Blog / Valentina Grimaldi | 03 Gennaio 2018

La Dott.ssa Grimaldi risponde – Mio figlio: più tranquillo con un’estranea che con me

Oggi comincia la rubrica della dottoressa Valentina Grimaldi a cui diamo il nostro più caloroso benvenuto. Medico pediatra, si occuperà di rispondere alle domande dei lettori su temi legati ai bambini e alla famiglia per essere un supporto e non un alternativa al medico o al pediatra “in carne e ossa”. Come specifica lei stessa, questa rubrica non vuole sostituirsi al medico curante né alimentare il fai da te, al contrario vuole indurre il lettore a riflettere su alcune tematiche comuni ai bambini ed alle famiglie per poi affrontarle nelle giuste sedi con il pediatra di fiducia o lo psicoterapeuta. 
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Cara dottoressa,
ho 32 anni e sono la mamma di 2 bambini: Lorenzo di 5 anni e Francesco di 20 mesi. L’altra settimana Lorenzo doveva fare una vaccinazione e l’ho portato dal medico; al momento di fare la puntura Lorenzo si è infuriato non ne voleva sapere, piangeva e strillava. Il pediatra mi diceva di abbracciare il bambino e calmarlo, ma lui si divincolava e scalciava. Più lui faceva così più io ero in ansia per la brutta figura che stavo facendo e per il timore che quello fosse un segno del destino che mi indicava di non far vaccinare mio figlio. Non sapevo cosa fare, ad un certo punto il medico ha chiesto all’infermiera di prendere lei in braccio il bambino rassicurandolo e convincendolo a vaccinarsi. Dopo le prime proteste Lorenzo si è calmato e si è fatto fare la puntura sul braccio senza dire una parola. Mi sono sentita malissimo: un’estranea era stata più efficace di me. Donatella

Cara Donatella, i bambini percepiscono molto bene il nostro stato emotivo: se siamo agitati, preoccupati o inquieti aldilà di quello che diciamo loro lo sentono. Suo figlio inconsapevolmente ha percepito i suoi timori ed ha reagito di conseguenza piangendo e ribellandosi. Quando accompagniamo nostro figlio a fare una puntura, un tampone o comunque una pratica medica che prevede magari un piccolo dolore per il bambino, siamo innanzitutto dispiaciuti che il piccolo soffra (anche se per pochissimo) e a volte abbiamo altri timori nascosti (faccio bene o faccio male? potevo aspettare? non sarebbe stato meglio andare a farlo altrove? tocca sempre a me accompagnarlo in queste cose, mai una volta che venisse il padre… ecc.) che nostro figlio percepisce benissimo con un linguaggio corporeo extra-verbale che arriva dritto al cervello e al cuore del bambino. In queste circostanze il nostro abbraccio non è forte e rassicurante, non comunica al bambino “stai tranquillo ce la puoi fare, ne sei capace e se la tua forza non basterà ci sarà quella di mamma a sostenerti”; al contrario la nostra paura si tradurrà in un abbraccio tremante, incerto, che gli farà percepire come pericolosa la situazione che sta vivendo. Quando l’infermiera lo ha preso in braccio lui ha sentito l’adulto sicuro, non preoccupato di quel che stava accadendo, che lo sosteneva nella sua piccola prova e si è fidato.

 

Valentina Grimaldi è nata nel 1964, laureata in medicina e chirurgia nel 1989 all’Università Cattolica del Sacro Cuore a Roma e specializzata nello stesso Ateneo in Pediatria nel 1993. Autrice di diverse pubblicazioni scientifiche e relatrice in convegni nazionali ed internazionali; ha conseguito un master di II livello in Allergologia pediatrica. Dopo l’esperienza ospedaliera e di ricerca presso il Policlinico Gemelli di Roma, esercita a Roma la professione di pediatra di famiglia dal 1996. Da sempre attenta alle problematiche psicoeducazionali e della genitorialità si è specializzata in Psicoterapia Infantile per meglio soddisfare i bisogni di salute dei bambini e delle loro famiglie. Questa rubrica non vuole sostituirsi al medico curante né alimentare il fai da te, al contrario vuole indurre il lettore a riflettere su alcune tematiche comuni ai bambini ed alle famiglie per poi affrontarle nelle giuste sedi con il pediatra di fiducia o lo psicoterapeuta