Blog / Davide Vairani | 30 Novembre 2017

Le Lettere di Davide Vairani – Dove sono finiti i valori non negoziabili?

Caro don Mauro Leonardi, ti confesso che sono molto confuso. Mi sento come davanti ad un bivio senza sapere che strada prendere. Lo confido a te, anche se non so bene il motivo. Forse perché sei un prete e -soprattutto – un prete “scomodo”, che non teme di scandalizzare pubblicamente quando di mezzo c’è il Destino di persone in carne ed ossa, con i loro problemi e le loro fragilità. Ci metti pubblicamente la faccia. Come sai, sono quello che si potrebbe definire un “convertito” al cattolicesimo. L’Incontro con Cristo mi ha strappato dal baratro, quell’Incontro tanto atteso, quello che non ti scordi e che determina la tua vita, sette anni fa’, alla tenera età di 40 anni. Lo struggente desiderio di felicità infinita che mi porto in fondo al cuore ha da allora trovato una risposta certa, nonostante tutta la mia fragilità sia rimasta intatta. Anzi, non solo è rimasta, ma è aumentata come consapevolezza: il senso di essere niente e soprattutto il dolore acuto della mia incoerenza, insomma del peccato. Da allora ho seriamente iniziato a camminare come mai prima, con in mano una bussola che mi indicava una strada costituita essenzialmente da due fondamenta. Tento di esprimerle prendendo a prestito due frasi di don Luigi Giussani.“Il Mistero come misericordia resta l’ultima parola anche su tutte le brutte possibilità della storia. Per cui l’esistenza si esprime, come ultimo ideale, nella mendicanza. Il vero protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante del cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo”. La seconda. “La familiarità con Lui da cui nasce l’evidenza della sua parola come unica che dia senso alla vita, come possiamo viverla? Il modo c’è: la compagnia che da Cristo è nata ha investito la storia: è la Chiesa, suo corpo, cioè modalità della sua presenza oggi. È perciò una familiarità quotidiana di impegno nel mistero della sua presenza entro il segno della Chiesa. Di qui può nascere l’evidenza razionale, pienamente ragionevole, che ci fa ripetere con certezza ciò che Lui, unico nella storia dell’umanità disse di sé: Io sono la via, la verità, la vita”.

E qui per me oggi si pone il bivio: riduzione ad una testimonianza individuale dal sapore privatistico oppure difesa pubblica senza “se” e senza “ma”? Rassegnato a fare parte di una minoranza sociale irrilevante oppure combattente integrale per affermare in ogni contesto della vita pubblica la ragionevolezza dell’opzione cattolica? In tutto questo, che fine fanno i cosiddetti “valori non negoziabili”? Difesa della vita dalla nascita alla morte naturale, no all’aborto, no all’utero in affitto, no all’eutanasia, no ai matrimoni gay, no all’ideologia gender sono valori universali oppure solo un’opzione individuale a motivo esclusivo della fede? Sono valori da accomodare a proprio piacere?

All’indomani della fine del comunismo, è venuto un mondo forte­mente materialista, edonista e relativista, immemore della di­mensione religiosa. Come reazione a ciò, vedo all’interno del cosiddetto “mondo cattolico” l’affermarsi di due atteggiamenti entrambi radicali. Atteggiamenti che – confesso – non mi convincono fino in fondo per motivazioni differenti. Il primo può essere simboleggiato dall’immagine del recinto, con i cristiani terrorizzati da un mondo tornato pagano. Di fronte a esso, la reazione è quella di rinserrare i ranghi dell’ortodossia come in un fortino a difesa dell’invasore e denunciare i crimini di Nerone. La conseguenza di tale scelta produce due effetti, spesso tra di loro incrociati: uno all’interno della Chiesa e uno nello spazio pubblico. All’interno della Chiesa tutto pare essere rimesso in discussione proprio appellandosi ad una (presunta?) ortodossia. E’ come se ciascuno si senta in obbligo di fare a gara a chi è più fedele alla Traditio e pertanto si senta giustificato a criticare tutto e tutti, a partire dal Papa fino all’ultimo dei credenti. Sul fronte pubblico tale opzione sta generando la nascita di gruppi e movimenti più o meno spontanei che hanno la pretesa di essere gli unici depositari della verità, nel campo della politica, della socialità e della cultura anzitutto.

