Articoli / Blog | 07 Marzo 2020

Agi – Il messaggio di Papa Francesco sull’happy hour digitale

La parola centrale del Messaggio di Papa Francesco ai giovani per la Giornata mondiale della Gioventù 2020 è “Àlzati”, espressione che Cristo rivolge a un paralitico che era steso sul suo lettuccio (Cfr Gv 5,1-16). In questo caso il morbo che colpisce i giovani – e di cui Bergoglio si rammarica – non è quello della paralisi fisica ma l’happy hour di una cultura che vorrebbe i giovani isolati e ripiegati su mondi virtuali. In particolare ciò che preoccupa il Vescovo di Roma è una connessione con gli altri senza che avvenga una vera comunicazione, l’essere isolati anche se si è apparentemente collegati.

Il Papa, che ha fatto della cultura dell’incontro uno dei perni del suo pontificato, sa bene che la vicinanza mediata dalla rete informatica può essere più apparente che reale, può aiutare a creare contatti senza costruire incontri e, inoltre, la seduzione del “contatto” può essere un anestetico che dà una consolazione artificiale ma che non unisce realmente perché non facilita la crescita di radici comuni.

La “colpa” naturalmente non è né del web né dei social ma del come li si usa, della mancanza di educazione verso strumenti potentissimi che non basta “saper usare” tecnicamente per poter dire di esserne padroni e non schiavi.

In realtà essere se stessi quando si comunica, richiede una grande competenza, una grande professionalità. Come avviene per ogni musicista, non basta avere l’intuizione di un accordo, di qualche nota, di un motivo: c’è bisogno di tanto impegno e di tanta costanza per ottenere che quel motivo arrivi semplice e pieno, sviluppato e armonioso, all’orecchio di chi ascolta.

In realtà per far sì, come auspica il Papa, che il contatto virtuale non sia solo artificiale ma divenga la premessa o l’amplificazione di un autentico incontro, bisogna rendersi conto che comunicare è creare comunione.

La comunicazione funziona solo se le persone si rendono conto che ciò che dici è sentito. La gente non ascolta le parole che dici ma quello che senti. Per questo gran parte del segreto del comunicare sta nell’attenzione previa che si mette nell’ascoltare e, quasi sempre, attenzione significa investire tempo.

Solo se prima ascolto e sento, poi, posso parlare, cioè dire quello che sento. Che, a quel punto, contiene anche chi aveva dialogato con me prima: solo così si sente a propria volta ed è possibile che poi parta il dialogo. Perché l’efficacia della parola è nella comunione che si stabilisce: la comunicazione è comunione.

Quando si pensa alla comunicazione, soprattutto via web o social, si pensa ad una serie di tecniche spesso piene di termini astrusi e invece la tecnica serve per imparare ad essere semplici. E questo è importantissimo. Chi decide di stare sul web non per vanità o per mercato ma per creare davvero “sociale”, si accorge subito che se ha deciso di aprire una finestrella anche solo millimetrica sulla propria vita è assolutamente necessario che quello spiraglio sia vero, sia davvero il proprio.

A dispetto di quanto si dice e si legge sulle fake news il miracolo che accade ogni istante sul web, e quindi nella comunicazione “social”,  è che la gente capisce subito se bleffi o fai sul serio: per questo, ormai, la priorità principale dei grandi social è trovare dei modi per ridurre al minimo la circolazione delle fake news, ovvero le falsità, le menzogne.

Il messaggio di Papa Francesco a proposito del narcisismo digitale non è solo quello di essere reali e concreti nella vita reale al di là di quella digitale, ma di essere veri e reali anche quando si è sul web. Come fa lui con i suoi account social da complessivi (quasi) cinquanta milioni di followers.

Tratto da Agi