel 1936 durante la guerra di Libia. Il fatto venne racconato dal lui stesso pubblicamente in diverse occasioni con particolari di sessismo urtanti: tra tanti quella di chiamare la bambina “un animalino docile”. L’ultimo racconto fu su Il Corriere della Sera 12 febbraio 2000. L’articolo è reperbile sul web e io qui ne riporto un particolare significativo che si riferisce alla dimensione erotica del rapporto “Faticai molto – scriveva – a superare il suo odore, dovuto al sego di capra di cui erano intrisi i suoi capelli, e ancor di più a stabilire con lei un rapporto sessuale perché era fin dalla nascita infibulata: il che, oltre a opporre ai miei desideri una barriera pressoché insormontabile (ci volle, per demolirla, il brutale intervento della madre), la rendeva del tutto insensibile”. Rimango dell’idea che la statua al giornalista e al martire delle Brigate Rosse debba restare, ma dentro di me è diventata tanto piccola – fino a sparire – la statua all’uomo. Bisogna riconoscere che il gesto sbagliato di alcuni giovani ha avuto il merito di mostrare a tanti l’enorme limite di un uomo che stimavo moltissimo e che ora stimo molto meno: perché ha mancato della capacità di rendersi conto dei propri errori. Ciascuno di noi, arrivando in fondo alla vita dovrebbe avere la grandezza di riconoscere di aver sbagliato, che certi errori commessi non andavano fatti. E in questo caso il sostantivo “errore” è davvero troppo stretto.