Blog / Luciano Sesta | 06 Gennaio 2019

Le Lettere di Luciano Sesta – Prima le italiane

Se vuoi essere a favore dei migranti e contro il decreto sicurezza devi prima avere un requisito. Non devi essere contrario all’aborto. Non puoi dunque lottare affinché le donne siano messe in condizione di far nascere i loro bambini e, al tempo stesso, affinché gli stranieri che giungono da noi possano essere accolti e integrati. O l’uno o l’altro. Tertium non datur

Chi studia filosofia sa che ai filosofi, soprattutto quelli anglofoni, piace proporre “esperimenti mentali”, ossia situazioni immaginarie che hanno lo scopo sia di capire meglio alcuni problemi, sia di sostenere o criticare determinate posizioni. Ne propongo uno per far vedere l’incoerenza di tutti coloro che, in nome dei “diritti umani”, pensano si possa essere contrari al decreto sicurezza e, al tempo stesso, a favore dell’aborto.

Si immagini che, in virtù di un sofisticato sistema di utero-transfert finalizzato ad aggirare il decreto sicurezza, tutti gli attuali bambini non ancora nati di straniere in procinto di giungere nel nostro paese vengano trasferiti nel grembo di donne italiane. Questa si’ che sarebbe una geniale forma di immigrazione clandestina, capace di aggirare (e raggirare) le limitazioni imposte dalle autorità italiane.

Ora, però, si immagini anche che tutte le italiane incinte dei migranti non ancora nati decidano di abortire, perché convinte dalla propaganda leghista. Di fronte agli appelli dei pro-life che propongono di far nascere i bambini affinché, una volta dati in affido, possano crescere e integrarsi nella società, ecco che tutti gli apparenti difensori dei diritti umani dei migranti scoprono le carte: essendo contrari al decreto sicurezza ma favorevoli all’aborto in nome della scelta della donna, si troveranno nella scomoda posizione di chi giustifica l’espulsione di un migrante in base allo slogan “prima le italiane”. Il “prima le donne” che giustifica l’aborto, infatti, qui significa “prima le italiane” che giustifica l’espulsione di un migrante.

Questo aborto “collettivo” è ingiusto perché “razzista” o perché “aborto”? Se diciamo perché è “razzista” ricadiamo nel razzismo di chi discrimina le donne italiane, che non potrebbero abortire, rispetto a quelle straniere, che invece potrebbero farlo. Se invece diciamo che è ingiusto perché è un aborto, allora saremo costretti a dire che è ingiusto anche l’aborto di feti “italiani”, non solo “stranieri”.

Peraltro, se invece che nel grembo di un’italiana autorizzata ad abortirlo si fosse trovato nel grembo di una straniera in un barcone, lo stesso migrante avrebbe improvvisamente – e magicamente – riacquistato i suoi diritti, come si evince dal superiore impatto emotivo che comporta venire a sapere che alla frontiera è stata respinta una donna incinta piuttosto che una che non lo era.

Insomma, capisco che essere contrari al decreto sicurezza e al tempo stesso all’aborto è posizione talmente rara, da disorientare chi ha bisogno di muoversi in base a mappature già codificate, ma credo che ci siano ragioni etiche e logiche inoppugnabili perché si possa dire che chiunque sia contrario al decreto sicurezza senza esserlo anche contro l’aborto è non solo incoerente, ma finisce anche per rendere facilmente criticabile la sua pur giusta causa. I diritti umani, infatti, o appartengono a tutti gli esseri umani, o a nessuno.

Luciano Sesta, sposato e padre di quattro bambini, è docente di Storia e Filosofia nei Licei Statali Insegna Antropologia filosofica e bioetica all’Università di Palermo, ed è stato membro dell’Ufficio della Pastorale della Cultura dell’Arcidiocesi di Palermo. Ha pubblicato numerosi saggi nell’ambito della teologia morale, della bioetica e dell’etica