Alex / Blog | 05 Settembre 2018

Le Lettere di Alex – Io, gay cattolico, ho bisogno di voi per accettarmi

Alex è il nickname di una persona omosessuale che ha già scritto diverse volte sul blog, prima di questo post il suo nickname era Sergio. 

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Ho bisogno di voi per accettarmi, soprattutto di voi cattolici. Perché sono cattolico. Ma anche se non fossi cattolico.

No, non è un affare mio, mio solo: ho bisogno di voi.

E perché? Perché sono un animale sociale: mi nutro e vivo del vostro amore, di delicatezza, della tenerezza e dell’appoggio che mi offrite e mi intossico e muoio con la vostra paura, col vostro odio, con la vostra poca carità e comprensione.

Qualcuno che va per il sottile inizierà a disquisire su cosa significhi “accettarsi”, e soprattutto “alla luce della parola di Dio…”. Qualcuno ha anche detto che chi è gay e si accetta va dritto all’inferno. Non lo linko…dimentichiamolo nel nulla.

Io vi assicuro solo che l’inferno e ogni sua possibile anticipazione terrena è nella non-accettazione-di-sé.

Ognuno di noi, single o in coppia, è chiamato ad un amore più grande di quello sensuale, ad un amore fondato sulla castità e su di un congiunto cammino spirituale, questo è ovvio. Un amore va fondato su ciò che è durevole ed eterno, questo è pacifico. Sarei solo un infiltrato stolto ed ingenuo se pensassi di volermi definire gay e cattolico senza aver colto il valore supremo e inossidabile della castità, negli etero come in me.

Proprio per questo obiettivo, io ho bisogno della reale, concreta maternità della Chiesa, di una sua pastorale alla luce del sole, della frequente assistenza riconciliatrice di preti sereni e aggiornati e di percorsi di coppia.

Una pastorale dove non abiti vergogna da una parte o giudizio dall’altra. La vergogna ti fa brancolare nelle tenebre: vi prego, tiratemi fuori da queste brutte tenebre! Il giudizio è temerario se viene scagliato contro ciò che non si sa e non si vive. Contro qualcosa che un gay non ha scelto affatto di vivere. Che non può che essere volontà di Dio.

E non venite a dirmi che è dal demonio che scaturisce qualcosa che, se vissuta nel dono reciproco, nella fedeltà e nella mutua e solida solidarietà, con il tempo conduce all’amore. Gli esempi sono rari perché noi gay siamo orfani abbandonati dalla società e dalla spiritualità, costretti sin dall’adolescenza al nascondimento nella nostra dolorosa diversità.

Ho bisogno della Chiesa per accettarmi, di una Chiesa realmente madre, che mi faccia sentire realmente figlio del Padre, che mi accompagni né più né meno come fa con una coppia di fidanzati eterosessuali. I quali devono continuamente riporre nelle mani del Signore la propria sessualità, ma che confidano nella possibilità di costruire, un po’ alla volta, una casa sulla roccia dove non abiti frustrazione, isolamento, egoismo e solitudine.

In coppia, con l’aiuto della Chiesa, confiderei nella possibilità di diventare anch’io, con quello che potrebbe essere il mio compagno di viaggio terreno, una cellula della società illuminata e nutrita dal resto della società, Chiesa cattolica in primis.

Una cellula felice, produttiva, aperta all’esterno, forte.

“Feconda”, a modo suo.

E’ una preghiera che elevo a Dio e a chi legge: ho bisogno di voi, di sentirvi fratelli, di sentirvi disposti ad aiutarmi a far cessare ogni mio dissidio interiore superfluo (quelli necessari li voglio), per arrivare ad accettarmi.

Solo così potrò fare qualcosa di buono nella mia vita intima, familiare e sociale. E per il Regno dei cieli, nel quale Dio ha urgenza che io mi riconosca, anche tramite voi, figlio suo amato, così come sono.

Così come Lui mi ha fatto.