Se “mi” racconto mi conosci – Infermiera cerca di essere “furtiva” ma la mamma scatta la foto facendo sapere a tutti di averla vista

Alessandra Bialetti segnala al blog questo articolo, introducendolo così

Questa volta la buona notizia si nasconde tra le pieghe di un dolore forte e difficile da portare. Un dolore però condiviso, da mani accudenti, da un cuore discreto, da presenze invisibili ma fortissime. Un dolore così, anche se lancinante, è abitato. Non solitario, non senza voce, non senza braccia che cingono la propria fatica. Queste infermiere, nel silenzio, nella loro “invisibilità”, hanno saputo farsi carico della croce, condividere un pezzetto di cammino verso il calvario, prendersi cura non solo del fisico ma di cuori dilaniati da una sofferenza inaudita. Tante volte segnaliamo la mala sanità essendone anche vittime. Non desidero puntare l’occhio sulla cattiva notizia di un sistema sanitario che non funziona ma sul vangelo dei piccoli gesti che rendono meno pesante il cammino e meno solitaria una vita segnata dal dolore.

Sophie è stata una bambina in salute fino al 18 maggio 2017, quando aveva 2 anni. Quando si è ammalata, i suoi genitori Shelby e Jonathan hanno pensato che soffrisse di allergie. Faceva fatica a respirare e il suo pediatra ha sospettato che avesse l’asma. Ben presto però è stato chiaro che la situazione fosse molto peggiore. La bambina avrebbe dovuto fare dei test allergici due giorni dopo, ma durante la notte ha smesso di respirare.

 
 

È l’incubo di qualsiasi genitore. Shelby e Jonathan hanno chiamato subito l’ambulanza e solo pochi minuti dopo erano già diretti in ospedale. Poi i medici hanno confermato che la piccola Sophie soffriva di qualcosa di molto peggiore dell’asma o delle allergie.

Hanno infatti scoperto una massa grande come una pallina nel suo petto. Purtroppo aveva un linfoma delle cellule T. Cancro. La bambina stava lottando per la sua vita. Purtroppo neppure la chemioterapia è riuscita ad impedire che il cancro si diffondesse. Le cure che ha subito hanno avuto un impatto sulla sua capacità di camminare, parlare, usare le mani e mangiare. Mentre Sophie lottava per la vita, i suoi genitori hanno trascorso innumerevoli ore in ospedale per stare al suo fianco.

Shelby, la mamma di Sophie, è rimasta sempre al fianco di sua figlia per controllarla. La sua unica preoccupazione era sua figlia e il modo in cui veniva curata. Il suo corpicino indebolito aveva bisogno di un trapianto di cellule staminali. In quella situazione caotica e difficile, la mamma ha notato che le infermiere facevano di tutto per passare inosservate. Ma Shelby le vedeva.

Dopo aver scattato una foto mentre una delle infermiere era di spalle, Shelby l’ha pubblicata su Facebook, nella pagina che lei e suo marito avevano creato per documentare la lotta della bambina contro la malattia.

“Vi vedo,” ha scritto Shelby. E ha continuato: “Sto seduta tutto il giorno su questo divano e vi vedo. Fate di tutto per non farvi notare da me e mia figlia.

Vedo che vi commuovete quando mia figlia vi vede e piange. Provate in tutti i modi ad alleviare le sue paure e a convincerla. Vedo che esitate quando dovete infilarle un ago o toglierle i cerotti. Dite ‘nessun problema’ e ‘mi dispiace’ più di quante volte durante il giorno le altre persone dicano ‘grazie’.”

“Ho visto tutti i braccialetti di gomma che portate al braccio e attorno allo stetoscopio. Uno per ogni bambino di cui vi siete occupate e a cui avete voluto bene. Vi vedo accarezzare la sua testolina pelata e rimboccarle per bene le coperte. Vi vedo abbracciare le mamme che piangono dopo aver ricevuto cattive notizie. Vi vedo lavorare al computer tenendo in braccio i bambini le cui mamme non possono essere in ospedale per occuparsi di loro.”

