Blog / Davide Vairani | 17 Aprile 2018

Le Lettere di Davide Vairani – Per pietà, per tutti noi: salvate il soldato Vincent Lambert

Nelle trame della vita quotidiana si nascondono storie che vale la pena raccontare, perché ci riguardano, riguardano tutti noi. Questa è la storia di Vincent.

Vincent Lambert è tornato nelle notizie di attualità dalla porta peggiore: da una nuova “condanna a morte”. Vincent oggi ha 42 anni e da 10 se ne sta in un letto d’ospedale, da quando è restato vittima di un incidente stradale il 29 settembre 2008. Si trova in uno “stato di coscienza minima” o come dicono alcuni medici in uno “stato vegetativo”. Siccome trattasi di un  essere umano e non di una pianta – quale che sia la sua condizione – la realtà è che Vincent  è una persona gravemente disabile. Quante migliaia e migliaia di persone vivono questa situazione? Tante. Troppe.

Ma Vincent è stato letteralmente “condannato a morte”. Tra due giorni, a meno di un colpo di scena improvviso. Qualcuno penserà subito che forse è meglio così, forse è meglio porre fine alle sofferenze di Vincent attraverso una “morte dignitosa”.

Dopo un lungo rosario di dolorose battaglie legali, alla fine di una quarta procedura collegiale, questo lunedì, 9 aprile 2018, l’ospedale universitario di Reims ha deciso in favore di una “sospensione definitiva dei trattamenti” di Vincent Lambert. Che cosa significa? La legge francese che disciplina il “fine-vita”, la Claeys-Leonetti, ha chiarito che l’alimentazione e l’idratazione fanno parte dei “trattamenti”, si configurano cioè come “cure sanitarie”, precisione semantica che potrebbe avere una conseguenza grave per Vincent Lambert, poiché la decisione dall’ospedale Sébastopol di Reims (presa dal dottor Vincent Sanchez, “determinato a procedere”, come si è appreso dal nipote di Vincent), firmerebbe la sua condanna a morte. Significa – sostanzialmente – che l’ospedale toglierà da bere e da mangiare a Vincent e così lo farà morire soffocato, nonostante una sedazione per attutirgli il dolore di una morte così violenta. Questa ultima decisione è stata presa in base al giudizio per il quale lasciare vivere Vincent Lambert corrisponderebbe ad una “ostinazione irragionevole”. Una decisione presa contro l’opinione dei suoi genitori, ma in accordo con sua moglie. Sono le donne della sua vita infatti a trovarsi su fronti contrapposti e ad innescare un lungo ed estenuante contenzioso giudiziario: Rachel, la moglie, da sempre schierata per sospendere tutto e lasciare che Vincent non soffra più; Vivianne, la mamma, da sempre accanto a suo figlio, che con ostinata determinazione combatte per la vita.

