Blog / Ciro Di Sarno | 27 Agosto 2017

Cartolina da Ischia – Caravaggio a Casamicciola

 

Chi abbia la fortuna di visitare la Pinacoteca Vaticana, avrà modo di godere del capolavoro assoluto del prolifico periodo romano di Michelangelo Merisi da Caravaggio: la “Deposizione”, dipinta nel 1602, su commissione di Girolamo Vittrice, mecenate assai influente tra le gerarchie ecclesiastiche, che la volle come pala d’altare per la propria cappella funeraria nella chiesa di Santa Maria Vallicella in Roma. Monumentale, drammatica e scultorea, la tela fu subito giudicata una delle opere più riuscite del maestro lombardo soprattutto perché i richiami alla tradizione evangelica sono nitidi e nobilissimi ed inoltre, il Cristo è realisticamente privo di ogni idealizzazione; è davvero il Verbo fattosi carne che grava pesantemente tra le braccia di coloro che con fatica lo adagiano ai piedi della croce. Su quest’opera si può discorrere all’infinito su ciò che concerne la sublime tecnica pittorica del Merisi, il suo realismo indefettibile, i rimandi nitidissimi ad altre opere tra cui, la più venerata tra tutte: la Pietà michelangiolesca in San Pietro.

Con questa breve nota mi soffermo solo su alcuni particolari che sorprendentemente ho rivisto come d’incanto, in un altro capolavoro dell’umano ingegno, quello del salvataggio del neonato cavato dalle macerie di Piazza Maio in Casamicciola Terme, devastata dal recente terremoto. Ed in particolare mi riferisco alla foto pubblicata da tutti i media, del momento in cui il bambino ritorna di nuovo alla luce tra le mani di un medico e di un carabiniere che lo sostengono con infinita premura.

Anonimo, “Salvataggio di un neonato”, 2017,Ischia, Piazza Maio, Casamicciola Terme

Nel dipinto di Caravaggio il Cristo è tenuto tra le braccia di due uomini. Sono Nicodemo in primo piano che, con le mani fortemente serrate sugli avambracci, sostiene l’incavo delle ginocchia del Signore nel mentre volge il proprio barbuto volto verso l’osservatore. L’altro è l’apostolo Giovanni, più in secondo piano, che, ornato di un lungo e pregiato drappo rosso, cinge il torace di Gesù arrivando a toccare, con le dita della mano destra, la ferita del costato che pare slabbrarsi per effetto della tensione. Anche la pelle dell’ascella destra del Cristo si stende un po’ rendendo lo stesso analogo e magnifico effetto. Il medico ed il carabiniere della foto sono anch’essi leggermente di scorcio ed entrambi pongono una premura infinita nel sorreggere il corpicino del neonato; premura che è fatica immane ad onta del carezzevole peso, proprio per il valore assoluto di quella vita così inerme. Il carabiniere afferra con la mano sinistra la gamba del bambino alla caviglia ed al cavo popliteo che si deformano leggermente per la tensione; il medico invece, con le due braccia foggiate a mo’ di culla, muove il prezioso fardello senza tentennare. Di Gesù sono in primo piano i piedi che pendono molli nello spazio così come penduli sono quelli del neonato. Anche di Nicodemo sono in primo piano i piedi saldamente piantati sulla lastra tombale tanto che è evidente il giogo delle turgide vene sotto sforzo. Nella foto, invece, sono in primo piano gli stivali impolverati del secondo carabiniere alle spalle del medico, anche questi ben piantati sul cumulo di macerie. Nella Deposizione caravaggesca le figure formano un gruppo compatto seppure ciascuna di esse reagisce diversamente di fronte alla tragedia. La Madonna appena più dietro, ha gli occhi fissi sul Figlio morto; Maria Maddalena, invece, è preda del dolore e si rivolge al cielo cui destina gli occhi e le braccia protese a cercare un appiglio divino; la terza Maria infine, è a capo chino e piangente, si asciuga le lacrime con un fazzoletto. Il gruppo nel suo insieme ha una geometria piramidale con la spessa lastra marmorea alla base che, dipinta di scorcio, ha lo spigolo che punta sull’osservatore e che pare voler uscire dalla superficie della tela. Ciò dona maggiore profondità alla scena, che viene amplificata dalle tre linee su cui i 5 personaggi sono disposti. Anche il gruppo dei soccorritori della foto ha nel suo insieme, una disposizione piramidale seppur meno precisa. Alla base e di spalle, 4 mezze figure osservano impotenti la rinascita del bimbo. Appena più indietro ed al centro, le tre straordinarie figure dei due medici e del carabiniere che si serrano intorno al neonato, quasi a formare un’edicola entro cui il piccolo è adagiato sulle mani durissime. Sulla sinistra e su una terza linea, un secondo carabiniere volge lo sguardo: è impolverato, sudato e già i suoi occhi sono illuminati di gioia. Straordinaria la resa del modellato dei corpi del pio gruppo intorno al corpo del Cristo. Le loro vesti sono semplici, privi di orpelli, tipiche di gente di borgata. La luce proveniente dal basso e da sinistra esplode sul corpo di Gesù vivificandone l’incarnato e dando ragione agli occhi dei più minuti dettagli anatomici. I volti delle tre Marie, di Nicodemo e del giovane apostolo sono netti, direi limpidi nel fascio di luce inondante la scena. I panneggi del bianco lenzuolo funerario e del drappo rosso sono perfetti. Tutt’intorno le figure domina il buio più intenso, il buio che partorisce la pietà degli amici del Signore, il buio che sembra voler rifiutare il corpo del Messia. Nella foto la luce irrompe da destra e vivifica i volti dei tre soccorritori, uniti intorno al bambino di cui evidenzia alla perfezione l’incarnato del volto. Il bianco, l’azzurro ed il rosso delle divise richiamano i drappeggi caravaggeschi, ma ancor più è il buio tutt’intorno a dominare sui soccorritori. E’ un buio che sgomenta perché incornicia un dramma umano lacerante oltre ogni umano limite. E’ lo stesso buio di 4 secoli fa che non ha potuto inghiottire il Cristo e che anche stavolta non può inghiottire il bambino. Nel dipinto del Caravaggio la lastra marmorea si apre nell’angolo destro della tela, su un gradino che porta nel sepolcro. Vi sono pietre tutt’intorno. Nella foto i protagonisti sono in piedi sulle pietre dei muri crollati che facevano da tetto al sepolcro del bambino. Nella tela il Cristo è morto; nella foto c’e la Sua resurrezione.

Salve, sono Ciro Di Sarno e vivo ad Ischia, una delle isole più belle al mondo. Venite a trovarmi e vi racconterò il resto della mia vita