Articoli / Blog / Rassegna stampa | 03 Settembre 2018

FarodiRoma – Intervista: “Nel mondo ci sono molte Susanne”

Trailer FilmFest è il festival dei trailer più importante d’Italia: quest’anno si svolgerà a Milano dall’11 al 13 ottobre e per la sezione specifica ha partecipato anche il booktrailer del romanzo “Una giornata di Susanna”. L’altro giorno il sito ufficiale ha comunicato che il vostro video è stato selezionato tra i 10 migliori da mettere a concorso e così il pubblico potrà votarlo: cosa ci dice in proposito?

È una grande soddisfazione per me, ma direi che il merito è tutto di Maxim Derevianko e della troupe che ha lavorato con lui: è stato il regista del trailer, ha scelto gli attori, ha fatto la sceneggiatura: insomma l’applauso va a lui e a loro.

Sì, ma lei è l’autore del romanzo.
Questo è vero: se vuole possiamo parlare di quello.

Le promettiamo che quando sapremo il risultato del Trailer FilmFest intervisteremo Derevianko. Nel frattempo lei cosa ci dice del romanzo? Sappiamo che “Una giornata di Susanna” ha avuto un’incubazione molto lunga…
La cosa è andata così. Il romanzo l’ho scritto in poco tempo, ma per tre anni ho pensato al personaggio di Susanna scrivendo un brano di prosa poetica che si intitolava “Il diario di Paci” e che pubblicavo ogni settimana sul mio blog. Inizialmente pensavo a una protagonista con il nome di Paci, una sudamericana. In realtà poi ho abbandonato alcuni dettagli, ma è rimasto il nome di Paci. Quando poi ha preso corpo Susanna ho smesso di scrivere Paci.

Quello che aveva scritto con Paci era una bozza, un tentativo…
Io faccio un paragone – irriverente – tra i cartoni di Michelangelo e la Cappella Sistina: dove i primi sarebbero Paci e la seconda sarebbe Susanna. Sono sicuro che prossimamente pubblicheremo anche “Il diario di Paci”. Lo stenderemo secondo uno sviluppo narrativo perché mi sono accorto che Paci ha avuto molto eco, soprattutto alcune poesie.

Glielo lo hanno chiesto in tanti: come è possibile che un uomo, per di più prete, possa scrivere queste cose? Ci lasci sorprendere di questo suo aspetto, perché dentro la sua poetica, la sua scrittura, porta delle tematiche che in genere un sacerdote tratta in modo molto diverso. Quanto questa incongruenza è reale rispetto a una verità che cerca di portare anche nella sua pastorale?
Quasi tutti gli scrittori, anzi, tutti, quando iniziano a scrivere hanno anche un altro lavoro. Per esempio Alessandro D’Avenia è professore e scrittore. E poi ci sono magistrati scrittori, medici scrittori, ecc.

Sì, ma prete suona diverso!
Sì, ma da questo punto di vista c’è un contatto. Lo scrittore è una persona che, per entrare in contatto con la propria intimità, ha bisogno di scrivere. Io ho tantissime cose scritte sul mio computer inedite: scrivo sempre e ho sempre scritto come se stessi per pubblicare, anche cercando di tenere alto il livello. La cosa nuova, assolutamente nuova, è che quella professione sia quella del prete. Questo non è mai successo. Penso sia dovuto a un grosso problema: lo scrittore deve essere assolutamente libero, invece nei preti è molto forte la dimensione “moralizzante”, per cui le storie devono sempre finire in un certo modo. Preti che hanno scritto romanzi ci sono, ma sono tutti un po’ finti, un po’ apologetici. Invece io, questo, mi sforzo di non farlo.

Questa è una domanda un po’ impicciona. Questo suo approccio così franco, privo di condizionamenti, le ha poi creato qualche difficoltà, qualche critica, nel mondo cattolico?
Come sempre c’è chi è contento e chi non lo è. Il mondo laico, il mondo delle persone per così dire “normali”, è felicissimo.

Si sente vicino, non si sente giudicato…
Sì, invece poi c’è qualcuno che si arrabbia… Ho avuto la prima pagina di Avvenire (nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2017) in cui ho pubblicato alcune pagine de “Il diario di Paci” e lì ci sono state molte polemiche che provenivano da un certo tipo di mondo cattolico.

Questo coraggio, questa sfrontatezza bella di venire fuori con tutto il suo essere, la sua persona, senza considerare l’abito un limite ma invece un’opportunità per andare incontro alle persone, è una cosa splendida; perché poi lei parla delle persone, della realtà delle persone, di come si sentono, di come vivono, non di come dovrebbero. Questo è una cosa eccezionale e bisogna darle un merito sterminato…
La ringrazio infinitamente. Ci sono stati dei critici (per esempio Davide Rondoni) che hanno colto che il fatto di essere prete è una cosa in più e non una cosa in meno.