“Voi mettete da parte ciò che succede nella vostra vita per 12 ore al giorno per occuparvi di bambini molto malati e a volte morenti. Entrate in ogni stanza col sorriso, non importa quello che sia successo lì. Leggete il nome di Sophie nella cartella e venite a controllarla anche quando non è vostra paziente.

Chiamate il dottore, la banca del sangue e la farmacia ogni volta che è necessario per far avere a mia figlia tutto ciò di cui ha bisogno in tempi ragionevoli. E controllate me ogni volta che controllate lei. Vi sedete e mi ascoltate parlare a vanvera per 10 minuti anche se vi squilla il telefono e la vostra lista di cose da fare è lunghissima.”

“Io vi vedo. Tutti vi vediamo. Niente potrà mai essere sufficiente per esprimere quanto vi apprezziamo. Voi siete il nostro Gesù ogni giorno. I nostri bambini senza di voi non avrebbero quello di cui hanno bisogno. Le mamme come me non si sentirebbero sane di mente e neppure ascoltate senza di voi. Voi salvate i nostri bambini e noi senza di voi non potremmo farlo.”

Il commovente messaggio di Shelby non ha toccato solo il cuore delle infermiere alle quali era diretto, ma anche quello degli altri genitori che hanno avuto esperienze simili e che hanno capito che le infermiere sono la spina dorsale del reparto di pediatria.

Il lavoro di queste infermiere è difficilissimo perché ogni giorno accompagnano i genitori nel momento peggiore delle loro vite.

Purtroppo la piccola Sophie non ha mai avuto la possibilità di crescere e ringraziarle. Il suo corpicino non è riuscito a sopravvivere alle cure e all’aggressività del cancro. Nel dicembre 2017 ha avuto una ricaduta e la famiglia ha deciso di interrompere le cure. Per lei purtroppo non c’era più nulla da fare.

I suoi genitori hanno trascorso gli ultimi 13 giorni della loro bambina coccolandola, leggendole libri, cantando e guardando i cartoni con lei finché la piccola non se n’è andata tra le amorevoli braccia della sua mamma il 4 gennaio 2018.

“Il mio obiettivo durante tutto questo, era quello di essere onesta e trasparente e far capire cosa succede esattamente quando si affronta una malattia come il cancro. Io non ho addolcito le giornate brutte, ma sono stata anche capace di mostrare ciò che ha fatto il Signore durante tutto questo periodo. Spero di continuare a farlo mentre proseguiremo con la nostra vita senza di lei,” ha detto Shelby.

Il cancro è davvero una malattia terribile, specialmente poi quando tocca i bambini. La storia di Sophie serve a ricordare a tutti che bisogna vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, amarsi come se non ci fosse un domani. Questa storia ci fa notare anche che le infermiere e tutto il personale degli ospedali meritano di essere riconosciuti. Essi toccano tantissime vite e si prendono cura non soltanto dei loro piccoli pazienti ma anche dell’intera famiglia. Attraversano quelle battaglie che tutti noi preghiamo di poter evitare e lo fanno giorno dopo giorno, famiglia dopo famiglia.

Tratto da Newsner

 

Vivo e lavoro a Roma dove sono nata nel 1963. Laureata in Pedagogia sociale e consulente familiare, mi dedico al sostegno e alla formazione alla relazione di aiuto di educatori, insegnanti, animatori. Svolgo attività di consulenza a singoli, coppie, famiglie e particolarmente a persone omosessuali e loro genitori e familiari offrendo il mio servizio presso diverse associazioni (Nuova Proposta, Rete Genitori Rainbow, Agedo). Credo fortemente nelle relazioni interpersonali, nell’ascolto attivo e profondo dell’essere umano animata dalla certezza che in ognuno vi siano tutte le risorse per arrivare alla propria realizzazione e che l’accoglienza della persona e del suo percorso di vita, sia la strada per costruire relazioni significative, inclusive e non giudicanti.