Se “mi” racconto mi conosci – L’amore che non chiede niente in cambio

“Ho ventitré anni e da sei studio all’estero. Ho avuto due genitori incredibili che mi hanno permesso di andarmene di casa quando l’ho desiderato e che purtroppo sono entrambi stati portati via dal cancro, a qualche anno di distanza”.

“L’emozionante storia della signora Paola (che ha trovato il calore dei suoi allievi nel dolore della malattia) è un po’ quella di mio padre e un po’ la mia: a lui è stato diagnosticato un melanoma nel 2016 e fino in fondo, per proteggermi, non ha voluto che tornassi a casa ma mi ha spinta a continuare nei miei studi e nei miei progetti. Fin quando ha potuto non ha chiesto aiuto a nessuno, anche per timore di disturbare; poi ha cominciato a non poter più camminare, cucinare, a non potersi più occupare di tutto il lavoro amministrativo che accompagna la malattia, ma ecco che i suoi amici hanno chiesto il permesso di intromettersi e hanno donato un sostegno che penso mio padre non avrebbe mai immaginato”.

“Non parlo solo di visite e di telefonate, parlo di una vera e propria organizzazione di turni per i pasti, per le cure mediche, per l’ossigeno, il bucato; la generosità di una compagnia la cui unica premura è stata quella di non occupare troppo posto. Quando mio padre è stato ricoverato ci sono rimasti vicini, e penso che anche lui provasse la stessa meraviglia che cerco di esprimere adesso di fronte a questa sollecitudine che non chiede niente in cambio, una cura che non è né quella del denaro né quella dei legami di sangue”.

“Forse è anche questo il nero della sofferenza: questo credere che gli altri non abbiano tempo o pazienza per il nostro dolore, il che aggiunge terrore a sofferenza, perché abbiamo paura che quando saremo fragili diventeremo solo un peso e che da ammalati nessuno vorrà avere a che fare con noi”.

“Anch’io di questo calore ho fatto l’esperienza; sono figlia unica e dal primo momento mi sono trovata circondata, sostenuta da persone amiche e confesso che neanch’io me lo sarei mai aspettata. La compagnia di amici dei miei genitori mi ha aiutata e mi dà tutt’ora un sostegno immenso con tutta la mole di burocrazia che accompagna la perdita per mesi e mesi. La mia tata di quand’ero piccola mi ha aperto le porte della sua casa senza mai chiedere quanto contassi di restare. Due miei compagni di università, che purtroppo non conosceranno mai i miei genitori, hanno preso l’aereo per venire a svuotare l’appartamento con me”.

“Tutte queste persone hanno permesso che al dolore non si aggiungesse la solitudine, e alla solitudine il rancore. La ragione per la quale scrivo è in fondo la mia sorpresa nello scoprire questa generosità. Sarà la vita da grande città, sarà un po’ l’aria che tira, ma ignoravo che le persone fossero disposte a donare tanto tempo e cura e forse se non ne avessi fatto l’esperienza a mia volta non mi sarei sentita di donarli mai”.

“Questo vorrei comunicare a chi ha paura, chi teme il momento in cui sarà vulnerabile, anche perché si fa della nostra società un’immagine negativa, d’individui calcolatori ed egoisti, o semplicemente troppo occupati dai fatti propri. E vorrei ringraziare chi con amore mi ha donato questa incredibile lezione”.

Tratto da Invece Concita (Blog di Concita de Gregorio)