Blog / Renato Pierri | 26 Dicembre 2017

Le Lettere di Renato Pierri – Ingenuità e fantasia sulla mangiatoia di Gesù Bambino

“O troviamo il Bambino nella mangiatoia o non lo troveremo mai”. Non c’è una buona dose d’ingenuità nonché di fantasia in questo articolo apparso su il FarodiRoma del 23 dicembre, e che leggo sul blog dell’autore, il prete e scrittore Mauro Leonardi? Ne trascrivo qualche riga:

“Il presepe come lo conosciamo noi nasce con san Francesco e fino ad allora “il presepe” era la mangiatoia, quella che è tutt’ora conservata a santa Maria Maggiore”. Mangiatoia conservata a Santa Maria maggiore… Sicuro? In realtà la Sacra Culla (cunabulum) che si trova nella basilica di Santa Maria Maggiore è un reliquario in cristallo a forma di culla che conserva quelli che vengono ritenuti i frammenti (cinque assicelle di acero) del legno della mangiatoia che accolse Gesù Bambino.

 Più avanti: “Gesù nasce nella mangiatoia e per trovarlo bisogna arrivare proprio alla mangiatoia: se non si arriva lì Gesù non nasce. Lo annuncia in modo esplicito il vangelo di Luca che dice la parola “mangiatoia” ogni volta che dice la nascita di Cristo: proprio a significare che condizione necessaria per trovare Cristo è avere il coraggio di ritornare alla propria mangiatoia, a quella vera ed esistenziale…  È così perché Cristo viene a farsi cibo, non metaforicamente ma realmente, per l’uomo”.

Senz’altro l’interpretazione è suggestiva, però mi sembra un po’ una forzatura. Nella mangiatoia si dispone il foraggio per il bestiame, e così si potrebbe anche dire che Gesù viene a farsi cibo per le bestie. Una cosa è la mangiatoia, altra cosa è la mensa per gli uomini. L’interpretazione non farebbe una piega se Luca avesse riferito che Gesù fu deposto su una tavola per mangiare. Io credo che Luca volesse solo far capire che Gesù nacque in un luogo umile per rivelarsi agli umili.

Don Stefano Tarocchi, docente di Sara Scrittura e Preside della Facoltà teologica dell’Italia centrale, scrive: “Dimenticando tutte le letture, pur rispettabili che la pietà popolare ha saputo dare di questo testo, esso dice semplicemente che la nascita di Gesù avviene in uno spazio che si poteva trovare all’interno delle abitazioni del tempo, scavate all’interno della roccia: l’«alloggio», in greco katalyma. È il termine che, tradotto erroneamente con la parola “albergo”, ha scatenato la fantasia più sfrenata. Esso invece viene usato anche quando si parla della cena di Gesù con i discepoli, per indicare una stanza interna, situata al piano superiore di una casa, magari in un contesto più urbano com’era Gerusalemme (vedi Marco 14,14 e Luca 22,11)”… Certo solo in contesto rurale quella stanza, collocata all’interno di una abitazione scavata nella roccia, poteva essere anche lo spazio dove sistemare in alcune circostanze gli animali, e quindi ecco la mangiatoia… Dunque una nascita straordinaria, che tuttavia non si svolge in mezzo alle mura e ai costumi dei potenti di quel tempo, come lo stesso Gesù dirà di Giovanni il Battista: «che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re!» (Mt 11,8); questa nascita è svelata espressamente a coloro che occupano un posto infimo nella società, senza curarsi della loro dignità personale”.

Aggiungerei che la fantasia si è scatenata anche sul Bambino che trema al freddo e al gelo, come recita un noto canto natalizio. Un falegname in Palestina era un uomo abile, utile, e particolarmente stimato. Giuseppe era un falegname, un carpentiere. E’ ragionevole ritenere che Maria e Giuseppe, disponendo di denaro, avessero avuto la possibilità, in ogni caso, di far nascere il Bambino ben al riparo dal freddo e dal  gelo e di avvolgerlo in panni morbidi e caldi.

Queste righe deluderanno molti, ma io credo che rendano più credibile il Vangelo.

Renato Pierri