Blog / Nicola Sparvieri | 17 Novembre 2018

Le Lettere di Nicola Sparvieri – Il Nobel per la Fisica negato a Nicola Cabibbo

Dieci anni fa l’incredibile vicenda mai spiegata

È sconvolgente la vicenda accaduta al Fisico Teorico Nicola Cabibbo che nel 1974, insieme ai fisici giapponesi Kobayashi e Maskawa, presenta un lavoro scientifico nel quale mostra come, nelle interazioni deboli, la violazione della simmetria congiunta di coniugazione di carica e parità (cosiddetta simmetria CP) richieda tre generazioni di quarks.

La violazione di CP, l’asimmetria tra materia e antimateria, è generalmente considerata come la ragione per cui esistiamo in un universo di materia virtualmente priva di antimateria, ad eccezione di quella prodotta nei laboratori di Fisica delle alte energie. Questa teoria, basata sulla cosiddetta matrice di CKM, dove CKM è l’acronimo dei tre cognomi Cabibbo, Kobayashi e Maskawa, prevede l’esistenza di sei quark rispetto ai quattro allora noti.

La matrice CKM è un modello che ha consentito di prevedere l’esistenza di sei differenti tipi di quark che combinandosi in diversi modi formano le particelle dei nuclei atomici (protoni e neutroni) oltre che i barioni e i mesoni. Nell’Ottobre del 2008 viene assegnato il Premio Nobel per la Fisica a Kobayashi e Maskawa senza alcuna menzione alle ricerche di Cabibbo.

Fra la grande sorpresa dei fisici, soprattutto italiani, nell’apprendere la decisione della giuria di Stoccolma, Cabibbo con grande senso di responsabilità, forse veramente eccessivo, non volle mai commentare l’accaduto né, meno che mai, protestare o chiedere spiegazioni. Qualcuno avanzò l’ipotesi che l’esclusione di Cabibbo dal Nobel fosse dovuta al fatto che era il Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, incarico nel quale fu nominato da Giovanni Paolo II nel 1993 e che mantenne fino al momento della sua morte avvenuta nell’Agosto 2010. Allo stato questa ipotesi è l’unica possibile e getta una luce agghiacciante sui meccanismi di scelta del Comitato Nobel per la Fisica della Reale Svedese Accademia delle Scienze.

Come non pensare a una volontà di escludere, quasi come una forma di vendetta, chi ha suo tempo è stato, come la Chiesa, persecutore di tanti scienziati, da Galileo in poi? Ma a parte il contenuto di tale eventuale assurdità, quello che sorprende è che, in tal modo, si è voluto colpire un singolo scienziato, totalmente innocente da tale presunta colpa. Estremizzando si potrebbe anche configurare una vera e propria discriminazione lesiva dei diritti civili di una minoranza. Tutto questo alla faccia della sedicente libertà e democrazia dei civilissimi Stati Scandinavi del nord Europa. Viene da pensare alla leggerezza di tanta intellighenzia internazionale chiamata a costituire i Comitati di assegnazione del Nobel o, per i complottisti a tutti i costi, alla collusione di qualcuno con poteri forti da sempre avversi alla Chiesa come le massonerie o altri centri di gestione globale del potere.

Ma al di là di tutto questo rimane l’amara vicenda umana di una persona meritevole e ingiustamente trattata e la sorpresa basita della comunità dei fisici italiani. Come studente di Fisica a Roma negli anni che vanno dal 1978 all’ 1983 e, successivamente alla mia Laurea, con la mia frequenza presso l’ Istituto di Fisica Guglielmo Marconi (ora Dipartimento di Fisica) vidi molte volte e scambiai qualche battuta nei corridoi con il Prof Cabibbo col quale seguii il corso di Fisica Teorica per puro interesse dato che non faceva parte del mio piano di studi. Veneravo il Prof Cabibbo nel mio intimo per il suo valore scientifico e mi sforzavo di coglierne anche qualche dato di umanità che però trapelò pochissimo nel corso della mia brevissima e superficiale interazione con lui. Inoltre mi sono stupito moltissimo in seguito di scoprire che era socio prima e presidente poi della Pontificia Accademia delle Scienze. Questo lo rendeva ancora più interessante ai miei occhi sapendo che il famoso Professore era anche un cattolico impegnato, cosa rarissima nell’ambiente dei fisici che frequentavo.

Il fisico medio è infatti dotato di quel senso di “aristocrazia culturale” che da un lato gli permette di essere sprezzante nei confronti di altre professioni, quali ad esempio l’ingegneria, ma dall’altra lo porta a una forma di incolta superficialità nei confronti di altre chiavi di lettura della realtà, più specificamente umane ed esistenziali come la spiritualità. Si assiste così a quella interessante parodia dell’ “essere fisico” che ha coinvolto anche me per oltre due decenni della mia vita. Si tratta in fondo di una forma di atteggiamento culturale nei confronti della vita e del prossimo che tradisce una forma di superiorità intellettuale che, in fondo, non è altro che un tenerissimo senso di appartenenza a un gruppo umano e a una comunità scientifica cui ti lega un modo di ragionare (“per modelli”), di parlare e perfino di muoversi. Oltre a questi aspetti piacevoli e innocui appare talvolta, specie in quegli anni “di piombo” anche una forma di intolleranza per il diverso un po’ radical-chic fatta anche di disprezzo e di emarginazione. Nicola Cabibbo era nato a Roma il 10 aprile 1935 da genitori siciliani (padre avvocato e madre casalinga). Studente al liceo Tasso si iscrive a Fisica all’Università di Roma e si laurea con Bruno Tousheck nel 1958 sulle interazioni deboli. Nel 1961 pubblica un articolo sulla sezione d’urto delle particelle elementari allora conosciute. Poi va a Ginevra e dopo al Lawrence Radiation Laboratory di Berkeley in California.