“Ostinazione irragionevole”: che cosa significa? L’unico ragionamento che può portare a questa constatazione di “ostinazione irragionevole” è che dovremmo essere sicuri che il paziente soffra nella condizione in cui si ritrova. Diversamente, non si spiegherebbe l’aggettivo “irragionevole”. Il nipote di Vincent, particolarmente favorevole a tale prospettiva, ha commentato la decisione dell’ospedale di Reims: “Significa che non siamo sicuri che Vincent non senta dolore”. Dovremmo quindi uccidere secondo un principio di precauzione? Se soffre veramente, ci sono soluzioni per impedirgli di non soffrire, senza bisogno di ucciderlo. Jean Paillot, uno degli avvocati dei genitori di Vincent, ha dichiarato: “Noi contestiamo il fatto che Vincent si trovi in una situazione di ostinazione irragionevole.  Siamo invece di fronte ad una decisione eutanasica di uccidere una persona”. Tutta la questione deriva dal fatto che Vincent Lambert non può dare la sua opinione in maniera chiara e sincera e che non ha dato istruzioni, nessuna direttiva anticipata, prima di cadere in questo stato minimo di coscienza, né ha designato alcuna persona di fiducia che avrebbe potuto legalmente rappresentarlo su questo terreno di fine vita. E i parenti di Vincent, da una parte, sua moglie, dall’altra i suoi genitori, sono profondamente divisi sulla decisione da prendere per lui. Questo spiega i molti procedimenti legali dall’aprile 2013. Nessuno dubita che le due “parti” agiscano per amore del marito o del figlio. Ma nessuno sapeva come riconciliarli per una soluzione pacificata e pacificata per il bene di tutti, e prima di tutto di Vincent. “Lo stato di Vincent  – scrive la mamma Viviane in una lettera inviata al Presidente Macron -testimonia della sua reale volontà di vivere. I venticinque specialisti che abbiamo consultato l’hanno affermato per iscritto: il fatto che sia sopravvissuto 31 giorni senza alimentazione e con un’idratazione ridotta è incompatibile con una pretesa volontà di morire. Eppure, questo lunedì 9 aprile, un medico ha – nuovamente – deciso la morte di mio figlio, per la quarta volta. Anche questo medico scrive che la volontà di Vincent Lambert è incerta. Allora, nel dubbio circa la sua volontà, deve morire? Le diranno che si tratta di una decisione medica per rifiuto di accanimento terapeutico. Ma è falso. Vincent non è in fin di vita. Non è malato. Non soffre. Contestualmente alla procedura collegiale, ventiquattro specialisti hanno indirizzato una raccomandata all’ospedale di Reims per indicare che Vincent Lambert non è in situazione di ostinazione sproporzionata. Se deve morire, non è per la sua dignità: è per volontà eutanasica. Vincent sarà sacrificato per esemplarità. Mio figlio dev’essere un caso di scuola. Signor Presidente, le domando di ricevermi urgentemente, accompagnata dai medici specializzati che conoscono Vincent per averlo visitato e che potranno spiegarle il suo reale stato di salute”. Vincent Lambert non è l’unico paziente in questo stato minimo di coscienza. Diverse centinaia o addirittura migliaia di persone in Francia sono nella stessa situazione in cui si trova lui. Vincent Lambert non è mantenuto in vita da un supporto artificiale: non ha alcuna strumentazione di tale natura, non ha bisogno di assistenza per la respirazione. Non dipende da alcuna macchina per espletare le funzioni vitali. Dal momento che non riesce a deglutire, deve essere aiutato a nutrirsi e idratarsi. Questa è l’unica assistenza. Dov’è l’ostinazione irragionevole?

