Le Lettere di Luciano Sesta – Laicità a convenienza
Non ho interesse a difendere la scelta dei docenti in maglietta rossa (io non l’ho indossata, diversamente da qualche collega), ma solo a far notare le contraddizioni di molte prese di posizione in questo dibattito.
Una contraddizione che trovo anche nella posizione di alcuni amici, cattolici come me, i quali, commentando il mio ultimo post, hanno criticato un mio paragone fra l’esibizione della maglia rossa e il crocifisso, facendo notare che la maglietta rossa a scuola è un’indebita manifestazione politica, frutto di un’iniziativa personale, diversamente dal crocifisso, che è invece un simbolo scelto dallo Stato, in cui si esprime il sentire comune del popolo italiano. Per sottolineare ulteriormente l’ambiguità del gesto dei docenti, mi è stato perciò domandato: i docenti in maglia rossa erano a scuola come privati cittadini o come funzionari dello Stato?
Il mio paragone non intendeva certo rendere equivalenti il crocifisso e la maglietta rossa, ma solo far notare che le critiche che in questo dibattito alcuni sostenitori del crocifisso hanno rivolto ai docenti in questione, presuppongono un concetto di “scuola politicamente neutra” che, a rigor di termini, è incompatibile non solo con lo stesso crocifisso, ma anche con qualunque altra battaglia civile, come per esempio quella contro l’aborto, il Gender, le unioni civili e il testamento biologico.
Che il crocifisso sia frutto di una scelta statale e del sentire comune non significa che non si possa criticarne l’esposizione. Altrimenti nessuno potrebbe criticare l’aborto, le unioni civili e il testamento biologico, visto che anche queste pratiche sono frutto di una scelta statale e del sentire comune. La domanda se i docenti in maglia rossa fossero a scuola come cittadini privati o come funzionari dello Stato, dunque, si potrebbe fare anche per qualsiasi docente che critichi la legge sull’aborto e sulle unioni civili. E non c’è dubbio che una critica ben fatta, durante una lezione, è ben più insidiosa, per la neutralità politica della scuola, di quanto non sia una semplice (e muta) maglietta rossa.
Si può obiettare che chi protesta contro l’aborto, il gender nelle scuole e il testamento biologico non sta facendo “politica”, ma sta protestando contro quella che ritiene una “violazione statale” di particolari diritti. Ma allora dobbiamo concedere anche a chi ha indossato la maglia rossa di non aver inteso il proprio gesto come “politica”, ma come una dovuta protesta umanitaria. Non possiamo definire “far politica” solo le proteste che non condividiamo, riservando solo alle nostre iniziative il nobile titolo di “battaglie d’umanità”.
La mia impressione è che in questo dibattito si oscilli, “a convenienza”, fra diversi concetti di laicità della scuola. La laicità della scuola è uno spazio “aperto” in cui le diverse voci della società civile possono esprimersi, o uno spazio “neutro” in cui quelle voci devono tutte ugualmente tacere, tranne quelle imposte dallo Stato? Nel primo caso, ognuno potrà condurre la battaglia culturale che, in coscienza, riterrà giusta, anche a rischio di essere accusato di “far politica”. Nel secondo caso, invece, nessuno potrà esprimere voci critiche contro lo Stato e le sue scelte. Potremmo così criticare i docenti in maglia rossa e tenerci il crocifisso. Ma, insieme a quest’ultimo, anche il Gender, l’aborto, le unioni civili e il testamento biologico.
Luciano Sesta, sposato e padre di quattro bambini, è docente di Storia e Filosofia nei Licei Statali Insegna Antropologia filosofica e bioetica all’Università di Palermo, ed è stato membro dell’Ufficio della Pastorale della Cultura dell’Arcidiocesi di Palermo. Ha pubblicato numerosi saggi nell’ambito della teologia morale, della bioetica e dell’etica