Blog / L'Angolo del Teologo | 27 Ottobre 2017

L’Angolo del teologo – Don Vincenzo Cammarota: il debito coniugale e le molestie sessuali

Grazie don Vincenzo. Desideriamo porle alcune questioni che emergono a seguito dell’articolo pubblicato da don Mauro su Agi a proposito di Asia Argento e il debito coniugale. In tutti i corsi prematrimoniali capita di sentir parlare del “debito coniugale” e quest’ultimo viene ricordato spesso anche in confessionale  soprattutto quando il desiderio sessuale scema, quasi sempre da parte femminile. È d’accordo con le critiche mosse da don Mauro? Anche a lei sembra che la Chiesa abbia gravi responsabilità nel colpevolizzare la donna che non sente il desiderio dell’intimità sessuale col marito? Ricordare di vivere questo, nella sua esperienza di sacerdote, ha aiutato le coppie che seguiva ad avere più intimità e un rapporto più profondo? 

Premesso che condivido al 90% quanto don Mauro espone nel suo articolo, mi dissocio soltanto dal considerare la Chiesa genericamente e in toto colpevole di questa visione distorta del “debito coniugale” (definizione evidentemente molto infelice).
La mia esperienza personale infatti mi ricorda che nei corsi di morale mi insegnarono che il “debito coniugale” poteva essere chiesto solo “ragionevolmente”, e sempre nel quadro della giustizia unita alla carità. Mai come una prevaricazione di un coniuge (quasi sempre il marito) sull’altro. 

Come si coniuga il desiderio da assecondare dell’altro con la propria sfera di desideri, sensibilità e affetti?  Non si corre il rischio di guardare solo al desiderio sesuale del maschio senza invece indagare su quali possano essere i motivi per cui la moglie non si concede?

A tal fine il confessore aiuterà il penitente -sia quello che richiedesse il “debito”, sia quello che avesse difficoltà ad avere un rapporto- a fare un serio discernimento sui motivi della sua richiesta o del suo diniego. Discernimento fatto confrontandosi con la Parola di Dio, con la dottrina della Chiesa, con gli insegnamenti dei Santi.

Oggi come oggi la Chiesa deve cambiare qualcosa da questo punto di vista? Essa, che ha tra i suoi obiettivi aiutare le famiglie e la società, come può aiutare i suoi fedeli a salvaguardare e custodire se stessi e gli altri? 

I coniugi in particolare vanno aiutati a comprendersi e a dialogare, imparando a capire le differenze che ci sono fra uomo e donna (spiegando loro che “la donna viene da Venere e l’uomo da Marte”, con tutto ciò che significa) e a vivere la Carità che si manifesta attraverso virtù umane (pazienza, comprensione, sopportazione, ecc.). In tal modo realizzeranno la loro vocazione battesimale come marito e moglie in linea con l’insegnamento paolino (mariti amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa dando la vita per lei, per renderla – non perché già era- bella, senza macchie e senza rughe…). Probabilmente nei corsi di morale e di pastorale per i sacerdoti, e di preparazione (direi di discernimento) al Matrimonio cristiano, dovrà tenersi ancora più in conto l’aspetto antropologico dell’amore (già si sono fatti grandi passi in avanti con san Giovanni Paolo II), avendo presente che le culture sono tendenzialmente maschiliste, a causa delle conseguenze del peccato originale che la Grazia di Cristo è venuta a sanare. Inoltre, ai coniugi cristiani (a coloro che vogliono sposarsi in Chiesa), va anche ricordato che quando sanno amarsi rinunciando a se stessi reciprocamente e donandosi reciprocamente, stanno “completando nel loro corpo ciò che manca alla Passione di Cristo per il bene della Chiesa” (Col. ). Cioè stanno esercitando il loro sacerdozio comune (battesimale) e cooperano con Gesù alla redenzione del mondo. Per questo la loro è una vocazione: alla santità! Altrimenti è meglio se non si sposano in Chiesa.

Un rapporto sessuale compiuto per il solo adempimento del debito coniugale può portare ad avere interiormente le stesse emozioni di una violenza fisica, anche se esteriormente si compie senza atti di forza palesi? 

Evidentemente concordo che se il rapporto sessuale è compiuto solo per l’adempimento del “debito”, ciò può portare la donna ad avere le stesse emozioni di una violenza fisica. E, a mio parere, sarebbe non solo lecito, ma anche giusto rifiutarsi. Ma sempre dopo il discernimento di cui prima perché non c’è in questo una regola che vale sempre. Bisogna vedere il tutto nella preghiera, alla luce di una retta antropologia e della dottrina della Chiesa e- soprattutto- invocando e accogliendo i Doni dello Spirito Santo del Timor di Dio, del Consiglio e della Fortezza, per mettere in pratica nella Carità ciò che si è visto con il discernimento.


Nato a Potenza il 02/07/1952, laureato in Medicina e Chirurgia (1978) e in Teologia (1987), membro Numerario (dal 1972) e poi sacerdote della Prelatura dell’Opus Dei dal 1989. Ho svolto il ministero sacerdotale dedicandomi alla pastorale universitaria e familiare in varie città d’Italia. Con laici, sacerdoti e seminaristi dal 2001 mi sono impegnato in attività missionarie e di cooperazione in America del Sud (Perù), tuttora in corso. Attualmente vivo a Bari.