Blog / Terry | 24 Ottobre 2018

Le Lettere di Terry – Oltre la Croce

22 ottobre, festa di San Giovanni Paolo II

Oggi è la festa del Papa che mi ha accompagnata in tutta la mia crescita. Certamente ci sono un sacco di insegnamenti che non ricordo; non sono neanche stata brava a leggere le sue encicliche. Ma ogni volta che vedo le foto del suo viso, del suo sguardo e del suo sorriso, mi si spalanca il cuore.

“Non abbiate paura” Meravigliosa raccomandazione! Meravigliosa preghiera! “I don’t want to live in fear: I want to be free” Il motto della mia vita quando ho deciso – più o meno costretta – di saltare nel baratro della mia separazione, periodo in cui tutto mi faceva paura, tutti i riferimenti crollavano e la gente non mi riconosceva: non capiva la mia paura; tanto forte in molte circostanze, incapace di stare in piedi in diverse altre. La paura mi paralizzava e mi snaturava: non ero più io. Mi guardavo allo specchio e non mi piacevo. La mia forza e il mio coraggio li ho trovati in quel Dio che ho dovuto re-imparare a conoscere. Risale a quel tempo la prima richiesta “contro-natura”: mollare la presa su mio figlio, non tanto per non averne più cura, ma per non far dipendere il mio equilibrio dal nostro rapporto madre-figlio. Ricordo ancora l’esplosione che questo suggerimento, questa indicazione ricevuta dal mio DS (dir. spir.) scatenò in me: l’ira funesta, penso che si possa dire. Non credo di aver mai più attaccato un sacerdote con tanta furia. Stavo perdendo il controllo di me, dominata e straziata dalla paura che l’affetto del mio bambino, dal quale per la prima volta ero separata a causa del diritto di visita del padre, mi fosse tolto e negato, in virtù di una guerra matrimoniale in cui il mio unico pregio per la controparte sarebbe stato quello di essere morta. Stavo perdendo il controllo di me. E quando mi è stato spiegato per la prima volta che la mia vita aveva un senso a prescindere dal mio piccolino e che – indipendentemente dal padre – la sua vita mi poteva essere tolta in qualsiasi momento, perché non mi apparteneva e mi era stata solo affidata… lo ricordo bene: urlai con tutta la forza che avevo in corpo che Dio non poteva farmi diventare madre e poi pretendere da me il distacco e di essere disposta a perderlo… perché era contro-natura! Mamma mia! Il mio DS aveva la solidità e la fermezza del cedro del Libano: per niente scalfito dalla mia reazione, è rimasto calmo e mi ha dato l’alternativa: “Ok, vai avanti a disperarti nella paura di perderlo!”. Di colpo aveva tolto ossigeno alla furia e mi ha lasciato sola davanti a quel tipo di realtà, che è vera, ma che nessuno vuole vedere o considerare, da quanto è dura!

Non abbiate paura! Ricordo in cappella quella notte una lotta strenua col tabernacolo e poi esausta: “Ok! Però io non so come si fa! Io non ne sono capace! Posso affidartelo e imparare a non dipendere dal suo affetto, ma non so come si fa: non so neanche da parte girarmi. Se dovessi contare solo su di me direi che è impossibile. Mi sembra totalmente contro-natura. Capisco che è l’unica strada per non perdere il senno, per non perdere me stessa, per mantenere equilibrio e un minimo di serenità. Ma non so come si fa. Fai Tu! Insegnamelo Tu: sei il Maestro, no? Non riesco neanche ad immaginare come Tu possa fare” E poi mi addormentai. Non fu frutto di un momento, è stato un percorso e francamente credo che sia sempre in atto, sempre in evoluzione, perché non s’impara mai del tutto.

Non abbiate paura! Eh sì! Perché a ben guardare, da un certo punto di vista, ascoltare chi ti indica di “prendere la tua croce e seguirlo” fa una gran paura. E invece arriva lui, che ha vissuto la guerra, la morte dei suoi cari in giovane età, l’incubo delle deportazioni dei suoi amici, la persecuzione e la clandestinità.. arriva lui e ti dice “non abbiate paura!”. Non c’è che dire: ha centrato IL punto!

Prendere la propria croce fa paura. Fine.