Nel 1963 firma sulla prestigiosa rivista Physical Review Letters l’articolo che lo avrebbe reso famoso in tutto il mondo, dove introduceva una famosa costante, conosciuta oggi come “angolo di Cabibbo” (“Unitary Symmetry and Leptonic Decays”, Phys. Rev. Lett., 10 (1963), pp. 531-533), nel quadro della teoria delle interazioni deboli, fornendo alcuni fondamentali elementi del futuro Modello Standard delle particelle elementari. Questo articolo è stato valutato nel 2006 come “la pubblicazione più citata di tutti i tempi”. Dal 1969 diviene professore di fisica delle particelle elementari all’Università di Roma. Nel 1974, insieme a Kobayashi e Maskawa, produce il già citato modello CKM che nel 2008 sarà premiato col Premio Nobel per la Fisica come sopra ricordato. Oltre che all’Università di Roma La Sapienza, ha insegnato anche a Princeton, Parigi, Chicago, New York, Syracuse, l’Aquila e nell’Università di Roma Tor Vergata. È stato presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) per nove anni dal 1983 al 1992; sotto la sua presidenza sono stati inaugurati i Laboratori nazionali del Gran Sasso. Dal 1993 al 1998 è stato presidente dell’ENEA (Ente Nazionale per le Energie Alternative). Dal 2008 era entrato a far parte del Comitato scientifico dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Oltre ad essere membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei, fu membro della National Academy of Sciences degli Stati Uniti, della European Physical Society, dell’International Center for Theoretical Physics e della Società Italiana di Fisica. Per i suoi studi sull’interazione debole gli era stata conferita la Medaglia Dirac.

Negli ultimi tempi gli interessi scientifici di si erano diretti all’applicazione di alcuni problemi di fisica teorica nel campo dei supercomputer.Da lungo tempo sofferente di un tumore, muore la sera del 16 agosto 2010 all’Ospedale Fatebenefratelli di Roma, dove era stato ricoverato per crisi respiratoria. Per quello che riguarda i rapporti tra Scienza e Fede, egli manifestò con libertà la sua fede cattolica, offrendo sempre considerazioni su come gestisse il problema apparentemente contraddittorio della compatibilità della visione scientifico-razionale del mondo con quella religiosa. In sostanza egli ritiene scienza e fede del tutto compatibili perché si occupano di due aspetti diversi del reale.

Il conflitto tra scienza e fede nasce da un equivoco: dal fatto che si è voluto attribuire alle immagini e alle parabole della religione il valore di enunciati scientifici. È evidente che si tratta di un’operazione priva di senso. Egli era convinto che tra le due dovesse esserci un rispetto reciproco operando su campi diversi della natura umana: il razionale e l’esistenziale.

Nel ruolo di Presidente della Accademia Pontificia delle Scienze non aveva mai esitato a prendere posizioni nette in favore della correttezza e della obiettività scientifica. Fu particolarmente apprezzato il suo ruolo nella discussione intorno alle teorie neo-creazionistiche orginatesi in alcuni ambienti del fondamentalismo biblico, tanto più importante data la sua posizione di prestigio nel mondo cattolico. Intervistato a tal proposito dal National Catholic Reporter, spiegò che la teoria dell’evoluzione può essere fastidiosa per i cristiani perché sembra entrare in conflitto con l’idea della creazione divina. Questa paura è, tuttavia, infondata. Ciò che entra in contrasto con la creazione divina è la possibile estensione della teoria dell’evoluzione in una direzione materialistica, il cosiddetto evoluzionismo. E sulle implicazioni etiche affermava che, se da un lato le religioni potevano dare gli input sull’etica, dall’altro era importante che la comunità scientifica avesse un ruolo positivo nell’elaborazione della morale.

Non nascondeva che certe questioni potevano generare qualche imbarazzo fra religione e ricerca ma, parafrasando una famosa frase ripetuta da Galilei, sosteneva che l’uomo deve aspettarsi dalla fede la salvezza e non la spiegazione del mondo. Egli riteneva anche che la Chiesa, dopo aver rivolto le proprie attenzioni ai temi dell’evoluzionismo e della biologia, avrebbe dovuto presto confrontarsi anche con la fisica, soprattutto dopo i possibili sviluppi legati al funzionamento del più grande acceleratore di particelle del mondo, il Large Hadron Collider (LHC) del Cern di Ginevra.

A questo proposito, non condivideva la definizione di “particella di Dio” data al “bosone di Higgs”. «Chiamare il bosone di Higgs la particella di Dio – commentò- è stata la trovata stravagante di un collega americano, ma con Dio non ha nulla a che fare». A motivo del suo incarico ebbe la possibilità di presenziare le più importanti circostanze di dialogo fra i Pontefici e la comunità scientifica internazionale, prima con Giovanni Paolo II e poi con Benedetto XVI. Rivolse particolare interesse allo studio della vicenda di Galileo, tema al quale dedicò molti interventi pubblici.

Durante la sua permanenza all’accademia, e sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, sono ricordate sia la definitiva riabilitazione di Galileo Galilei, sia la sostanziale ammissione che la teoria dell’evoluzione non è in contrasto con la dottrina cattolica.

 

Nicola Sparvieri (Roma, 1959), sposato, nove figli, vive e lavora a Roma. Laurea in Fisica. Per interesse ed esperienze personali segue le vicende del cattolicesimo nelle sue relazioni con la Scienza e la Società. Ha un blog