Articoli / Blog / Le interviste | 22 Marzo 2018

Per Novella 2000 intervisto: Serena Grandi

“Fammi le domande Mauro, guidami, perché sono ancora convalescente per un intervento di chirurgia estetica di sette ore e, sai, sette ore di anestesia non sono facili da recuperare.”
Serena Grandi esplosiva icona del cinema Anni Ottanta (soprattutto quello hot) parla come sa fare lei: diretta. Ha voglia di raccontare la lunghissima operazione di chirurgia plastica cui si è sottoposta di recente per darsi “una sistamatina” a pancia, fianchi e seno. Non parla invece del figlio, Edoardo Ercole, quello di cui ha svelato l’orientamento sessuale mentre, l’autunno scorso, era nella Casa del Grande fratello Vip.
“Conosco queste sfumature perché mio figlio è gay”, ha detto la grandi confidandosi con l’allora coinquilino Cristiano Malgioglio. Poi, il figlio Edoardo, ventisettenne, un po’ se l’è presa, forse anche giustamente. Chiarimenti tra i due sono seguiti in Tv e sui giornali. Ma questa è un’altra storia.

Serena, consiglieresti ad altre di ricorrere alla chirurgia estetica?
“Non lo so. Se uno ha tempo, vanità, non ha altri pensieri, forse sì. Per chi deve continuare a lavorare è un po’ pesante. La convalescenza è molto dura.”

Sei diventata famosa come sex symbol grazie a Miranda di Tinto Brass del 1985. Perché scelse proprio te?
“Andò nel modo più classico: mi cercò per fare un provino e dopo un po’ di mesi mi chiamò. Poi abbiamo lavorato insieme anche sul copione perché era un film pesantemente erotico, soprattutto per quei tempi.”

Claudia Koll, protagonista di un altro film di Brass, “Così fan tutte”, ha preso una radicale distanza da quel periodo. Debora Caprioglio, protagonista di Paprika, ancora Brass, ha recentemente raccontato di non averlo mai fatto vedere a suo padre. Tu rifaresti tutte le tue scelte o ne cambieresti qualcuna?
“Ringrazierò sempre Tinto di avermi scelta. Avevo il progetto di girare nel seguito della mia carriera, come poi è avvenuto, film più consistenti, ma non significa non essere rimasta profondamente legata a Tinto: soffro nel sapere che lui in questo momento non sta bene, che soffre per la morte di Tinta [è il soprannome di Carla Cipriani Brass, la prima moglie di Brass]. Non mi pento neanche di Monella, l’altro film che ho fatto con lui.”

Dal prossimo 23 marzo sei sessantenne. C’è qualcosa di cui ti penti nella tua vita?
“Solo una cosa: la separazione da mio marito Beppe Ercole. La separazione è un secondo me un lutto ed è una cosa che non bisognerebbe fare mai. Essendo io cattolica, cristiana, cresciuta in una famiglia molto unita in cui il matrimonio dei miei genitori è durato 46 anni, ho una forma mentale che mi fa pentire di essermi separata. La separazione è il male: il mio lutto.”

L’idea di Brass che “tradire aiuta a far ripartire il matrimonio” è una sciocchezza?
“Penso che il tradimento sia la fine del matrimonio. Se il mio uomo va con un’altra e mi dice: “sai, è il peperoncino, è per far ripartire il matrimonio”, io gli dico che è una grande stupidaggine e non lo riprendo più: mi fa schifo solo l’idea di toccarlo.”

Però quello che dici ora è diverso dal messaggio che davi nei tuoi film, ammettilo
“Sono un’attrice, sul set recito. Nel privato sono totalmente diversa.”

Mettiamola così: il tuo essere cattolica, rispetto ai contenuti dei tuoi film erotici, non ti crea qualche problema di coerenza?
“No, Mauro, perché un conto è la recitazione, il mio essere attrice. Altra cosa è la mia vita privata. Se la mia vita fosse stata come quella che recitata sarebbe stata un inferno. Quando ho fatto Miranda ero molto giovane (27 anni, ndr) e forse inconsciamente non sapevo neanche bene quello che facevo. Nella vita ero, e sono, una persona molto pulita. Anzi, attiravo proprio perché, pur andando nel fango, non puzzavo. L’erotismo ha bisogno del pudore. La cinepresa inquadra la faccia ma riprende l’anima. Tu fai un film erotico, ma dalla faccia si vede che non c’è nessuna malizia. Purtroppo l’ufficio stampa per promuovere un film deve dipingere di te una certa immagine. Una che fa un film così non può essere una ragazza per bene, che sta a casa a fare la maglia, allora dovevi fare delle interviste in cui ti dipingevi come una persona molto simile al personaggio che interpretavi, ma in realtà non era così. Voglio essere giudicata non per il palcoscenico ma per la mia vita.”

Da quanti non parli con un prete?
“Ho un modo tutto mio di essere cattolica: non ho amici preti perché spesso ho cambiato città. Ti confesso una cosa che non ho mai detto a nessuno: avrei voluto diventare una suora laica. Anzi, un’idea che mi viene ancora oggi è quella di prendere proprio i voti.”

Ma che tipo di suora? Come quelle di Madre Teresa?
“Una suora missionaria. Una che aiuta poveri e ultimi. Ho fatto molto volontariato, adesso mi manca molto il non farlo più, perché non saprei dove farlo.”

Se non la prendi come una battuta a doppio senso, ti dico che questo tuo animo generoso emerge anche dal modo di recitare…
“Sono certa di non essere mai caduta nel volgare, avevo un volto rassicurante, anche se avevo un corpo, un seno, da maggiorata.”

Riguardo al caso molestie, Weintsein e al fenomeno #metoo, ai tuoi tempi, come funzionava nel tuo ambiente?
“Ti dico la verità: alla questione delle molestie sessuali non ho mai creduto. Nel momento in cui vedi che ci provano e tu non vuoi, pigli e te ne vai. Se invece ci stai, vuol dire che credi e speri che un rapporto sessuale ti aiuti ad ottenere un film. Significa che sei insicura, che temi di non avere talento e di non fare il film. Per questo io non mi sono mai fatta coinvolgere più di tanto da questa campagna contro le molestie. Secondo me, provare a portarti a letto non è una molestia, la trovo un’espressione un po’ esagerata. Non so, sarà forse perché non ho mai avuto di questi problemi. In questo devo dire che Tinto Brass, al contrario di quello che sembra, è una persona molto pulita.”

Nel tuo privato, cosa significa essere cattolica?
“Sono troppo impegnata e invidio le persone che alle sei la domenica vanno a Messa. Prego a modo mio. Anzi, ho ricominciato a pregare da pochi anni e arrivi tu con questa intervista: strana la vita. Poi ho mandato mio figlio dai Frère (i Fratelli delle Scuole Cristiane, ndr) perché uno di loro era mio amico, non dico un confessore, era difficile, capisci.”

(Tratto da Novella 2000 n° 13 del 21 marzo 2018)