Come si fa a non averne paura? Spesso nella vita ad ognuno di noi viene chiesto di accettare cose inaccettabili: la morte, il dolore, la malattia… Non c’è bisogno di andare in una Chiesa Cattolica per capire che non ha senso scappare: ognuno ha la sua ricetta… distacco dalle emozioni, purificazione per un’altra vita… Poi c’è chi scappa, è vero, ma – alla lunga – fuggire è controproducente e porta in sé il germe dell’infelicità, perché è impossibile evitare sempre la sofferenza: ci sta di imparare a gestirla e ognuno fa quel che può. Noi abbiamo un Dio, fatto uomo, che sulla Croce proprio ci sale e ti dice, “Prendi la tua e seguimi”. Ricordo una mia compagna delle elementari, ritrovata in età adulta, che giustificava il suo rifiuto per la Chiesa nel rigetto che quando era piccola le suscitava la proposta di “adorare un uomo inchiodato sulla croce”… per lei, e in generale secondo lei per qualcun bambino o persona capace di intendere e di volere, questa proposta è peggio di qualsiasi horror o Halloween! Che sorpresa ascoltare un punto di vista legato ad una percezione così diversa e lontana dalla mia: però ha le sue ragioni!

Negli anni ho sentito spesso il concetto di “amare la croce”: no! Col cavolo! Io non la amo la Croce, né voglio amarla! Ma a ben riflettere io non credo che ci sia chiesto di amarla: si tratta di un pensiero in più frutto di altre riflessioni, qualche pensatore/teologo forse ha traslato il fine con il mezzo, ma io non ci sto all’idea di amare la Croce. Io credo che il punto sia un altro e cioè essere capaci di amare Dio in modo così sconfinato da riuscire a fidarci ciecamente di Lui, di Lui quando ci dice “Prendi la tua croce e seguimi”, come offrendo il consiglio per qualcosa di positivo; fidarci anche quando per farlo si tratta di andare oltre il buon senso, di andare contro-natura, accettando e attraversando quei dolori e quelle sofferenze che la vita spesso presenta, ma non con la logica di amarle… No! Non si può amare la Croce! Ma con la logica di andare oltre la Croce. Secondo me il senso sta lì!

Ieri mi chiedevo: “Ma cos’è più difficile? Imparare ad accettare una volontà diversa dalla propria tout-court, o imparare ad accettare una realtà diversa dalla propria e che proprio non ci piace? Perché diverse volte mi è capitato di accettare che le cose potessero andare diversamente da come desideravo, salvo scoprire che la Sua volontà era migliore della mia e avevo la gratificazione di capirlo, nonostante i miei poveri neuroni. Ma quando la Sua volontà constato che è diversa dalla mia e che quella che mi propone proprio non mi va giù, forse anche solo perché i miei neuroni non ne vedono nessun lato positivo? Qual è la sfida più grande? Rinunciare a se stessi o farlo avendo però in contemporanea la disponibilità di abbracciare qualcosa che è umanamente inaccettabile?

Stamane pensavo a San Giovanni Paolo II: campione di fede, di fiducia nella Provvidenza, di abbandono. Ma quando ha subìto l’attentato, come cavolo ha fatto ad accettare la volontà di Dio? Come cavolo ha fatto ad “amare” la volontà di Dio e a non andare su tutte le furie? Dopo avergli dedicato tutta la sua vita, lo premiava così? Dio non chiede solo di abbandonarsi a Lui, no! Dio – secondo me – chiede di amare la Sua volontà, che è quella di portare la Croce, ma non di amarla: ma come si fa ad amare il fatto di subire un attentato? Come si fa ad amare il fatto di perdere la propria vita? Non è questa la summa del contro-natura?

Eppure San Giovanni Paolo II ha AMATO la volontà di Dio (non credo che abbia amato l’attentato in sé): non so se ci è riuscito da subito o ci ha messo un po’, ma ha amato Lui e la Sua volontà pure fino – non dico a morire per Lui – ma a soffrire per Lui (che a parer mio è pure peggio!). Ma come si fa? Mi si spezza il cervello anche solo a tentare di penetrare un tale mistero. Anche san Paolo lo dice: “L’amore tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”. Quante follie ha fatto ognuno di noi in preda all’amore?

Solo l’Amore crea. Il titolo di un fantastico libro. Solo l’Amore crea….grandi santi! Solo in virtù di un enorme Amore tanti santi sono stati capaci di abbracciare la volontà di Dio fino al punto di accettare di dare la vita, letteralmente, per seguirLo fidandosi del suo insegnamento: “Prendi la tua croce e seguimi”. A volte la realtà manifesta Croci che gridano vendetta e certamente GPII ne ha vissute parecchie!

E mi si spezza il fiato. Mi sembra una cosa tanto grande, troppo grande, per essere contenuta nel mio cuore, nel mio spirito, nella mia mente.

Ma noi siamo infinitamente più di quel che percepiamo. Noi percepiamo ogni giorno il nostro essere umani. Noi a sprazzi possiamo solo intuire la profondità e la promessa insita nel nostro essere figli di Dio. Noi siamo più di quel che sperimentiamo ogni giorno, ma fatichiamo a rendercene conto. L’unica cosa che mi consola è che per incarnare la nostra filiazione divina non siamo soli: abbiamo un Papà, una Mamma e tanti Fratelli Santi che ci hanno preceduto e dai quali possiamo imparare, chiedendo innanzitutto la Grazia dello Spirito Santo.