La condizione di Vincent descritta dalla mamma non è il frutto comprensibile dell’amore materno che spera anche quando la realtà dice il contrario. Il gruppo “Coma Science” dell’ospedale dell’università di Liège – che ha valutato le condizioni di Vincent nel luglio 2011 – ha descritto uno “stato semi-relazionale che implica la persistenza di una percezione emotiva e l’esistenza di possibili reazioni al suo ambiente” e precisa che “pertanto, l’alimentazione artificiale e l’idratazione non sono intese a mantenerlo artificialmente vivo”. Esperti di salute pubblica hanno diagnosticato, nell’aprile 2014, “disturbi della deglutizione, grave compromissione motoria dei quattro arti, alcuni segni di disfunzione del tronco encefalico”, ma “preservata autonomia respiratoria” (entrambe le valutazioni sono citate nella sentenza del 5 giugno 2015 della Corte europea dei diritti dell’uomo). Il neurologo al Liege University Hospital, uno degli specialisti mondiali nel campo, il professor Steven Laureys, ha dichiarato a “Le Monde” il 25 settembre 2017: “Un vecchio dogma vorrebbe che non ci fosse alcuna possibilità di miglioramento nei pazienti gravemente danneggiati dal cervello per oltre un anno. Ma questo dogma è falso. La plasticità del cervello, questa capacità di rimodellare e adattare il nostro cervello, a volte è sorprendente”. Il Professor Xavier Ducrocq, capo del servizio di neurologia dell’ospedale di Metz-Thionville, ha dichiarato proprio nei giorni scorsi che la decisione di sospendere i trattamenti vitali a Vincent Lambert è un “pessimo segnale” per tutte le persone disabili:“Vorrei ricordare che Vincent Lambert non è più in coma: ne è uscito da molto tempo dopo l’incidente nel 2008. Vincent Lambert non è collegato a nulla perché respira da solo, normalmente. Vincent Lambert vive, e se vive ancora nonostante tutte le turpitudini che ci sono potuto esserci ed in particolare in quei 31 giorni di privazione di nutrizione e idratazione minima, è che ha un impulso di vivere (…) Questa decisione è un pessimo segnale. Per Vincent Lambert, per le persone gravemente disabili e i professionisti che si occupano di questi pazienti, per i cari (…) è grave perché si entra in un processo di eliminazione dei disabili. E oserei pronunciare la parola di eugenetica”“Affaire Vincent Lambert: ‘Trop d’incertitudes’, pour trancher”, di Marie-Hélène Vernier, “L’EstRepubblicain”, 14 aprile 2018.

Cinque giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo, a proposito della deliberazione assunta favorevole alla sospensione dei trattamenti per Vincent, così si sono espressi il 5 giugno 2015: “Pertanto, poniamo la domanda: che cosa può giustificare uno stato che autorizza un medico (…), in questo caso non a ‘staccare la spina’ da Vincent Lambert (non è collegato ad una macchina che manterrà artificialmente in vita) ma piuttosto a fermarsi o trattenersi dal nutrirlo e idratarlo, così da farlo morire di fame? (…) Una persona gravemente disabile e incapace di comunicare (…) può essere privata di due componenti che sostengono la vita, vale a dire cibo e acqua, e la Convenzione [ Commissione europea per i diritti umani] è inefficace di fronte a questa realtà. Crediamo non solo che questa conclusione sia terrificante ma anche, e ci dispiace dirlo, che si tratta di un passo indietro nel grado di protezione che la Convenzione e la Corte hanno finora offerto alle persone vulnerabili”. Il problema non è se continuare a vivere o morire, visto che morire è il destino generale di ogni uomo. L’unica preoccupazione di uno stato laico che si preoccupa davvero dell’interesse di tutti dovrebbe essere assicurarsi che nessuno muoia più nella sofferenza. La parola più importante non è ‘morte’, ma ‘sofferenza’. Uccidendo la persona, non si sopprime la sofferenza, non si sopprime la malattia, si sopprime solo il paziente. Non è una questione di moralità ma di società. In quale società vogliamo vivere domani? Una società che si priverebbe delle sue persone più fragili, che eliminerebbero invece di proteggerle, sarebbe una società che sarebbe pronta per il Sole Verde, che necessariamente si disumanizzerebbe. Qualunque persona improduttiva sarebbe allora rimovibile, perché quanto lontano andrebbe? Quali sono i limiti? Oltre a questo spaventoso futuro è in gioco anche il progresso della medicina: se uccidiamo invece di cercare di guarire, non cureremo più alcuna malattia o disturbo grave in pochi decenni. Per pietà, per tutti noi: salvate il soldato Vincent Lambert.

 

Sono nato il 16 magg­io del 1971 a Soresi­na, un paesino della bassa cremonese. Peccatore da sempre, cattolico per Graz­ia. Laureato per accide­nti in filosofia all­’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, da vent’anni lavoro nel sociale. Se sono cattolico, apostolico, romano lo devo ad un incontro fondamentale con d­on Luigi Giussani che mi ha educato a vi­vere. Vi invito a seguirmi sulla mia pagina Facebook e su web al mio Blog “Scommunity