Che è una difficoltà in più rispetto a uno scrittore tradizionale…
Sono parecchie difficoltà in più: innanzitutto il pregiudizio, l’etichetta.

Dicevamo che affronta delle tematiche reali e come dice in alcune interviste è utile che un sacerdote valuti la realtà senza moralizzarla o la conduca a una redenzione morale.
Questo è un errore che noi cattolici facciamo spesso: pensare che la morale sia frutto di una filosofia, di una teologia, invece la morale, nel suo profondo, dipende dalla creazione. Se ciascuno guarda con serenità il desiderio di bene e di male che c’è nel cuore di ognuno di noi le cose poi vanno apposto da sole… Senza bisogno che esternamente si ci sia bisogno di spingerla verso una direzione.

Anche perché è così è difficile tracciare il bene e il male. È una responsabilità ergersi a discriminatore di ciò che è bene e male.
Gesù nel Vangelo non giudica mai. Non confondiamo con il giudizio che ci sarà alla fine dei tempi: Gesù, durante la sua vita terrena, non giudica mai. Gesù mai, mai, mai, mai giudica. Ciascuno di noi non deve giudicare mai. Gesù non giudica mai: lui accoglie i peccatori. Al peccatore non dice mai “hai sbagliato”: lo ascolta, parla, sta con lui, e poi le cose vanno come devono andare perché ciascuno di noi cerca il bene.

Tendiamo tutti al bene, quando commettiamo il male è perché ci perdiamo…
Quando facciamo il male è perché perdiamo noi stessi. Per esempio, prima che il gallo cantasse, Pietro dice di non essere Galileo: non rinnega Gesù, rinnega le sue origini. Rinnega se stesso nel profondo.

Nella giornata di Susanna, che copre 24 ore, accadono milioni di cose: forse non ci rendiamo conto nella vita di tutti i giorni che queste cose accadono anche a noi solo perché non viviamo così intensamente i momenti. Quello che lei ci ha tenuto a precisare è che Susanna è cattolica e si è messa in una situazione che è in contrasto con il comportamento di una cattolica…
Nel mondo di oggi ci sono molte Susanne. Sì, siamo cattolici, ma allo stesso tempo siamo inadeguati. Per Susanna c’è questa questione del tradimento del marito, ma possiamo vedere centomila altre cose, dall’inimicizia, all’odio, ai cattivi sentimenti. Noi dobbiamo raccontare la verità con coraggio. E io ho cercato di farlo con la forza della poesia.

Il colore predominante è la poesia che emerge, anche laddove cerchi di analizzare in maniera lucida la questione, c’è sempre un’espressione in più che tracima di poesia. Lo trovo veramente stupendo.
Quello del rispetto è un concetto, un termine, sul quale lei punta molto e che sottolinea sempre…

Penso che il rispetto sia il primo messaggio che una persona cristiana deve dare oggi. Non dimentichiamo che Gesù non appena risorge dice “la pace sia con voi” e che quando nasce gli angeli dicono “sia pace agli uomini di buona volontà”. Nella società di oggi c’è bisogno di coltivare la virtù del rispetto che è il primo grado della carità.

Susanna in che maniera prova ad essere rispettosa? Come si confronta con questa virtù, con questa qualità?
Il primissimo grado del rispetto è chiamare le cose con il proprio nome: lei, anche quando parla tra sé e sé, cerca di chiamare le cose con il proprio nome. Il rispetto per gli altri nasce dal rispetto per se stessi. Susanna si trova ad amare questi due uomini essendo cattolica, ed è un macello, ma bisogna partire dal fatto che è così. Poi, secondo me, il rispetto si può vedere anche perché tutti i personaggi del romanzo sono rispettati dall’autore, da me. Se all’inizio uno si “schiera” con la protagonista, poco per volta però tutti i personaggi vengono fuori bene. Non voglio spoilerare il finale del libro, ma sì, credo si possa dire questo.

Come dovrebbe succedere nella vita, lei mette in luce anche le ragioni degli altri. Non si può fare a meno di riflettere sul fatto che nelle situazioni in cui ci troviamo a soffrire, spesso anche l’altro ha un suo perché, ha una sua ragione…
Esatto. Tra l’altro Susanna non è affatto una buonista, è una persona molto dura, soprattutto con se stessa.

Con che frase ci lascia?
L’amore non basta per amare. Quello che bisogna fare è dare tutta la vita.

Tratto da FarodiRoma