Le Lettere di Alessandra Bialetti – Dai banchi di scuola un invito a riflettere

Passata la bufera di Verona, ma solo il vento e non la famosa “sostanza” di cui tanto si è parlato, rimane la realtà. Parto dalla lettura di questo articolo per riflettere insieme sulla necessità improrogabile e innegabile di confrontarsi su quanto piccoli e grandi vivono nella quotidianità. L’educazione parte dalla famiglia ma continua nella e con la scuola dove i bambini e i ragazzi crescono a contatto con le tante storie di vita che popolano i banchi. Verona ci insegna che non si può ignorare la realtà o volerla schematizzare in categorie che, se da una parte danno l’illusione di gestirla, dall’altra recano il rischio di non interpretarla nella sua essenza. Verona insegna che ci si devono porre questioni importanti piuttosto che liquidarle dietro uno slogan. Verona insegna che dal dialogo, e dalla contaminazione delle esperienze, dovrebbe nascere la costruzione di un terreno comune in cui tutti si possano riconoscere e incontrare. La scuola è un tassello importante e fondamentale della crescita dell’individuo. Ma per aiutarlo a formarsi occorre essere informati e formati. Ed essere formati vuol dire conoscere la realtà in cui si agisce e possedere strumenti per leggerla. Ogni realtà. Accogliere un bimbo, figlio di famiglie arcobaleno, non deve mettere paura ma spingere a capire, studiare, approfondire per meglio aiutarlo a crescere e a interagire con i compagni. Non significa sdoganare il tanto temuto gender, ma allargare la riflessione in un’ottica di inclusione pur mantenendo la libertà di esprimere opinioni differenti. Perché accogliere non vuol dire necessariamente essere d’accordo ma aprire la propria comprensione a chi è portatore di un vissuto e una storia differente e non per questo sbagliata sebbene minoritaria. Spesso sono gli stessi insegnanti a chiedere corsi di formazione adeguati per meglio svolgere il loro compito di guide educative. I piccoli della famiglie arcobaleno hanno aperto una strada a partire dalle proprie vite, a partire dal primo giorno di scuola in cui hanno portato la loro storia e la loro vita. E hanno diritto a essere ascoltati insieme ai loro genitori, per capire e costruire uno spazio inclusivo della loro peculiarità senza la pretesa di sostituire o delegittimare la famiglia tradizionale. I piccoli con le loro storie insegnano che non si deve aver paura di ciò che non si conosce ma semplicemente avere il coraggio, la forza e la volontà, di porsi domande e cercare insieme risposte. Che il più delle volte arrivano proprio all’interno tra i banchi quando i bambini tra loro si contaminano e si scoprono simili al di là delle differenze. Le barriere semmai sono altrove, sono nei giudizi e pregiudizi. L’invito è per tutti noi: superare le paure per lasciarsi interrogare dalla realtà, costruire ponti di dialogo perché diverso non è sinonimo di sbagliato, perché adottare strategie inclusive non è permeare la scuola dell’ideologia gender ma aiutare ogni bambino a poter essere se stesso, con la propria storia, la propria famiglia e il proprio diritto a una formazione serena e rispettosa del proprio vissuto. Perché il diritto all’educazione è un diritto trasversale in quanto universale. Perché ogni diritto se non è di tutti non è un diritto.

 

Vivo e lavoro a Roma dove sono nata nel 1963. Laureata in Pedagogia sociale e consulente familiare, mi dedico al sostegno e alla formazione alla relazione di aiuto di educatori, insegnanti, animatori. Svolgo attività di consulenza a singoli, coppie, famiglie e particolarmente a persone omosessuali e loro genitori e familiari offrendo il mio servizio presso diverse associazioni (Nuova Proposta, Rete Genitori Rainbow, Agedo). Credo fortemente nelle relazioni interpersonali, nell’ascolto attivo e profondo dell’essere umano animata dalla certezza che in ognuno vi siano tutte le risorse per arrivare alla propria realizzazione e che l’accoglienza della persona e del suo percorso di vita, sia la strada per costruire relazioni significative, inclusive e non giudicanti.