Il secondo può essere simboleggiato dall’immagine della sostanziale indifferenza per quanto accade nell’agone della res publica, della società civile e della politica. Quello che conta è la testimonianza individuale o di gruppo, il perimetro della quale è bel delineato e determinato dalla Parrocchia. Fuori dall’impegno in Parrocchia è come se nulla esistesse, o meglio, è come se tutto quanto extra Parrocchia fosse ormai delegato esclusivamente al mondo pagano. Ho come la sensazione che entrambi gli atteggiamenti siano riduttivi per un cristiano. Cristo ha messo sul tavolo della storia la più grande promessa che l’umanità abbia mai ricevuto: chi Lo segue vivrà il centuplo quaggiù, un’intensità cento volte maggiore in ogni aspetto del vivere e poi sperimenterà la vita eterna. In mezzo alle persecuzioni. Cristo ha la pretesa di essere la risposta al desiderio sconfinato di felicità di ogni singola persona. Ma questo è anche l’unico annuncio interessante per l’uomo reale. Io voglio il centuplo, io voglio essere felice. Ma come coniugare verità e carità? Il termine “misericordia” ho l’impressione che sia diventata la parola magica che copre e giutifica tutto e tutto, una sorta di “tana liberi tutti”. Se la carità non ha con sè la verità, la misericordia rischia di trasformarsi in buonismo. Se la verità non ha con sè la carità, la misericordia rischia di trasformarsi in farisaismo, in un culto della regola per la regola. “L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia – ha detto Papa Francesco-. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia”. Ma è lo stesso Papa Francesco a domandare ai giornalisti che viaggiano con lui di ritorno dalle Filippine: “Volete sapere cosa è la colonizzazione ideologica?”, chiarendo che il suo riferimento era al tentativo di imporre la cultura del Gender nelle scuole . “Colonizzazione ideologica è lo stesso che hanno fatto sempre i dittatori, anche in Italia con i ‘balilla’. Pensate anche alla ‘gioventù hitleriana’, a quel popolo che ha subito tanta sofferenza”.“Vi faccio – continua il Papa – un esempio che ho vissuto io nel 1995: una ministra dell’istruzione pubblica alla quale avevo chiesto un forte finanziamento per le scuole dei poveri, che lo avrebbe concesso a condizione che si adottasse un certo libro che insegnava la teoria del Gender. Ma i soldi non erano mica i suoi… Si trattava di colonizzazione ideologica”. Secondo Papa Francesco, “ogni popolo ha la sua storia” che andrebbe rispettata. “Gli imperi – invece – cercano di far perdere l’identità al popolo, questa è la globalizzazione della sfera e non del poliedro, che invece mantiene tante facce”. Ed è poi ancora lo stesso Papa Francesco  a dire che “la credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole. La Chiesa “vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia”. […] È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo […] del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli […] per guardare al futuro con speranza”. “È la conoscenza della potenza di Gesù Cristo la ragione profonda di ogni nostro gesto di presenza sociale e di comunicazione al mondo – ha scritto don Luigi Giussani-: ma questa motivazione unica e originalissima non diviene evidente se non nella testimonianza di una passione per l’uomo, carica di accettazione della situazione concreta in cui esso si trova, e, quindi, pronta a ogni rischio e a ogni fatica”.

Ma Gesù stesso ha detto: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Mt. 5, 37).

Sono nato il 16 magg­io del 1971 a Soresi­na, un paesino della bassa cremonese. Peccatore da sempre, cattolico per Graz­ia. Laureato per accide­nti in filosofia all­’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, da vent’anni lavoro nel sociale. Se sono cattolico, apostolico, romano lo devo ad un incontro fondamentale con d­on Luigi Giussani che mi ha educato a vi­vere. Ho collaborato con “La Croce”, quotidiano di­gitale diretto da Ma­rio Adinolfi. Vi invito a seguirmi su Facebook e su web al mio Blog “Direzioneversoest”