Le Lettere di Luciano Sesta – Perché Salvini sbaglia ad esibire il Rosario
I cattolici salviniani dicono che non bisogna avere paura di manifestare la fede religiosa in pubblico. Dicono che l’attuale sovranismo è volontà di Dio contro il grande Satana che siede a Bruxelles. Usano un linguaggio apocalittico-religioso, indicando come scontro fra le forze del bene (loro) e le forze del male (gli altri) quella che è solo una normale dialettica fra partiti politici. Confondono, banalmente, il piano civile con quello religioso. Dimenticano, banalmente, che il piano umano è stato dotato, da Dio stesso, di una sua autonomia. E che Dio non è una scorciatoia per ottenere più facilmente ciò che, rimanendo su un piano politico, otterremmo a fatica e senza le garanzie che solo una forza soprannaturale potrebbe darci.
Non si tratta di criticare la persona di Salvini. Ho sempre sostenuto che farlo sia sbagliato. Non mi sento autorizzato a giudicare il mio prossimo, e non condivido coloro che accusano Salvini di ipocrisia, e cioè di fingere, per ottenere voti, una fede religiosa che egli non avrebbe affatto. Dirò di più. Io credo nella buona fede di Salvini. Credo davvero che sia sinceramente credente. Ma credo anche che egli stia sbagliando, oggettivamente, a usare la propria fede in quanto uomo politico. E ancora di più sbagliano coloro che difendono questo suo agire, come fa l’autore dell’articolo che ho postato sotto.
Quel che secondo me non hanno ancora capito i cattolici salviniani è che il problema non è censurare l’esibizione pubblica dei simboli religiosi, ma l’appropriazione indebita, da parte di uno schieramento politico opinabile, di ciò che, essendo in teoria una verità “non opinabile”, rimane di tutti, se lo vogliono. Nessun partito politico è autorizzato a dare l’impressione che sia “di parte” ciò che è “di tutti”. O forse i cattolici salviniani dimenticano che il “partito di Dio”, in arabo “Hezbollah”, trasforma Dio, da Padre di tutti gli uomini, in una divinità minore reclutata per sponsorizzare una fazione contro le altre. L’esibizione politica del Rosario è una distruzione della maternità universale di Maria.
Un’ulteriore prova che il problema non è manifestare pubblicamente la propria fede religiosa, ma la sostanza etico-politica delle proprie scelte, viene dalla storia. Si critica spesso l’accostamento fra Hitler e Salvini. Ed è giusto. Ma si deve anche ricordare che, nel 1935, Adolf Hitler motivò le leggi antiebraiche di Norimberga con il motto “Gott mit uns”, “Dio è con noi”. Gli ebrei, così ragionava Hitler, hanno ucciso Gesù Cristo, e poiché noi tedeschi siamo cristiani, è giusto difendere il buon nome di Cristo limitando i diritti degli ebrei. Di fronte alle critiche di chi invitava a non sbandierare la fede cristiana come sponsor di partito, cosa avrebbe detto un cattolico salviniano? Che bisogna avere il coraggio di parlare di Cristo nelle pubbliche piazze. Che si tratta di coerenza cristiana.
È chiaro che non può funzionare. E che bisogna tornare a concentrarsi sulla laica plausibilità delle proprie proposte politiche, senza chiamare in soccorso forze più grandi di noi. Quando lo si fa, come sta facendo Salvini, si compie un’operazione decisamente sleale, perché si sfrutta l’adesione religiosa della gente per estorcerle anche quella politica, risparmiandosi la fatica di dimostrare che la differenza fra il proprio partito e quello degli altri non è che quella fra religione e ateismo o fra bene e male, ma fra ciò che si è saputo rendere più convincente e ciò che lo è di meno.
Luciano Sesta, sposato e padre di quattro bambini, è docente di Storia e Filosofia nei Licei Statali Insegna Antropologia filosofica e bioetica all’Università di Palermo, ed è stato membro dell’Ufficio della Pastorale della Cultura dell’Arcidiocesi di Palermo. Ha pubblicato numerosi saggi nell’ambito della teologia morale, della bioetica e dell’etica