Le Lettere di Luciano Sesta – Noi, i migranti e le “nostre” pensioni
È vero. Gli italiani non fanno più figli, e il sistema previdenziale non sa come pagare le pensioni. Ma, quando si dice che questo è uno dei motivi per cui dovremmo accogliere gli immigrati, si mescolano le carte. Il nostro dovere di accogliere e di integrare gli stranieri prescinde dalla possibilità di “usarli” come “stampella demografica”. Fin quando non avremo politiche del lavoro e familiari più eque, che non lascino i giovani disoccupati e puniscano chi ha più figli, non siamo autorizzati a dire che abbiamo bisogno di migranti ridotti a contribuenti. E cioè a schiavi di un sistema che, non avendo rispettato i diritti dei lavoratori nostrani, è ora costretto a trasformare gli stranieri in “manovalanza previdenziale” al loro servizio. Anche questo è razzismo. E che sia più sottile di quello, ben più rozzo, di certi nostri politici, significa non che sia meno grave, ma solo più insidioso. Oltre a dimostrare una legge inesorabile: siamo tutti persone prima che cittadini o stranieri, ma quando un paese non tratta i propri cittadini come un fine, è costretto a usare gli stranieri come un mezzo.
Luciano Sesta, sposato e padre di quattro bambini, è docente di Storia e Filosofia nei Licei Statali Insegna Antropologia filosofica e bioetica all’Università di Palermo, ed è stato membro dell’Ufficio della Pastorale della Cultura dell’Arcidiocesi di Palermo. Ha pubblicato numerosi saggi nell’ambito della teologia morale, della bioetica e dell’etica