Ancora una volta, io non so come si fa ad amare così tanto. Io non lo so. Non so come si fa ad amare al punto di fidarci quando ci viene chiesto di accogliere realtà inaccettabili e che gridano vendetta. Io non ne sono capace. Non so proprio da che parte iniziare. Mi sembra contro-natura amare così tanto, amare così. Non so come si fa. Forse qualche anno fa sarei stata presa dalla tristezza, adesso qualcosina ho imparato e so che è sufficiente essere disposti ad imparare e poi – di solito – ci pensa Lui.

Sono felice? No. E’ quel tipo di lezioni che mentre le studi, ti danno il voltastomaco. Però ho imparato che fanno bene alla salute e allora cerco di portare pazienza. Non si tratta di amare la Croce: credo piuttosto che si tratti di amare Dio al punto di fidarsi totalmente di Lui, anche quando – in occasione del manifestarsi di certe realtà – certe croci – che sembrano schiacciarci – Lui ci chiede di accoglierle, e in questa richiesta, o suggerimento, o proposta che dir si voglia, per farlo, bisogna essere capaci di fidarci, e per fidarci è necessario amare Lui e ciò che ci chiede (portare la Croce) infinitamente più della nostra volontà o desiderio; bisogna infatti avere fiducia in ciò che Lui dice, bisogna essere convinti che siamo più del nostro limitato desiderio di bene e che Lui lo sa… e per questo vale la pena dargli ascolto, nonostante tutto; fidandoci del fatto che in modi e tempi a noi sconosciuti, schiodandoci dai “nostri” desideri di bene, ci apriamo all’opportunità di una libertà interiore che – forse – è il segreto per raggiungere una Felicità più grande..

Ma fare questo percorso, sembra così tanto contro-natura! Certo è contro la nostra natura umana, ma forse – ribadisco il “forse” – è in linea con la nostra natura divina, con il nostro essere figli di Dio e questo, non è infinitamente meglio?

La Croce, il dolore, la fatica e la sofferenza sono contro-natura, l’essere umano è fatto per la gioia. Gesù facendosene carico ci ha insegnato che tentare di evitarla a qualsiasi costo è una utopia sterile e controproducente; ci ha insegnato che fa parte della vita e che accettandola si può andare oltre, oltre il nostro essere solo umani, e raggiungere e vivere la realizzazione del nostro essere Figli di Dio. Spesso imparare a non dipendere da ciò che ci circonda, gioia o sofferenza che sia, ci guida verso un cammino di libertà interiore senza pari. Spesso quando viviamo una Croce, imparare ad accettarla va a braccetto con l’imparare a rinunciare al suo contrario positivo; provo a spiegarmi: imparare ad accettare che non posso avere figli, implica rinunciare alla gioia di averne in modo naturale. Non so quale dei due punti di vista sia più difficile da accogliere e vivere: certamente sono due facce della stessa medaglia.

Quante volte mi sono arrabbiata per la sensazione di dover accettare cose contro-natura! Forse sto iniziando a capire che sono a vantaggio di una natura un po’ più nobile e che io tendo a bistrattare. Sì, forse inizio ad intuirlo….ma non rende più facile l’impresa, forse solo un po’ più digeribile.

E oggi mi piace guardare questa immagine di San Giovanni Paolo II: abbracciato alla croce, ma con lo sguardo speranzoso rivolto in un’altra direzione. Si aggrappa alla Croce, ma il suo sguardo va oltre la Croce. Il suo sguardo va oltre la Croce.

L’accetta, ci si appoggia, la dà per scontata, come il bastone della nostra umanità, ma va oltre… lui vive per quell’oltre. 

San Giovanni Paolo II insegnami ti prego, ad amare Dio e la Sua volontà, anche quando la sento, la vivo e la soffro come inaccettabile. Aiutami ad appoggiarmi al bastone, per andare oltre. Io non so come si fa.


Radicata a Milano, ma cittadina del mondo. Prima di tutto sono mamma, purtroppo single da quasi subito. Contrariamente al mio sogno di essere moglie e madre di una famiglia numerosa, la vita mi ha costretta a diventare capo-famiglia single, una professionista e ora pure imprenditrice. Da sempre svolgo lavori di “servizio alla persona” e, al di là dei più diversi ambiti professionali così attraversati, il comun denominatore è che mi appassiono al cuore delle persone che incontro, alla loro storia e al loro vissuto. Per me la scrittura è introspezione e il confronto è crescita. Amo definirmi devota miscredente perché il mio cammino è strano: a gambero, a zig-zag, non scontato, non sempre ligio, in ricerca, nel quale però cerco sempre di avere onestà intellettuale.