Articoli / Blog | 11 Giugno 2020

Agi – Il calcio che riparte può aiutare gli ospedali

Il Consiglio Federale della FIGC determina gli ultimi dettagli della ripartenza del calcio nostrano proprio il giorno dei trent’anni esatti di Italia ’90, e questa è la magia del calcio. Trent’anni fa esatti infatti, allo stadio Giuseppe Meazza di Milano, i campioni in carica dell’Argentina furono sconfitti 0-1 dal Camerun. Arrivarono poi secondi grazie a Maradona, sconfiggendo ai rigori nelle seminifinali l’Italia di Schillaci allo stadio San Paolo di Napoli, che tifava più per gli argentini che per gli azzurri.

Il tema controverso della ripartenza del calcio

Nel caso il campionato non giunga a termine causa coronavirus, il Consiglio Federale ha deciso delle regole che hanno dei difetti e quindi alimentano le polemiche: il che è un bene perché le polemiche sono la quintessenza del calcio. I playoff che si dovrebbero giocare, infatti, consentiranno a squadre totalmente fuori dai giochi di ricominciare a sperare nello scudetto. Attualmente lo scudetto è un’affare a due (Juventus e Lazio), forse a tre (Inter), ma con i playoff rientrerebbero in corsa anche l’ottava (il Verona) o forse ancora di più.

Una signora su Twitter si lamenta che il calcio riparta e non ricomincino le terapie per il figlio autistico. Altri fanno lo stesso discorso per la scuola, che termina “non in presenza”: o per le operazioni chirurgiche che vengono rimandate a data da destinarsi. Queste considerazioni paiono sensate ma non tengono in considerazione che il calcio, in Italia, con i suoi 4,7 miliardi di fatturato (ma secondo altri, anche di più) è una delle dieci industrie più importanti. Insomma un conto è pensare al calcio, includendo solo i costi e ricavi diretti (calciatori, società, stadi, merchandaising, pubblicità, ecc.) un altro è guardare all’intero indotto.

Pensiamo alla qualità della televisione e della radio

Dico una cosa che pensiamo tutti: non per colpa dei protagonisti che hanno fatto miracoli, ma durante il lockdown radio e televisioni sono stati in gran parte inguardabili. Oltre al coronavirus, la programmazione era fatta di repliche e di studi televisivi con giocatori imbolsiti che commentavano le loro vecchie gesta con toni patetici.

Non si poteva fare altro, ma così il Pil diminuiva e con esso le cure ai bambini autistici, le operazioni ospedaliere, i soldi per l’edilizia scolastica, gli stipendi agli insegnanti e così via. In Italia dobbiamo imparare ad avere in testa le singole questioni nei loro contesti più ampli.

Ovviamente nessuno può pensare che gli occhi spiritati di un giocatore per un rigore non dato siano più importanti di un tumore o di un anno scolastico ma la realtà italiana ci dice che il calcio può dare una mano, importante, per far ripartire il Paese. Potremmo dispiacerci che sia così ma la verità è questa e conviene fare i conti con essa. Altrimenti sarà lei a farei conti con noi.