Blog / Davide Vairani | 12 Ottobre 2017

Le Lettere di Davide Vairani – Dio non solo perdona, dimentica

Ci sono lunghi giorni nei quali tutto è buio come la notte. Lunghi giorni che sembrano non passare mai e ogni gesto ti appare come uno scoglio invalicabile. Quei giorni di vertigine, quando sperimenti la dolorosa percezione dell’enorme sproporzione tra il desiderio di bellezza e felicità infinita che porti in fondo al cuore e la dura e cruda realtà Vi è mai capitato? Non parlo di quei momenti dove sei particolarmente sotto stress oppure quei giorni nei quali un evento tragico ha colpito la tua vita. Parlo della quotidianità. Insomma, parlo di quelle alternanti fasi della vita nelle quali i dèmoni che ti porti appresso ti costringono a muso duro a fare i conti inesorabilmente con i limiti ed è come non sentirsi mai a casa. E ti viene uno struggimento di impotenza, come un misto di rabbia, malinconia e rancorosità che non passa e ti blocca . E fai un sacco di cose delle quali poi ti pentirai amaramente. Hai distrutto amicizie, mandato all’aria il tuo matrimonio, cerchi continuamente palliativi in qualsiasi cosa ti aiuti a non pensarci, ti arrabbi con te stesso e te la prendi anche con Dio. Tutto è confuso e non riesci a trovare il bandolo della matassa. E di colpo è come se il senso ultimo della cose, della tua vita fosse sparito.“Non quello che voglio, il bene, io faccio; ma il male che detesto, questo faccio”: questa frase di San Paolo nella Lettera ai Romani (7, 15) è di una verità disarmante e spesso mi rovella dentro come un tarlo. “Non ce la faccio, non sono capace”, concludo spesso amaramente. Non sono capace di essere me stesso. E felice.

Più va avanti il tempo e più mi rendo conto che c’è una sola parola capace di spiegare appieno tutto questo: peccato. Si nasce col peccato originale. E il dogma della Chiesa dice che il peccato originale ferisce l’uomo in naturalibus, nelle sue dimensioni naturali. Che cos’è il peccato originale? Che cos’è l’orgoglio del peccato originale? “È l’affermazione di sé prima che della realtà”, scriveva don Luigi Giussani. L’uomo non vede altro che sé. Caduto da quell’altezza non vede altro che sé stesso. Per riconoscere gli effetti del peccato originale non serve la fede, basta l’intelligenza umana. Non riconoscere gli effetti del peccato originale è questione di non intelligenza, è questione di illusione, è questione di idealismo.“Chi ringraziare, chi bestemmiare?”, chiedeva Cesare Pavese in una delle ultime frasi del suo diario.Chi ringraziare, chi bestemmiare se il Mistero c’è ma è inaccessibile, c’è ma non ha volto, c’è ma è incomprensibile, c’è ma non si può conoscere? Il peccato originale rende impossibile la coerenza. Ad esempio, uno sa che l’aborto è peccato, ma poi è incoerente. Non è solo così. Il peccato originale impedisce alla lunga anche di accorgersi che l’aborto è peccato, perché il peccato originale ferisce gli uomini nell’intelligenza naturale: per il peccato originale è offuscata l’intelligenza in quanto tale, non solo è indebolita la volontà. Per cui, anche ciò che è naturale, anche ciò che è creaturale, anche ciò che è contro il cuore, contro il gesto creaturale, l’uomo è annebbiato nel riconoscerlo. Non è che non lo può riconoscere, ma è annebbiato dentro. Non si capisce la realtà, non si capisce il mondo, se non si parte da qui. Non si capisce il mondo in cui viviamo, non si capiscono le circostanze in cui siamo. “Questo è il peccato dunque, è ‘ribellione’,  è ‘ostinazione’ nel seguire le ‘perverse inclinazioni del nostro cuore’ cadendo nelle ‘piccole idolatrie di ogni giorno’, ‘cupidigia’, ‘invidia’, ‘odio’ e in particolare, ‘maldicenza’, quello ‘sparlare’ che non è altro che la guerra del cuore per distruggere l’altro. Il peccato rovina il cuore, rovina la vita, rovina l’anima, indebolisce, ammala”, ha detto recentemente Papa Francesco nell’Omelia a Santa Marta. Che cosa rimane allora in questa condizione? Il Mistero inaccessibile, che non ha volto, e l’uomo, cui la luce (la luce vuol dire la sorpresa della creazione, che è buona), questa luce, non è più familiare. Che cosa rimane? Rimane il cuore. Il cuore è ferito, ma il cuore rimane cuore.“Quel soprassalto amaro che si ha – non perché l’errore non sia stato consapevole prima, era consapevole prima, eccome – è responsabilità nostra, ma quel soprassalto che si ha dal momento in cui il rimorso prende, in cui uno s’accorge amaramente della cosa, non deve fermarci, non dobbiamo ‘restarci’, ma – come il bambino che ha rotto qualche cosa e che, terrorizzato, alza gli occhi, vede la mamma che gli sorride e lo abbraccia, e allora tra le lacrime gli trapela già la letizia e la tenerezza – dobbiamo domandare. E allora non esiste nessun gesto che esprima di più la nostra umanità, che la plachi di più e che la aumenti di più, la maturi di più e la renda più facile, che il chiedere. Mendicare la fede e l’affezione a Cristo: è questo la Confessione (..)” – Luigi Giussani, Certi di alcune grandi cose, BUR.

Sapete che cosa ci frena dall’andare subito subito a confessarci? Non siamo davvero convinti che Dio di ama di amore infinito. Non siamo convinti che Dio ci perdoni davvero. Qualsiasi cosa abbiamo fatto, detto o pensato. Anche la più brutta. Dio non tiene i conti sul pallottoliere. E’ vero che il peccato non è una macchia da togliersi, perché, se fosse una macchia, basterebbe andare alla tintoria e farsi pulire, secondo una felice espressione di Papa Francesco. Così come è vero che la confessione non può essere un alibi. Se io penso così i miei peccati (come delle macchie da togliersi), invece di entrare in depressione sento quel grande sentimento: la vergogna E la vergogna è una grazia, apre la porta alla guarigione.

“Quando il Signore ci vede così, vergognati di quello che abbiamo fatto, e con umiltà chiedere perdono, Lui è l’onnipotente: cancella, ci abbraccia, ci accarezza e ci perdona. Ma questa è la strada per arrivare al perdono”.

Dio cancella. Cancella del tutto!

Dio, appena gliene diamo la possibilità, si ricorda di noi – dice sempre Papa Francesco-.Egli è pronto a cancellare completamente e per sempre il peccato, perché la sua memoria non registra il male fatto e non tiene sempre conto dei torti subiti, come la nostra. Dio non ha memoria del peccato, ma di noi, di ciascuno di noi, suoi figli amati. E crede che è sempre possibile ricominciare, rialzarsi”.

Completamente e per sempre!

E in un’altra occasione, sempre Papa Francesco ha detto: “Dio non nasconde il peccato, ma lo distrugge e lo cancella; ma lo cancella proprio dalla radice. Dio cancella il nostro peccato proprio dalla radice, tutto! Perciò il penitente ridiventa puro, ogni macchia è eliminata ed egli ora è più bianco della neve incontaminata”.

Alla radice, tutto!

L’unica cosa di cui abbiamo davvero bisogno nella nostra vita è quella di essere perdonati, liberati dal male e dalle sue conseguenze di morte: Dio è più grande del nostro peccato. Non dimentichiamo questo: Dio è più grande del nostro peccato!

Sono nato il 16 magg­io del 1971 a Soresi­na, un paesino della bassa cremonese. Peccatore da sempre, cattolico per Graz­ia. Laureato per accide­nti in filosofia all­’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, da vent’anni lavoro nel sociale. Se sono cattolico, apostolico, romano lo devo ad un incontro fondamentale con d­on Luigi Giussani che mi ha educato a vi­vere. Ho collaborato con “La Croce”, quotidiano di­gitale diretto da Ma­rio Adinolfi. Vi invito a seguirmi su Facebook e su web al mio Blog “Direzioneversoest”